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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1908)

 

 

Dal prossimo 1° settembre 2016 i giovani pugliesi di età compresa tra i 18 ed i 35 anni potranno trasformare più facilmente le proprie idee in un’attività d’impresa grazie alle risorse stanziate dalle Politiche Giovanili della Regione Puglia e, attraverso il nuovo Bando PIN “Pugliesi Innovativi”, finanziare progetti innovativi di carattere culturale, tecnologico o sociale, capaci di incidere positivamente sul territorio.

Essendo “a sportello” il PIN non ha una scadenza: i finanziamenti saranno erogati sino all’esaurimento delle risorse assegnate (10 milioni di euro, di cui 8 dedicati ai progetti ed i restanti 2 ai servizi di supporto, erogati ai beneficiari direttamente dall’Arti, l’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione) sotto forma di un contributo a fondo perduto di importo compreso tra 10 e 30 mila euro per la copertura di investimenti e spese di gestione sostenute nel primo anno di attività.

La candidatura può essere effettuata interamente online, attraverso un software che consente di  valutare la fattibilità dell’idea progettuale (modello Canvas) e la sua sostenibilità nel tempo (modello Follow Up), disponibile sul sito web dedicato pingiovani.regione.puglia.it.

Formare Puglia a.p.s., Ente di formazione professionale accreditato dalla Regione Puglia, fornisce agli interessati informazioni sul Bando ed offre un servizio di assistenza a sportello per la valutazione delle idee innovative. Per informazioni telefonare allo 099.6416345 / 099.6614691 oppure inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Alessandro DE DONNO, Segretario Generale della Confederazione CIL in una nota inviata alla stampa si sofferma sulle notizie apparse sulla stampa che sarebbe pronta una offerta dei gruppi Arvedi – Marcegaglia e dei Turchi di Erdemir per l’acquisizione dell’ILVA di Taranto.

Premesso che non abbiamo notizie afferenti la “certezza” della tutela dell’occupazione al cambio della proprietà, ci piacerebbe conoscere dal Governo - ribadisce il rappresentante sindacale - quali sarebbero i vantaggi piuttosto che il passaggio in toto a Cassa Depositi e Prestiti che è totalmente italiana.

Il Gruppo ARVEDI ha un fatturato consolidato di 2 miliardi di Euro con un margine operativo di 180 mln Euro, i dati di bilancio recitano di investimenti per 150 mln di €uro anche se per questi ultimi avrebbero chiesto un prestito di 100 mln di €uro alla Banca Europea degli Investimenti

Con tutto il rispetto per questa società Italiana quali sono i numeri presentati in Parlamento per i quali sarebbe papabile a rilevare il colosso siderurgico e MANTENERE gli attuali livelli occupazionali?

Il Gruppo Marcegaglia invece a fronte di un fatturato di 3.4 mld di €uro ha sommato perdite considerevoli (fino a c.a. 50 mln di €uro) e anche nella sua esperienza a Taranto abbiamo Lavoratori che dal 2015 non hanno ripreso le attività. Già questa negatività dovrebbe far riflettere e non poco,

la società Turca ERDEMIR è passata da un bilancio di 5,33 mld di €uro del 2011 a 4.38 mld di €uro nel 2015 con licenziamenti di personale nella propria area operativa.

Questa Confederazione gradirebbe sapere come   questa “cordata” possa tutelare gli attuali livelli occupazionali sul territorio jonico considerando che di soli esborsi per gli emolumenti del personale dipendente ILVA si sfiorano i 500 mln di €uro per annualità. Quali le garanzie “reali” che farebbero propendere per questo o quel soggetto?

Sarebbe invece auspicabile a nostro modesto avviso una partnership LUXOTTICA, CDP, ovvero interamente Italiana con un Socio (Leonardo Del Vecchio) che, per esempio ha chiuso il 2015 con un fatturato di 9 miliardi di €uro (+ 17%), rappresenta una delle eccellenze in costante ascesa sullo scenario internazionale e ha sempre garantito delle premialità per i Lavoratori che hanno collaborato con le sue Aziende.

Ben 204,9 milioni di euro. Ecco quanto vale il made in Puglia nel mercato britannico. È quanto emerge da un’elaborazione del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia.

In particolare, le aziende della provincia di Bari esportano beni per un valore di 146,6 milioni di euro, pari al 71,5 per cento del totale dell'export pugliese. Seguono le province di Foggia con 23,8 milioni, pari all'11,6 per cento del dato complessivo; Barletta-Andria-Trani con 22,8 milioni (11,1 per cento); Lecce con 6 milioni (2,9 per cento); Brindisi con 3,8 milioni (1,9 per cento). Chiude Taranto, già parecchio ridimensionata a causa dell’involuzione dell’Ilva, con 1,9 milioni (0,9 per cento).

 

«L’elaborazione del nostro centro studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – ci dà l’idea di quanto il Regno Unito rappresenti un partner commerciale importante per le nostre imprese.

 Purtroppo le conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sono tutte da valutare. Non mi riferisco unicamente alle ripercussioni sui mercati finanziari, ma anche a quelle sull’economia reale, visto l’indebolimento di quell’area di libero scambio che ha rappresentato il vero punto di partenza dell’Europa per come la conosciamo oggi. Il rischio – spiega Sgherza – è quello di tornare indietro di decenni, passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall’altra

Sono fiducioso – continua il presidente – che l’Europa sarà in grado di trovare le modalità necessarie a gestire e minimizzare le ricadute di quanto si è verificato. Tuttavia, per evitare un catastrofico “effetto domino”, è fondamentale indagare i motivi che hanno condotto uno Stato membro così importante a considerare la strada dell’abbandono dell’Unione. Al di là delle questioni più spiccatamente politiche, come la gestione dell’immigrazione, il controllo dei confini e la tutela della sicurezza, non è certo un segreto che anche i cittadini e le imprese italiani a volte vedano l’Europa come una fonte di problemi ed oppressione burocratica, piuttosto che come un’occasione di sicurezza sociale e sviluppo economico. 

La percezione, a volte drammaticamente veritiera, è che nell’attuale strutturazione la UE sia macchinosa, poco trasparente e poco efficiente, incapace di rappresentare un supporto per le imprese, specie quelle piccole e medie, e per i cittadini. 

Non dobbiamo commettere l’errore di pensare in questi termini. L’Europa non è solo questo. Non possiamo guardare unicamente alle storture della direttiva Bolkenstein, alle quote latte, all’olio tunisino o ai ritardi nell’emanazione della normativa a tutela del Made in Italy. Senza l’UE sarebbe ben maggiore il numero di imprenditori falcidiati dalla crisi, così come sarebbe ben minore il numero di investimenti che le imprese, anche quelle pugliesi, sono riuscite ad effettuare negli ultimi anni solo grazie allo stanziamento dei Fondi comunitari. Ciò senza contare i benefici, a cui forse siamo abituati, ma che non sono affatto scontati, derivanti dalla libera circolazione delle merci e delle persone. Grazie all’Unione abbiamo acquisito possibilità e diritti a cui sarebbe impensabile rinunciare.

Pertanto – conclude Sgherza – l’auspicio è che il referendum britannico, pur nella sua traumaticità, possa rappresentare un punto di partenza per rilanciare in maniera decisa la collaborazione dei Paesi che fanno parte della Comunità, con l’obiettivo di rinvigorirne il cammino, nella direzione del progresso economico-sociale e della realizzazione di un’Europa veramente unita e solidale».

Un mercato - ribadisce l'organizzazione degli edili - nel quale sono impegnate tante nostre imprese.

 

Il passaggio al nuovo codice degli appalti e concessioni, avvenuto con l’entrata in vigore lo scorso 19 aprile del D. Lgs. 50/2016, sta determinando una vera e propria paralisi nel mercato dei lavori pubblici, mercato nel quale sono impegnate tante nostre imprese.

Il crollo è stato verticale, gli ultimi dati Cresme parlano in maggio di valori ridotti in media dell’85% con punte del 92% nel Mezzogiorno. Non ci sono i soli dati a parlare, basta aprire le sezioni Bandi di Gara dei portali delle nostre amministrazioni territoriali per osservare una vera e propria paralisi, una quotidianità fatta ormai di sola gestione di procedure avviate prima, con le vecchie regole, e nessun nuovo bando indetto ai sensi del D.Lgs. 50/2016.

Evidentemente, senza alcuna moratoria e senza alcun periodo transitorio, il brusco atterraggio del nuovo codice ha generato confusioni e timori, nelle stazioni appaltanti come nelle imprese, con il prevedibile risultato di un netto blocco delle attività. Soprattutto nel nostro territorio, inoltre, la cancellazione dell’appalto integrato ha di fatto bloccato e rinviato di mesi gare già pronte con preliminari e definitivi, si pensi ad esempio al nuovo ospedale.

Le imprese dell’appalto pubblico patiscono ormai da anni gli effetti di una crisi lunga e difficile come non mai, ed oggi, questo blocco totale degli affidamenti, se dovesse protrarsi ancora, rischia di provocare ulteriori seri danni.

Comprendiamo le difficoltà delle nostre amministrazioni e dei tanti tecnici degli uffici, pur volenterosi, chiamati a districarsi all’interno di un impianto normativo non sempre chiaro e soprattutto incompleto, in attesa che i circa cinquanta provvedimenti attuativi previsti vedano la luce.

La situazione è veramente grave e se, come prevedibile, gli appelli dell’ANCE ad una moratoria fino al primo gennaio 2017 resteranno inascoltati, allora serve una decisa assunzione di responsabilità da parte delle amministrazioni, per far sì che il blocco non perduri oltre, si facciano le progettazioni esecutive e si dia il via finalmente alle nuove gare.

Come sistema territoriale, in forte affanno per il sovrapporsi di tanti focolai di crisi produttiva ed occupazionale, non possiamo permetterci di fermare anche le opere pubbliche ed una intera filiera, ormai allo stremo, che attende invece segnali di ripresa.

Dario Stefàno: “L’origine del prodotti per sanare un’ingiustizia: un tavolo tecnico che coinvolga anche il governo”

 

“Dall’importante lavoro svolto da Ismea e di Wine Monitor - Nomisma, sull’export vinicolo delle regioni italiane, emerge quella che a mio avviso è un’evidente ingiustizia, tutta a scapito del Sud e soprattutto a svantaggio di regioni come la Puglia o la Sicilia. I codici di nomenclatura possono aiutare a “tracciare” gli scambi e ricostruire dati più aderenti al vero”. Lo ha dichiarato oggi in conferenza stampa, convocata per le 11:30 nella Sala Nassirya di Palazzo Madama, il senatore Dario Stefàno a proposito del calcolo dei dati export del vino, attraverso cui si evidenzia una mancata corrispondenza tra il luogo di origine del prodotto e la località di sdoganamento.

“Non mettiamo in discussione il prezioso e puntuale lavoro di Ismea - precisa Stefàno - puntiamo invece i riflettori su quella che appare come una “pigrizia burocratica” che va a pregiudicare le performance di alcune ragioni tra le quali la Puglia”

“Basta osservare - ha proseguito Stefàno – dal punto di vista statistico, l'incremento della propensione all’export della regione dove avviene lo sdoganamento, a scapito appunto di quella di origine.  È il caso palese di regioni come il Piemonte e il Trentino, dove tale propensione è a 3 cifre percentuali (rispettivamente 141% e 173%). Quindi - continua Stefàno - se è logico che una regione non possa esportare più del 100% di quanto produce, come opportunamente segnalato nello stesso report di ISMEA, tuttavia da questa percentuale "dopata" scaturiscono e si determinano ricadute penalizzanti e pesanti per interi territori. Una su tutte, la ripartizione dei fondi OCM vino che costruisce le sue determinazioni avvalendosi anche dei dati Istat (come quelli in questione) fino ad arrivare a possibili interessi di appeal commerciali o per investimenti che i privati potrebbero realizzare e che le attuali evidenze statistiche, per alcuni casi, potrebbero addirittura scoraggiare”.

“Per sanare questa distorsione della lente statistica - aggiunge Stefàno - intendo proporre la convocazione di un tavolo tecnico presso il MIPAAF, coadiuvato da ISMEA, Agenzia delle Dogane e ISTAT, affinché vengano redatti, per le regioni mancanti, i codici di nomenclatura combinata mediante i quali sarà possibile ricostruire il vero dato circa la propensione all'export delle regioni nonché contribuire a migliorare il sistema di informazioni su tali scambi”.

“Un’ iniziativa – conclude Stefàno – che ribadisce la centralità e l’importanza dell'origine dei prodotti, sulla quale l'Italia non può permettersi alcun tentennamento”.

"Siamo in presenza - afferma Andrea Gabbrielli, intervenuto accanto a Stefàno in conferenza - di un paradosso: più cresce l’export di vino del Sud, più cresce la propensione all’export delle regioni del nord dalla logistica più sviluppata. Infatti l’attuale sistema di rilevazione dei dati export fa riferimento al luogo di sdoganamento e di fatto non tiene conto dell’origine del prodotto. Tutto ciò risulta particolarmente penalizzante per tutte le regioni meridionali e in particolare Puglia e Sicilia, che in questi anni hanno fatto grandi sforzi per l’internazionalizzazione. Si tratta di riconoscere, anche dal punto di vista statistico, questa realtà dei fatti. Il vino italiano è competitivo perché tutti contribuiscono al suo successo nello stesso modo".

ORA L'AZIENDA DEVE RICOLLOCARE I 331 LAVORATORI.

 

Il tempo delle attese è finito: questo in sintesi è quanto hanno ribadito oggi i vertici di FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil nell’incontro al Mise della cabina di regia sullo stato di avanzamento dell’accordo sottoscritto nel 2013 tra Natuzzi, sindacati e Ministero, con il quale è stato attivato il contratto di solidariet   per 1.818 lavoratrici e lavoratori e la cassa integrazione a zero ore per altri 331.

“Per questi ultimi l’accordo prevedeva la ricollocazione in nuove aziende che si  sarebbero dovute insediare sul territorio pugliese e materano” spiegano i sindacati; “nel corso degli ultimi due anni, la societ   incaricata di ricercare aziende interessate ad investire in quei territori - che peraltro oggi non si è presentata all’incontro - non ha portato al tavolo nessuna ipotesi concreta. Ecco perché - sottolineano - oggi abbiamo ribadito che nessun posto di lavoro deve andare perso e che vogliamo risposte concrete ad una precisa domanda: come e quando Natuzzi ricollocher   quei lavoratori e quelle lavoratrici?  I tempi - spiegano Feneal Filca Fillea - sono ormai stretti, il periodo di Cassa si esaurisce il 15 ottobre e, come ci hanno ricordato Mise e Ministero del Lavoro, la legge non consente altre proroghe. ”

Per questo, il calendario di lavoro della cabina di regia e delle task force istituite dalle regioni interessate, Puglia e Basilicata, sar  molto fitto: “sono stati gi   fissati tre incontri, due sul territorio e poi di nuovo al Mise il 20 luglio” raccontano i sindacati “data in cui l’azienda dovr   portare le soluzioni per la ricollocazione dei lavoratori. Oggi abbiamo avanzato numerose proposte, su cui i due Ministeri hanno invitato la direzione dell’azienda a fare una valutazione di fattibilit  , a cominciare dal riportare in azienda le lavorazioni fatte all’estero e dal reinternalizzare alcune delle lavorazioni attualmente realizzate all’esterno del sistema produttivo Natuzzi”.

La data del 20 luglio quindi è per i sindacati un punto di non ritorno “dopo gli incontri che avremo con le istituzioni locali - che sono al lavoro per accompagnare con importanti investimenti il piano di ricollocazione dei lavoratori -  Natuzzi dovr   darci risposte precise e concrete su come intende completare gli impegni presi con l’accordo 'ad esuberi zero' che tutti insieme abbiamo sottoscritto. Noi continuiamo a ribadire che nessun posto di lavoro deve essere perduto, come prevede l’accordo, e che gli stessi accordi vanno rispettati. Se ciò non fosse, Natuzzi dovr   assumersi le sue responsabilit  .”

 

Due anni fa Pasquale di Bari, trentunenne elettricista di Talsano, aveva un lavoro e una vita serena. Poi una mattina di maggio, mentre va a prendere gli attrezzi in un cantiere, cade urtando la colonna vertebrale su uno scalino e il ginocchio contro una parete: inizia così la sua nuova vita di invalido sul lavoro, tutelato dall’ANMIL di Taranto (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro).

Anche se oggi riesce comunque a svolgere gran parte delle attività tipiche dell’elettricista, Pasquale è ancora disoccupato perché i datori di lavoro sanno che, in un cantiere, non può più fare i lavori particolarmente pesanti usando determinati macchinari; eppure continua ad avere un approccio positivo verso la vita e, soprattutto, tanta voglia di reinserirsi nel mondo del lavoro.

La sua è una delle tante “storie” di ordinaria invalidità testimoniate nel pomeriggio di ieri (lunedì 20 giugno) dagli invalidi sul lavoro che hanno partecipato al percorso formativo “La sicurezza e la prevenzione degli infortuni, con particolare riferimento alle tematiche concernenti il rischio amianto, la comunicazione sicurezza nei luoghi di lavoro, le tecniche di valutazione dei rischi”.

Durato due mesi con ottanta ore in venti lezioni, il corso si è concluso con la consegna degli attestati ai partecipanti, una ventina di invalidi e mutilati sul lavoro iscritti all’Anmil (D. Lgs. 81/08); l’iniziativa è stata organizzata dall’ANMIL Taranto, con la collaborazione di “Lavoro&Welfare”, ed approvata a livello nazionale dal Comitato di valutazione e selezione IRFA Anmil.

 

Emidio Deandri, presidente ANMIL Taranto, consegnando gli attestati ha spiegato che «per la prima volta abbiamo voluto organizzare questo corso sulla sicurezza a favore proprio degli invalidi sul lavoro, persone che in passato hanno già subito infortuni, perché siamo convinti che la formazione possa favorire in futuro il loro reinserimento lavorativo».

«Siamo molto soddisfatti – ha poi detto Emidio Deandri – perché, con le loro testimonianze ascoltate oggi, i corsisti hanno dimostrato di aver acquisito una nuova consapevolezza sull’importanza della sicurezza che, in particolare, intendono trasmettere ai loro nuovi compagni quando torneranno a lavorare».

 

Ma la formazione degli invalidi Anmil non si ferma qui: nell’occasione l’avvocato Nunzio Leone, docente e responsabile della Leonepartners, ha infatti annunciato che «a breve dovrebbe essere organizzato a loro favore anche un corso di alta specializzazione per diventare RSPP (Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione), figura necessaria nelle aziende ex D.Lgs. 81/2008, una qualifica che favorirà ulteriormente il loro reinserimento nel mondo del lavoro».

 

Intervenendo alla cerimonia il senatore professore Giovanni Battafarano, segretario generale di “Lavoro&Welfare”, nonché “padre” della Legge 68/99 del quale fu relatore in Senato, ha inoltre annunciato che «con l’ANMIL stiamo approfondendo lo studio del D. Lgs 151/2015, il cosiddetto “Jobs Act”, per individuare quelle misure che possono concretamente favorire il reinserimento lavorativo degli invalidi sul lavoro, non solo tutelando il loro sacrosanto diritto di essere assunti ex lege nelle aziende, ma anche sostenendo forme di autoimprenditorialità: penso proprio al caso di Pasquale di Bari che non viene assunto in aziende perché non può più fare lavori pesanti, ma potrebbe aprire una propria azienda per fare tutta una serie di lavori in cui un elettricista non deve necessariamente impiegare macchinari pesanti».

 

Emidio Deandri, presidente ANMIL Taranto, ha poi concluso la cerimonia confermando che «a breve dovremmo avviare un attività congiunta con i sindacati, in tal senso abbiamo già avviato contatti con la CGIL, per far sì che amministrazioni ed enti pubblici, nonché aziende private, provvedano finalmente alle assunzioni dalle categorie svantaggiate alle quali sono obbligate ex lege: stimiamo che, nella sola provincia di Taranto, siano oltre 2.000 gli invalidi sul lavoro e i disabili che dovrebbero essere così assunti, un “tesoretto” non intaccato da spending review o norme sul dissesto!»

 

Iniziato lo scorso 2 aprile con una lectio magistralis tenuta dal sen. prof. Giovanni Battafarano sull’attualità della legge 68/99, alla luce delle modificazioni apportate dal job act e sulle prospettive di reinserimento del lavoratore infortunato, il corso si è poi sviluppato in venti lezioni suddivise in cinque moduli formativi, che hanno visto impegnati docenti qualificati come gli avvocati qualificati come gli avvocati Mariella Tritto, Cataldo Tarricone e Nunzio Leone, gli ingegneri Agostino Capogrosso e Giammarco Lupo, e i dottori Franco D’Amicis, Giuseppe Murgolo, Doriano Castellano e Marco Amatimaggio.

Il coordinatore provinciale di USB Taranto Francesco Rizzo e Sergio Bellavita del coordinamento nazionale USB hanno incontrato nella giornata di ieri Sebastiano Leo, assessore allo sviluppo economico della Regione Puglia con il quale hanno discusso della questione appalti Ilva. “I lavoratori vivono una grossa difficoltà economica, sia chi è ancora in servizio che fa fatica a percepire lo stipendio, sia chi vive di cassa integrazione ed è ormai agli sgoccioli – afferma Rizzo -. L’assessore Leo ci ha ascoltato con molta attenzione e ci ha assicurato che a breve ci sarà un tavolo di confronto su questa questione, per venire incontro a tutti i lavoratori degli appalti Ilva. Siamo fiduciosi che la nostra richiesta non resti inattesa e che al più presto riusciremo a sciogliere anche questo nodo. Inoltre stiamo inviando formale protesta all’azienda in merito alle ditte che continuano a lavorare per Ilva ma senza pagare i dipendenti. Una per tutte: Comsider”.

Continuano intanto le assemblee all’interno dell’acciaieria. Oggi incontro nei tubifici, rivestimenti, Pla1, Pla 2, laboratori LT e nastri. “Siamo soddisfatti perché le assemblee in atto da ieri sono molto partecipate. I lavoratori ci stanno confermando la loro presenza alla manifestazione del 26 perché sono convinti che è necessario muoversi e non restare a guardare gli eventi”, conclude Rizzo. 

POSTE LE FONDAMENTA PER IL RITORNO ALLE ATTIVITA' LAVORATIVE.

 

Alessandro De Donno, Segretario Generale Confederazione CIL, comunica che nel pomeriggio del 15 giugno scorso il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha posto le fondamenta per il ritorno alle attività lavorative degli ex dipendenti della Soc. Taranto Isola Verde.A distanza di dodici mesi (giugno 2015) si è finalmente giunti alla conclusione della prima parte afferente gli ex lavoratori della società in house Taranto Isola Verde . L’impegno della Confederazione Italiana per il Lavoro e l’Occupazione (CIL) di Taranto ha restituito ai Lavoratori la dignità che è sancita dagli articoli 1, 2, 3, e 4 della Costituzione Italiana. È stata un’esperienza esaltante che ha reso manifesto un nuovo modus operandi nella tutela dei lavoratori, ovvero la “progettazione”. Questa organizzazione sindacale infatti si è distinta in modo innovativo rispetto ai vecchi canoni di concertazione correlati con la inutile dispersione di denaro pubblico che al termine quasi mai ha prodotto “lavoro” .

L’avvio è stato condiviso nell’immediato dal Governo e dalla Regione Puglia (e non dal Presidente della Provincia Tamburrano) che a fronte della presentazione di due progetti immediatamente disponibili relativi al Parco della Rimembranza e al Parco Letterario del Galeso, hanno finalmente riscontrato la presenza di concretezza correlata al ritorno alle attività dei lavoratori.Dal giugno del 2015 vi è stata una serie di incontri promossi da questa Organizzazione Sindacale con il Gabinetto della Presidenza della Regione Puglia e con la Dottoressa Corbelli il cui fine ultimo era quello a cui siamo giunti nel pomeriggio di ieri. Pare opportuno inoltre allo Scrivente segnalare che nel silenzio più assoluto della Città solo Arcangelo Margari, Segretario Provinciale della FlaicaCub, ha inteso condividere dal gennaio c.a. questo percorso che è risultato essere vincente.

In riferimento a dichiarazioni apparse sui social network afferenti soggetti che avrebbero millantato la leadership di questo progetto concepito dalla CIL riteniamo opportuno suggerire la verità e non storie campate in aria.Grazie Presidente Emiliano, grazie Dottoressa Vera Corbelli, grazie Assessore Loredana Capone, grazie Dott. Claudio Stefanazzi, grazie allo Staff tutto della Dottoressa Corbelli. I Lavoratori ringraziano.

 

 

 

 

Si parlerà di mare e di sport e di economia (del mare). L'iniziativa si svolgerà nella Saletta Monfredi della Camera di commercio di Taranto in viale Virgilio 152.

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