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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1907)

di Luca Lazzàro*

Solidarietà a Bruno Vespa e un “no” fermo a chi vuol taglieggiare un intero settore. La notizia dei cento ceppi tranciati in un vigneto che il noto anchorman televisivo possiede a Lizzano desta rammarico e preoccupazione. Vespa, lo ricordo, ha fatto investimenti importanti anche a Manduria ed è, a tutti gli effetti, un produttore manduriano di Primitivo doc ed è per questo che rappresenta uno dei simboli più vistosi e significativi del nostro vino. Colpire lui significa voler mandare un sinistro messaggio ad un settore produttivo importante, vera punta di diamante dell’economia agricola tarantina. 

Per questo siamo fianco di Vespa, al quale chiediamo di non mollare e di continuare a restare attaccato alle sue terre a produrre vino, come uno di noi. E chiediamo, a maggior ragione, che le forze dell’ordine e la magistratura accendano una luce su quel territorio e sui produttori che in questi giorni hanno appena cominciato una vendemmia che si preannuncia di grande qualità. Se si sia trattato di un avvertimento o di chissà cosa sta agli inquirenti accertarlo. So per certo, però, che a chi vuol sconvolgere il settore del vino, fatto di protagonisti visibili e meno visibili, noi opporremo la fermezza e la determinazione che abbiamo già dimostrato nei mesi scorsi a Grottaglie, quando una simile modalità criminale ha colpito diversi tendoni di uva da tavola. Abbiamo detto “no” allora e con voce ancora più alta, senza farci intimorire, lo ripetiamo adesso che qualcuno vuol mettere le sue sporche mani sui vigneti di Bruno Vespa.

 

 Confermato il trend di crescita dell’istituto di credito pugliese.

 

 

 Utile e impieghi in aumento per la BCC San Marzano. E’ quello che emerge dal bilancio semestrale esaminato dal Consiglio di Amministrazione della banca. Un primo semestre dell’anno da record che conferma il trend di crescita dell’istituto di credito pugliese giunto al suo sessantesimo anno di attività.

Sul fronte degli impieghi, infatti, è proseguita l’azione mirata al sostegno dell’economia e allo sviluppo del territorio, grazie all’apporto dei finanziamenti concessi a famiglie e aziende, che raggiungono quota 215 milioni di euro con un incremento del 2,62% rispetto al 2015. Anche la redditività e la solidità patrimoniale registrano numeri molto soddisfacenti. L’utile d’esercizio si attesta a 3,917 milioni di euro, in crescita del 20% rispetto al risultato conseguito nel medesimo periodo dell’anno precedente. Si rafforza anche il patrimonio netto, salito a 49,811 milioni di euro (+ 20% rispetto al 2015. In particolare il CET 1 Ratio si è attestato al 18,93%, notevolmente al di sopra di quanto richiesto dalla BCE (10,5%), testimoniando la sana e prudente gestione di una banca solida al servizio del territorio. Nel semestre in esame anche il margine di interesse è salito dell’8,14% rispetto al 2015. Nello stesso periodo il margine di intermediazione è cresciuto a 11,710 milioni con un incremento dello 0,72% rispetto al dato registrato al 30 giugno 2015. Positivo è altresì l'andamento dei costi operativi che scendono dell'1,6% rispetto allo stesso periodo 2015, frutto di un efficace processo di efficientamento e razionalizzazione della struttura. I risultati del primo semestre 2016 – ha commentato il presidente Francesco Cavallo - registrano una crescita significativa per la nostra banca che continua a consolidarsi nel territorio. Questo andamento sottolinea l’efficacia del nostro modello di business che tra i suoi punti di forza ha sicuramente la specializzazione dei nostri operatori, frutto di una scelta strategica e di posizionamento in cui abbiamo sempre creduto e che ci ha permesso di raggiungere la leadership di mercato”. Per il direttore generale Emanuele di Palma (nella footo) “questi numeri confermano la mutualità prevalente dell’ istituto che, nonostante la crisi congiunturale, continua a sostenere l’economia reale erogando impieghi alle famiglie e alle imprese locali. Il credito raccolto nella comunità viene totalmente impiegato a favore della stessa con l’obiettivo di generare un circolo virtuoso di economia e sviluppo. Proseguiremo in questa direzione – ha concluso di Palma - mantenendo da una parte il forte radicamento nel territorio e dall’altro un approccio competitivo che sappia privilegiare la consulenza e l’informazione finanziaria, oltre all’innovazione tecnologica per poter confermare il primato tra gli istituti più evoluti del sistema cooperativo ed affrontare con determinazione le nuove sfide della riforma”.

La riforma delle Camere di Commercio è come una condanna definitiva ad un territorio senza un reale ritorno in termini di riassetto e risparmio nella Pubblica Amministrazione.

E’ il giudizio lapidario di CGIL, CISL e UIL di Taranto, che intervengono sul tema del Decreto Legislativo in fase di attuazione di cui all’articolo 10 della Legge 7 agosto del 2015: un piano di riordino che secondo il Ministro Madia prevedrebbe accorpamenti e cancellazioni di circa ben 45 camere di commercio nazionali in base a criteri numerici stringenti.

Non possiamo immaginare cosa accadrebbe se questa malaugurata ipotesi di accorpamento o cancellazione riguardasse la Camera di Commercio Commercio e di Taranto – sostengono i segretari confederali – nella delicata fase in cui questa provincia prova a riprendere il passo dell’economia nazionale non più basandosi sul rapporto monolitico della classica cattedrale nel deserto, ma provando invece ad animare l’humus economico e imprenditoriale locale in vista di quella tanto desiderata diversificazione produttiva indispensabile e vitale.

Il Piano della Ministra Madia dunque non piace e i sindacati confederali ionici sono pronti a ribattere punto per punto.

Quel riassetto – spiegano – presentato come un provvedimento vocato al risparmio, in realtà corrisponde ad un misero 0,2% della spesa pubblica nazionale che guarda caso, decide di tagliare non sulle spese di rappresentanza o sugli sprechi, ma su realtà di sostegno all’impresa che in verità andrebbero riviste più sul piano dell’operatività concreta.

E’ indubbio, e ne siamo consapevoli, che le Camere di Commercio su tutto il territorio nazionale di fronte al mercato globale debbano essere attrezzate invece diversamente, fortificando strumenti e competenze al loro interno – continuano i segretari – e investendo sulla forza lavoro che così, con questa riforma, rischia di essere dispersa,  a danno degli assetti occupazionali dei territori coinvolti, senza possibilità di essere forse nemmeno ricollocata.

A Taranto parliamo di circa 80 unità fra dipendenti diretti, aziende speciali e di sistema, impiegate nell'ente camerale a diverso titolo professionale e che sarebbero, a nostro avviso, coinvolti da tagli lineari perdendo di fatto qualsiasi garanzia occupazionale. Sono lavoratori che svolgono brillantemente il proprio lavoro, grazie all’alto grado di preparazione e qualificazione che hanno acquisito in questi anni; in realtà, come vera conseguenza avremmo solo gravi ripercussioni sui servizi offerti ai cittadini e alle imprese,... altro che risparmio, sarebbe solo  cattivo funzionamento e disservizio !

Ecco perché la riforma sa di condanna specie per quelle comunità che al di sotto delle 75.000 imprese iscritte (uno dei requisiti previsti – ndr) rischiano di veder naufragare ogni ambizione legata alla piccola e media impresa.

Secondo CGIL, CISL e UIL dunque la riforma si fonderebbe su presupposti contrastanti. A fronte di una incidenza di spesa che comporterebbe un risparmio medio annuo di circa 63 euro a imprese (circa 5,2 euro al mese) ci si ritroverebbe di fronte alla riduzione di risorse di oltre 400 milioni di euro nelle voci dei territori che riguardano i settori dell’export, del credito, del turismo, dell’innovazione e della formazione. Una riforma che va in controtendenza anche rispetto alle dichiarate scelte espansive che il Governo intenderebbe varare con la Legge di Stabilità.

Valori di contrazione che ad esempio in provincia di Taranto per il taglio dei diritto annuale si è già trasformato in un valore negativo di circa 550mila euro con la diminuzione proprio dei servizi a supporto delle imprese tarantine.

Cgil Cisl Uil Territoriali, con le rispettive Federazioni di Categorie, oltre a sostenere tutti i lavoratori nello stato di agitazione proclamato qualche settimana fa, dichiarano infine che si tratta di una riforma insensata e che comunque  non può riguardare la Camera di Commercio di Taranto. Proprio ora – concludono Massafra, Castellucci e Turi –che di nuova impresa e di nuovi modelli di sviluppo abbiamo fondamentale bisogno e proprio mentre il Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto, in cui la CCIAA ha ruolo strategico, ci chiede di immaginarci diversi.

 

La vendemmia 2016 è appena cominciata nella terra del Primitivo di Manduria: e sarà una grande annata. 

 

Per i vignaioli il tempo dell’attesa è finito: il colore e il profumo dei grappoli non mentono. La raccolta dà inizio ad un rito millenario, fatto di speranze, tradizione, lavoro, cura dei particolari e risultati. Negli occhi dei produttori tarantini c’è ancora il 2015 con un agosto ingeneroso (ma da record per l’Italia) e, soprattutto, l’annus horribilis 2014: insomma, nulla è scontato. Eppure nell’aria si fiuta già un sentore d’ottimismo. Gianfranco Fino, pluripremiato produttore di Primitivo, non ha dubbi: «Se non piove adesso, grazie a questo ottimo clima d’agosto e alla tramontana che aiuta a tenere i grappoli asciutti, mi aspetto una grandissima annata». 

 

La previsione molto positiva, fatta con un bel sorriso stampato in faccia e le dita incrociate, scioglie la tensione del primo taglio: «Abbiamo trovato uve sanissime – conferma Fino – e non abbiamo dovuto fare selezione tra i grappoli: sono tutti lì in cassetta, bellissimi da vedere. Grazie ad una maturazione graduale, perfetta per il lavoro del vignaiolo che deve trasformare uve in vino, riusciremo a far “nascere” un ottimo vino: del resto, la vendemmia è ogni volta come affrontare un vero e proprio parto». 

 

Le incertezze dell’inverno poco piovoso, le piogge arrivate in ritardo in primavera sono ormai alle spalle, spazzate via da un clima asciutto e senza picchi di calore. La vendemmia, allora, è partita con i migliori auspici:  «Abbiamo cominciato con la base spumante per il nostro Rosè da Negroamaro – spiega Fino – e abbiamo fatto il primo taglio del Primitivo. Ora ci siamo fermati un paio di giorni per aspettare una migliore maturazione, stiamo procedendo con la valutazione sensoriale delle bacche nelle nostre vigne tra Sava e Manduria». Un lavoro impegnativo che porta il vignaiolo a “studiare” le sue vigne, vecchie di 50 e sino a 90 anni, come in una grande partita a scacchi: «Abbiamo vigne dislocate in dieci particelle diverse ed è il motivo per cui facciamo una vinificazione parcellare. Il Primitivo ha una buccia sottile e delicata, va curato con molta attenzione e poi tocca alla bravura del vignaiolo tirarne fuori il meglio. Il segreto sta nel produrre bene vini ad alta gradazione ma con un grande equilibrio, come dicono i francesi: per questo il Primitivo ammalia tutti, per il corpo, la struttura, la tannicità, la finezza e l’eleganza». 

 

Un vino eccellente – sottolinea Gianfranco Fino – «capace di sedersi, finalmente, alla tavola dei grandi». E di conquistare palati e papille in tutto il mondo: nei mercati di nicchia e in quelli di massa, come la grande distribuzione organizzata. «La Puglia – dice Fino - sta tirando tantissimo dal punto di vista turistico. Per questo chi viene da noi scopre i nostri vini e poi ne va alla ricerca. Magari al primo approccio prova un vino di fascia media o bassa, poi passa anche a quelli con un prezzo decisamente più alto: l’importante è che siano buoni vini. Ed è la forza del Primitivo, il riuscire a conservare un buon rapporto qualità/prezzo e poter contare anche su chi, come me, fa 20 quintali di uva per ettaro e un vino diverso anche per costo». Un “gioiello” apprezzato in oltre 30 Paesi, in particolare Stati Uniti, Giappone e Nord Europa, ai quali Fino ha appena aggiunto altre due importanti bandierine: Cina e Sud Africa. 

 

E’ la punta avanzata di un movimento che sta crescendo in modo costante. Nel 2013 il Primitivo di Manduria, con oltre 2300 ettari coltivati, ha toccato il livello record di 131mila ettolitri prodotti, entrando tra le migliori 15 Doc rosse italiane. «Dopo tanti anni di sacrifici e lavoro – rimarca Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – i frutti stanno arrivando e sono straordinari. Il nostro Primitivo, grazie ai tanti produttori e vinificatori di una Doc che abbraccia sedici comuni del Tarantino e tre del Brindisino, ha conquistato fette di mercato importanti e ha ancora margini di manovra per ritagliarsi altri spazi, in volume e in valore». Come nel caso della grande distribuzione organizzata, in cui proprio Primitivo e Negroamaro, tra i vini “emergenti”, hanno segnato nel 2015 percentuali di crescita interessanti nel segmento delle bottiglie da 75 cl: il primo con un più 8,6 per cento e il secondo con più 13, per un totale di 4,7 milioni di litri venduti e un controvalore di oltre 21 milioni di euro (fonte IRI per Vinitaly 2016).  «Con l’annata 2016 che si preannuncia ottima – conclude Lazzàro – si può fare ancora meglio: il Primitivo di Manduria ha un grande futuro davanti».

Tutto pronto per la terza edizione della Festa USB Taranto “Noi non dimentichiamo”. La manifestazione si terrà il 26 e 27 agosto  prossimi presso Piazza Lo Jucco a Talsano (Taranto). Un’iniziativa nata dalla volontà del coordinamento USB Taranto, per non dimenticare, appunto, tutte le persone morte sul lavoro e a causa del lavoro. Una festa dunque dove si parlerà delle problematiche legate al lavoro, ma si avrà anche modo di divertirsi con uno spettacolo che vuole accontentare tutti: dai bambini ai più grandi. “E’ un momento molto importante per noi che abbiamo voluto riproporre anche quest’anno – afferma Francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB Taranto – non senza difficoltà. E’ una festa quasi completamente auto finanziata che ci sentiamo di dover fare per non far cadere nell’oblio tutti i colleghi morti sul e per il lavoro. Crediamo fortemente che sia il modo migliore per averli sempre con noi. Durante questa due giorni discuteremo con molte persone autorevoli nel mondo del lavoro e della politica sulle difficoltà lavorative, sulla sicurezza, su tutto ciò che non va. Cercheremo delle risposte. Ascolteremo tante testimonianze. Ma vogliamo anche regalare due giorni di spensieratezza, di musica e divertimento a tutte le famiglie e alla nostra città”.

Il programma di quest’anno prevede (per venerdì 26 ore 18.30) un dibattito in cui si fa un excursus in diverse situazioni attuali difficili e irrisolte “Da Bagnoli, alla terra dei fuochi passando da ILVA di Taranto storie di disastri e regalie, tra dramma sanitario – occupazionale e prospettive future per il nostro territorio”. 

A seguire un meraviglioso e magico momento per bambini dell’associazione A.S.D. “Senza pensieri” con Valentina Elia e il suo spettacolo di danza e fuoco “Gioacchino. Quindi spazio alla danza con l’esibizione del gruppo di ballo “Tony dance”. A chiudere questa prima serata il concerto della pop rock band tarantina MOTIVA.

Sabato 27 si parte alle ore 17 con un tavolo tematico con i lavoratori di Ilva, Teleperformance, Eni e Pubblico Impiego “Vogliamo lavoro e stato sociale”. 

Alle ore 19 il dibattito “Referenzum” costituzionale. Quindi uno spettacolo di danza della Fascination Dance che vedrà sul palco ben 88 ballerini.

Grande spazio alla musica con il concerto di Zakalicius e il gruppo dei “99 posse”. Un gran finale che porterà sul palco uno dei gruppi più famosi ed amati nel mondo del raggamuffin rap italiano. Sempre attenti alle problematiche della società, i 99 posse proporranno uno spettacolo in cui ripercorranno 25 anni di carriera con le loro canzoni più famose e quelle del nuovo album. 

 

La Camera di Commercio di Taranto, in ottemperanza a quanto previsto dalla Direttiva del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Giustizia del 25.04.2015, l’Ufficio del Registro delle imprese di Taranto con avviso dell'8 marzo 2016, ha invitato le imprese con indirizzo di posta elettronica certificata inesistente o scaduto o revocato, a comunicare un nuovo indirizzo PEC. In data 5 agosto 2016 è stata iscritta la cancellazione d’ufficio degli indirizzi PEC relativi a 5.134 imprese (individuali e collettive) che non hanno provveduto all’adempimento richiesto, giusto decreto del Giudice del Registro. In allegato un breve comunicato nel quale sono evidenziate le conseguenze per le imprese che non pongano rimedio.

Quali sono le conseguenze?

L’art. 16, comma 6, D.L. n. 185/2008 prevede che le imprese costituite in forma societaria sono tenute ad indicare il proprio indirizzo PEC nella domanda di iscrizione al Registro delle imprese, disposizione sostanzialmente ricalcata dall’art. 5, comma 2, D.L. n. 179/2012 per le imprese individuali.

La cancellazione dell’indirizzo PEC comporterà le seguenti conseguenze:

a) le successive domande di iscrizione di fatti o atti relativi alle predette imprese non potranno essere gestite. Saranno sospese in attesa della comunicazione del nuovo indirizzo PEC e, in mancanza, verranno rifiutate;

b) in base alle indicazioni ministeriali sarà applicabile anche la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 2194 c.c. (da € 5 a € 516) per le imprese individuali, e dall’art. 2630 c.c. (da € 206 a € 2.065).

Pertanto, le imprese che non abbiano provveduto a comunicare un indirizzo PEC univoco, attivo e riferibile all’impresa al fine di evitare che " le domande di iscrizione di fatti o atti” siano sospese e in caso di ulteriore inerzia rifiutate, sono invitate a comunicare un nuovo indirizzo PEC per consentire loro di operare regolarmente sul mercato.

«Siamo alle solite: la Regione decide, gli agricoltori pagano». Il disegno di legge di riforma dei Consorzi di bonifica, appena presentato dalla Giunta regionale, non convince per nulla Confagricoltura Taranto. 

Nel ddl, che dovrà passare all’esame delle commissioni prima e dell’assemblea poi, è prevista la soppressione dei quattro consorzi attualmente commissariati (Arneo, Ugento Li Foggi, Terre d’Apulia e Stornara e Tara) e il loro successivo accorpamento nel Consorzio unico di bonifica Centro-Sud Puglia, che manterrà le funzioni di bonifica e manutenzione dei territori consorziati, mentre l’attività irrigua passerà ad una nuova Agenzia regionale, l’Araia, destinataria anche di alcune funzioni similari scorporate dall’Arif. «Dalla lettura attenta del ddl – commenta il presidente di Confagricoltura Taranto Luca Lazzàro – si evince un grande disegno di scatole cinesi che ha del luciferino: ed è per questo che sentiamo un gran puzzo di bruciato. La rogna della bonifica e dei debiti pregressi resta al Consorzio unico, mentre il core business della risorsa idrica finisce nelle mani di una nuova Agenzia ma con un codicillo finale che, di fatto, apre la strada della gestione dell’acqua in capo ad Aqp o sua controllata: come dire che l’Agenzia fa testamento ancor prima di nascere». 

In pratica – rimarca il direttore Carmine Palma – «è successo ciò che temevamo: la Regione Puglia sta creando non un Consorzio nuovo, agile ed efficiente ma una specie di “bad bank” in cui finiscono la montagna di debiti accumulati e le relative transazioni. Un sasso lanciato nel buco di bilancio cui restano attaccati mani e piedi i nostri agricoltori, cui toccherà pagare i tributi consortili: tornerà il 630, mentre il 750 verrà sostanzialmente sottratto al Consorzio unico e passerà all’Araia. Tutto questo si legge tra le righe di un ddl che fa esattamente l’opposto di quanto avevamo proposto in passato: gestione irrigua mantenuta all’interno dei consorzi e bonifiche alla Protezione civile, trattandosi di opere d’interesse generale. Al contrario, la “soluzione” adottata è profondamente pilatesca e non risolverà il problema, semmai corre il rischio di aggravarlo. La Regione, infatti, sta assicurando fondi per gestire il passaggio al Consorzio unico, tuttavia non dice apertamente come esso si reggerà nel futuro: in definitiva si sta scaricando quest’onere sulle spalle esclusivamente delle aziende agricole».  

Per Confagricoltura Taranto, invece, la riforma dovrebbe andare in un’altra direzione: «La bonifica e la manutenzione delle aree consortili – sottolinea Lazzàro – non avvantaggia soltanto gli agricoltori e i loro terreni agricoli ma interi territori: per questo dovrebbe essere a carico della fiscalità generale. La Regione Puglia sta partorendo una riformicchia che fa acqua da tutte le parti, mentre dovrebbe usare questo passaggio cruciale per affrontare in maniera complessiva la grave emergenza del dissesto idrogeologico che ha devastato tanti comuni, causando anche vittime, a Taranto come nelle altre province. In questa bozza di riforma, piuttosto, si avverte la presenza di una longa manus che punta a gestire l’acqua, disinteressandosi del governo del territorio. Per il mondo agricolo che rappresentiamo – conclude Lazzàro – è un’occasione mancata cui porre riparo, urgentemente e coscienziosamente, durante l’iter legislativo».    

Un nuovo tassello si aggiunge al grande puzzle di USB Taranto, che negli ultimi mesi ha registrato l’inserimento nelle più grandi realtà lavorative della città. Infatti, a partire da questa mattina, i lavoratori della raffineria ENI di Taranto possono organizzarsi e confrontarsi in azienda con la forza di una nuova sigla sindacale. L’USB ENI nasce da un gruppo consistente di ex iscritti alla FILTCEM CGIL ed è aperta a tutti coloro che vivono di libertà, capacità decisionali, senza paura di mostrare il proprio pensiero e confrontarsi a fronte di una rappresentatività sbiadita delle organizzazioni attuali.

USB ENI rappresenterà i lavoratori e le lavoratrici che non si riconoscono in un grigiore dove si fa strada il baratto al posto della contrattazione e le attuali relazioni industriali sono un compiacersi; dove si promuovono trattative in assenza della delegazione dei lavoratori stessi, tranne che per squallidi scioperi. I lavoratori rappresentano il patrimonio, le risorse umane ne sono la ricchezza e l’azienda ENI si fregia di questi slogan ma poi si maschera dietro la crisi di mercato (che pur riconosciamo) per riorganizzarsi e penalizzare chi lavora. La verità è che in un anno e mezzo si sono persi 70 lavoratori e assunti 10: un vero e proprio baratto, che non basta a sostenere le ore lavorative e risultano insufficienti per coprire tutte le posizioni mancanti. Inoltre sottolineiamo come l’accordo tra ENI e Ministero del Lavoro, in cui si parla di scuola-lavoro per i giovani, abbia coinvolto tutti i siti italiani, tranne Taranto. E nessuna organizzazione sindacale si è fatta sentire. 

L’USB ENI lavorerà per cambiare nel rispetto dei diritti, contro la precarizzazione e l’annichilimento della dignità umana.

“Per noi ciò che è avvenuto oggi è molto importante perché dimostra che USB Taranto continua ad ottenere consensi. Siamo lieti di accogliere questi compagni che hanno le stesse nostre esigenze che sono quelle di rappresentare al meglio le istanze dei lavoratori e dare una svolta rispetto alla caratteristica dei confederali degli ultimi anni di fare accordi a tutti i costi, peggiorando di fatto le condizioni di lavoro dei lavoratori stessi. Il nostro obiettivo sarà ristabilire le regole per sostenere i dipendenti, senza più nessun accordo penalizzante”, commenta Francesco Rizzo, coordinatore USB Taranto.

 

Abbiamo appreso con estremo favore dagli organi di stampa del contratto che un consorzio con sede a Massafra ma operante in tutta la provincia jonica ha stipulato con il Gruppo Barilla in qualità di fornitore di grano “aureo”, così come viene chiamata la qualità, ovviamente molto apprezzabile, del prodotto in questione.

Tale contratto di filiera, per la prima volta realizzato nel Mezzogiorno in questo settore, garantisce produttori ed acquirenti, e dà contezza di come si possa valorizzare al meglio una produzione locale con caratteristiche di eccellenza facendo un “business” pulito e premiante sia per chi lo mette in campo sia per chi, in questo caso il consumatore medio, ha contezza della tracciabilità e validità del prodotto.

Un’esperienza che merita il plauso del territorio e di Confindustria Taranto, fin d’ora disponibile a incontrare, per eventuali forme di collaborazione e di iniziative comuni, le aziende del consorzio.

Evidente miopia politica dell’attuale Esecutivo, che finge di ignorare il ruolo determinante di supporto degli Enti camerali nel Mezzogiorno.

 

L’errata interpretazione del processo di spending review che qualche anno fa tutti, in Italia – e in Europa - auspicavano virtuoso, in quantopreannunciato con le buone intenzioni di razionalizzare la spesa dello Stato, ottimizzare i pubblici uffici, riqualificare e potenziare i pubblici servizi erogati ai cittadini e alle imprese, sta oggi sempre più degradando in tagli lineari tout-court con l’aggravante che il Governo continua a negarsi alla contrattazione sociale, come nel caso delle preannunciate soppressioni e accorpamenti delle Camere di Commercio.

Tra queste figurano le sedi di Taranto e di Brindisi, perciò la Cisl e la Cisl Fp Taranto Brindisi sostengono ed incoraggiano la vertenzialità sindacale posta in essere delle rispettive Rappresentanze Sindacali Unitarie (Rsu)per rivendicare, contrariamente ai desiderata del Governo, la modernizzazione, il rilancio ed il potenziamento delle mission di questi Enti strumentali del territorio avvalorati, oltretutto, da professionalità uniche nel sistema della pubblica amministrazione italiana.

Cisl e Cisl Fp segnalano l’evidente miopia politica dell’attuale Esecutivo, che finge di ignorare quale ruolo determinante di supporto le Camere di Commercio continuino a ricoprire in territori del Mezzogiorno, dove il sistema delle imprese in particolare è costretto a misurarsi  con i rischi diffusi di diseconomie determinate dalla scarsità se non dall’assenza di infrastrutture materiali e immateriali, le stesse che sarebbero in grado di incoraggiare l’innovazione per farle competere, grazie anche all’internazionalizzazione, in un mercato fortemente globalizzato.

Sopprimere o ridimensionare in strutture, funzioni e personale fortemente professionalizzato il sistema camerale – che comprende anche le Aziende speciali, le sedi secondarie e le Unioni regionali – sarebbe, pertanto, scelta scriteriata ed incoerente che penalizzerebbe il Paese, la Puglia e il Sud in particolare.

E nei territori di Taranto e di Brindisi, particolarmente caratterizzati da analoghe situazioni di crisi economica ed occupazionale ma altrettanto accreditati di molteplici potenzialità produttive, attrattive, infrastrutturali – oggetto, peraltro, di attenzioni e di finanziamenti messi a sistema dallo stesso Governo -  con la prefigurata, possibile soppressione delle Camere di Commercio verrebbe a determinarsi un gratuito depotenziamento di compiti e ruoli svolti  anche nella storia recente, grazie anche alla presenza attiva, nei rispettivi Consigli, delle Organizzazioni sindacali.

Il Governo riveda, dunque, le sue priorità, corregga  le scelte preannunciate e prosegua in un percorso credibile di spending review confrontandosi con il sindacato che rappresenta le migliaia e migliaia di lavoratrici e di lavoratori che, nelle Camere di Commercio italiane, svolgono ruoli e compiti fortemente funzionali al progresso sociale, imprenditoriale ed occupazionale del Paese.

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