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Giornale di Taranto - Giornalista1

“Hanno aspettato l’ultimo giorno utile, forse perché pensavano che ci saremmo distratti col Coronavirus. È arrivato oggi il ricorso di Arcelor Mittal, 38 pagine di accademia e non una risposta per la salute dei tarantini come al solito”. Così il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha annunciato questa sera, con un messaggio, il ricorso che ArcelorMittal, alla scadenza dell’ordinanza fissata per domani, ha avanzato al Tar. Col ricorso, la società impugna la stessa ordinanza con cui Melucci ha intimato sia ad ArcelorMittal, gestore dell’impianto, che ad Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli stessi impianti, di individuare e rimuovere in 30 giorni (che scadono appunto domani) le cause che determinano le emissioni inquinanti. Qualora questo non verrà fatto nei termini, il sindaco dispone che in 60 giorni dall’ordinanza gli impianti siano fermati. “È un ricorso contro il sindaco di Taranto - annuncia Melucci - forse perché pensano di intimorire il sindaco di Taranto, ma ci muoviamo secondo giustizia e per la salute dei cittadini in un momento in cui tutto il Paese afferma che la salute è più importante degli interessi economici”. “Non potete scappare - ha detto il sindaco di Taranto rivolgendosi direttamente a Mittal a capo dell’omonima multinazionale - voi dovete venire qui, guardare negli occhi il sindaco, i tarantini, e dire quanto per voi è importante la salute e il futuro di questa città. Non sarà un ennesimo ricorso che vi darà tregua, non avrete tregua noi tiriamo diritto, domani si conclude la prima fase della nostra ordinanza, per noi questo ricorso è come se non esistesse e vediamo come andrà a finire”.

Giustizia per Taranto in pressing sul Comune 

Il movimento Giustizia per Taranto va in pressing sul Comune di Taranto, ricordandogli la prima scadenza dell’ordinanza emessa un mese fa dal sindaco Rinaldo Melucci contro le emissioni del siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva. “Domani (oggi n.d.r) - sottolinea il movimento - scadono i 30 giorni dall’ordinanza sindacale 15/2020 concessi dal sindaco ad ArcelorMittal Italia spa e Ilva spa in amministrazione straordinaria per eliminare il rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico”. 

“Ieri mattina abbiamo mandato richiesta, a mezzo pec, al sindaco di Taranto e ad Ispra per per sapere”, anzitutto, “se ArcelorMittal ed Ilva abbiano provveduto a individuare le sezioni di impianto oggetto di anomalie e se, conseguentemente, abbiano risolto le criticità”, spiegano. Qualora le criticità “non siano state risolte”, il movimento chiede “se siano state già comunicate e/o programmate le modalità attraverso le quali, obbligatoriamente, verranno avviate e portate a completamento, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento dell’ordinanza, le procedure di sospensione/fermata delle  attività e degli impianti dello stabilimento siderurgico interessati dall’ordinanza sindacale”. 

 

“L’assetto organizzativo dell’azienda limita al massimo la presenza giornaliera di maestranze ma lascia alla valutazione dell’impresa e dei sindacati la possibilità di concordare numeri minori, fermo restando l’imprescindibile garanzia della salvaguardia degli impianti produttivi e del rischio di incidente”. Lo ha precisato questa sera, in relazione ad ArcelorMittal e alle misure scattate per il coronavirus, il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, che insieme ai rappresentanti del comando provinciale Vigili del Fuoco e dello Spesal Asl ha ascoltato, in video conferenza, i rappresentanti sindacali di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb. Questi ultimi avevano chiesto di essere ascoltati in merito al decreto autorizzativo firmato ieri dallo stesso prefetto. Il provvedimento, criticato dai sindacati, dispone che il siderurgico resti in attività solo per esigenze di sicurezza e di salvaguardia impianti e non per proseguire la produzione a fini commerciali. In base a questo assetto, ogni giorno sino al 3 aprile, data ultima, per ora, della limitazione, possono entrare in fabbrica 3500 dipendenti diretti su tre turni più altri 2000 delle imprese esterne. Il prefetto, oltre a chiarire le scelte del decreto, ha anche spiegato ai sindacati “la rilevante efficacia, in termini di tutela della sicurezza dei lavoratori, dell’obbligo imposto all’impresa Ami di potenziare il servizio interno di prevenzione e protezione” e che lo Spesal Asl è stato incaricato “della vigilanza sull’applicazione della normativa vigente sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e della esecuzione del provvedimento”. I sindacati avevano chiesto al prefetto di ridurre ulteriormente sia gli impianti in marcia, che le presenze lavorative in fabbrica, per ridimensionare maggiormente il possibile rischio di contagio. 

I sindacati “tanti addetti in fabbrica rappresentano un rischio”

Dopo l’incontro di questa sera in video conferenza col prefetto di Taranto in merito alla continuità di funzionamento del siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva a Taranto, i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm e Usb dichiarano “che la presenza di un numero così elevato tra diretti ed appalto” di lavoratori in stabilimento, “rappresenta un grande rischio di contagio da Covid-19”. “Continuiamo a sostenere con fermezza - affermano le sigle metalmeccaniche - che bisogna intervenire assolutamente per ridurre il numero dei presenti al fine di diminuire gli assembramenti all’interno dello stabilimento per la tutela della salute di tutti i lavoratori. Salute, che mai come in questo momento, è prioritaria rispetto alla produzione”. I sindacati, infatti, già da ieri sera hanno contestato i numeri autorizzati sino al 3 aprile dal prefetto Demetrio Martino per l’accesso giornaliero nel siderurgico stante le limitazioni del Coronavirus, ovvero 3500 diretti sui tre turni più altri 2000 delle imprese appaltatrici per un totale di 5.500 unità al giorno. Il siderurgico funziona infatti h24. “Avevamo la necessità - spiegano i sindacati - di ricevere chiarimenti rispetto al decreto prefettizio del 26 marzo 2020. Il prefetto - affermano le sigle metalmeccaniche - ha spiegato le motivazioni giuridiche (contenute all’interno del Dpcm) e tecniche che lo hanno portato alla stesura del provvedimento e che come organizzazioni sindacali abbiamo contestato. In riferimento alla questione comandate per la salvaguardia impianti, ci siamo riservati di fornire al prefetto - concludono i metalmeccanici - gli accordi tuttora in essere, che come sindacato riteniamo validi a tutt’oggi”

 

Sono 152 i nuovi casi accertati di coronavirus oggi in Puglia. Si tratta di uno dei dati più alti di aggiornamento quotidiano, dall'inizio dell'emergenza. I test effettuati sono stati 1.042. I nuovi casi sono così suddivisi: 57 nella provincia di Bari; 7 nella Bat; 3 Brindisi; 20 Foggia; 38 Lecce; 4 Taranto; 3 fuori regione 20 non attribuiti. In totale sono 1.334 le persone positive, su 10.233 test effettuati dall'inizio dell'emergenza. Salgono a 25 i pazienti guariti mentre 4 sono i decessi registrati nelle ultime ore:  1 a Foggia, 1 a Taranto, 1 a Brindisi, 1 a Lecce. 

La Guardia di Finanza di Taranto sequestra altre 23mila mascherine sottoposte a manovre commerciali speculative con un fortissimo rialzo dei prezzi. Le 23mila mascherine sequestrate si aggiungono alle altre 7mila già sequestrate giorni fa a Taranto e proprio oggi consegnate all’Asl Taranto. Muovendo proprio dal sequestro precedente, che  la Procura della Repubblica di Taranto ha emesso un decreto di perquisizione a firma del procuratore aggiunto Maurizio Carbone e del sostituto procuratore Lucia Isceri, “finalizzato - si spiega - al sequestro di tutte le mascherine pronte per la commercializzazione nella disponibilità del fornitore degli esercizi commerciali tarantini denunciati per aver praticato prezzi esorbitanti rispetto a quelli pre emergenza Covid 19”. 

 

Il provvedimento è stato eseguito presso le 15 sedi ubicate sul territorio nazionale della società avente sede legale a Milano e sedi secondarie in Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Emilia Romagna, Toscana, Sicilia e Marche.Per tali operazioni - si rende noto - il Nucleo di polizia economico finanziaria di Taranto si è avvalso della fattiva collaborazione dei Reparti competenti per territorio che hanno messo a disposizione più di 60 finanzieri. Sono state sottoposte a sequestro ulteriori 13.000 mascherine protettive - e si tratta di una prima tranche rispetto alle 23mila complessive - identificabili con le sigle FFP1, FFP2, FFP3. Inoltre, nell’ambito di un controllo ad una società con sede a Massafra, è stato rilevato che venivano proposte per la vendita mascherine FFP2 a 16,50 euro. Al momento dell’accesso, i finanzieri del Nucleo Pef hanno rilevato la presenza di operatori del 118 che, entrati per effettuare un acquisto di mascherine, avevano dovuto rinunciarvi a causa del prezzo eccessivamente lievitato rispetto a quello di poco superiore all’euro praticato in periodo pre emergenza Covid. Per tali ragioni, spiega la Finanza, venivano sottoposte a sequestro circa 10.000 mascherine - e questo è l’ulteriore stock - e il titolare dell’attività veniva denunciato alla Procura della Repubblica per violazione dell’art.501 bis  del Codice penale. Tutti i dispositivi sequestrati con provvedimento dell’autorità giudiziaria adesso verranno messi, tramite i prefetti territorialmente competenti, a disposizione del Dipartimento di Protezione Civile per i necessari provvedimenti di acquisizione ai fini della successiva distribuzione agli Enti che ne abbiano necessità per far fronte alla contingente carenza. In totale, dunque, afferma la GdF di Taranto, sono più di 30.000 le mascherine complessivamente sequestrate di cui 7000 già consegnate alla Asl di Taranto oggi “in esecuzione dell’ordinanza di requisizione emessa dal prefetto di Taranto a seguito del provvedimento di messa a disposizione emesso dalla Procura di Taranto nei giorni scorsi”. 

 “Non ci stanno arrivando piu dati. Noi, sino all’altro giorno, per volontà nostra, per caparbietà nostra, siamo andati in ospedale a procurarci i dati che abbiamo messo a disposizione della cittadinanza, ma adesso ci dicono dalla direzione sanitaria che dati non ne stanno più arrivando”. A parlare, il sindaco di Castellaneta, Giovanni Gugliotti. Castellaneta è il Comune della provincia di Taranto dove si sono verificati alcuni contagi all’ospedale San Pio. Questo ha generato allarme nei cittadini e spinto le autorità sanitarie ad effettuare circa 500 tamponi per capire l’entità dei contagi. Una buona parte dei tamponi sono già stati processati e i riscontri sono stati negativi: per l’ospedale di Castellaneta, il numero di contagi si mantiene ad ora circoscritto. Ma il sindaco Gugliotti, che è anche presidente della Provincia di Taranto, ora segnala che il flusso informativo dei dati sul Coronavirus si è interrotto e rivendica chiarezza. “Abbiamo necessità di rivolgere un appello, ma un appello battendo i pugni sul tavolo, al direttore generale Asl ma anche alla Regione perché forniscano un po’ di chiarimenti - dice - quanti tamponi sono stati prelevati all’ospedale di Castellaneta,  perché si parla di 500 tamponi ma noi un dato certo non siamo riusciti ad averlo". "Quanti di questi tamponi sono stati lavorati e processati  - prosegue il sindaco Gugliotti - un dato ufficiale non lo abbiamo ancora. I tamponi che ancora non sono stati processati, devono essere lavorati quanto prima possibile perché si tratta di operatori sanitari che, non sapendo se sono positivi o negativi, stanno chiusi in casa, non vanno al lavoro e questo mette in grave difficoltà il regolare funzionamento dell’ospedale di Castellaneta, unico presidio del versante occidentale”. “Questa situazione è per noi insostenibile. È vero che noi,come sindaci, siamo autorità sanitaria, ma non abbiamo possibilità di incidere sui tempi dei laboratori. Dobbiamo chiudere quanto prima questa fase dei tamponi perché poi, insieme alla Regione, dobbiamo concentrarci sull’azione di supporto alle persone in difficoltà, a quelle che non possono fare la spesa. La fascia di indigenti si sta allargando e noi non sappiamo più che risposte dare”, conclude.

ArcelorMittal ha chiesto per lo stabilimento di Taranto la cassa integrazione Covid 19 per 8.173 addetti di cui 3262 nell’area a caldo, 1.561 nell’area a freddo e 3350 nei servizi. Gli operai coinvolti sono 5.626, gli impiegati 1.677 e gli equivalenti 870. In pratica viene chiesta la cassa Covid per tutta la forza lavoro diretta del siderurgico di Taranto. 

 La sospensione, con ricorso alla cassa integrazione Covid, per 8.173 addetti dello stabilimento siderurgico di Taranto sarà per 9 settimane ed è da intendersi come “numero massimo”. Lo dichiara ArcelorMittal Italia nella lettera inviata questa mattina ai sindacati metalmeccanici. La nuova cassa sostituisce quella ordinaria per crisi di mercato. Quest’ultima termina domenica prossima ed ha coinvolto come tetto massimo 1.273 unità (questa cassa, con le proroghe, era già in corso da luglio). Con la cassa integrazione Covid, si procederà con la consultazione sindacale nei tre giorni successivi, scrive ArcelorMittal, che propone a tal fine la data del 30 marzo alle 10.30. Il confronto azienda-sindacati sarà in via telematica, stante le restrizioni per Coronavirus. “Trattandosi di un evento oggettivamente non evitabile”, dice ArcelorMittal con riferimento al Coronavirus, si “rende indifferibile la riduzione dell’attività lavorativa”. 

 

Gli 8.173 dipendenti da mettere in cassa integrazione Covid solo a Taranto sono in realtà l’organico di tutto lo stabilimento esclusi i dirigenti. Va detto che ieri il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha autorizzato la ex Ilva a restare in esercizio, anche se non per finalità commerciali ma solo per la salvaguardia e la sicurezza degli impianti, autorizzando come presenze giornaliere in stabilimento 3.500 dipendenti diretti sui tre turni e 2.000 delle imprese dell’indotto-appalto. Ora invece c’è la richiesta di cassa integrazione Covid 19 per tutti.

    “In effetti - spiega ad AGI Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil - la richiesta aziendale va anche in controtendenza a quanto deciso dal prefetto, che dell’organico di stabilimento ha acconsentito a 3.500 ingressi quotidiani sui tre turni di lavoro. Ma questo non vuol dire che ora in fabbrica non ci sarà più nessuno. Abbiamo infatti chiesto ad ArcelorMittal di spiegarci perché ha fatto una richiesta di cassa così massiccia - prosegue Brigati - e l’azienda di ha detto, come ribadisce anche nella comunicazione, che si tratta di un numero massimo”. Secondo Brigati, “ArcelorMittal ha voluto cautelarsi e garantirsi rispetto all’evento Coronavirus ed ha messo dentro tutti, ma è evidente che così non sarà proprio perché il prefetto sino al 3 aprile ha determinato numeri precisi sia per i diretti che per i terzi”. E intanto le sigle metalmeccaniche Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno scritto al prefetto di Taranto chiedendogli un incontro “chiarificatore”. Oltre al prefetto, la richiesta è inviata anche a comando vigili del fuoco, Spesal Asl Taranto, custode giudiziario della fabbrica. L’incontro viene ritenuto dai sindacati “indispensabile” al fine di fornire “ogni ulteriore, possibile elemento teso ad approfondire e considerare l’assetto di marcia dello stabilimento in funzione del numero dei dipendenti diretti e dell’indotto”. Questo, spiegano i sindacati, “al sol fine di profondere il massimo sforzo possibile teso alla limitazione del contagio” così come disposto dai Dpcm in materia. I sindacati ritengono infatti che i 5.500 accessi in fabbrica, di cui 3.500 di personale diretto e 2.000 dell’indotto, possano alimentare il rischio del contagio e vorrebbero che i numeri delle presenze fossero ridotti, anche se il prefetto nel decreto di ieri ha spiegato che questi sono i numeri tecnicamente necessari a tenere in sicurezza uni stabilimento molto grande come l’ex Ilva di Taranto.

Dopo la prima sessione di venerdì scorso, è ripreso questa mattina a Taranto, in Prefettura, il lavoro del Tavolo istituzionale Taranto presieduto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega agli investimenti, Mario Turco. Presente il prefetto di Taranto, Demetrio Martino. Il confronto - in videoconferenza causa Coronavirus - riguarda i referenti delle Amministrazioni responsabili degli investimenti programmati ed ammessi a finanziamento nell'ambito del Contratto istituzionale di sviluppo (Cis). Ciascun soggetto viene ascoltato singolarmente. In collegamento anche Invitalia. 

 

 “Obiettivo - spiega la Prefettura di Taranto - è acquisire tutti gli elementi necessari ad accelerare gli interventi ammessi a finanziamento e portare così a compimento le opere”. Oggi il confronto dovrebbe coinvolgere, tra gli altri: Comune di Taranto, Marina Militare e Rete Ferroviaria Italiana. Il sottosegretario Turco ha annunciato che Invitalia ed Investitalia “offriranno supporto alle stazioni appaltanti pubbliche del Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto per accelerare i tempi”. “Abbiamo individuato le criticità che frenano l’avanzamento e la spesa del Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto. Le criticità sono soprattutto a livello di progettualità e di affidamento lavori. Nel senso - ha aggiunto Turco - che dopo la fase iniziale di progettualità, si impiegano mediamente tre anni tra valutazione dei progetti e gestione della gara. Perdiamo tre anni in questo passaggio. E allora si tratta di snellirlo affidando a Invitalia ed Investitalia un compito operativo”. “Non è una centralizzazione delle competenze - ha chiarito Turco - ma cercheremo di dare supporto alle stazioni appaltanti nel senso che ciascuna amministrazione individuerà un referente, con noi si tratterà di condividere, nell’arco di sette giorni, un cronoprogramma che sottoporremo a verifica, per capire se avanza o meno, ogni due mesi”. Il Tavolo Taranto per il Contratto istituzionale è stato reinsediato a Palazzo Chigi dal premier Giuseppe Conte lo scorso 5 marzo. In quella sede, Invitalia ha chiarito che su una dotazione complessiva di un miliardo e otto milioni, spalmati su 40 interventi, dal 2015 all’anno scorso sono stati spesi solo 327 milioni. Il 36,92 per cento. Nel secondo semestre 2019, l’avanzamento della spesa ha coinvolto soltanto 13 dei 30 interventi residui programmati ed è stato pari a 14,3 milioni. Gli interventi conclusi sono 10. Ampio lo spettro su cui agisce il Cis Taranto: bonifiche, ambiente, urbanistica, porto, trasporti, istruzione, sanità, beni culturali. 

Il prosciugamento dei flussi di cassa attesi, per effetto del susseguirsi di provvedimenti limitativi dell’apertura dei negozi che, con l’ultimo DPCM 22 marzo 2020, vede il quasi totale arresto delle attività commerciali, mette a repentaglio la sostenibilità e la successiva ripresa delle nostre PMI, all’indomani della cessazione dell’emergenza sanitaria. Il Governo ha annunciato, garantito e sbandierato interventi di salvaguardia per tutte le imprese (d.l. 18 del 17 marzo 2020), ma il Governo, a prescindere dai vincoli di bilancio, deve fare molto di più!

Si apre così la lunga e articolata lettera che Leonardo GIANGRANDE, presidente provinciale di ConfcommercioTaranto, scrive al presidente confederale, Carlo SANGALLI, per rappresentare le istanze delle imprese del Terziario jonico e per sollecitare il presidente confederale a continuare ad esercitare, con tutti i mezzi,  l’azione di pressing sul Governo per un forte e decisivo impegno a salvataggio dell’economia del Paese e delle imprese del Terziario, in particolare le micro, piccole e medie  imprese che rappresentano il tessuto economico più vitale dell’Italia. E’ concreto il timore che, passata la emergenza sanitaria, si possa continuare a sprofondare nell’emergenza socio- economica se non si metteranno  in campo importanti misure economico-finanziarie.

Essenzialmente, gli aiuti alle PMI si articolano sulle seguenti direttrici: a) proroghe e slittamenti degli adempimenti fiscali e contributivi; b) CIGO e CIGD per i dipendenti anche delle microimprese (da 1 a più dipendenti); c) provvidenze creditizie. Pur mancando, a tutt’oggi, alcune norme attuative delle misure assunte, Confcommercio Taranto  rileva alcune insufficienze e difficoltà operative all’accesso a tali aiuti.

Ecco alcune delle osservazioni sollevate in merito a gli adempimenti fiscali e contributivi:  

1) non sono stati oggetto di rinvio le scadenze relative al pagamento degli avvisi bonari dell’AdE, delle CC.GG., delle ritenute sul lavoro autonomo, dei versamenti rivenienti da accertamento con adesione o invito al contraddittorio,  così come i termini per le redazioni e le trasmissioni delle CU.

2) Nulla è stato, altresì, previsto (anche se di specifica competenza degli Enti locali) in ordine all’eventuale rinvio dei tributi comunali ( TARSU, TOSAP, IMU). A tal ultimo proposito, Confcommercio Taranto ha già provveduto ad interessare tutti i comuni della provincia affinché deliberino una riduzione e/o lo slittamento di tutti i pagamenti dei tributi locali, scaglionando le scadenze da settembre 2020 a fine anno.

3) In ordine alla CIG e nello specifico alla CIGD si denuncia una farraginosità in relazione all’accesso per un duplice ordine di motivi: a) la consultazione delle organizzazioni sindacali da predisporre in via telematica; b) il mancato chiarimento sull’obbligo della preventiva fruizione dei fondi degli Enti Bilaterali (le cui disponibilità finanziarie sono limitate e, soprattutto, per le PMI che non aderiscono a nessuna sigla datoriale e, quindi, non hanno obbligo di versamento del contributo Ente Bilaterale e, conseguentemente, sono inibite all’accesso). Sempre ai fini dell’accesso alla CIG in deroga si chiede che la norma generale di preventiva fruizione delle ferie da parte del personale (così si rimetterebbe alle aziende l’onere della crisi in quanto dovranno anticipare e sostenere il pagamento degli stipendi), venga superata dagli accordi quadro regionali e/ o da chiarimenti forniti dalla stessa INPS.

Per le provvidenze creditizie l’art. 56 del decreto legge concede alle PMI danneggiate dal COVID-19 la possibilità di avvalersi per le esposizioni debitorie, non dichiarate deteriorate, dietro mera comunicazione rivolta alle banche con allegata una dichiarazione autocertificativa di temporanea carenza di liquidità causa epidemia di COVID-19, tutto ciò non basta. Il decreto legge sembra dimenticare la difficoltà finanziaria nella quale il piccolo imprenditore (molte volte privo di affidamento bancario) incorrerà in quanto dovrà fronteggiare il pagamento degli stipendi, il pagamento delle locazioni, il pagamento dei fornitori (che, se pur indirettamente, finanziano l’impresa cliente), la difficoltà nella riscossione dei propri crediti, il sostentamento proprio e della famiglia, etc. Il Governo deve concedere forme automatiche di garanzie sui prestiti (per esempio, rapportate agli stipendi erogati o al fatturato conseguito nel 2019) o erogare esso stesso la liquidità ad un tasso commisurato alla durata del finanziamento.

Il credito di imposta per il pagamento delle locazioni. Ora, l’esercizio di attività commerciali può essere svolto anche in locali di categoria catastale diversa da quella esclusivamente indicata: la categoria C1. Infatti, possono essere oggetto di locazione commerciale altre categorie, senza considerare che alcune piccole strutture ricettive svolgono la loro attività conducendo in locazione varie categorie catastali. Inoltre, il credito di imposta concesso nella misura del 60%, limitato attualmente ai locali classificati C1, potrà essere monetizzato solo in occasione del pagamento delle imposte che nella stragrande maggioranza dei casi avverrà a maggio/giugno. Indispensabile che il bonus venga esteso a tutte le locazioni commerciali, purché risultanti da regolari contratti oggetto di rilevanza fiscale, a prescindere dalla categoria catastale dell’immobile e sarebbe quanto mai opportuno richiedere l’ampliamento ad almeno il 100% di detto bonus nonché un’erogazione diretta, alternativa al credito di imposta, per tutte le iniziative commerciali costrette alla chiusura per provvedimenti dello stesso Governo.

“Il tessuto imprenditoriale di molte zone d’Italia, in particolare nel Mezzogiorno e soprattutto nella nostra provincia – sottolinea Giangrande- è costituito da microimprese commerciali e professionali che, sia dal punto di vista amministrativo/gestionale che finanziario/patrimoniale, presentano enormi carenze strutturali. Pensiamo agli ambulanti, ai mercati rionali, ai piccoli negozi di vicinato, alla miriade di agenti e procacciatori di affari, ai servizi, alle piccole attività ricettive e turistiche. Tali attività, pur non sommando cifre importanti in termini di fatturato complessivo, assicurano una fonte reddituale al piccolo imprenditore, alla propria famiglia e a tanti lavoratori. Per tale motivo è importante preservare tale tessuto economico dalla crisi di liquidità, determinata dalla crisi sanitaria, chiediamo  che il Governo destini maggiori risorse  per il sostegno reale  delle famiglie e delle  imprese in crisi di liquidità ed impossibilitate ad accedere al credito, ne va della tenuta sociale ed economica del nostro Paese.”

Con il Banco Alimentare, il Comune di Taranto sta coordinando, alla luce della stretta per il Coronavirus, gli aiuti con i pacchi alimentari per i singoli o le famiglie che si trovano in grave difficoltà economica e che vengono segnalate dai Servizi Sociali. Gabriella Ficocelli, assessore ai Servizi sociali del Comune di Taranto, dichiara che “tutte le azioni e le misure che stiamo già mettendo in campo” puntano a “raggiungere i nostri utenti più svantaggiati”. “Abbiamo incontrato, via Whatsapp, il presidente del Banco Alimentare Luigi Riso. Nonostante  l'attuale situazione, la macchina degli aiuti alimentari per le famiglie bisognose della nostra città, attraverso Caritas, parrocchie e associazioni del territorio, sta funzionando - rileva ancora Ficocelli -. Ovviamente, sono in tanti ad aver paura, per il rischio del contagio o per i controlli, ma le disposizioni della Regione garantiscono la mobilità e gli spostamenti per il recupero dei pacchi e il loro smistamento con auto-dichiarazione e con tutte le precauzioni indicate dai Dpcm nel pieno rispetto delle norme anti-contagio”. 

Salgono a quattro i casi di coronavirus a Martina Franca e sono tutti ricoverati all’ospedale  Moscati di Taranto. Lo ha annunciato ieri  il sindaco di Martina Franca, Franco Ancona, in una giornata in cui, da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, la provincia di Taranto ha registrato il più alto numero di casi, ben 17 - quando invece sinora è stata molto al di sotto -, portando così il numero complessivo a 74 sui 1.182 totali dell’intera Puglia. Allo stato, comunque, la provincia di Taranto resta ultima per numero di casi registrati tra le sei pugliesi. 

   Circa il quarto, nuovo caso di Martina Franca, il sindaco Ancona spiega: “Si tratta di un concittadino già ricoverato al Moscati di Taranto dal 15 marzo scorso. Il paziente è stato sottoposto, in quella data, ad una prima valutazione nelle tende, messe a disposizione dall'Aeronautica militare, che consentono un pre-triage senza entrare in ospedale poiché posizionate dinanzi al nosocomio”. 

 

Trasferito al Moscati - prosegue il sindaco - è stato sottoposto a diversi tamponi con esito negativo e, dopo una ulteriore e approfondita valutazione da parte dei medici, è risultato positivo nelle giornata odierna. Essendo già in isolamento da diversi giorni, le persone che devono cautelarsi sono coloro che lo hanno incontrato nei quattro giorni precedenti al 15 e che comunque il Dipartimento di Prevenzione della Asl sta allertando in queste ore. Al concittadino e alla sua famiglia - conclude il sindaco - va la nostra vicinanza con l'augurio di guarire presto”. 

   E Martina Franca ieri mattina  è stata segnata anche dall’incendio doloso di due ambulanze parcheggiate in via Giolitti, a poca distanza l’una dall’altra, di proprietà della Confraternita delle Misericordie. Per il sindaco Ancona, “in un momento storico in cui la popolazione sta combattendo una guerra che necessita di tutti i presidi sanitari disponibili, appiccare un incendio è un atto criminale perpetrato da persone di inqualificabile crudeltà. Speriamo presto di avere notizie sulla loro individuazione. Siamo solidali con i volontari della Misericordia”. Nel frattempo il sindaco di Martina Franca annuncia che la società di calcio “Atletico Martina” si è fatta carico di pagare una ambulanza già nelle disponibilità della Misericordia dalle 13.30 di ieri. 

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