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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1908)

AUMENTA LA PRESSIONE IN CITTA' PER LA VISITA DEL PREMIER.

Dopo l'approvazione e la conversione in legge del decreto ILVA avvenuta con il sistema della fiducia, la visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Taranto accende i tarantini che venerdi 29 alle ORE 9,00 si troveranno al sit – in e alle iniziative già convocate in piazza Garibaldi da altre organizzazioni. alle ORE 18.30 poi è previsto un CORTEO CITTADINO #TUTTAMIALACITTA' da Piazza Immacolata. “Taranto sfiducia il Governo Renzi. Decide la Città” Renzi sarà in visita a Taranto anche per l’inaugurazione del secondo piano del Museo MarTà. Un appuntamento privato - recita un comunicato di DECIDE LA CITTÀ! #TUTTAMIALACITTA' -  in un luogo di tutti, che si presenta come passerella da parte del Governo rispetto agli scempi provocati dopo anni di decreti autoritari e di scelte scellerate (vedi progetto Tempa Rossa), riempiti con la solita retorica del ricatto occupazionale e del “non c’è alternativa”. Dopo anni di commissariamento governativo, tutelato da immunità penale, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: si svende a nuovi acquirenti lo stabilimento siderurgico senza averlo mai espropriato, socializzando le perdite prodotte ma privatizzando i profitti, e in barba alle prescrizioni della magistratura si rinvia nel tempo il piano di bonifica e riconversione di fabbrica e città, in nome di presunti interessi strategici nazionali, garantendo la continuità produttiva a scapito dell’ambiente e della salute dei cittadini. Nel frattempo Taranto rimane ancora città dei diritti negati: emergenza sanitaria ed ospedaliera, desertificazione economica, emigrazione, precarietà, tasso di disoccupazione giovanile al 60%, patrimonio culturale abbandonato, rete dei trasporti e dei collegamenti carente ed inefficiente, chiusura delle facoltà universitarie e di importanti presìdi per il territorio (Soprintendenza, Corte d’appello, Tribunale dei minori, etc). La città non può più accettare scelte calate dall'alto ed incompatibili con la vita di chi la abita. Un’alternativa - conclude DECIDE LA CITTÀ! #TUTTAMIALACITTA' - diversa per Taranto toccherà ai suoi cittadini scriverla, attraverso un processo partecipato che rimetta al centro le energie propositive della nostra comunità e la possibilità di decidere un destino differente. È per questo che invitiamo tutti a manifestare contro la passerella del Governo Renzi venerdì 29 Luglio, il governo dei decreti Ilva, dello Sblocca Italia, del Jobs Act e della Buona Scuola. Basta passerelle sulla vita dei tarantini!

Sulla questione Taranto si registra anche un intervento del Presidente della Puglia in Più sen. Dario Stefàno che parlando si timidi segnali sostiene la volontà di affrontare la questione per evitare la chiusura della realtà produttiva e occupazionale più grande del Paese ma, a distanza di 4 anni dall'applicazione dei sigilli "virtuali",  dice ancora Stefàno - ci troviamo a votare l'undicesimo provvedimento che riguarda l'Ilva senza che siano definitivamente sciolti i nodi che strozzano lo stabilimento ma soprattutto la città di Taranto che soffoca sempre di più nell'inquinamento". Sono le parole con cui il Senatore Dario Stefàno, Presidente de La Puglia in Più, ha annunciato, durante il suo intervento in dichiarazione di voto in Senato, la sua decisione di non partecipare al voto di fiducia sul decreto legge in materia di cessione dello stabilimento siderurgico. "Questo provvedimento non si discosta poi così tanto da quelli precedenti, anche se compie qualche timido passo avanti come nel caso della previsione di aumento dell'organico di Arpa Puglia, proposta già avanzata più volte e bocciata dal governo nelle puntate precedenti. Spiace però che la stessa volontà non sia stata manifestata anche per autorizzare il potenziamento degli organici ASL e garantire così un migliore controllo del territorio, o per dare urgenza agli interventi previsti dall'Aia, necessità che abbiamo più volte posto in risalto, anche in passato. Apprezziamo invece la marcia indietro su quello che poteva essere definito come "super Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri" che di fatto superava i vincoli della VIA, dalla Valutazione di Impatto Ambientale, mentre è giusto tenere in conto le richieste che vengono da tutti i portatori di interesse, raccolte nelle osservazioni che ora vengono ritenute finalmente necessarie". 

"L'ordalia messa tragicamente in essere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro, di cui Ilva e Taranto sono una drammatica sintesi, non può - continua Stefàno - essere affrontata nè tantomeno risolta solo a colpi di decreti e ancora di più a colpi di cieca fiducia. Spero sia abbastanza chiaro che la decretazione d'urgenza non funzioni per casi come quello dell'Ilva, che non funziona la strategia di operare soluzioni tampone e che manca soprattutto una visione strategica. Resta centrale dunque l’importanza di costruire, in maniera allargata e condivisa, un percorso di futuro per una città meravigliosa che ha troppo sofferto per la mancanza di prospettive ampie e globali. Ci troviamo sempre allo stesso punto, si spostano magari un po' più in là le scadenze e le proroghe, concedendo o estendendo qualche "guarantigia" a commissari o possibili acquirenti ma il territorio ferito di Taranto - conclude Stefàno - sta ancora aspettando, e merita, un percorso di cambiamento, la sua "volta buona", per dirla usando una locuzione cara al Premier, che purtroppo da quest'Aula, ancora oggi, tarda ad arrivare".


 

 

 “SE CHIUDIAMO TARANTO CHIUDE!” Ilgrido dei commercianti di Taranto è di dolore e di rabbia.  2636 imprese del terziario  chiuse in 5 anni, sono una drammatica realtà di cui istituzioni e  politica  sembrano non rendersene conto. Una dolorosa sequenza di  negozi chiusi -la media è di due attività al  giorno- caratterizza molte  vie della città.  Il  turnover non compensa le perdite, il saldo è comunque negativo – 737.

Le categorie del commercio, dei servizi e del turismo di Confcommercio  sollecitano l’Amministrazione comunale, il Consiglio, le forze politiche e le istituzioni regionali e dello Stato ad intervenire per contenere la deriva sociale ed economica del capoluogo tarantino.

Una situazione di grave crisi economica che richiederebbe da parte dell’Amministrazione comunale di Taranto, capacità di pianificazione dei programmi di sviluppo economico e  maggiore  determinazione nell’azione  di governo del territorio. In questi anni è venuta meno la  capacità di individuazione degli obiettivi  nella impostazione delle politiche amministrative,  che superasse le incertezze e i tentennamenti che hanno sempre  caratterizzato  l’azione amministrativa del Comune di Taranto.

Confcommercio negli anni ha  provato e riprovato ad avviare  percorsi di confronto e di collaborazione con l’Amministrazione comunale, ma purtroppo senza mai raggiungere risultati  certi, definiti. Gli equilibri interni di una Amministrazione traballante e autoreferenziale,   hanno sempre preso il sopravvento sulle urgenze del territorio, sulle attese dei cittadini, i bisogni delle imprese.

Il Consiglio e l’Assemblea di Confcommercio a fronte del grave  crisi in cui versano le imprese commerciali sollecitano le attività del commercio, dei servizi e del turismo della città  ad una corale mobilitazione,  ed i cittadini ad una maggiore presa di coscienza riguardo alla situazione del settore.

La vertenza del commercio riguarda tutti i cittadini, e non solo i commercianti,  perché se i negozi chiudono, la città muore e perde ogni possibilità di essere attrattiva e di riconvertire la sua economia ancor oggi prettamente industriale nel turismo, nell’artigianato, nelle attività del mare, nei servizi e nel commercio.

La Vertenza del Commercio non è, e non  deve essere,  una vertenza di categoria,  ma una causa  di tutta la città, perché i negozi svolgono una funzione di servizio, danno luce e sicurezza alle vie della città, danno vitalità alle vie cittadine, rendono attrattiva la città. I commercianti chiedono ai Tarantini di essere al fianco dei commercianti e di sentire questa vertenza come una battaglia  di civiltà. 

In queste ore partirà  una raccolta  firme  a sostegno del documento di denuncia  ‘Vertenza Taranto Commercio’. E’ stata inoltre avviata una  compagna di comunicazione per informare la città,  con l’affissione stradale di alcuni manifesti 3x6, locandine nei punti vendita e spazi autogestiti sui  social media.  Nelle  prossime settimane saranno avviate altre iniziative di cui daremo comunicazione. 

Lunedì, 25 Luglio 2016 09:50

Rapporto Taranto 2016. di Amedeo Cottino.

Scritto da

I dati mettono a nudo un’economia, quella ionica, ancora in affanno e che stenta a ridurre il gap con le realtà pugliesi. Qualche incoraggiante segno di ripresa, in primis il dato sulle esportazioni.

 

Aumenta, seppur minimamente, il valore aggiunto dell’intera Provincia (+0,5%) e l’export di prodotti agricoli (+13,9%). Cresce il turismo anche se in modo meno accentuato rispetto al valore regionale. Drammatici i dati sulla disoccupazione giovanile (60,6%) e delle imprese giovanili (-2,1%). In flessione il comparto delle imprese culturali (-1,2%) e le esportazioni complessive (-1,4%)

 

È questo, in sintesi, quanto emerge dal consueto documento annuale, presentato stamane presso la sede della Cittadella delle Imprese in viale Virgilio in occasione della XIV Giornata dell’Economia, realizzato dalla Camera di Commercio di Taranto in collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, specializzato in attività di ricerca e analisi economico-statistica.

Quello ionico continua ad essere un territorio in cui non c’è un piano strategico, una vision integrata. Si percorre costantemente l’emergenza o la quotidianità degli eventi senza una pianificazione a lungo termine”.

Con queste amare osservazioni il presidente della Camera di Commercio, Luigi Sportelli, introduce il quadro socio-economico dei dati della provincia ionica contenuti nel Rapporto Taranto. Lo stesso evidenzia, implicitamente,  lo scarso fermento delle imprese e della classe politica locale nel promuovere iniziative di pianificazione o iniziative economiche ad ampio raggio. “Taranto ancora non sa quale sarà il suo futuro ed è inutile cercare altrove i colpevoli o invocare e attendere soluzioni completamente eterodirette, se non siamo noi stessi capaci di discutere – men che meno di decidere – quali sono le priorità di crescita con una prospettiva strategica e di lungo periodo”.

Nel documento di introduzione del “Rapporto Taranto 2016”, a firma del presidente Sportelli, è inoltre presente un passo saliente per quanto concerne l‘argomento CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo) ed i conseguenti fondi stanziati dal Governo per Taranto con la legge n. 20/2015.

Siamo grati per l’attenzione del Governo – si legge nell’introduzione del documento – che ha messo in sicurezza oltre 870 milioni di euro di risorse già da tempo assegnate, ma purtroppo ancora non spese nel corso di questi ultimi anni e, quindi, potenzialmente revocabili”. A tal proposito, il documento evidenzia alcune criticità: “Dobbiamo, però, evidenziare che la speranza sugli effetti della legge n. 20, lungi dall’essere spenta, è divenuta più realistica. Ad esempio, inspiegabilmente non parte ancora l’Accordo di programma per la riconversione e riqualificazione industriale, sollecitato in ogni modo dall’intero mondo economico e sociale e vanamente atteso sin dal 2012”.

Dopo la suddetta introduzione, il documento passa in rassegna i dati socio-economici dei vari comparti, partendo prima dall’analisi dello scenario economico locale e come esso va ad incastonarsi in quello globale.

Lo scenario economico

In base alle stime, l’economia mondiale quest’anno dovrebbe espandersi del +3,2%, segnando un valore leggermente superiore a quello registrato nel 2015 (+3,1%). Nell’area Euro, la crescita del Pil ha evidenziato, per il primo trimestre del 2016, un valore superiore alle attese (+0,6%, registrando un incremento congiunturale del +0,3%. Tralasciando le stime del 2016 e prendendo in considerazione il valore del Pil del 2015, questo connota una crescita, a livello europeo, ben più sostenuta (+1,9%), rispetto al dato italiano (+0,8%). In questo contesto, si inserisce la produzione di valore aggiunto della Provincia di Taranto, nel 2015, il quale segna una flebile ripresa pari al +0,5%, ben più ridotta del valore medio regionale (+0,9%). Il valore della provincia di Taranto, però, è stato registrato in presenza di uno scenario deflattivo pari a -0,2% dei prezzi correnti rispetto all’anno precedente, dando quindi maggior peso alla seppur limitata crescita del Pil. Analizzando la composizione del valore aggiunto per settore e raffrontandolo con i valori nazionali, si evince un quadro economico ben diverso da quanto si potrebbe supporre. L’incidenza delle industrie sulla produzione complessiva del valore aggiunto è pari, a Taranto, al 17,5%, a fronte del valore medio nazionale pari al18,6%. Per quanto attiene il commercio correlato alla presenza di strutture ricettive quali alberghi e comparto ristorazione,  la produzione complessiva di valore aggiunto è pari al 17,8% (il valore medio nazionale è del 23,8%). Il settore delle costruzioni registra solo il 3,6% del totale del valore aggiunto provinciale, mentre a livello nazionale il valore medio è pari al 4,9%). L’agricoltura, la silvicolura e la pesca costituiscono il 4,6%del valore aggiunto provinciale, a fronte del 2,2% nazionale. Alla voce “altri servizi”, con un valore pari al 56,5 % del valore aggiunto complessivo provinciale (il valore di riferimento nazionale è del 50,5%).

Questo valore risulta più elevato rispetto a quello nazionale in quanto ad esso fanno capo le attività correlate alla Pubblica Amministrazione e Difesa che, come sappiamo, registrano diverse migliaia di militari e dipendenti per la presenza di diversi uffici di comandi dell’Aeronautica nonché della Marina Militare, e della presenza di attività industriali ad esse collegate, come ad esempio l’Arsenale. A tal proposito, il valore aggiunto prodotto direttamente dalle Amministrazioni, incide per il 24,1% del totale della ricchezza prodotta nella provincia di Taranto, oltre dieci punti percentuali in più rispetto alla media nazionale, connotando così il territorio per una rigidità della domanda aggregata, conseguenza dell’eccesso di lavoro dipendente statalista di cui la provincia e, ancor più Taranto, sono caratterizzati. Ben il 64,4 % del valore aggiunto prodotto dalla Pubblica Amministrazione in provincia di Taranto è riconducibile al comparto Difesa. Fermo restando ciò, non stupisce il depauperamento commerciale del tessuto urbano, in primis del borgo umbertino. Venendo meno una borghesia intraprendente ed una piccola e media impresa diffusa in città, è normale che entri in crisi quel target di vendite, con il conseguente appiattimento dell’offerta commerciale, limitata alla semplice presenza di discount o esercizi commerciali dozzinali e la progressiva chiusura di attività commerciali più differenziate nel settore dell’abbigliamento. Sempre per quanto attiene i servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione, va evidenziato il dato dell’assistenza sanitaria, che registra solo il 10,9 % del totale del valore aggiunto dei servizi offerti (a fronte del 17% del valore regionale e del 18% del valore nazionale), denotando una netta carenza in termini di assistenza sanitaria nella provincia ionica.

Nel complesso, l’economia provinciale tarantina continua a connotarsi per la presenza di grandi insediamenti industriali con numero di dipendenti superiore ai 250 addetti (essi incidono, in ambito industriale, al 48,9% del valore aggiunto provinciale, quando invece in Italia le grandi imprese incidono per il 26,2% del Pil). Il valore ionico, quindi, si mostra in controtendenza rispetto al valore nazionale. La manifattura italiana infatti si contraddistingue per una notevole incidenza di piccole e medie imprese che consentono il prosperare dell’artigianato. “Una importante presenza di aziende di grandi dimensioni – si legge nel documento della Camera di Commercio –comporta, almeno statisticamente, un minor livello di imprese artigiane, la cui ricchezza prodotta incide, in provincia, per il 5,7%, rispetto ad una media Paese pari al 10%”.

Dei comparti artigiani, gli unici che registrano un dato superiore alla media italiana sono quelli delle industrie alimentari (Taranto 10,4% del totale, Italia 5,6%), i lavori specializzati di costruzione (Taranto, 23,2%, Italia 22,7%), il commercio (Taranto 6,9%, Italia, 5,2%), i trasporti (Taranto 11,7%, Italia 9,8%), ristorazione (Taranto 6,4%, Italia 2,7%). Del resto, basterebbe osservare un po’, nelle principali vie cittadine adibite al commercio, la notevole incidenza di esercizi commerciali contraddistinti da attività alimentari, bar o di attività ristorazione per confutare concretamente tale andamento dell’economia ionica.

 

 

La demografia di impresa

Nella provincia di Taranto si attestano, nel 2015, circa 55,6mila unità, registrando un saldo positivo, pari al +1,1% rispetto al 2014 (+0,8% il dato regionale, +0,5% quello nazionale). Di queste, quelle attive risulterebbero, in base ai dati di Infocamere, 48.298 (saldo, rispetto al 2014, pari al +0,6%) e rappresentano il 12,6% del totale delle imprese pugliesi.

Fra le imprese ioniche, va evidenziata la crescita delle società di capitale (+4,6%, attestandosi al 17,3% del totale, a fronte del valore regionale pari al 15,4% del totale). Questo tipo di società sono state introdotte dal Decreto legislativo 24 gennaio 2012, recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

Per quanto inerisce il comparto manifatturiero, va evidenziato un diffuso calo, rispetto al 2014, rispetto alla presenza di imprese attive. Il settore maggiormente colpito è quello tessile (-5,6%) e correlato alla fabbricazione di articoli in pelle (-11,8%). Cresce, anche se lievemente, il numero delle imprese attive nella metallurgia (+0,8%) e delle industrie alimentari (+0,7%).

In riferimento ai dati sulle imprese, le difficoltà venutesi a creare con la crisi economica sembra abbiano reso più vulnerabile le nuove generazioni, con particolar riguardo per le attività imprenditoriali giovanili. Le imprese rette da under 35 hanno registrato una flessione del -2,1% in provincia (il valore regionale, in raffronto al 2014, è -3,0%, quello nazionale -2,7%).

Un dato positivo è rappresentato dalla crescita delle imprese guidate da donne nella provincia di Taranto. Esse sono 10.763, segnando un +0,3% rispetto al 2014 (Questo incremento, tuttavia, risulta il peggiore a livello regionale, in cui si attesta una crescita media del dato par al +1,1%; il valore medio nazionale si attesta invece al +0,4%).

Anche la green economy segna dati incoraggianti. Le imprese che hanno investito o programmato di investire in tecnologie green rappresentano, in provincia di Taranto, il28,7% del totale delle imprese con almeno un dipendente dell’industria e dei servizi (media regionale ferma al 25,4%, quella nazionale al 24,5%).

Non mancano le criticità nel report della Camera di Commercio. Fra queste va evidenziato il dato delle imprese con procedura concorsuale, ben 1.212 unità, pari al 2,5% del totale e le 1.836 in scioglimento o liquidazione (3,8% del totale).

 

Settore Agroalimentare

I dati della Camera di Commercio, per quanto attiene la provincia di Taranto, confutano una spiccata vocazione imprenditoriale nel settore primario in quanto le aziende attive in agricoltura rappresentano il 25,9% del totale delle imprese, con oltre 11 punti percentuali in più rispetto al valore nazionale (14,6%).

Le imprese attive nel settore sono ben 11.254 (il 27,3% del totale delle imprese attive). Il settore vanta nella provincia di Taranto ben 21.139 addetti (19,8%, a fronte del valore medio nazionale dell’8%). Dopo i precedenti anni di crisi del comparto in virtù dell’immagine negativa, a livello nazionale, scaturita dalle questioni ambientali e sanitarie correlate all’Ilva ed all’inchiesta giudiziaria (indicativo il crollo del -19,7% registrato nel 2013) nel 2015 si registra una forte crescita delle esportazioni (+11,2%, mentre il valore nazionale cresce del +7,4%). Fra le coltivazioni più diffuse e che registrano maggiori addetti vi sono le coltivazioni d’uva, di colture permanenti, di frutti oleosi e di agrumi. La produzione di uva, che incide per quasi un quarto del totale della produzione agricola (famosa, in tutta Italia, l’uva DOC di Grottaglie), dopo il tracollo del 2014 (-44%), nel 2015 ha registrato un incoraggiante +24,7%, riacquistando parte delle quote di mercato detenute nel recente passato.

 

Sistema produttivo culturale

L’altra nota dolente del “Rapporto Taranto 2016” è rappresentata dal comparto culturale, costituito dalle industrie creative, culturali, quelle  a custodia di patrimoni storici ed artistici e le “performing arts” e arti visive (Classificazione delle Attività Economiche dell’Istat, Ateco, 2007). Questo sistema produttivo culturale genera, a livello nazionale, circa 79 miliardi di euro di fatturato (2014), ossia il 5,4% del valore aggiunto nazionale con oltre 1,4milioni di occupati. In Puglia il sistema produttivo culturale rappresenta il 3,7% del valore aggiunto complessivo; nella provincia tarantina si registra un valore ancora più basso rispetto al valore aggiunto complessivo (2,6%, valore provinciale più basso della Puglia). In questo dato, la voce più significativa è data dagli studi di architettura che originano il 27,4% del totale del valore aggiunto del comparto provinciale (la media regionale è pari al 22,5%, quella nazionale al 16,8%).

 

Import/Export

Il 2015 è risultato essere un anno di contrazione per le imprese ioniche, sia per quanto concerne le esportazioni (-1,4%) che le importazioni (-4,2%), a differenza del sistema Italia che registra un aumento per entrambi gli aggregati, (+3,8% export e +3,3% import). L’incidenza del valore delle esportazioni sul valore aggiunto complessivo provinciale resto comunque sostenuta (17,1% a fronte del 28,2% nazionale, continuando però ad essere uno dei migliori risultati del Mezzogiorno), in virtù della presenza di una notevole area industriale e portuale. Questo dato, però, andrebbe raffrontato con il valore del 2012, allorquando l’export della Provincia di Taranto raggiungeva  un’incidenza pari al 26,8% del valore aggiunto, allorquando l’Italia registrava un valore quasi identico, pari al 26,9%.

Come già in parte accennato, a trainare le esportazioni delle nostre imprese risultano i prodotti agricoli (+ 13,9%) ed i prodotti alimentari (+7,9%) ed i mezzi di trasporto (+106,8%). Quest’ultimo dato è in conseguenza della presenza dell’industria Alenia di Grottaglie. Come ampiamente prevedibile, si registra un forte calo, nel 2015, per le esportazioni connesse alla movimentazione di navi nel porto di Taranto (-22,7%) ed ai metalli e prodotti in metallo (-38,9%) in conseguenza, rispettivamente, delle crisi e dei problemi strutturali presenti nel porto di Taranto e nel centro siderurgico ionico. Per quanto concerne la raffineria, aumentano le esportazioni di prodotti petroliferi raffinati rispetto al 2014 (+23,2%).

 

Turismo

“La provincia di Taranto presenta un complesso di attrazioni turistiche – si legge nel Rapporto Taranto 2016 – ampiamente sottostimato rispetto alle potenzialità ricettive”.

Tale affermazione è dimostrabile prendendo in considerazione alcuni indicatori. In primis va evidenziato il valore dell’indice di concentrazione turistica. Esso si calcola facendo il rapporto tra gli arrivi e la popolazione residente in un determinato territorio in esame. Per quanto concerne Taranto, tale indice è del 44,3% (il valore nazionale, per intenderci, è del 175,3%, ovvero pernottano in Italia 175 turisti in rapporto ad ogni 100 abitanti residenti).

Il suddetto gap con i valori nazionali risultano ancora più accentuati prendendo in considerazione il dato sull’internazionalizzazione dei flussi turistici. L’indice di internazionalizzazione, ottenuto eseguendo il rapporto tra gli arrivi di stranieri sul totale degli arrivi, è pari, a Taranto, al 17,7% (il valore nazionale è del 48,5%). Il dato confortante è dato dalla permanenza media dei turisti (4,3 giorni, a fronte dei 3,5 giorni del valore medio nazionale) valore influenzato dal genere di turismo, di tipo balneare, che  denota la nostra provincia, rendendo così maggiore la domanda di giorni di pernottamento. Un turismo, però, che predilige gli arrivi negli esercizi complementari, come ad esempio i bed&breakfast, i campeggi ed i villaggi (+29,3%), alle tradizionali strutture ricettive alberghiere.

In riferimento agli arrivi nella nostra provincia, l’ultimo dato disponibile (2014) segna un lieve aumento pari al +0,8%, a fronte di un generale aumento della presenza straniera in Italia, +7,7% a Taranto, +2,7% in Italia (l’incremento di arrivi turistici in Puglia ed in Italia è del +2,6%).

 

 

 

Credito bancario

Per quanto attiene il sistema bancario, va evidenziato un incremento del +2,1% dei depositi bancari detenuti da residenti della provincia di Taranto rispetto al 2014. Gran parte di tali depositi sono nelle mani delle famiglie (84,2%). A fronte di una consistenza monetaria dei depositi bancari, presenti nella provincia, pari a 7,3 miliardi di euro, si contano circa 963 milioni di crediti in sofferenza. Tali sofferenze sono cresciute, nel 2015, raggiungendo il 16,3 punti percentuali (il valore medio della puglia è +15,3 punti percentuali, quello nazionale è pari a  + 10,7%). La maggiore situazione di affanno delle famiglie si tramuta in un maggiore tasso di interesse (+9,1%, in flessione rispetto all’anno precedente) applicato sulle operazioni, che risulta ben maggiore rispetto alla media nazionale (+5,7%).

 

Dati demografici

 Il “Rapporto Taranto 2016” analizza anche l’andamento dei dati prettamente demografici, ovvero la popolazione della provincia di Taranto e la sua suddivisione per età. Dai dati si evince, nel periodo dal 2013 al 2014, un calo della popolazione (-0,3%), che ammonta a 590.000 abitanti.

Per quanto concerne le classi d’età al di sotto dei 39 anni, esse risultano tutte in regressione. La fascia d’età maggiormente colpita è quella tra i 35 ed i 39 anni (attestando una riduzione del -5%, a fronte della riduzione nazionale, per la stessa classe d’età, riscontrabile in un -4%). La classe d’età compresa tra i 20 ed i 34 anni segna anch’essa un notevole calo (-4,1%, Italia: -1,2%) è anche una conseguenza dei processi di migrazione studentesca e lavorativa. Cresce, invece, il numero dei residenti tra i 40 ed i 59 anni (+1,2%, +1% in Italia) e nella classe d’età costituita da coloro con un’età superiore a 64 anni (+4,2%, +1,6% in Italia). “Questi dati illustrano chiaramente – si legge nel testo – come il processo di invecchiamento demografico e produttivo sia in provincia di Taranto più marcato rispetto alla media nazionale”.

Prendendo in considerazione l’indice di vecchiaia e comparandolo fra la realtà ionica e nazionale nel periodo dal 2011 al 2014, se a livello italiano è cresciuto del 9%, in provincia di Taranto ha registrato una crescita pari al 18%. L’indice di vecchiaia è dato dal rapporto tra la popolazione over 65 e la popolazione under 15 di una determinata coorte di popolazione, nel caso in questione la provincia di Taranto. Esso, nel 2014, registrava nella provincia ionica un valore pari a 148,9 (per ogni 100 bambini e ragazzini al di sotto dei 15 anni, vi sono in provincia di Taranto 148 over 65, il valore nazionale è pari a 157,7). Questo progressivo invecchiamento della popolazione e la conseguente riduzione della base demografica della piramide dell’età, ha comportato anche, in linea con l’andamento nazionale, un depauperamento sociale. Per quanto concerne la provincia di Taranto va inoltre registrato un dato poco confortante in merito alla presenza di quote di residenti laureati, che rappresentano il 6,7% del totale (il valore nazionale è del 10,5%).

Relativamente alla presenza di residenti stranieri nella nostra provincia, si registra, nel periodo dal 2013 al 2014, una crescita contenuta pari al + 1,9% (rispetto al +8,2% nazionale).

 

Reddito e lavoro

In riferimento al valore aggiunto pro capite, il dato provinciale è pari a 15.460 euro (il 64,1% del valore aggiunto pro capite nazionale), attestando una crescita pari al + 0,5% che, considerando il fatto che, nello stesso periodo, la popolazione ha subito una contrazione del -0,4%, si può affermare che tali lieve miglioramento, in termini di reddito, è la diretta conseguenza del calo della popolazione con conseguente redistribuzione dei redditi nei nuclei familiari.

“Nel comune capoluogo il livello medio di ricchezza distribuita si attesta al 93,7% della media nazionale complessiva ma inferiore di oltre 47 punti dal livello espresso dalla media dei capoluoghi di provincia italiani”.

Gli occupati si attestano, alla fine del 2015, a 161,8mila unità, crescendo di 2.770 unità rispetto all’anno precedente (+1,7%, Italia: +0,8%). Cresce notevolmente anche l’occupazione femminile: +4,4% (Italia: +0,5%).

Passano ora in rassegna il dato sulle persone in cerca di occupazione, esso è peggiorato sensibilmente nella provincia di Taranto nonostante la leggera flessione del fenomeno che ha contraddistinto il livello nazionale. Tale incremento del valore, che nel 2015 registra il 37,6% (+4,2% rispetto all’anno precedente),  “è ascrivibile esclusivamente alla componente maschile che in un solo anno vede passare i disoccupati da 20,4 mila a 22,9 mila ossia un aumento di 12,4 punti percentuali”. Le donne in cerca di occupazione nella nostra provincia registrano, infatti, un forte calo del -6,5%.

Per quanto concerne il tasso di occupazione, il valore della Provincia di Taranto è pari al 42,1%, di oltre 14 punti percentuali inferiore rispetto al valore nazionale.

In riferimento al tasso di disoccupazione, esso si attesta, nel 2015, al 18,9%,registrando un incremento di 0,4 punti percentuali rispetto al 2014.

Il dato però più preoccupante risulta essere quello correlato alla disoccupazione giovanile, in netto aumento. “Particolarmente severa appare poi la situazione lavorativa – si legge nel «Rapporto Taranto 2016» – dei giovani tra i 15 e i 24 anni che in provincia evidenziano un tasso di disoccupazione pari al 60,6% (oltre 6 punti percentuali di incremento in un solo anno), mentre in Puglia il Tasso si ferma al 51,3% e in Italia al 40,3%”.

 

L'IMPRENDITORE GIA' UN ANNO FA DICHIARO' CHE LO STABILIMENTO ANDAVA CHIUSO.

 

Il 30 giugno 2016  - evidenzia nella nota Caramia, che è stato già Presidente di Confindustria Taranto e Vicepresidente Confindustria Puglia, ma anche Presidente dell'Autorità Portuale e della Cassa Edile di Taranto, quindi un uomo ed un imprenditore al centro delle questioni economico-politiche di Taranto degli anni di grande sviluppo industriale e della stessa ILVA - sono scaduti i termini per la presentazione delle offerte per l'acquisto dell'Ilva. Quello stesso giorno su alcuni giornali, Piero Gnudi, uno dei commissari del Governo, commentava trionfalmente il dimezzamento delle perdite del gigante siderurgico. Nella paradossale e incredibile vicenda Ilva, passare da 50 a poco più di 20 milioni di euro di perdite al mese è motivo di grande soddisfazione. Comprendiamo la necessità di infiocchettare un'azienda ormai collassata per farla apparire ancora appetibile agli occhi dei nuovi acquirenti, ma da imprenditore e, soprattutto da tarantino, questa mi sembra un'operazione spregiudicata.

Lo stesso X decreto Ilva se ne infischia di Taranto e dei Tarantini: elargisce immunità ai nuovi acquirenti, senza offrire garanzie reali in tema di risanamento ambientale, mantenimento dei livelli occupazionali, piani industriali. La follia è arrivata a tal punto che per pagare il fiume di soldi che lo Stato sta erogando all'Ilva (oggetto di verifiche da parte dell'Unione europea), potrebbe rendersi necessaria una stangata sulla bolletta elettrica.

Tutto questo ci convince ancora di più di una cosa: l'Ilva va chiusa - sostiene l'imprenditore, che a questo punto può essere definito anche ambientalista. Già circa un anno fa Antonio Caramia aveva dichiarato in una nota:"L'ILVA va chiusa". Una dichiarazione da cui presero le distanze attraverso i propri legali i rappresentani della società Italcave SPA della famiglia Caramia che precisarono che si trattava di dichirazioni rilasciiate a titolo peronale. Va chiuso un ciclo industriale - ribadisce ora a distanza di un anno l'industriale tarantino - che produce malattie e morte, va chiuso un modello che non dà più ricchezza e sviluppo al nostro territorio, va chiusa una realtà che non offre garanzie e stabilità occupazionali, va chiusa una fabbrica che produce debiti e inquinamento, va chiusa un'industria tenuta in vita artificialmente da dieci decreti legge.

Il futuro di Taranto non può essere segnato dai “wind day”, dai giorni di forte vento in cui il massimo che si può dire agli abitanti del rione Tamburi è “tappatevi in casa”. Il prossimo passo quale sarà? Raccomandazioni sanitarie che consigliano di non respirare? E' davvero troppo, siamo al colmo! La strada da percorrere è una soltanto ed è quella abbandonare un risanamento impossibile per intraprendere nuove occasioni di sviluppo che puntino ad un sistema industriale innovativo e diffuso, alla valorizzazione della filiera agroalimentare e turistica, all'implementazione dei trasporti e della logistica.

In questa vicenda non ci sono salvatori della Patria e men che meno lo sono i Gruppi che si sono candidati a rilevare l'Ilva. Emma Marcegaglia tira acqua al suo mulino, parla di “offerta di valore” riferendosi alla cordata con Arcelor Mittal. La ex presidente di Confindustria si autoproclama “il più grande trasformatore d'acciaio europeo” e conferisce al gruppo franco-indiano la corona di “più grande polo siderurgico del mondo”.

La Marcegaglia, che ha già ricevuto in regalo la presidenza dell'Eni, evidentemente non ha ancora placato gli appetiti di famiglia che a Taranto conosciamo bene. Il Gruppo Marcegaglia approdò in riva allo Jonio accolto da grande entusiasmo ma il territorio è stato ripagato con due fallimentari iniziative nel settore delle caldaie industriali e del fotovoltaico che hanno lasciato per strada oltre 100 lavoratori con le rispettive famiglie.

Arcelor Mittal, invece, ha il vizietto di acquistare aziende siderurgiche e smantellarle poco dopo come è già accaduto in Francia. Il 2015 per il Gruppo franco-indiano è stato contrassegnato da pesantissime perdite: 711 milioni di dollari nel solo terzo trimestre. Tutto chiaro, no?

A questa cordata si oppone AcciaItalia, creatura composta da Acciaieria Arvedi (20,20%), Cassa Depositi e Prestiti (44,50%), Delfin-Sarl (33,30%). Un raggruppamento, questo, con una prevalente componente finanziaria rispetto a quella industriale e con la presenza maggioritaria dei soldi pubblici di CdP.

A pensare male si fa peccato – diceva Andreotti – ma spesso ci si azzecca. Ecco, non vorremmo che il vero interesse di questi Gruppi fosse il tesoretto di Cassa depositi e prestiti che il Governo sta mettendo a disposizione per un'azienda ormai al collasso. Il pericolo è che chiunque subentri ai commissari, dopo aver beneficiato di ingenti iniezioni di denaro pubblico, spenga gli altiforni lasciando sul nostro territorio, disoccupazione, devastazione  ambientale e danni sanitari. Ecco perché - conclude Antonio Caramia - sarebbe meglio che quelle risorse finanziarie venissero destinate al rilancio e allo sviluppo di una Taranto diversa. Decidiamo quello che  vogliamo altrimenti altri, sbagliando, lo faranno per noi.

 

 

Pubblichiamo uno stralcio della nota inviata dall’Istituto Pugliese del Consumo e dalle associazioni di consumatori pugliesi Adiconsum, Adusbef, Casa del Consumatore, Codacons, Codici, Confconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, UNC, alla banche locali, contenente sei punti per la risoluzione della crisi del credito in Puglia.

 

“Le Associazioni dei Consumatori, nel loro ruolo istituzionale, denunziano lo stato di grave preoccupazione che ha investito i risparmiatori italiani e pugliesi in particolare.

È nostro dovere assistere i risparmiatori per difendere il loro risparmio dai rischi del mercato e dalla sempre più frequente cattiva gestione dei portafogli finanziari. La sfiducia verso il settore creditizio è ormai pervenuta a livelli di guardia che colpiscono sia i risparmiatori che la tenuta del sistema del credito. Continueremo ad assistere, anche giudizialmente, chiunque ce lo chieda, ma abbiamo deciso di arricchire la nostra azione con proposte concrete utili ai risparmiatori, al mondo del credito ed a quello delle Istituzioni.

In particolare ed a riprova della volontà delle associazioni di ricercare e perseguire soluzioni tecniche serie, rimettiamo in allegato alcune proposte che intendiamo sottoporre ad un Tavolo Tecnico fra Istituzioni, Associazioni e Banche locali che intendano aderire, per provare a ridare un minimo di fiducia al mercato del risparmio.

1) Applicazione molto più vigorosa della Legge 190/2014 (art.1 comma 246). La norma è stata pensata per consentire al debitore (sia esso piccola impresa sia famiglia-consumatore) verso le Istituzioni finanziarie (banche o finanziarie o altro) di sospendere (senza motivo da addurre al creditore) la corresponsione della sorte capitale del proprio debito per massimo tre anni (salvo una offerta più favorevole della banca); sempre a parità delle altre condizioni contrattuali. In questo modo il cliente potrà disporre di liquidità in modo automatico e senza costi; evitare passaggi a sofferenza, esecuzioni forzate e fallimenti che danneggiano mortalmente il cliente.

2) Ormai, la sfiducia verso il sistema del credito, ha prodotto la totale diffusa disaffezione verso le banche ed i prodotti finanziari. Non è accettabile che si azzerino o riducano i valori delle azioni e delle obbligazioni ordinarie (convertibili e/o subordinate), senza un contraddittorio, nel momento della valutazione dei bilanci di quelle banche divenute illiquide. Se vogliono evitare i contenziosi le Banche devono rinegoziare il loro debito, salvando così i loro creditori, gli obbligazionisti di ogni tipo e, indirettamente, anche gli azionisti: uno strumento possibile è che emettano e cedano agli obbligazionisti attuali ed a chiunque aderisca, obbligazioni a 20 anni, pari all'importo del debito maturato nei confronti del risparmiatore, con interessi pari al tasso legale, garantiti dal Fondo interbancario, liberamente scambiabili con l’emittente e con pari livello nominale ai titoli posseduti dal risparmiatore Con tale operazione finanziaria, si rifinanzierebbero le banche, con un giusto lungo respiro, utile a recuperare redditività e si ridarebbe credibilità al sistema creditizio, di fronte ai cittadini che non vedrebbero i loro titoli ridotti a carta straccia. La parità nominale consentirebbe all’utente di spendere e scambiare quel titolo con le stesse caratteristiche del pegno.

3) Le banche, anche prima di una legge che lo imponga (che non esiste ancora ad oggi), ben potrebbero, volontariamente, prevedere un "Semaforo del rischio". Stop ai prospetti informativi incomprensibili e di 200 pagine: all'inizio del prospetto serve una distinzione chiara e semplice fra titoli rischiosi e titoli che lo sono meno (ad es. una scala da 1 a 10, oppure un semaforo con i tre colori);

4) Educazione finanziaria: per guidare un'auto la formazione è obbligatoria e ci vuole la patente, ma anche comprando prodotti finanziari ci si può "schiantare". Alle Associazioni dei consumatori devono essere affidati corsi di educazione finanziaria per coloro che vogliono investire (specie in prodotti non a basso rischio).

5) Attribuire anche alle Associazioni di Consumatori (oltre che a promotori indipendenti) il compito di procedere alla profilazione, con un modello predefinito e concordato di clienti, in quanto è sempre più chiaro che le banche profilano in base al prodotto che vogliono vendere e non in base alla realtà storica di quella persona.

6) Distinzione della figura di risparmiatore da quella di investitore, sia in sede di raccolta del risparmio che di investimento.

Questi sono solo alcuni dei punti esemplificativi che, come Associazioni, abbiamo elaborato, che ovviamente, potranno essere oggetto di integrazioni e modifiche. Pertanto, l'IPC tramite le Associazioni che la compongono, formulano la presente nota destinata alle banche locali che hanno il centro decisionale qui in Puglia.

Adiconsum

Adusbef

Casa del Consumatore

Codacons

Codici

Confconsumatori

Lega Consumatori

Movimento Consumatori

UNC”

 

 Il sostegno  allo sciopero - dicono dalla sede di via Dario Lupo - è stato chiaramente espresso in merito al rilancio del sistema Taranto nelle sue varie espressioni

 

 

Prendiamo atto della contrarietà espressa dalle Rsu di FIM FIOM e UILM in merito alla nota da noi diramata agli organi di informazione in cui esprimevamo il sostegno di Confindustria Taranto allo sciopero odierno.

A questo proposito, è d’obbligo precisare che Confindustria non ha mai parlato di adesione al sit in di protesta in Prefettura né ha inteso, con il comunicato, prospettare una partecipazione diretta o indiretta alla rivendicazione sindacale: nulla  delle nostre dichiarazioni poteva avere a che fare, inoltre, col rinnovo contrattuale della categoria di cui parlano le Rsu.

Le motivazioni del sostegno dell’associazione, lo ribadiamo, vanno ben oltre: forti sono infatti le preoccupazioni rispetto ai comparti che in questo momento presentano le maggiori sofferenze (Arsenale, indotto navalmeccanico, edilizia, commercio) ed allo stesso tempo al momento delicato che riguarda anche il porto di Taranto.

Oggi, ossia all’indomani dell’approvazione del decreto Ilva, possiamo inoltre affermare che molte delle istanze da noi portate avanti (fra cui, come già detto, quella relativa all’indotto) stanno andando nella giusta direzione, a conferma dell’attenzione del Governo centrale nei confronti del nostro territorio.

Obiettivo della dichiarazione, quindi, era soprattutto quello di fare fronte comune per riportare Taranto - nelle sue varie espressioni produttive, sociali ed economiche – in un percorso virtuoso di interventi strutturati, e quindi di supportare con forza il lavoro che si sta compiendo all’interno del Cis, specialmente ora che l’accordo di programma è stato recepito dal tavolo quale strumento di programmazione per il rilancio del sistema Taranto.

Per far fronte comune- avevamo ribadito nel comunicato – sarebbe auspicabile la partecipazione di tutti gli attori territoriali.

Uno spirito di coesione che purtroppo,  alla luce della incomprensibile nota delle Rsu sindacali, si presenta molto più arduo di ogni più rosea previsione.

 

La Cisl Taranto Brindisi ed il Coordinamento Cisl territoriale Ilva Appalto Indotto,  sostengono le ragioni dello sciopero di Fim Fiom Uilm ioniche, proclamato per le ultime 4 ore del primo turno del 14 luglio c.m. con presidio di lavoratori presso la Prefettura, in occasione della venuta a Taranto della Commissione Ambiente degli europarlamentari (Envi).

Nell’iter di conversione in legge dell’ultimo Decreto-Ilva, Governo e Parlamento assumano i contenuti della Piattaforma rivendicativa di Fim Fiom Uilm, con riferimento, innanzitutto, all’ambientalizzazione dello stabilimento siderurgico ionico, senza che siano modificati né ridotti gli interventi previsti nel piano A.I.A. approvato il 26 ottobre 2012.

Inoltre, Cisl Taranto Brindisi ed il Coordinamento Cisl territoriale Ilva Appalto Indotto  concordano sulla rivendicazione che il Piano ambientale debba essere valutato nella sua correlazione con gli impianti da mettere in marcia, nonché con il sistema di salute e sicurezza dentro e fuori la fabbrica e con l’intero sistema sanitario territoriale.

Non per ultimo, Cisl Taranto Brindisi ed il Coordinamento Cisl territoriale Ilva Appalto Indotto  sostengono la necessità che venga sancito il principio del rapporto preventivo di conoscenza e di confronto negoziale - con riferimento al Piano industriale - tra OO. SS. e nuovo soggetto societario e al fine determinare la sostenibilità sociale dell’intero processo di acquisizione del Gruppo Ilva, che vengano previste misure di salvaguardia occupazionale (clausola sociale) per tutti gli attuali lavoratori dipendenti diretti, dell’appalto e dell’indotto Ilva.

 

Tra le 50 banche aderenti all’azione congiunta anche la BCC San Marzano.

 

 

San Marzano di San Giuseppe, 8 Luglio 2016  Si torna a parlare di riforma del credito cooperativo a distanza di qualche settimana dalla formazione della cordata di quindici Bcc italiane, tra cui anche quella di San Marzano di San Giuseppe, che hanno chiesto la corretta applicazione della razionalizzazione del sistema, auspicando la creazione di almeno due Capogruppo e respingendo l’ipotesi che vede le Bcc trasformate in semplici sportelli di una unica SpA.

Cassa Centrale Banca ha manifestato la sua disponibilità a costituire una seconda capogruppo (Gruppo Bancario Cooperativo), in alternativa ad Iccrea Holding, raccogliendo in tempi brevi già un importante numero di adesioni anche da Bcc del Centro Sud.

Siamo fiduciosi – si legge in una nota inviata dal direttore Generale della BCC San Marzano Emanuele di Palma - che possa così nascere un gruppo di dimensioni europee con un forte orientamento alla tutela e alla valorizzazione dei territori di appartenenza. Il numero delle banche orientate a seguire questa nuova direzione cresce rapidamente. Per questa ragione – continua di Palma - ringraziamo Cassa Centrale per la disponibilità e confidiamo in un’accelerazione del processo di costituzione della seconda capogruppo con l’obiettivo di garantire efficienza e competitività al sistema senza mai abbandonare i principi mutualistici e territoriali che devono continuare ad essere la base fondante del movimento cooperativo”.

 

APPELLO DEL SENATORE AL MINISTRO DEL LAVORO.

 

"È senza dubbio necessario che il Ministro del lavoro metta in campo iniziative idonee affinché l'Inps imputi e riconosca ai lavoratori della Nuova Siet di Taranto i contributi previdenziali mai versati dal Gruppo Riva. Sono diciotto anni che i lavoratori aspettano". A chiederlo è il Senatore Dario Stefàno, Presidente de La Puglia in Più, con una interrogazione rivolta al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti.

"La Nuova Siet – si legge nel testo - dal 1971 si è occupata di movimentazione stradale e trasporti per conto dell'Italsider, prima di essere acquisita, nel 1999, dal Gruppo Riva e di essere spogliata negli anni successivi di commesse e appalti fino a giungere al licenziamento di tutti i 300 lavoratori, poi assunti il giorno successivo in una azienda interna all'Ilva. Il Gruppo Riva ai lavoratori proponeva di rientrare in azienda sulla base di nuovi contratti al ribasso, fino alla riduzione dei salari del 50%, con un trattamento iniquo e una dequalificazione delle mansioni. Intanto, si faceva riconoscere i benefici contributivi previsti per le aziende che assumevano lavoratori in lista di mobilità, ricevendo le stesse prestazioni dai lavoratori ma pagandole di meno".

"Dopo un lungo iter tra Procure e Tribunali – prosegue Stefàno nell’interrogazione - avviato con un esposto dell'organizzazione sindacale SLAI Cobas nel 2011, i giudici, decretando la prescrizione del reato, riqualificato in truffa aggravata e continuata, hanno riconosciuto il diritto dei lavoratori al risarcimento del danno e hanno rimesso gli atti al giudice del lavoro. Per effetto della sentenza della Corte di Cassazione veniva riconosciuto, all'Inps, costituitasi parte civile, il danno della mancata contribuzione previdenziale. Di conseguenza, l'Istituto ha emesso cartelle esattoriali per diversi milioni di euro nei confronti del gruppo Ilva”.

"Sono passati diciotto anni - conclude Stefàno - e i lavoratori della Nuova Siet sono ancora in attesa di un giudizio definitivo".

Le organizzazioni sindacali di Fim, Fiom e Uilm hanno incontrato in data odierna i presidenti della decima e dell'ottava commissione alla Camera per mostrare le proprie perplessità, proponendo modifiche al decimo decreto prima della fase di conversione in legge.

I presidenti hanno fatto proprie le istanze confermando la disponibilità a discuterne nel percorso di approvazione.

Sono state ribadite le preoccupazioni su ambiente, salute, livelli occupazionali ed è stato confermato sia il presidio a Roma il 12 luglio, quando inizierà la discussione alla Camera dei Deputati che le lo sciopero di 4 ore previste per il 14 luglio, con presidio sotto la Prefettura a Taranto.

Alla riunione erano presenti l'onorevole Ludovico Vico, l'onorevole Gianluca Benamati, il presidente Ermete Realacci e il presidente Guglielmo Epifani.

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