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Giornale di Taranto - ILVA/ Montagne di rifiuti industriali altamente pericolosi : chiesto il processo per nove, tra questi cinque della famiglia Riva
Martedì, 30 Ottobre 2018 16:34

ILVA/ Montagne di rifiuti industriali altamente pericolosi : chiesto il processo per nove, tra questi cinque della famiglia Riva In evidenza

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Si terrà il 28 gennaio prossimo in Tribunale a Taranto l’udienza per decidere sulle nove richieste di rinvio a giudizio formulate dalla Procura della Repubblica in merito ai gravi danni ambientali riscontrati in aree attigue allo stabilimento siderurgico Ilva, aree per le quali oggi é scattato il sequestro della Guardia di Finanza su provvedimento del gip Wima Gilli. Sott’accusa torna di nuovo la gestione dei Riva, proprietari e gestori della fabbrica dal 1995 a maggio 2013, al quale seguì il commissariamento con decreto da parte del Governo. L’indagine era partita nel 2013, primo anno di commissariamento dell’Ilva, e ha permesso di scoprire vere e proprie colline di rifiuti, alte sino a trenta metri, create con 5 milioni di tonnellate di rifiuti industriali, pericolosi e non, che occupano un’area complessiva di 530mila metri quadri. L’inchiesta ha coinvolto in una prima fase 21 indagati ma ora è per 9 di essi che la Procura chiede il rinvio a giudizio. Si tratta di Fabio Riva, Claudio Riva, Nicola Riva, Cesare Federico Riva, Angelo Massimo Riva - i primi tre sono figli dello scomparso Emilio Riva, patron del gruppo -, dell’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e di tre dirigenti del complesso industriale all'epoca dei fatti. Alcuni sono convolti anche nel processo per disastro ambientale “Ambiente Svenduto” in corso da mesi davanti alla Corte D’Assise di Taranto.“È di solare evidenza che il danno ipotizzato sia di enormi proporzioni” scrive nell’atto il gip Gilli. “Più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso - evidenzia il gip - non effettuando la dovuta e obbligatoria attività di controllo e sorveglianza, nonché occultando il reale stato dei luoghi costituito da circa 5 milioni di tonnellate di cumuli di rifiuti di origine industriale situati su tutto l’argine sinistro della gravina Leucaspide sino al limite del confine con l’azienda agricola di proprietà della famiglia De Filippis”

Il gip fa quindi riferimento a “diverse discariche abusive a cielo aperto di rifiuti”. “In sintesi, l’accusa che viene mossa é che i Riva, acquisendo la fabbrica, non si sono occupati della bonifica e della sicurezza di questa vasta area ma l’aspetto singolare è che non vengono assolutamente chiamati in causa chi, cioé lo Stato, prima dell’avvento dei Riva, ha gestito la stessa fabbrica quando era Italsider pubblica” commenta l’avvocato Pasquale Annicchiarico, che difende Fabio, Nicola e Angelo Massimo Riva. Danno di “enormi proporzioni” evidenzia ancora il gip Gilli perchè “capace di incidere in modo radicale e pregiudizievole sull’assetto morfologico e sull’ecosistema del sito, nonché sulla salute umana, tanto più ove si accertasse l’inquinamento delle acque di falda (situazione che sembra sussistere ma che richiede ulteriori indagini sul tipo di sostanze). Ora - prosegue il gip - nonostante l’area di cui si è chiesto il sequestro non sia più utilizzata, continua ad esservi tale effetto inquinante in quanto i cumuli di rifiuti sversano sostanze nocive nel terreno e vi è pure il pericolo di smottamenti attesa l’assenza di messa in sicurezza del luogo”. Il gip scrive che Ilva ha già depositato al pm una relazione con una proposta tecnica tesa a verificare la tipologia del materiale e la contaminazione del sito. Si tratta di un’attività preliminare ad una futura bonifica, osserva ancora il gip. Ma, annota ancora il magistrato, Arpa Puglia, esaminando la relazione, ha dichiarato che “non è esaustiva la metodologia investigativa e indicata” e quindi ha chiesto specifiche prescrizioni tese a garantire una analisi più completa e quindi “un più efficace” piano di messa in sicurezza e bonifica.

Sussistendo quindi il pericolo ambientale e per evitare un “uso difforme”dell’area da parte di terzi, il gip ha disposto il sequestro e nominato custodi giudiziari due dei tre attuali commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, Piero Gnudi e Corrado Carrubba, i quali con cadenza trimestrale dovranno informare l’autorità giudiziaria sullo stato dei luoghi e sulle iniziative assunte nell’ambito della messa in sicurezza e bonifica del sito. Da fonti della gestione commissariale si apprende che “col sequestro odierno, per noi non cambia nulla. Si tratta di un’area esclusa, già censita, tra quelle oggetto, se necessario, di bonifica o messa in sicurezza”. Quando mesi fa lo stabilimento siderurgico di Taranto è stato “mappato”, il nuovo gestore della fabbrica, Arcelor Mittal, ha individuato un vero e proprio perimetro produttivo del quale si occuperà ai fini del risanamento ambientale investendo poco più di un miliardo di euro e attuando uno specifico piano. Ciò che invece non rientra nel perimetro produttivo sono appunto le aree escluse, tra cui le vecchie discariche, delegate all’attività di bonifica dei commissari attraverso l’uso dei fondi, un miliardo, che i Riva hanno riportato dall’estero in Italia a seguito di transazione. In quest’ultima attività sarà impiegato anche parte del personale che dall’1 novembre prossimo sarà in cassa integrazione con Ilva in amministrazione straordinaria. Le aree oggi sequestrate sono nel Comune di Statte (Taranto)e nei pressi della cava Mater Gratiae e dell'area collinette nel Comune di Taranto.