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Giornale di Taranto - Giornalista1

La Commissione Pari Opportunità e la Consigliera di Parità della Provincia di Taranto, in rappresentanza delle famiglie ioniche, all'indomani dell'ordinanza regionale pugliese che ha disposto la didattica digitale integrata al 100% in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ad eccezione di alcuni casi che, comunque, non devono superare il 50% delle presenze nelle classi, hanno inteso rivolgere al Presidente Emiliano un accorato appello: fermo restando l'emergenza sanitaria e la salute dei cittadini che rimangono la priorità assoluta nelle decisioni da adottare, chiedono una più puntuale e attenta programmazione a riguardo della chiusura delle scuole.

Arrivati a questo punto, non si può più sottovalutare il livello di stress accumulato dalle famiglie” - ha dichiarato la presidente della Commissione P.O., Sabrina Pontrelli - “di volta in volta, infatti, e in maniera sempre repentina e improvvisata,  mamme e papà degli studenti sono costretti a inventarsi soluzioni plausibili per garantire ai propri figli la continuità didattica, nel rispetto delle ordinanze emanate.”

“Sebbene la questione riguardi molto da vicino le donne” - ha sottolineato la Consigliera di Parità, Gina Lupo - “che si occupano oltre che della gestione della famiglia e del proprio lavoro e, in molti casi, anche dell'assistenza degli anziani, la problematica tocca da vicino anche tanti papà. E' una problematica complessa che va tenuta in considerazione, visto che le famiglie devono quotidianamente confrontarsi con questa impresa molto difficile.”

Gli organismi provinciali alle Pari Opportunità, tuttavia, oltre a voler evidenziare la difficoltà dei genitori nel dover conciliare i tempi del lavoro con quelli delle lezioni scolastiche, vogliono mettere in risalto anche un altro aspetto. Osservando quello che sta accadendo in ambito provinciale, si è constatato che molti istituti, sulla base del principio dell'autonomia scolastica, hanno disposto l'attivazione della Dad per il 100% della popolazione scolastica e, così facendo, hanno escluso ogni possibilità di inclusione ai ragazzi con disabilità o a quelli con bisogni educativi speciali.

“Il disagio diffuso sta portando molte famiglie a manifestare il proprio disappunto da remoto, disertando le lezioni a distanza” - ha denunciato la presidente Pontrelli - “e questo non può evidentemente durare a lungo. Pertanto invitiamo il governatore Emiliano a non sottovalutare quanto sta accadendo e a voler tener conto, nelle decisioni future, delle difficoltà che le famiglie della provincia di Taranto stanno  affrontando in maniera veramente coraggiosa.”

 

 

 

Nel processo in corso in Corte d’Assise a Taranto per il reato di disastro ambientale imputato all’Ilva gestita dal gruppo Riva, il Comune di Taranto, costituitosi parte civile con l’avvocato Rosario Orlando, ha chiesto oggi al collegio giudicante, di dichiarare la responsabilità penale di una serie di imputati ed ha ribadito la richiesta risarcitoria di 10 miliardi di euro. Quest’ultima era stata già avanzata nel 2014 come primo atto dell’udienza preliminare. All’udienza odierna ha partecipato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Tra gli imputati per i quali il legale del Comune ha chiesto la condanna, come già fatto dai pm la scorsa settimana, ci sono, tra gli altri, gli ex proprietari ed amministratori dell’azienda, Fabio e Nicola Riva, l’ex presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, l’ex direttore di stabilimento di Taranto, Salvatore Capogrosso. Compaiono anche attuali dirigenti del siderurgico, in carica col nuovo gestore ArcelorMittal, e tra questi Adolfo Buffo, direttore generale. “Penale responsabilità” è stata chiesta anche per l’ex sindaco di Taranto, Ezio Stefàno.

 

Per l’avvocato Orlando, l’Ilva dei Riva è stata caratterizzata da “una prolungata attività inquinante derivante dalle immissioni di polveri di minerali, utilizzati nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'acciaio. Questo  è in concreto potuto avvenire - ha dichiarato il legale nelle conclusioni depositate oggi - nel corso degli anni, anche e soprattutto in ragione delle soluzioni concordate con soggetti ai vertici dei vari livelli politico-istituzionali ed informativi”. Tutto questo ha consentito “la prosecuzione dell'attività produttiva ed inquinante senza il rispetto, anzi in totale spregio delle normative di settore”. Per Orlando, si è trattato “di un programma criminoso funzionale alla gestione dello stabilimento Ilva di Taranto, ed in particolare, dell’area a caldo e manutentiva, con la finalità di pervenire al conseguimento di massimi profitti a scapito delle oggettive criticità ambientali e di sicurezza dello stabilimento”. Per l’avvocato che rappresenta il Comune di Taranto come  parte civile, dall’istruttoria dibattimentale “la situazione dell’impianto siderurgico è risultata del tutto inadeguata rispetto agli standard richiesti dalle normative vigenti al momento della commissione dei reati, con risvolti drammatici per la popolazione ed i lavoratori. Per circa tredici anni - ha sottolineato Orlando -, Ilva ha operato in assenza dei presidi ambientali necessari”. Inoltre, ha aggiunto, “senza precedenti è risultata la campagna di abbattimento di migliaia di capi di bestiami e la distruzione di mitili per la presenza di sostanze cancerogene al loro interno, con evidenti gravi ricadute anche sul sistema economico del Comune e dei suoi cittadini”.  “Appare immediato - secondo il legale - il richiamo al danno di immagine per la città di Taranto, balzata con sinistra frequenza all'attenzione della opinione pubblica come territorio non solo contaminato, ma anche funestato da eventi lesivi in danno dei lavoratori, quale conseguenza della assoluta carenza dei presidi di sicurezza”. E per Orlando, “questa criminosa attività prolungata di sversamento ha determinato, nel corso degli anni, anche la contaminazione dello specchio acqueo del primo seno del Mar Piccolo di Taranto, cagionando l’avvelenamento da diossina, pcb e metalli pesanti di numerose tonnellate di mitili, distrutti per ragioni sanitarie”. L’avvocato Orlando ha infine fatto riferimento all’impatto delle polveri minerali e siderurgiche sul rione Tamburi di Taranto, vicino all’acciaieria, ed ha parlato di immobili che, “in diverse misura e consistenza economica, hanno subito un deprezzamento del valore commerciale o un danno da precoce ammaloramento dei materiali costruttivi in virtù di tali immissioni inquinanti. Rispetto all’ubicazione della fonte inquinante, la svalutazione commerciale degli immobili ricadenti nel quartiere Tamburi - ha evidenziato Orlando - assume un andamento via via decrescente man mano che ci si allontana dalla medesima”.

Confagricoltura chiede 10 milioni di indennità per i danni subiti

 

 Dieci milioni di euro per indennizzare “la lesione dell'immagine, del decoro, della struttura organizzativa e del patrimonio economico degli associati dell'Unione provinciale degli agricoltori di Taranto”: è questa la richiesta di Confagricoltura Taranto, Nello specifico Confagricoltura Taranto, attraverso l’avvocato Donato Salinari, ha chiesto al collegio giudicante di condannare gli imputati “al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile costituita”. 

Per l’avvocato Salinari che ha difeso Confagricoltura, “il danno ambientale prodotto ha leso il diritto alla salute, alla proprietà ed all'iniziativa economica degli agricoltori associati all'Unione provinciale agricoltori di Taranto”. L'associazione di categoria contesta “pervicaci condotte lesive dell'ambiente poste in essere dall'Ilva  e dagli imputati” e parla di “discredito” per Confagricoltura Taranto “derivante dal mancato raggiungimento dei fini istituzionali dell'associazione potendo indurre gli associati a privarla del loro sostegno personale e finanziario”.

    La richiesta di Confagricoltura Taranto - unica organizzazione di agricoltori ammessa come parte civile nel processo - è di 10 milioni di euro con una provvisionale di 2 milioni di euro. “Confagricoltura Taranto", precisa il presidente Luca Lazzàro, "è intervenuta nel processo 'Ambiente Svenduto' per tutelare i propri iscritti ma anche per affermare un principio: l’agroalimentare non è un settore secondario all’industria. Anzi, oggi è parte fondamentale del processo di riconversione dell’area economica tarantina. Nell’agricoltura, nella pesca e nel turismo c’è il futuro nostro e dei giovani del territorio ionico e questo è un principio che va affermato e sostenuto dalla politica e dal tessuto sociale”. 

 Il prefetto di Taranto, Demetrio Martino, ha convocato per oggi, alle 16.30, in modalità audio video, un vertice per discutere della situazione dei 130 addetti di Infrataras, società del Comune di Taranto, che da domani rischiano il licenziamento. Il loro contratto di lavoro a tempo determinato scade appunto domani. 

    Il prefetto, che è anche commissario di governo per la bonifica dell’area di Taranto, ha inoltrato le convocazioni a Regione Puglia, task force lavoro della stessa Regione Puglia, Comune e Provincia di Taranto, Infrataras e sindacati.

    I 130, già in forza a Taranto Isola Verde, società della Provincia di Taranto messa in liquidazione tempo fa, hanno lavorato per due anni in un progetto di bonifica leggera (chiamato 'Verde Amico') che ha riguardato alcune aree della città. Sono stati impiegati per un tempo complessivo di 24 mesi, alle dipendenze della società comunale Infrataras, che si occupa di lavori e manutenzioni, grazie a fondi (1,5  milioni di euro) messi a disposizione dall’ex commissaria di governo alla bonifica, Vera Corbelli.

 

Dopo le prime risorse, Corbelli ha individuato delle economie di spesa nei progetti affidati alla sua struttura e nei mesi scorsi anche la Regione Puglia ha messo a disposizione circa 700 mila euro per arrivare sino alla scadenza del 24 febbraio 2021 e compiere così l’intero progetto. Ora, però, i fondi sono finiti e non c’è altra possibilità.

    Nelle scorse settimane, dopo che erano già intervenuti sia il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sia il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, chiedendo la prosecuzione del progetto, il commissario Martino ha scritto al ministero dell’Ambiente sollecitando risorse. Ma dal ministero la risposta è stata negativa. Anzi, è stato ricordato al nuovo commissario che il dicastero dell’Ambiente aveva già evidenziato all’ex commissaria Corbelli come l’uso di fondi per l’impiego dei 130 non fosse consono con le finalità per la quale sono stati stanziati finanziamenti pubblici per la bonifica di Taranto.

    Nel vertice di oggi pomeriggio, che arriva dopo altri incontri, si cercheranno soluzioni alternative per evitare i 130 licenziamenti da domani. Tra le ipotesi, la possibilità di utilizzare parte del personale in lavori di bonifica che stanno interessando l’area portuale - al vertice di oggi invitato anche il presidente dell’Authority, Sergio Prete - compreso lo yard ex Belleli dove dovrà prossimamente insediarsi l’azienda di yacht Ferretti. Ma si pensa anche alla possibilità di collocare i lavoratori in progetti finanziati con una quota dei 30 milioni che Mise e commissari di Ilva in amministrazione straordinaria hanno assegnato ai Comuni dell’area di crisi ambientale di Taranto: oltre al capoluogo, sono Statte, Massafra, Crispiano e Montemesola. Sono fondi distribuiti in un triennio, 20 milioni su 30 sono per Taranto, e riguardano per ora progetti di carattere sociale. Risulterebbero  impegnati allo stato 7 milioni su 30. Infine, in attesa di concretizzare queste possibilità, si pensa nell’immediato anche all’uso della cassa integrazione Covid per non interrompere da domani il rapporto di lavoro dei 130 addetti e guadagnare così tempo in vista di nuove soluzioni. 

 È morto a Bari Franco Cassano, sociologo di 78 anni, da tempo malato. Professore ordinario di sociologia all'università di Bari, è stato tra i precursori del 'Nuovo meridionalismo' e tra i protagonisti della 'Primavera pugliese', fondatore e presidente dell'associazione di cittadinanza attiva 'Città plurale'. Nel 2013 fu eletto alla Camera dei deputati con il Partito democratico. Tra le sue opere più note 'Il pensiero meridiano' da cui è tratto il passaggio che vi proponiamo 

““(…) Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro, e invece correre è guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada. Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani.

Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.

Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall’estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andar dritti. Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze.

Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all’ombra. Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti.

Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.

Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito.

Il pensiero lento è la più antica

costruzione antisismica (…).”p

 “Con Luca Attanasio, ci sentivamo sempre per le feste, per gli auguri. L’ultima volta che l’ho sentito è stata a Natale per messaggio, ci siamo scambiati gli auguri. Nelle sue vene scorre sangue tarantino”. Valeria Todaro, dipendente dell’Autorità portuale di Taranto, cugina diretta di Attanasio, racconta ad AGI un particolare dell’ambasciatore italiano ucciso ieri in Congo, in un agguato, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci, addetto alla sua scorta, e al loro autista, Mustapha Milambo. “Non ho mai detto niente di questo, né la mia famiglia ha mai detto nulla, perché il nostro verso Luca è stato un orgoglio silenzioso. Lui stava facendo il suo percorso, la sua professione, ma ora voglio che si sappia che in lui c’è un pezzo non piccolo, non irrilevante, di Taranto e quando poteva, Luca veniva qui per un bagno nel nostro mare”. 

 

“I nonni di Luca, lui Antonio Attanasio, lei Carmela Leggieri, sono tarantini ma anni fa", prosegue Todaro, "sono emigrati al Nord perché qui non c’era lavoro. Il papà di Luca, Salvatore Attanasio, è tarantino. Si è diplomato all’istituto tecnico Righi, a Taranto, e poi è andato a Milano per iscriversi ad Ingegneria e laurearsi. Lì si è anche sposato e Luca è nato a Limbiate. Ma Taranto non era per niente estranea a Luca”.

     “Ho saputo della morte di Luca ieri mattina attraverso Internet, mi ha chiamato uno di famiglia e mi ha detto: 'Valeria, ma cosa è successo, sta girando questa notizia!'", spiega Todaro. "Il padre non sapeva ancora nulla, in quel momento, della morte del figlio. Ho provato a chiamarlo ma non sta rispondendo a nessuno. Ho chiamato allora un fratello del padre, un altro mio cugino, e mi ha detto che Salvatore sta a pezzi”.

    “L’ultima volta che l’ho visto è stato tre anni fa, quando sono andata a Casablanca e Luca allora era console generale", ricorda la cugina. "Pur essendo nato a Saronno e vissuto a Limbiate, Luca, quelle volte che poteva, veniva qui, a Taranto. È stato ospite a casa nostra. I nonni di Luca erano tarantini veraci”. 

"E' come se vent'anni di affrancamento dalla lingua assurda di Lino Banfi, contro la quale abbiamo combattuto con ogni nostra forza grazie all'insegnamento di Sergio Rubini, fossero spazzati via per relegarci nuovamente nel ghetto del Sud ancestrale, immobile, arcaico, dove si parla una lingua strascicata e succedono cose da buoni selvaggi divertenti": è il commento di Silvio Maselli - ex assessore alla Cultura del Comune di Bari ed ex presidente di Apulia film commission - dopo la prima puntata di "Lolita Lobosco", fiction di Rai 1 ambientata a Bari e tratta dai romanzi di Gabriella Genisi. La messa in onda della serie ha suscitato un mare di reazioni sui social, dove si sono svolti accesi dibattiti tra sostenitori e critici della fiction. Uno degli aspetti che maggiormente è stato criticato è il linguaggio utilizzato dagli attori, con forzature che non sono piaciute a molti baresi. Il sindaco di Bari (e presidente Anci) Antonio Decaro ha invece apprezzato la resa scenica della sua città: "Anche io, insieme a tanti milioni di italiani, stasera sto guardando su Rai1 le immagini della nostra città nella fiction "Le indagini di Lolita Lobosco". E sono orgoglioso. Bari è bellissima anche in tv" ha scritto ieri sera su facebook. Soddisfazione per la riuscita della prima puntata è stata espressa anche dall'autrice dei romanzi da cui è tratta la serie, Gabriella Genisi: "Otre sette milioni e mezzo di telespettatori e il 31.77 di shareGrazie a tutti, è un successo straordinario. Si è aperto anche un interessante dibattito sulla lingua".

 In provincia di Taranto, per quanto riguarda la diffusione del Covid, se nella prima fase si registrava “tra i contagiati una prevalenza degli uomini sulle donne (54,8% contro 45,2%), nella seconda fase si evidenzia un’inversione di rotta, con una prevalenza delle donne sugli uomini (52,9% contro 47,1%)”. Lo ha detto oggi Asl Taranto presentando con la direzione generale un rapporto ai sindacati Cgil, Cisl e Uil (confederazioni e federazioni di categoria) che avevano sollecitato un incontro per in punto di situazione.

 

Asl ha inoltre spiegato che “il confronto della distribuzione dei casi positivi per età, indica un abbassamento dell’età mediana che passa dai 57 anni della prima fase ai 48 anni della seconda fase”. Per Asl, “si tratta di un dato che, nonostante sia in linea con la media nazionale e regionale, non va sottovalutato, soprattutto dal punto di vista della prevenzione, che deve riguardare tutta la popolazione, in quanto nessuna fascia può considerarsi esente dal contagio”. Nel rapporto illustrato oggi si analizzano anche “i dati relativi all’aumento dei contagi che ha interessato l’intera regione sino alla data del 21 febbraio 2021, evidenziando che il tasso del numero dei casi confermati ogni 10.000 abitanti, colloca la provincia di Taranto sotto le province di Foggia, Bari e Bat e prima della province di Brindisi e Lecce, che presentano il minor numero di casi”. Asl Taranto ha inoltre fatto il punto anche sulla “gestione delle prestazioni sanitarie”  e sulle “misure adottate durante la pandemia” in relazione a liste di attesa e centro unico prenotazioni (cup). “Dopo una prima fase di blocco delle prestazioni, queste - ha detto Asl ai sindacati - sono state pian piano riattivate, dando la precedenza alle prenotazioni con codici di priorità U (urgenti entro 72 ore) e B (breve entro 10 giorni), seguite poi dagli altri codici di priorità D (differibili entro 30 giorni per le visite e 60 giorni per gli accertamenti specialistici) e P (programmabili entro 120 giorni)”. “Per rispondere tempestivamente alle richieste di prestazioni ambulatoriali, screening e di ricovero ospedaliero non erogate durante l’emergenza epidemiologica e ridurre le liste d’attesa, sono state predisposte varie misure, tra cui il piano aziendale recupero liste di attesa” ha detto infine Asl ai sindacati.

I teatri comunali di Taranto e Massafra hanno aderito all'iniziativa FACCIAMO LUCE SUL TEATRO, lanciata da UNITA - Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo. Ieri sera, dalle ore 19.30 alle 21.30, il Fusco e il Nicola Resta hanno riaperto simbolicamente le porte e acceso le loro luci per dare un segnale, affinché si torni a parlare di Teatro e di spettacolo dal vivo.  A Taranto era presente anche l’attore Ettore Bassi. 

 “Legambiente si associa integralmente alle richieste della Procura di Taranto”. Lo hanno detto oggi gli avvocati dell’associazione, Eligio Curci e Ludovica Coda, intervenendo in Corte d’Assise a Taranto per il processo “Ambiente Svenduto” relativo ai reati di disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, contestati all’Ilva gestita dal gruppo industriale Riva. Dopo la lunga requisitoria dei quattro pubblici ministeri (Mariano Buccoliero, Remo Epifani, Giovanna Cannarile e Raffaele Graziano), conclusasi con pesanti richieste di condanna, nel processo, che vede 47 imputati, da questa mattina, alla ripresa delle udienze, è la volta degli avvocati delle parti civili. E Legambiente si è costituita.

 

 Per i due avvocati, vi è stata “una politica aziendale spregiudicata, “volutamente” tollerante e pienamente consapevole del mancato rispetto della normativa ambientale”. Le società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici, hanno aggiunto, “si sono rese responsabili in proprio e direttamente nei confronti del territorio tarantino, letteralmente avvelenato dai miasmi dello stabilimento. Tale atteggiamento sociale - hanno dichiarato i due avvocati - ha comportato inquantificabili risparmi economici per le società e un vantaggio patrimoniale ingentissimo, come inquantificabili sono le dirette conseguenze negative sulla fauna e sulla flora locali”. I due avvocati hanno rammentato che l’11 settembre del 2001 “divenne di dominio pubblico l’inchiesta della Procura di Taranto sullo stabilimento siderurgico Ilva allora gestito dalla famiglia Riva e fu eseguito il sequestro preventivo delle batterie 3-6 del reparto cokerie”. I due legali hanno poi sottolineato come  "Legambiente sia sempre stata da una sola parte: quella dei tarantini, del loro ambiente, della loro città.

 

L'associazione, già nel 2010 in occasione della prima Autorizzazione integrata ambientale del 2011 e poi ancora nella primavera del 2012, suggerì 26 punti irrinunciabili - hanno rammentato oggi i legali davanti al collegio giudicante presieduto da Stefania D’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini - per la revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale all’Ilva, formalmente riaperta dopo gli esiti delle perizie disposte dalla Magistratura sulle emissioni inquinanti, proponendo misure rigide, chiare ed urgenti". “Le principali misure indicate allora da Legambiente,in larga parte ancora non sono state attuate - hanno sostenuto gli avvocati dell’associazione -. Perché, come ha ampiamente sostenuto la pubblica accusa nel corso della requisitoria, c'è un punto importante che caratterizza il comportamento degli imputati e, più in generale, quello di tutti coloro i quali hanno svolto un ruolo nella vicenda Ilva, ovvero l'intensità del dolo o piena consapevolezza di quello che ci voleva per evitare il disastro ambientale e di quello che invece non è stato fatto" hann dichiarato i legali Eligio Curci e Ludovica Coda. Legambiente ha rinnovato la sua costituzione di parte civile nei confronti delle società Ilva in amministrazione straordinaria, Riva Fire e Riva Forni Elettrici.

 “Suor Vittoria di nome e di fatto. Per noi rappresenta un momento importante, stiamo scrivendo un pezzo di storia e lo abbiamo scritto con un nome che rappresenta tantissimo per noi”. Lo ha detto il direttore generale dell' Asl Bt, Alessandro Delle Donne, dopo la prima vaccinazione domiciliare effettuata all'interno del convento delle Suore Betlemite di Andria (Bt). Suor Vittoria, 87 anni, “non poteva spostarsi dal proprio domicilio e l'abbiamo raggiunta noi – ha detto ancora Delle Donne - È stata molto contenta, emozionatissima anche lei e ha riconosciuto e ringraziato gli operatori sanitari per il sacrificio che stanno portando avanti con una organizzazione che ha stravolto le nostre vite, la nostra azienda e la nostra offerta assistenziale”.

    Suor Vittoria ha sorriso e dietro la mascherina “aveva uno sguardo contento e più sereno”. Le vaccinazioni per tutti gli over 80, partirà proprio da Andria presso la sede del Dipartimento di prevenzione. (foto ANSA)

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