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Giornale di Taranto - Artigianato, Commercio & Agricoltura

ArcelorMittal ha chiesto per lo stabilimento di Taranto la cassa integrazione Covid 19 per 8.173 addetti di cui 3262 nell’area a caldo, 1.561 nell’area a freddo e 3350 nei servizi. Gli operai coinvolti sono 5.626, gli impiegati 1.677 e gli equivalenti 870. In pratica viene chiesta la cassa Covid per tutta la forza lavoro diretta del siderurgico di Taranto. 

 La sospensione, con ricorso alla cassa integrazione Covid, per 8.173 addetti dello stabilimento siderurgico di Taranto sarà per 9 settimane ed è da intendersi come “numero massimo”. Lo dichiara ArcelorMittal Italia nella lettera inviata questa mattina ai sindacati metalmeccanici. La nuova cassa sostituisce quella ordinaria per crisi di mercato. Quest’ultima termina domenica prossima ed ha coinvolto come tetto massimo 1.273 unità (questa cassa, con le proroghe, era già in corso da luglio). Con la cassa integrazione Covid, si procederà con la consultazione sindacale nei tre giorni successivi, scrive ArcelorMittal, che propone a tal fine la data del 30 marzo alle 10.30. Il confronto azienda-sindacati sarà in via telematica, stante le restrizioni per Coronavirus. “Trattandosi di un evento oggettivamente non evitabile”, dice ArcelorMittal con riferimento al Coronavirus, si “rende indifferibile la riduzione dell’attività lavorativa”. 

 

Gli 8.173 dipendenti da mettere in cassa integrazione Covid solo a Taranto sono in realtà l’organico di tutto lo stabilimento esclusi i dirigenti. Va detto che ieri il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha autorizzato la ex Ilva a restare in esercizio, anche se non per finalità commerciali ma solo per la salvaguardia e la sicurezza degli impianti, autorizzando come presenze giornaliere in stabilimento 3.500 dipendenti diretti sui tre turni e 2.000 delle imprese dell’indotto-appalto. Ora invece c’è la richiesta di cassa integrazione Covid 19 per tutti.

    “In effetti - spiega ad AGI Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil - la richiesta aziendale va anche in controtendenza a quanto deciso dal prefetto, che dell’organico di stabilimento ha acconsentito a 3.500 ingressi quotidiani sui tre turni di lavoro. Ma questo non vuol dire che ora in fabbrica non ci sarà più nessuno. Abbiamo infatti chiesto ad ArcelorMittal di spiegarci perché ha fatto una richiesta di cassa così massiccia - prosegue Brigati - e l’azienda di ha detto, come ribadisce anche nella comunicazione, che si tratta di un numero massimo”. Secondo Brigati, “ArcelorMittal ha voluto cautelarsi e garantirsi rispetto all’evento Coronavirus ed ha messo dentro tutti, ma è evidente che così non sarà proprio perché il prefetto sino al 3 aprile ha determinato numeri precisi sia per i diretti che per i terzi”. E intanto le sigle metalmeccaniche Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno scritto al prefetto di Taranto chiedendogli un incontro “chiarificatore”. Oltre al prefetto, la richiesta è inviata anche a comando vigili del fuoco, Spesal Asl Taranto, custode giudiziario della fabbrica. L’incontro viene ritenuto dai sindacati “indispensabile” al fine di fornire “ogni ulteriore, possibile elemento teso ad approfondire e considerare l’assetto di marcia dello stabilimento in funzione del numero dei dipendenti diretti e dell’indotto”. Questo, spiegano i sindacati, “al sol fine di profondere il massimo sforzo possibile teso alla limitazione del contagio” così come disposto dai Dpcm in materia. I sindacati ritengono infatti che i 5.500 accessi in fabbrica, di cui 3.500 di personale diretto e 2.000 dell’indotto, possano alimentare il rischio del contagio e vorrebbero che i numeri delle presenze fossero ridotti, anche se il prefetto nel decreto di ieri ha spiegato che questi sono i numeri tecnicamente necessari a tenere in sicurezza uni stabilimento molto grande come l’ex Ilva di Taranto.

Dopo la prima sessione di venerdì scorso, è ripreso questa mattina a Taranto, in Prefettura, il lavoro del Tavolo istituzionale Taranto presieduto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega agli investimenti, Mario Turco. Presente il prefetto di Taranto, Demetrio Martino. Il confronto - in videoconferenza causa Coronavirus - riguarda i referenti delle Amministrazioni responsabili degli investimenti programmati ed ammessi a finanziamento nell'ambito del Contratto istituzionale di sviluppo (Cis). Ciascun soggetto viene ascoltato singolarmente. In collegamento anche Invitalia. 

 

 “Obiettivo - spiega la Prefettura di Taranto - è acquisire tutti gli elementi necessari ad accelerare gli interventi ammessi a finanziamento e portare così a compimento le opere”. Oggi il confronto dovrebbe coinvolgere, tra gli altri: Comune di Taranto, Marina Militare e Rete Ferroviaria Italiana. Il sottosegretario Turco ha annunciato che Invitalia ed Investitalia “offriranno supporto alle stazioni appaltanti pubbliche del Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto per accelerare i tempi”. “Abbiamo individuato le criticità che frenano l’avanzamento e la spesa del Contratto istituzionale di sviluppo per Taranto. Le criticità sono soprattutto a livello di progettualità e di affidamento lavori. Nel senso - ha aggiunto Turco - che dopo la fase iniziale di progettualità, si impiegano mediamente tre anni tra valutazione dei progetti e gestione della gara. Perdiamo tre anni in questo passaggio. E allora si tratta di snellirlo affidando a Invitalia ed Investitalia un compito operativo”. “Non è una centralizzazione delle competenze - ha chiarito Turco - ma cercheremo di dare supporto alle stazioni appaltanti nel senso che ciascuna amministrazione individuerà un referente, con noi si tratterà di condividere, nell’arco di sette giorni, un cronoprogramma che sottoporremo a verifica, per capire se avanza o meno, ogni due mesi”. Il Tavolo Taranto per il Contratto istituzionale è stato reinsediato a Palazzo Chigi dal premier Giuseppe Conte lo scorso 5 marzo. In quella sede, Invitalia ha chiarito che su una dotazione complessiva di un miliardo e otto milioni, spalmati su 40 interventi, dal 2015 all’anno scorso sono stati spesi solo 327 milioni. Il 36,92 per cento. Nel secondo semestre 2019, l’avanzamento della spesa ha coinvolto soltanto 13 dei 30 interventi residui programmati ed è stato pari a 14,3 milioni. Gli interventi conclusi sono 10. Ampio lo spettro su cui agisce il Cis Taranto: bonifiche, ambiente, urbanistica, porto, trasporti, istruzione, sanità, beni culturali. 

Il prosciugamento dei flussi di cassa attesi, per effetto del susseguirsi di provvedimenti limitativi dell’apertura dei negozi che, con l’ultimo DPCM 22 marzo 2020, vede il quasi totale arresto delle attività commerciali, mette a repentaglio la sostenibilità e la successiva ripresa delle nostre PMI, all’indomani della cessazione dell’emergenza sanitaria. Il Governo ha annunciato, garantito e sbandierato interventi di salvaguardia per tutte le imprese (d.l. 18 del 17 marzo 2020), ma il Governo, a prescindere dai vincoli di bilancio, deve fare molto di più!

Si apre così la lunga e articolata lettera che Leonardo GIANGRANDE, presidente provinciale di ConfcommercioTaranto, scrive al presidente confederale, Carlo SANGALLI, per rappresentare le istanze delle imprese del Terziario jonico e per sollecitare il presidente confederale a continuare ad esercitare, con tutti i mezzi,  l’azione di pressing sul Governo per un forte e decisivo impegno a salvataggio dell’economia del Paese e delle imprese del Terziario, in particolare le micro, piccole e medie  imprese che rappresentano il tessuto economico più vitale dell’Italia. E’ concreto il timore che, passata la emergenza sanitaria, si possa continuare a sprofondare nell’emergenza socio- economica se non si metteranno  in campo importanti misure economico-finanziarie.

Essenzialmente, gli aiuti alle PMI si articolano sulle seguenti direttrici: a) proroghe e slittamenti degli adempimenti fiscali e contributivi; b) CIGO e CIGD per i dipendenti anche delle microimprese (da 1 a più dipendenti); c) provvidenze creditizie. Pur mancando, a tutt’oggi, alcune norme attuative delle misure assunte, Confcommercio Taranto  rileva alcune insufficienze e difficoltà operative all’accesso a tali aiuti.

Ecco alcune delle osservazioni sollevate in merito a gli adempimenti fiscali e contributivi:  

1) non sono stati oggetto di rinvio le scadenze relative al pagamento degli avvisi bonari dell’AdE, delle CC.GG., delle ritenute sul lavoro autonomo, dei versamenti rivenienti da accertamento con adesione o invito al contraddittorio,  così come i termini per le redazioni e le trasmissioni delle CU.

2) Nulla è stato, altresì, previsto (anche se di specifica competenza degli Enti locali) in ordine all’eventuale rinvio dei tributi comunali ( TARSU, TOSAP, IMU). A tal ultimo proposito, Confcommercio Taranto ha già provveduto ad interessare tutti i comuni della provincia affinché deliberino una riduzione e/o lo slittamento di tutti i pagamenti dei tributi locali, scaglionando le scadenze da settembre 2020 a fine anno.

3) In ordine alla CIG e nello specifico alla CIGD si denuncia una farraginosità in relazione all’accesso per un duplice ordine di motivi: a) la consultazione delle organizzazioni sindacali da predisporre in via telematica; b) il mancato chiarimento sull’obbligo della preventiva fruizione dei fondi degli Enti Bilaterali (le cui disponibilità finanziarie sono limitate e, soprattutto, per le PMI che non aderiscono a nessuna sigla datoriale e, quindi, non hanno obbligo di versamento del contributo Ente Bilaterale e, conseguentemente, sono inibite all’accesso). Sempre ai fini dell’accesso alla CIG in deroga si chiede che la norma generale di preventiva fruizione delle ferie da parte del personale (così si rimetterebbe alle aziende l’onere della crisi in quanto dovranno anticipare e sostenere il pagamento degli stipendi), venga superata dagli accordi quadro regionali e/ o da chiarimenti forniti dalla stessa INPS.

Per le provvidenze creditizie l’art. 56 del decreto legge concede alle PMI danneggiate dal COVID-19 la possibilità di avvalersi per le esposizioni debitorie, non dichiarate deteriorate, dietro mera comunicazione rivolta alle banche con allegata una dichiarazione autocertificativa di temporanea carenza di liquidità causa epidemia di COVID-19, tutto ciò non basta. Il decreto legge sembra dimenticare la difficoltà finanziaria nella quale il piccolo imprenditore (molte volte privo di affidamento bancario) incorrerà in quanto dovrà fronteggiare il pagamento degli stipendi, il pagamento delle locazioni, il pagamento dei fornitori (che, se pur indirettamente, finanziano l’impresa cliente), la difficoltà nella riscossione dei propri crediti, il sostentamento proprio e della famiglia, etc. Il Governo deve concedere forme automatiche di garanzie sui prestiti (per esempio, rapportate agli stipendi erogati o al fatturato conseguito nel 2019) o erogare esso stesso la liquidità ad un tasso commisurato alla durata del finanziamento.

Il credito di imposta per il pagamento delle locazioni. Ora, l’esercizio di attività commerciali può essere svolto anche in locali di categoria catastale diversa da quella esclusivamente indicata: la categoria C1. Infatti, possono essere oggetto di locazione commerciale altre categorie, senza considerare che alcune piccole strutture ricettive svolgono la loro attività conducendo in locazione varie categorie catastali. Inoltre, il credito di imposta concesso nella misura del 60%, limitato attualmente ai locali classificati C1, potrà essere monetizzato solo in occasione del pagamento delle imposte che nella stragrande maggioranza dei casi avverrà a maggio/giugno. Indispensabile che il bonus venga esteso a tutte le locazioni commerciali, purché risultanti da regolari contratti oggetto di rilevanza fiscale, a prescindere dalla categoria catastale dell’immobile e sarebbe quanto mai opportuno richiedere l’ampliamento ad almeno il 100% di detto bonus nonché un’erogazione diretta, alternativa al credito di imposta, per tutte le iniziative commerciali costrette alla chiusura per provvedimenti dello stesso Governo.

“Il tessuto imprenditoriale di molte zone d’Italia, in particolare nel Mezzogiorno e soprattutto nella nostra provincia – sottolinea Giangrande- è costituito da microimprese commerciali e professionali che, sia dal punto di vista amministrativo/gestionale che finanziario/patrimoniale, presentano enormi carenze strutturali. Pensiamo agli ambulanti, ai mercati rionali, ai piccoli negozi di vicinato, alla miriade di agenti e procacciatori di affari, ai servizi, alle piccole attività ricettive e turistiche. Tali attività, pur non sommando cifre importanti in termini di fatturato complessivo, assicurano una fonte reddituale al piccolo imprenditore, alla propria famiglia e a tanti lavoratori. Per tale motivo è importante preservare tale tessuto economico dalla crisi di liquidità, determinata dalla crisi sanitaria, chiediamo  che il Governo destini maggiori risorse  per il sostegno reale  delle famiglie e delle  imprese in crisi di liquidità ed impossibilitate ad accedere al credito, ne va della tenuta sociale ed economica del nostro Paese.”

Con il Banco Alimentare, il Comune di Taranto sta coordinando, alla luce della stretta per il Coronavirus, gli aiuti con i pacchi alimentari per i singoli o le famiglie che si trovano in grave difficoltà economica e che vengono segnalate dai Servizi Sociali. Gabriella Ficocelli, assessore ai Servizi sociali del Comune di Taranto, dichiara che “tutte le azioni e le misure che stiamo già mettendo in campo” puntano a “raggiungere i nostri utenti più svantaggiati”. “Abbiamo incontrato, via Whatsapp, il presidente del Banco Alimentare Luigi Riso. Nonostante  l'attuale situazione, la macchina degli aiuti alimentari per le famiglie bisognose della nostra città, attraverso Caritas, parrocchie e associazioni del territorio, sta funzionando - rileva ancora Ficocelli -. Ovviamente, sono in tanti ad aver paura, per il rischio del contagio o per i controlli, ma le disposizioni della Regione garantiscono la mobilità e gli spostamenti per il recupero dei pacchi e il loro smistamento con auto-dichiarazione e con tutte le precauzioni indicate dai Dpcm nel pieno rispetto delle norme anti-contagio”. 

Salgono a quattro i casi di coronavirus a Martina Franca e sono tutti ricoverati all’ospedale  Moscati di Taranto. Lo ha annunciato ieri  il sindaco di Martina Franca, Franco Ancona, in una giornata in cui, da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, la provincia di Taranto ha registrato il più alto numero di casi, ben 17 - quando invece sinora è stata molto al di sotto -, portando così il numero complessivo a 74 sui 1.182 totali dell’intera Puglia. Allo stato, comunque, la provincia di Taranto resta ultima per numero di casi registrati tra le sei pugliesi. 

   Circa il quarto, nuovo caso di Martina Franca, il sindaco Ancona spiega: “Si tratta di un concittadino già ricoverato al Moscati di Taranto dal 15 marzo scorso. Il paziente è stato sottoposto, in quella data, ad una prima valutazione nelle tende, messe a disposizione dall'Aeronautica militare, che consentono un pre-triage senza entrare in ospedale poiché posizionate dinanzi al nosocomio”. 

 

Trasferito al Moscati - prosegue il sindaco - è stato sottoposto a diversi tamponi con esito negativo e, dopo una ulteriore e approfondita valutazione da parte dei medici, è risultato positivo nelle giornata odierna. Essendo già in isolamento da diversi giorni, le persone che devono cautelarsi sono coloro che lo hanno incontrato nei quattro giorni precedenti al 15 e che comunque il Dipartimento di Prevenzione della Asl sta allertando in queste ore. Al concittadino e alla sua famiglia - conclude il sindaco - va la nostra vicinanza con l'augurio di guarire presto”. 

   E Martina Franca ieri mattina  è stata segnata anche dall’incendio doloso di due ambulanze parcheggiate in via Giolitti, a poca distanza l’una dall’altra, di proprietà della Confraternita delle Misericordie. Per il sindaco Ancona, “in un momento storico in cui la popolazione sta combattendo una guerra che necessita di tutti i presidi sanitari disponibili, appiccare un incendio è un atto criminale perpetrato da persone di inqualificabile crudeltà. Speriamo presto di avere notizie sulla loro individuazione. Siamo solidali con i volontari della Misericordia”. Nel frattempo il sindaco di Martina Franca annuncia che la società di calcio “Atletico Martina” si è fatta carico di pagare una ambulanza già nelle disponibilità della Misericordia dalle 13.30 di ieri. 

Perplessità e delusione: i sindacati metalmeccanici di Taranto criticano compatti il decreto con cui il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha autorizzato ArcelorMittal a proseguire nell’attuale assetto di marcia, cioè con gli altiforni 1 e 4 sui tre operativi e con un’acciaiaieria, la 2, in funzione sulle due dello stabilimento (è stata fermata la 1).

    Da adesso al 3 aprile, in fabbrica dovranno esserci, ha deciso il prefetto, 5500 addetti totali, di cui 3500 di ArcelorMittal (a fronte di un organico di 8200) e 2000 delle imprese dell’indotto-appalto (rispetto ad una forza di circa 5000 unita). I numeri configurati dal prefetto sono quelli che ArcelorMittal e indotto-appalto hanno già da alcuni giorni perché nel siderurgico la fermata e la progressiva riduzione delle attività in marcia era già cominciata proprio in applicazione delle misure anti Coronavirus. Il prefetto ha delineato un assetto di sicurezza della fabbrica. A questo è infatti condizionata la marcia da ora al 3 aprile perché ArcelorMittal non potrà produrre per scopi commerciali.

    Ma i sindacati, tutti, non ci stanno. In una nota, la Fim Cisl dichiara: “Rimaniamo titubanti sulla salvaguardia della salute dei nostri colleghi ArcelorMittal, ai quali si aggiungono i 2.000 dell’indotto. Oltre cinquemila persone in campo, ogni giorno, a rischiare la vita. Come Fim da diversi giorni chiediamo misure più restrittive sulle attività indispensabili da lasciare aperte”. Per la Fim Cisl, “serve limitarsi, senza eccezione alcuna, alle sole attività essenziali per ridurre la mobilità dei lavoratori. Ribadiamo con forza - conclude - che la salute dei lavoratori viene prima di ogni cosa e della produzione”. 

Affondo congiunto di Fiom Cgil e Uilm che sostengono: “Riteniamo inaccettabile la scelta del prefetto che ha peggiorato quanto il sindacato ha provato a fare in queste settimane”. Per Fiom e Uilm “la soluzione per contrastare il rischio di contagio da Covid 19 è quella di ridurre al minimo le presenze di lavoratori all’interno dello stabilimento. Oggi abbiamo appreso con gran stupore - proseguono le due sigle sindacali - che azienda e istituzioni viaggiano in direzione opposta alle rivendicazioni sindacali di questi ultimi giorni. Constatiamo che le istituzioni, ad oggi, non garantiscono le tutele previste all’interno del Dpcm”. Infine per il sindacato Usb “il decreto prefettizio è frutto di confronti con soggetti che non conoscono la fabbrica. Disposta la presenza nello stabilimento di 5.500 lavoratori tra diretti e appalto, in misura quindi superiore rispetto ai giorni scorsi”. Per Usb, “il decreto colpisce ben due volte, influendo anche sul diritto di sciopero, in quanto sostiene la scelta dell’azienda di utilizzare le comandate allargate e, addirittura, porta a dedurre che la fabbrica, per avere una garanzia minima di sicurezza, deve mantenere 5.500 lavoratori in attività”.

“ArcelorMittal ha ridotto, nella fase attuale, la produzione già da due settimane al minimo indispensabile per garantire la tenuta degli impianti e mantenere sotto controllo sia il livello di rischio di incidenti sia la continuità nella realizzazione delle misure di tutela ambientale prescritte dall’Aia. La stessa azienda ha precisato che l’attuale assetto è identico a quello imposto dai ministeri competenti a novembre dello scorso anno quale misura di salvaguardia per l’ipotesi di dismissione degli impianti da parte della stessa azienda”. Lo scrive il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, col provvedimento che, in attuazione del Dpcm sulle attività produttive al luce del Coronavirus, dispone sino al 3 aprile un assetto per il siderurgico con 3.500 diretti e 2.000 dell’indotto. Disposto anche che non si potrà produrre per finalità commerciali: quindi le presenze in fabbrica vanno intese solo come salvaguardia e sicurezza degli impianti. 

    Nel provvedimento si specifica che l’articolazione di dettaglio sarà di 2.100 unità nel primo turno, 900 nel secondo e 500 nel terzo.

 

Circa la richiesta dei sindacati di prevedere solo le squadre di comandata come presidio di sicurezza agli impianti, il prefetto cita il parere dei Vigili del Fuoco, i quali dichiarano che le comandate non possono essere utilizzate in questo caso. Si tratterebbe di 1.200 unità da impiegare in turni che possono protrarsi anche per 12 ore, ma tale assetto, hanno riferito i Vigili del Fuoco al prefetto, “può essere mantenuto solo per pochi giorni prima che si producano danni irreversibili agli impianti”.

    Sulla base delle valutazioni raccolte, il prefetto di Taranto ha quindi stabilito “che l’attività produttiva nell’assetto attuale presenta livelli di presenza di unità lavorative non ulteriormente comprimibili in relazione alla necessità di garantire la salvaguardia degli impianti e la sicurezza degli stessi da più elevati rischi di incidenti”. Di qui, stabilisce il prefetto di Taranto, al fine di contenere “il pericolo di diffusione del virus Covid 19”, la sospensione sino al 3 aprile 2020 “la possibilità di incrementi della forza lavoro da impiegare nella produzione a fini commerciali”. 

Confindustria “adesso AM deve dare indicazioni alle imprese”

 

Nel decreto relativo alla continuità dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, il prefetto ha dettato delle linee ed ha indicato i numeri massimi di accesso in fabbrica sia del personale diretto, che di quello delle imprese. È evidente che adesso tocca ad ArcelorMittal, nel ruolo di committente, indicare dove i 2mila dell’indotto-appalto dovranno posizionarsi e cosa dovranno fare. Ci saranno infatti attività che si fermeranno ed altre che invece proseguiranno. Ma questo deve dircelo ArcelorMittal”. Lo dichiara ad AGI il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro.

“Penso che i 2mila accessi indicati per il personale delle imprese - che si sommano ai 3500 dipendenti diretti di ArcelorMittal - corrispondano grosso modo all’attuale forza lavoro esterna già presente in ArcelorMittal - sostiene Marinaro -. Ormai si era verificata una forte riduzione nelle attività delle imprese, riduzione che permane ed è dovuta a più motivi: assenze per malattie, defezioni, impossibilità di approvvigionarsi dei materiali e delle forniture che servono all’effettuazione dei lavori commissionati. Siamo rimasti quindi su quel livello numerico”.

“Il mio commento sul decreto del prefetto? La sua azione era quella di contenere i rischi - prosegue Marinaro - e il prefetto ha ascoltato chi è deputato alla valutazione tecnica dei rischi, e cioè Vigili del Fuoco e Spesal Asl. Acquisite i loro pareri, ha quindi deciso su questa base”.

 

 “Nel decreto relativo alla continuità dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, il prefetto ha dettato delle linee ed ha indicato i numeri massimi di accesso in fabbrica sia del personale diretto, che di quello delle imprese. È evidente che adesso tocca ad ArcelorMittal, nel ruolo di committente, indicare dove i 2mila dell’indotto-appalto dovranno posizionarsi e cosa dovranno fare. Ci saranno infatti attività che si fermeranno ed altre che invece proseguiranno. Ma questo deve dircelo ArcelorMittal”. Lo dichiara ad AGI il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro.

    “Penso che i 2mila accessi indicati per il personale delle imprese - che si sommano ai 3500 dipendenti diretti di ArcelorMittal - corrispondano grosso modo all’attuale forza lavoro esterna già presente in ArcelorMittal - sostiene Marinaro -. Ormai si era verificata una forte riduzione nelle attività delle imprese, riduzione che permane ed è dovuta a più motivi: assenze per malattie, defezioni, impossibilità di approvvigionarsi dei materiali e delle forniture che servono all’effettuazione dei lavori commissionati. Siamo rimasti quindi su quel livello numerico”. “Il mio commento sul decreto del prefetto? La sua azione era quella di contenere i rischi - prosegue Marinaro - e il prefetto ha ascoltato chi è deputato alla valutazione tecnica dei rischi, e cioè Vigili del Fuoco e Spesal Asl. Acquisite i loro pareri, ha quindi deciso su questa base”. 

Sono 17 i nuovi casi di coronavirus registrati nella provincia di Taranto. Di questi 5 nel capoluogo ionico dove, come riferisce l’assessore con delega all’Emergenza c’è stata la guarigione di una donna di 80. Complessivamente i positivi a Taranto sono 19. 

“A dimostrazione del grande lavoro che stanno compiendo i nostri sanitari - scrive l’assessore Viggiano- registriamo la guarigione di una nostra concittadina di circa 80 anni. Ad oggi ci sono 19 casi positivi nella città di Taranto. 

Non possiamo distrarci, dobbiamo continuare ad essere responsabili ed a rimanere a casa.”

Oggi in Puglia sono stati registrati 17 decessi per contagio da Coronavirus: 1 in provincia di Lecce, 6 in provincia di Brindisi, 8 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Bari.  In totale sono 65 le persone morte in Puglia dall'inizio dell'emergenza.

968 test per l'infezione Covid-19 sono stati effettuati oggi in Puglia e 89 sono risultati positivi. I casi sono così suddivisi: 28 nella Provincia di Bari; 13 nella Bat; 3 Brindisi; 12 Foggia; 12 Lecce; 17 Taranto; 4 non attribuiti. Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 9.191 test. Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 1.182, così divisi: 387 nella provincia di Bari; 85 nella Bat; 122 Brindisi; 305 Foggia; 177 Lecce; 74 Taranto;14 attribuiti a residenti fuori regione; 18 per i quali è in corso l'attribuzione della relativa provincia.

di Ingrid Iaci

Si rinnova domani, 27 marzo, alle ore 18, da una deserta Piazza San Pietro, l’appuntamento del Santo Padre che ancora una volta invita i fedeli a stringersi  in preghiera per invocare la fine della pandemia da coronavirus.

Per l’occasione, è stato disposto il trasferimento del Crocifisso ligneo miracoloso dei Giubilei, solitamente conservato nella chiesa di San Marcello al Corso, presso cui il Santo Padre si era recato in pellegrinaggio lo scorso 15 marzo.

Durante la funzione dal sagrato della basilica petrina, Papa Francesco impartirà  la benedizione Urbi et Orbi con la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria, secondo le condizioni previste dal recente decreto della Penitenzieria Apostolica.

L’evento andrà in onda in diretta mondovisione e potrà essere seguito in più lingue sulla Radio Vaticana o tramite i canali media di Vatican News (sito internet, pagina Facebook e canale YouTube) nonché dal canale televisivo TV2000.

Simbolo dei Giubilei, questo Crocifisso porta sul retro incisi i nomi dei vari Pontefici e gli anni di indizione dei Giubilei. 

E’ il crocifisso, abbracciato da san Giovanni Paolo II, che ha segnato il culmine della Giornata del perdono durante il Grande Giubileo del 2000, come ha ricordato Vatican news. 

Le tante tradizioni di miracoli attribuiti al “SS. Crocifisso” hanno inizio il 23 maggio del 1519, quando un incendio, nella notte, distrugge completamente una Chiesa in Via del Corso, a Roma, intitolata a San Marcello. Il mattino seguente l’intero edificio è ridotto in macerie ma fra le rovine emerge integro il crocifisso dell’altare maggiore, ai piedi del quale arde ancora una piccola lampada ad olio. 

L’8 ottobre 1519 Papa Leone X ordina la riedificazione della chiesa.

Tre anni dopo l’incendio, Roma viene colpita dalla “Grande Peste”. Il popolo porta il crocifisso in processione, riuscendo a vincere anche i divieti delle autorità comprensibilmente preoccupate per il diffondersi del contagio. Il crocifisso viene prelevato e portato per le vie di Roma verso la basilica di San Pietro. 

La processione dura per 16 giorni: dal 4 al 20 agosto del 1522. 

E man mano che si procede, la peste dà segni di regressione, e dunque ogni quartiere cerca di trattenere il crocifisso il più a lungo possibile. 

Al termine, al momento del rientro in chiesa, la peste è del tutto cessata.

Dal 1600 la processione dalla chiesa di San Marcello alla basilica di San Pietro è diventata una tradizione durante lo svolgimento dell’Anno Santo, come riferisce Vatican News.

Oggi, invece, il Crocifisso ha fatto il suo ingresso in Vaticano, nel più totale silenzio ma con altrettanta solennità, su un furgoncino e senza nessuna processione.

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