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Giornale di Taranto - Artigianato, Commercio & Agricoltura

Circa seicento persone si sono recate al comando della Polizia locale a Taranto questa mattina per presentare la domanda di accesso ai buoni spesa predisposti dallo stesso Comune di Taranto per alleviare il disagio sociale delle famiglie a causa del coronavirus. “La fila è stata ordinata, c’è stata molta pazienza da parte degli utenti, abbiamo avuto la disponibilità della Polizia di Stato e della Polizia locale nel gestire gli ingressi e ci sono stati 5 ragazzi del segretariato sociale che hanno smistato le domande - ha dichiarato l’assessore comunale ai Servizi sociali, Gabriella Ficocelli.

 

"A partire da domani - prosegue - cominceremo a chiamare per gli appuntamenti per la consegna dei buoni spesi. Ci saranno anche altri punti sia per la consegna della domanda che per il ritiro dei buoni spesi”. Si tratta, in questo caso, di altre sedi comunali in alcuni quartieri di Taranto. Oggi era infatti il primo giorno per la consegna delle domande. La consegna dell'istanza per i buoni spesa per l'acquisto di generi alimentari e di prima necessità può avvenire anche via mail all’indirizzo  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. . Inoltre, l’istanza può essere compilata telefonicamente ai seguenti numeri 0994581786; 0994581737; 0994581302; 0994581825; 0994581310 e 0994581754. 

 

Si può chiamare, specifica il Comune di Taranto, dalle 9 alle 13 da lunedì a venerdì e il martedì e giovedì anche dalle 14.30 alle 17. Coloro che nel 2020 sono titolari di sostegni economici e di misure come cassa integrazione, reddito di cittadinanza e Red non avranno diritto ai buoni spesa, precisa infine il Comune di Taranto. 

Dichiarano per lo più di essere usciti di casa per comprare le sigarette, ma anche per recarsi da parenti anziani e per le più svariate e fantasiose ragioni non veritiere, i tanti cittadini che, nel Salento, continuano a violare le norme di distanziamento sociale varate per contenere l'epidemia da Covid-19. Malgrado gli appelli a restare a casa, continuano, infatti, ad essere numerose le violazioni riscontrate dalle forze dell'ordine. Nelle ultime ore i poliziotti della questura di Lecce hanno sanzionato due uomini sorpresi a passeggiare uno accanto all'altro e senza alcun dispositivo di protezione, in via don Luigi Sturzo.

 

 Uno dei due, un 62enne, ha anche reagito male ed è stato anche denunciato per oltraggio a pubblico ufficiale. Dieci cittadini leccesi e due persone originarie dello Sri Lanka, sono state sanzionate in quanto, senza validi motivi, si erano allontanate di parecchio dalle proprie abitazioni, passeggiando lungo le vie del centro abitato. Tra gli altri sanzionati, vi sono un uomo del Gambia che ha dichiarato di essere diretto a casa di un suo connazionale per eseguire dei lavoretti, tre uomini che facevano jogging a oltre un chilometro e mezzo da casa, un cittadino dello Sri Lanka che ha detto di dover raggiungere lo studio del suo avvocato, del quale, però, non ricordava il nome. La madre di un minorenne bloccato mentre circolava in motorino è stata denunciata per violazione degli obblighi sulla patria potestà. A Gallipoli, i poliziotti del locale commissariato hanno denunciato sei persone nella sola giornata di ieri perché sorprese lontano dalle proprie abitazioni senza giustificato motivo. In particolare, si tratta di tre sessantenni che, incuranti del forte vento, erano andate in spiaggia a prendere il sole, mentre altre due persone, padre e figlio, erano andate a pescare su una delle riviere cittadine. Durante lo scorso fine settimana, la polizia, in provincia di Lecce, ha controllato 816 persone e 337 esercizi commerciali, infliggendo 42 sanzioni.  

 

Anche a Pasqua non ci saranno le uova, colombe e specialità di pasticceria artigiana sulle nostre tavole nei prossimi giorni. Ne vieta la vendita un’interpretazione governativa del Dpcm 11 marzo 2020 in materia di contenimento dell’emergenza Covid-19 in base alla quale le imprese artigiane di pasticceria, obbligate alla chiusura al pubblico, non possono vendere i loro prodotti nemmeno attraverso la modalità di asporto che è giustamente  consentita invece ad altre attività, come ad esempio il pane per i panifici. Le pasticcerie artigiane possono invece vendere solo attraverso la consegna a domicilio, opportunamente organizzata, con inevitabile aggiunta costi. Davvero un provvedimento illogico ed inspiegabile. 

Nei giorni scorsi, come Confartigianato Taranto, abbiamo raccolto il giusto disappunto di tante pasticcerie artigianali del territorio, costrette a chiudere i battenti al pubblico, mentre è stata invece consentita ai negozi al dettaglio la vendita di prodotti analoghi, in prevalenza industriali.

Secondo Confartigianato, lo stop  alla produzione e vendita delle pasticcerie rappresenta una assurda discriminazione rispetto ai negozi e alla grande distribuzione ai quali è invece permessa la commercializzazione di prodotti dolciari; cioè le zeppole, i pasticcini, le torte, le uova di cioccolato e le colombe pasquale le si possono comprare entrando nei supermercati, ma non in pasticceria, fermo restando che ai panifici è consentita la sola produzione ristretta di prodotti dolci da forno.

La chiusura delle pasticcerie durante le feste pasquali determinerà un pesante danno economico e peserà molto sulla competitività del sistema delle micro e piccole imprese, che realizzano un prodotto di pasticceria artigianale di elevata qualità. 

In Puglia, Confartigianato ha stimato che alle 1276 imprese di pasticceria e gelateria, circa il 73% delle quali artigiane, con 4.307 addetti, la chiusura ad aprile provocherà perdite per 32 milioni di euro, tra mancato fatturato e perdite legate ad deperimento delle materie prime acquistate precedentemente alla sospensione forzata. Nella provincia di Taranto sono una quarantina le attività dei nostri Maestri Pasticceri.

Come Confartigianato Taranto abbiamo da subito sollecitato l’intervento della nostra Confederazione nazionale, che si è rivolta al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, sollecitando un intervento tempestivo che faccia chiarezza nelle interpretazioni governative, stabilisca omogeneità di applicazione delle norme in tutto il territorio ed eviti incomprensibili disparità di trattamento tra attività con Codici Ateco diversi ma produzioni simili. 

Siamo i primi, dicono i rappresentanti dei Maestri Pasticceri di Confartigianato Taranto,  a rispettare responsabilmente le regole per difendere la salute dei cittadini. Ma non accettiamo un’interpretazione della norma che si traduce in una palese ed assurda penalizzazione delle nostre produzioni a vantaggio di altre tipologie di prodotti di pasticceria. Così si colpiscono le nostre aziende e si nega libertà di scelta ai consumatori. Ribadiamo, abbastanza stizziti, che  viene colpita dal lockdown la vendita diretta della pasticceria artigianale a “palese” vantaggio dei prodotti venduti attraverso il canale della distribuzione commerciale.

di Luisa Campatelli 

“Quanto siamo disposti a spendere e a perdere nella lotta al virus? Quanti soldi, quanti posti di lavoro, quante aziende, quanto futuro, quante prospettive per le prossime generazioni, per i bambini che stiamo tenendo chiusi in casa? Quanto saremo capaci di mettere sempre la vita umana — la vita di qualunque essere umano, di qualunque età e di qualunque condizione fisica — prima di ogni considerazione che oggi ci appare cinica, ma prima o poi può sembrarci invece realistica?”

Sono domande che disturbano quelle poste da L’Economist, domande che pongono questioni con le quali da queste parti, a Taranto, sede del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, abbiamo iniziato da parecchio a fare i conti...

L’Economist in sostanza ci domanda quale sia il valore della vita umana e quanto siamo disposti a spendere per salvare ogni singola persona. 

Ecco, provate a chiederlo a un bambino dei Tamburi che nei giorni di vento non può andare a scuola e deve rimanere chiuso in casa, così come raccomandano Asl e Arpa Puglia e che così dovrà continuare a fare anche quando l’emergenza coronavirus sarà passata; oppure a un operaio dello stabilimento siderurgico che quando va a sottoporsi ai controlli medici lo fa con la consapevolezza e l’ansia di chi sa di essere un soggetto a rischio; o ancora a una mamma di Taranto che ha perso il figlio per un tumore di quelli più aggressivi che si presentano solo in aree sottoposte a un particolare tipo di inquinamento.

Loro saprebbero cosa rispondere.

Nella città schiacciata dalla contrapposizione tra lavoro e salute,    questo dilemma fa parte del bagaglio quotidiano che il tarantino si porta addosso fin dalla nascita, sapendo che ogni scelta che si compie in nome del lavoro, del profitto e della produzione, si fa spesso a scapito del valore della vita. 

E infatti lo stabilimento Ilva/ArcelorMittal non si è fermato neanche di fronte all’emergenza del coronavirus, benché sia il luogo in cui si determina in assoluto la maggiore concentrazione di persone. Il danno, è stato detto e scritto nel decreto con cui il prefetto autorizza l’azienda a produrre e commercializzare, sarebbe stato troppo alto.  Eccola, la risposta ai quesiti de L’Economist c’è già. (foto di Luciano Manna)

 

La direzione Patrimonio e sicurezza sui luoghi di lavoro ha proceduto, sin dall’inizio della emergenza sanitaria da coronavirus, a rifornire tutte le direzioni del Comune di Taranto di dispositivi di protezione individuale affinché i dipendenti, non impiegati nello Smart-working, ma ancora attivi negli uffici al fine di assicurare i servizi essenziali alla cittadinanza, potessero continuare ad operare in condizioni di sicurezza. 

 

«A tal fine - fa sapere l’Assessore Viggiano - su indicazione del Sindaco Melucci, abbiamo proceduto all’acquisto di un totale di 2200 mascherine, delle quali 500 riutilizzabili in quanto igienizzabili anche a casa mediante bollitura, oltre 1000 coppie di guanti monouso in nitrile, 1000 gel igienizzanti e 30 erogatori a muro di amuchina, installati nelle varie direzioni. Mi preme ringraziare i dipendenti della direzione che giornalmente si premurano di rifornire gli uffici attivi sul territorio, come nel caso degli assistenti sociali impegnati nella distribuzione dei buoni spesa, gli uffici dell’anagrafe e tutte le sedi attive, consentendo alla macchina amministrativa di continuare a lavorare anche in questa situazione di emergenza». 

 

È sicuramente una delle foto che meglio rappresenta il momento che stiamo vivendo, quella in cui don Emanuele Ferro, parroco della Cattedrale, nel giorno della domenica delle Palme, distribuisce i ramoscelli d’ulivo mettendoli nei “panieri” calati dai balconi delle case della Città vecchia di Taranto. È mancato il contatto con le persone a don Emanuele, e tanto. Ecco il suo messaggio. 

“Ci è mancato il popolo e la chiesa affollata di tante persone. Non abbiamo sentito il chiasso dei bambini con le palme, né i cicalecci degli auguri di pace. Mi sono mancati i volti dei più che vengono a messa solo nel periodo pasquale. Abbiamo assaporato all'improvviso, in negativo, ancora una volta ciò per cui siamo stati ordinati, ovvero per il popolo. Anche la parola POPOLO mi è mancata .. eppure mi sono sentito in comunione: dietro ogni pietra delle case serrate si sentivano le pietre vive dei credenti. A voi sono mancati i sacramenti oggi (perché diciamo la verità: non ci si sazia dinanzi alla televisione o davanti al telefonino! Un pane solo visto non sfama e accende solo il desiderio e forse tiene viva la speranza! Non si può essere amati o amare in streaming!). A noi preti, invece, siete mancati voi. Alla fine di questa giornata ho solo una richiesta: Signore liberaci presto da questo male! Presto! Buona Settimana Santa..“

 Sono 2 milioni 205 mila dipendenti, il 17,2% della forza lavoro in organico delle imprese italiane, che stanno sperimentando lo smart working in Italia. È quanto emerge dal focus della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Non chiamatelo smart working. Il lavoro agile ai tempi del Coronavirus secondo i Consulenti del Lavoro”, secondo cui è in corso il “test” più grande che sia stato condotto sul lavoro agile nel nostro Paese.

     L’indagine, condotta tra il 23 e il 25 marzo 2020 su 4.463 iscritti all’Ordine, mostra che al Nord la quota di dipendenti “agili” è decisamente più elevata (18,8%), con punte in Lombardia (22%), Emilia Romagna (19,1%) e Piemonte (19,1%). Al Centro, ad eccezione del Lazio, la quota di quanti lavorano da casa si attesta al 17,4%, mentre al Sud scende al 15,3% ed è persino inferiore a quella di chi continua a lavorare in sede (18,1%). Indicativo, ma in linea con l’approccio culturale al lavoro agile, quanto accade nelle grandi realtà metropolitane come Milano o Roma: città caratterizzate da una maggiore presenza di attività di servizio avanzato e forza lavoro qualificata dove l’utilizzo del lavoro agile è molto diffuso e coinvolge rispettivamente il 27% e il 21,7% dei dipendenti, mentre solo il 15,7% e 14,6% di occupati continuano ad andare al lavoro. 

 

Bassa digitalizzazione di imprese e lavoratori, pesanti limiti legati alle infrastrutture del Paese e diffidenza da parte di imprenditori all’adozione di questa modalità di lavoro: queste le principali criticità che secondo l'indagine, stanno caratterizzando la sperimentazione dello smart working.

    Per i Consulenti del Lavoro a pesare è innanzitutto il basso livello di digitalizzazione del Paese, sia per l’indice di alfabetizzazione digitale di imprenditori e lavoratori (l’88,4% concorda che tale aspetto rappresenta un forte ostacolo per l’efficacia dello strumento), sia per le carenze delle infrastrutture tecnologiche (l’81,8% degli intervistati). Emerge anche un atteggiamento di diffidenza verso il lavoro agile da parte di larghi segmenti del tessuto imprenditoriale (79,3%) che non contribuisce alla sua diffusione in questa fase emergenziale.

     Guardando all’impatto prodotto dallo smart working sui processi lavorativi e ai suoi benefici, le valutazioni fornite appaiono complesse. Per il 74% degli intervistati le difficoltà di coordinamento a distanza dei gruppi di lavoro rallentano i processi decisionali e produttivi, creando disfunzionalità e inefficienza.

 

Il 50,6% dei Consulenti del Lavoro pensa che il lavoro da casa aumenti responsabilità e produttività dei lavoratori, ma il 49,4% pensa l’esatto opposto. Similmente, a fronte del 47,8% che afferma che con lo smart working si crei un clima di maggiore fiducia e collaborazione tra management e risorse umane, il 52,2% non è d’accordo con tale affermazione. È però indubbio che, pur tra mille limitazioni e ostacoli, esso stia comunque forzando aziende e lavoratori a innovare e modernizzare le proprie modalità operative: la pensa così il 56,5% degli intervistati.

   Quel che è certo è che l’esperienza in corso difficilmente potrà essere prolungata, in modo efficace e fruttifero, ad oltranza: l’85,5% dei Consulenti pensa infatti che si sia in presenza di una soluzione emergenziale che deve essere limitata nel tempo o intervallata da lavoro in presenza. Così come accade in molti Paesi dell’Unione Europea, che pur “praticando” da tempo e in modo diffuso lo smart working, indicano come modalità preferita, e preferibile, la combinazione di lavoro in presenza e a distanza.

    “Il quadro che emerge dalla nostra indagine – spiega Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – è composto da luci ma anche da molte ombre: quella che fin dall’inizio è stata presentata come un’esigenza ma anche una grande opportunità di modernizzazione del lavoro si è concretizzata nei fatti in un’esperienza allargata di home working più che smart working. Molte delle aziende che si sono trovate da un giorno all’altro a dover organizzare e gestire il lavoro da casa hanno bypassato la ‘cultura dello smart working’, ovvero tutti quei percorsi di progettazione, sperimentazione, comunicazione, sensibilizzazione, formazione e monitoraggio di questo modello organizzativo. Senza considerare poi l’investimento che questo richiede in termini di infrastrutture tecnologiche private (dalla sicurezza delle reti alla disponibilità di pc e altri device per far lavorare i dipendenti da casa), ma soprattutto pubbliche: da anni - conclude De Luca - ripetiamo che una cultura moderna del lavoro fatica a radicarsi in un Paese, come il nostro, che non è in grado di garantire una copertura uniforme di banda larga”. 

 E' costata cara, oggi a Lecce, l'uscita in motorino a due donne leccesi alle quali la Polizia locale ha inflitto sanzioni per complessivi 6.308 euro. Per ciascuna di esse è scattata una multa di 400 euro per violazione dei divieti riguardanti il contenimento dell'epidemia da Covid-19. In più alla conducente è stata inflitta una sanzione di 398 euro per guida senza patente, mentre nei confronti della proprietaria del veicolo è scattata una multa di 5.110 euro per incauto affidamento del mezzo.

   Sempre a Lecce, la Polizia locale ha inflitto altre tre sanzioni per spostamenti senza giustificato motivo. Una donna è stata multata mentre era diretta verso il mare.

(foto norbaonline.it)

 

 

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi domenica 5 aprile, in Puglia, sono stati registrati 1.103 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono risultati positivi 77 casi, così suddivisi:

28 nella Provincia di Bari;

9 nella Provincia Bat;

12 nella Provincia di Brindisi;

18nella Provincia di Foggia;

6 nella Provincia di Lecce;

2 nella Provincia di Taranto;

1 fuori regione

(1 caso non attribuito ieri è stato attribuito oggi alla relativa provincia di appartenenza).

Sono stati registrati oggi 9 decessi: 5 in provincia di Foggia, 3 in provincia di Lecce, 1 in provincia BAT.

Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 20.080 test.

 Sono 113 i pazienti guariti.

 Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 2.317 così divisi:

790 nella Provincia di Bari;

138 nella Provincia di Bat;

246 nella Provincia di Brindisi;

564 nella Provincia di Foggia;

368 nella Provincia di Lecce;

182 nella Provincia di Taranto;

24 attribuiti a residenti fuori regione;

5 per i quali è in corso l'attribuzione della relativa provincia.

“A partire da Lunedì 6 Aprile il Comune di Taranto metterà a disposizione della cittadinanza tutta un nuovo numero di telefono a supporto dell’emergenza Coronavirus: 0999920200” a farlo sapere l’Assessore ai Servizi Sociali Gabriella Ficocelli. 

 

Dall’altra parte del filo a dare indicazioni su consegna farmaci e spesa a domicilio, erogazione buoni spesa comunale e a raccogliere ogni tipo di richiesta d’aiuto e informazione su servizi/ordinanze in vigore, i dipendenti di Teleperformance. 

 

Gianluca Bilancioni, Responsabile Risorse Umane di Teleperformance Italia metterà a disposizione il know-how di Teleperformance, le professionalità, le competenze maturate nel settore delle emergenze e del sociale, il loro buon cuore e infinito amore per questa città a disposizione di tutta la Comunità tarantina per fronteggiare insieme con coraggio e dedizione questa grave emergenza Mondiale. 

 

“Il servizio offerto consentirà alla Polizia Municipale, alla Protezione Civile e nello specifico all’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Taranto la possibilità di dedicare più tempo e più ascolto a tutti i tarantini”, conclude l’Assessore Ficocelli. 

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