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Giornale di Taranto - Giornalista1

Fonti vicine ad ArcelorMittal hanno comunicato stasera che non viene licenziato il secondo dipendente del siderurgico di Taranto sospeso dal lavoro in via cautelare per aver condiviso, al pari di collega, un post su Facebook che nell'invitare a vedere la fiction di Canale 5 “Svegliati amore mio” aveva anche espresso valutazioni che la stessa ArcelorMittal ha reputato offensive sia dell’immagine aziendale che dei dirigenti della società. Il dipendente in questione non sarà interessato da nessun’altra sanzione tranne - si afferma - “i giorni di sospensione che ha già scontato” subito dopo la notifica del provvedimento disciplinare la scorsa settimana.

   “Il dipendente  non avrà nessun altro tipo di impatto - precisano le fonti ArcelorMittal - e questo alla luce del fatto che si è scusato ed ha ritrattato quanto aveva detto verso l’azienda con un post su fb”. L’altro dipendente è stato invece licenziato oggi stesso dall'azienda, dopo aver attivato l'iniziale provvedimento di sospensione. 

E’ ampio il consenso della base per l'iniziativa di protesta di Confartigianato Benessere Taranto volta alla riapertura delle attività di estetica e acconciatura.

Il fallimento della politica delle chiusure è davanti agli occhi di tutti, è inaudito che i primi a dover chiudere e gli ultimi a riaprire siano sempre estetiste e parrucchieri. Ad oggi non ci sono certezze sulla riapertura, non si sa nulla di eventuali ristori, mentre si assiste impotenti al dilagare dell’abusivismo nelle abitazioni private e non solo; un fatto gravissimo che rischia di mettere in serio pericolo migliaia di persone, senza considerare l’escalation incontrollata dell’evasione fiscale, e lo sgretolamento della fidelizzazione della clientela.

E’ forte e determinata la posizione degli operatori del benessere di Confartigianato, la preoccupazione è tanta, e con la manifestazione di  domani alle ore 10:00 davanti la Prefettura di Taranto in Via Anfiteatro, la categoria ritorna in piazza e si rivolgerà direttamente al Presidente del Consiglio ed al Governo tutto, per il tramite del suo rappresentante sul territorio,  il   Prefetto, ed alle istituzioni di ogni livello, per chiedere la riapertura immediata delle attività, lo stralcio completo della tassazione per gli anni 2020-2021,  l’abbassamento dell’Iva e lo stop al pagamento degli arretrati fiscali. Inoltre servono nuove regole di accesso al credito, quelle attuali sono pensate per un mondo ‘normale’, ma adesso la situazione è totalmente cambiata. Queste azioni, oltre ai ristori, ad oggi sono le uniche che possono tenere a galla il settore. Tantissime aziende si trovano già alla canna del gas: è il momento che il Governo risponda con forza a questo grido di dolore o sarà un vero e proprio disastro economico.

La prolungata chiusura in zona rossa di parrucchieri, barbieri, centri estetici e tatuatori sta mettendo davvero in ginocchio un settore che invece aveva risposto con prontezza e ottimi livelli di sicurezza alla precedente possibilità di apertura degli esercizi in caso di rosso. Per questo Confartigianato chiede alle Istituzioni locali e nazionali di intervenire per una reale, immediata, politica di ristori che al momento è assolutamente insufficiente. Nei giorni scorsi l’Associazione tarantina ha scritto direttamente a tutti i parlamentari eletti nel territorio, ha interloquito con il Presidente della Regione Puglia, ha smosso il mondo della politica locale, ma non si è visto alcun risultato.

Desolante, ma non ci fermiamo -  dicono gli operatori -, sappiamo di avere ragione da vendere, di avere le carte in regola e per questo pretendiamo rispetto, perché la nostra gente è allo stremo. Non si deve lasciare indietro nessuno. Serve quindi con estrema urgenza lo stanziamento ed il pronto invio alle imprese, di ristori realmente adeguati a compensare le perdite subite in questo periodo, sia dal punto di vista della quantità delle risorse messe in campo, sia della commisurazione reale ai cali di fatturato: le imprese hanno bisogno prima di tutto di certezze, di chiarezza e di sostegni che consentano non solo di mantenere in vita le proprie attività in attesa della fine di questa drammatica crisi ma anche alle famiglie degli imprenditori ed a quelle dei loro collaboratori di “poter campare” dignitosamente.

Da non dimenticare poi, aggiunge Confartigianato, che le chiusure purtroppo favoriscono gli abusivi, che si recano presso le abitazioni e il rischio di contagio aumenta. Nelle attività regolari invece si seguono i protocolli e si tracciano i clienti. Mentre molte attività commerciali restano aperte con palesi situazioni di assembramento, non si comprende perché quelle del benessere, che osservano rigidi protocolli sanitari e che  ricevono esclusivamente per appuntamento, debbano invece rimanere chiuse.

Ed infine il paradosso sottolineato dagli operatori di Confartigianato:  caro Governo,  se ad aprile stiamo ancora in zona rossa e le nostre attività sono chiuse da settimane,  è evidente che sono state chiuse le attività sbagliate.

Inoltre, anche quest’anno la categoria soffrirà della mancanza di eventi e cerimonie che rappresentano una grossa fetta di fatturato per le imprese del settore: il settore è dentro un tunnel e non si vede la fine. Quello che accadrà alla riapertura è un’incognita, ancora non è chiaro quante aziende saranno in grado di reggere, il rischio di chiusure è concreto.

Questo blocco, poi, penalizza soprattutto l’imprenditoria femminile, le donne impegnate nel settore che sfiorano l’ 80% degli addetti, sulle quali già gravano molte conseguenze della pandemia come la cura dei familiari anziani o malati e dei figli.

Non si perda quindi altro tempo prezioso, le bollette arrivano, i fitti da pagare e gli sfratti pure.

La chiusura delle attività regolari, proprio in considerazione della particolare situazione emergenziale che vede un aumento costante dei contagi dovuti alla maggiore virulenza delle varianti del covid va, ad avviso di Confartigianato, nella direzione opposta a quella auspicata dal Governo, andando ad amplificare il rischio piuttosto che contenerlo.

Si deve riaprire.

Oggi in Puglia, a fronte di  14.895 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus,  sono stati registrati 1.974 casi positivi: 809 in provincia di Bari, 194 in provincia di Brindisi, 249 nella provincia BAT, 198 in provincia di Foggia, 197 in provincia di Lecce, 323 in provincia di Taranto, 4 casi di provincia di residenza non nota. Sono stati inoltre registrati 51 decessi: 14 in provincia di Bari, 4 in provincia di Brindisi, 3 in provincia BAT, 5 in provincia di Foggia, 13 in provincia di Lecce, 12 in provincia di Taranto. Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.963.363 test,  149.726 sono i pazienti guariti e 50.755 sono i casi attualmente positivi. 

“Questa mattina uno dei lavoratori coinvolti nella vicenda che ha vergognosamente richiamato l’attenzione nazionale, è stato destinatario di lettera di licenziamento. - è quanto si legge in una nota a firma di Franco Rizzo Coordinatore Usb Taranto -

Così come aveva preannunciato, Arcelor Mittal licenzia per quella che ritiene essere una  “giusta causa”, uno dei dipendenti che pochi giorni fa ha condiviso sul social lo screenshot con invito a vedere la fiction”Svegliati Amore Mio”.

Non è altro che un gravissimo attacco alla democrazia ed in particolare alla libertà di espressione e opinione .

Questo è l’ennesimo schiaffo, come se non bastasse quanto fatto in precedenza, a tutta la comunità jonica che al danno, aggiunge la beffa. Lavoro precario  e in condizioni di assoluta mancanza di sicurezza, emissioni inquinanti pericolose per la salute umana, impianti fatiscenti e pericolosi, relazioni con i sindacati e istituzioni ridotte a zero, situazione disastrosa per quel che riguarda le aziende dell’appalto, Cigs a pioggia.

AMI rappresentata dalla AD Morselli, continua a tessere la ragnatela del terrore.

Stigmatizziamo tutto questo e preannunciamo una durissima mobilitazione (forme e tempi verranno comunicati nelle prossime ore), mirati a chiedere unicamente che questa multinazionale, il suo AD e i suoi discepoli vengano immediatamente cacciati da Taranto.“

 

 Chi ha già effettuato la prima dose del vaccino Astrazeneca riceverà la seconda dose della stessa tipologia: è questo l’orientamento della Regione Puglia anche dopo che l’Ema ha indicato come sia preferibile che quel tipo di vaccino venga inoculato a over60. Per il momento sembra confermato che forze dell’ordine, insegnanti e caregiver - che sono stati vaccinati con Astrazeneca - riceveranno la seconda dose. Contestualmente sarà avviato l’utilizzo per persone con età superiore ai 60 anni. L’obiettivo delle Asl pugliesi per questa settimana è completare la vaccinazione degli over80 e dei pazienti oncologici mentre restano ancora privi di copertura molti altri pazienti fragili. Non è un caso che 25 associazioni che riuniscono persone affette da malattie rare abbiano scritto alla Federazione Medici Medicina Generale Puglia, alla Societa Italiana Pediatria Puglia  e alla Federazione Italiana Medici pediatri “per sapere quanti pazienti fra malati rari e ad alta complessità di cura e loro caregivers iscritti negli elenchi dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri  di Libera Scelta della Regione Puglia, risultano ad oggi vaccinati”. 

 

La loro vaccinazione sarebbe dovuta partire il 29 marzo ma, allo stato, molti non hanno ricevuto alcuna notizia. Nello scorso week end invece, sono stati vaccinati 13mila caregiver con il vaccino Astrazeneca, anche se numerose sono le illegittimità segnalate al Nirs (Nucleo ispettivo sanitario regionale).

    La somministrazione è stata effettuata nei confronti di tutti coloro che si sono dichiarati accompagnatori di persone con disabilità, anche se non conviventi. In Puglia al momento sono state consegnate 970.745 dosi e ne sono state inoculate 686.613, ovvero il 70,7% del previsto. Per questo il governatore Michele Emiliano si è appellato ai medici di medicina generale, di recente coinvolti nella campagna, affinché tirino fuori tutte le dosi dai frigoriferi. Emiliano ha anche evidenziato le difficoltà a superare le reticenze della popolazione rispetto al vaccino Astrazeneca.

    Attualmente in Puglia la percentuale di rifiuto, per quella specifica tipologia, si attesta attorno al 40%. 

 

"Quello che importa è non tenere le dosi in frigorifero, bisogna usarle tutte. Mi raccomando, svuotate i frigoriferi e vaccinate tutti, con la priorità naturalmente per i fragili". Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante tre incontri in videoconferenza con oltre 300 medici di medicina generale della Bat, Lecce e Brindisi. Il presidente ha detto ai professionisti che "per accelerare la campagna vaccinale serve il contributo fondamentale, diagnostico e di vicinanza, dei medici di base che meglio di noi riconoscono le fragilità dei propri assistiti. Serve uno sforzo intenso anche per le vaccinazioni a domicilio dove le aspettative devono essere assolutamente soddisfatte". Questo è il momento in cui bisogna essere "in sintonia, per saldare il sistema della medicina territoriale. Occorre azzerare le distanze con le Asl e aggiustare giorno per giorno tutto ciò che ci impedisce di dare risposte ai nostri concittadini – ha concluso Emiliano - è chiaro che siamo in una fase nella quale dobbiamo programmare tutto, ma valgono le regole della battaglia. Cioè chi ha più energia va sostenuto dalla Asl e va messo in condizione di fare più del previsto". 

 

 

"Vaccinate il più possibile, vaccinate tutti e sburocratizzate la vaccinazione, nel senso che siete voi i medici quindi vaccinate chi ritenete ne abbia più bisogno. È un invito che voglio fare ai medici perché, ripeto, ogni vaccino salva una vita". Ha ribadito l’assessore regionale alla Sanità, Pier Luigi Lopalco. “Il vostro è un apporto fondamentale nella campagna vaccinale che purtroppo ha avuto un collo di bottiglia, rappresentato dalla mancanza di vaccini, in particolare il Moderna, tenendo conto – ha specificato l’assessore – che i Mmg possono richiedere e utilizzare anche Astrazeneca o Pfizer. Questa possibilità di richiedere vaccini differenti sarà facilitato molto, attraverso Edotto, dalle modalità di distribuzione affidate alle farmacie di prossimità. Inoltre i medici di medicina generale – ha concluso Lopalco - possono considerare anche l'ipotesi di utilizzare, anziché i propri studi professionali, i diversi hub disponibili sul territorio, previa prenotazione".

 Cedere a Cassa Depositi e Prestiti i crediti che le imprese dell’indotto-appalto siderurgico avanzano nei confronti di ArcelorMittal relativi a lavori eseguiti e non pagati e fatture scadute. È la proposta che Confindustria Puglia e Confindustria Taranto hanno lanciato oggi pomeriggio nella video call col ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Lo riferisce all'AGI Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia. “Giorgetti - dichiara Fontana - ha confermato che lo Stato metterà, attraverso Invitalia, i 400 milioni nel capitale di ArcelorMittal acquisendo così il 50 per cento della governance aziendale. Lo Stato, ci ha assicurato il ministro - prosegue Fontana -, sarà  molto attento al rispetto delle regole, della tutela dell’ambiente e della continuità operativa dell’indotto”. “Per quanto ci riguarda - spiega Fontana - abbiamo avanzato al ministro la proposta di far intervenire Cassa Depositi e Prestiti per cedergli i nostri crediti verso l’ex Ilva. Sarebbe una cessione anche in modo oneroso, come una operazione bancaria”. “Al ministro - afferma Fontana - non abbiamo indicato percentuali ma in riunioni al nostro interno di è parlato di un possibile 5 per cento. Teniamo conto che quelli che vanta l’indotto appalto sono crediti certi”.

 

“Facendo una operazione bancaria - rileva il presidente di Confindustria Puglia -, Cdp sarebbe creditrice verso ArcelorMittal e nel frattempo sarebbe la stessa Cdp a  pagarci. Noi, una volta incassate queste risorse, ci siamo impegnati a non distribuire dividendi, ma a pagare fornitori, a saldare i debiti verso lo Stato, in definitiva a rimettere in bonis le nostre imprese, oggi in sofferenza finanziaria”. Per il presidente Fontana, “il ministro dello Sviluppo economico ha valutato con molto interesse la proposta sui crediti che gli abbiamo avanzato”. “Giorgetti - aggiunge Fontana - ci ha detto che come Governo vogliono andare avanti e onorare gli impegni. Come Governo, inoltre, guarderanno anche le decisioni della Magistratura, visto che per metà maggio è atteso un giudizio del Consiglio di Stato, ma manterranno la scelta di entrare nella compagine societaria di ArcelorMittal”. Fontana dice ad AGI che il ministro “non ha indicato date in proposito, ma credo che sia ormai ad horas da quello che è emerso oggi”. “Ho fatto presente al ministro - rileva ancora Fontana - che ArcelorMittal, l’ex Ilva, non è solo un problema di Taranto o della Puglia ma è un problema nazionale perchè in Italia c’è una grande componente manifatturiera che lavora e trasforma acciaio. Io stesso che sono imprenditore del farmaceutico - aggiunge Fontana - ho bisogno dell’acciaio. Si tratta quindi di una produzione fondamentale e l’Italia certo non può dipendere da altri. Serve una politica economica e industriale. Serve una politica dell’acciaio. Giorgetti è su questa linea, ha ben presente l’importanza strategica dell’acciaio, ed ha annunciato un piano nazionale dell’acciaio”. “Il ministro Giorgetti - conclude il numero 1 di Confindustria Puglia - oggi ha manifestato grande competenza e conoscenza. Avevamo chiesto noi come Confindustria quest’incontro, ma il ministro ha voluto aprirlo anche a Confapi e Confartigianato per avere così un confronto ampio con tutte le categorie dell’indotto-appalto siderurgico”. Oltre a Fontana, per Confindustria erano presenti alla video call diversi imprenditori di Taranto, col rappresentante di Confindustria Taranto, Piero Chirulli, e il presidente della sezione metalmeccanica, Antonio Lenoci. 

La cessione a Cdp dei crediti maturati dall’indotto appalto di ArcelorMittal verso quest’ultima in qualità di committente lavori e forniture, costituisce “una proposta condivisa in grado di poter supportare le imprese della filiera operante sul territorio nazionale sul piano della carenza delle liquidità”. ha sottolineato Confindustria Taranto dopo la video call di oggi pomeriggio col ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, presenti anche Confapi e Confartigianato. Spiegando la proposta avanzata al ministro, Confindustria Taranto dichiara che “si tratta della cessione, a titolo oneroso, dei crediti non riscossi ad una società indicata dallo Stato, in modo tale da far ottenere alle aziende interessate la liquidità necessaria per il pagamento esclusivo di dipendenti, fornitori, imposte e contributi, (rinunciando pertanto ad altri usi, fra cui la distribuzione dei dividendi), in attesa che il gestore dello stabilimento possa risolvere i problemi causa dei ritardi dei pagamenti”. Per Confindustria Taranto, questa è “una proposta che il ministro Giorgetti, dopo una panoramica sui principali aspetti attinenti al mercato dell’acciaio e le criticità circa l’attuale situazione dello stabilimento tarantino, si è impegnato a valutare sulla scorta dell’ammontare degli stessi crediti (che attualmente si attestano intorno ai 30 milioni di euro) e dei requisiti che gli stessi presentano per poter essere factorizzati”. “Il ministro - specifica Confindustria Taranto - ha inoltre comunicato ai presenti - rileva Confindustria Taranto - che a breve i previsti 400 milioni che Invitalia verserà in vista dell’ingresso come azionista al 50% potrebbero servire, come è auspicabile, per un possibile anche se parziale ristoro della platea dei fornitori”. Per Confindustria Taranto, “il ministro ha poi ribadito l’importanza dell’acciaio italiano “con il cuore a Taranto” “ definendolo altresí “un punto strategico della nostra economia che merita di essere affrontato “ a tutto tondo” sia per gli aspetti industriali sia ambientali”. Giorgetti, aggiunge Confindustria Taranto, “si è detto disponibile a proseguire, attraverso l’interlocuzione già avviata con i presenti, il monitoraggio costante della questione inerente all’indotto e a tutte le ripercussioni che la vicenda assume sul territorio jonico e più in generale sull’economia nazionale”. Piero Chirulli, rappresentante di Confindustria Taranto, così infine commenta: “Confidiamo nell’impegno del ministro Giorgetti a prendere in esame la nostra proposta relativa alla cessione dei crediti. Allo stesso tempo - conclude Chirulli - accogliamo con favore la sua disponibilità a confrontarsi per fare piena luce sugli aspetti, industriali e ambientali, che attengono al delicato momento che vive la siderurgia a Taranto e a livello nazionale”. 

Pronti alle denunce penali se “nei prossimi giorni dovesse verificarsi un’ulteriore riduzione dei livelli essenziali di assistenza nelle Terapie intensive regionali”: così i sindacati della dirigenza medica pugliese chiedono alla Regione Puglia una serie di correttivi nella gestione dell’emergenza Covid e, soprattutto, del piano ospedaliero, nella convinzione che sia necessario trovare anestesisti rianimatori che vadano a supporto di quelli attualmente in servizio e impegnati in super lavoro, alla luce dell'aumento dei posti letto in Rianimazione. Il documento è firmato da Anaao Assomed, Aaroi Emac, Cimo, Fassid, Fed Med Cisl, Fp Cgil Medici, Fmv, Fesmed, Uil Fpl Medici e indirizzato anche al ministero della Salute e alla Protezione civile nazionale, ai quali viene chiesto di “farsi carico della sempre più grave situazione assistenziale pugliese” e affiancare la Regione “nel reclutamento di personale specializzato o, in secondo ordine, specializzando in anestesia e rianimazione, anche da altre regioni o dall’estero”. Per i sindacati, “la Puglia è maglia nera nella lotta al Covid: i contagi non diminuiscono, la vaccinazione di massa arranca, il contact tracing è da tempo saltato e, soprattutto, aumentano in maniera esponenziale i ricoveri in Terapia intensiva ben oltre la media nazionale, con un numero sempre crescente di decessi”.

Oggi in Puglia, a fronte di 15.730 test Covid, sono stati registrati 1.255 casi positivi: 400 in provincia di Bari, 157 in provincia di Brindisi, 119 nella provincia BAT, 57 in provincia di Foggia, 193 in provincia di Lecce, 323 in provincia di Taranto, 4 casi di residenti fuori regione, 2 casi di provincia di residenza non nota. Sono stati inoltre  registrati 43 decessi: 18 in provincia di Bari, 2 in provincia di Brindisi, 3 in provincia Bat, 11 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce, 7 in provincia di Taranto. Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.948.468 test, 147.829 sono i pazienti guariti e 50.729 sono i casi attualmente positivi. 

 Oggi in Puglia la campanella è tornata a suonare per tutti i piccoli della scuola primaria e della prima media, le cui famiglie hanno deciso di far tornare i propri figli in presenza. “Un numero molto grezzo parla del 60% degli studenti tornati in aula – ha confermato Roberto Romito, presidente dell’associazione nazionale presidi Puglia, raggiunto al telefono -, ma si torna ad aprire con le stesse condizioni di prima, quelle che c'erano anche a settembre, e con i genitori ancora una volta lasciati alla decisione (tra presenza e distanza) come se stessero tirando una monetina”. Infatti, l’ordinanza del presidente Michele Emiliano, consente da oggi e fino al 30 aprile, di poter scegliere tra didattica a distanza o in presenza, grazie ad una deroga del decreto legge del governo del 1 aprile, che consente la ddi “solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio elevato di diffusione di virus o di sue varianti nella popolazione scolastica”. 

    Sui siti internet di diverse scuole pugliesi sono stati a disposizione dei genitori moduli da compilare, alcuni dei quali hanno “suggerito” di scegliere la distanza ancora per qualche giorno, in modo da “predisporre l'organizzazione didattica”, o comunque si confida “nel senso di responsabilità e consapevolezza dei genitori, all'indomani del periodo di festività appena trascorso”. 

 

“Il virus lo si può prendere ovunque – dice una mamma, dopo aver accompagnato il proprio figlio in una scuola nel Barese -. I bambini, poi, soprattutto in prima elementare devono essere in presenza. Accetto il rischio e almeno evito di vedere il bambino a casa, dove si sta incupendo e non socializza”.

    “Emiliano – dice un'altra mamma – ha fatto aumentare in noi la paura, creando disparità sia nell'apprendimento che tra i genitori, che spesso litigano aspramente”. E conclude: “Se la scuola dev'essere chiusa, deve essere chiuso tutto”.     Un'altra mamma, sul gruppo facebook “Genitori pugliesi favorevoli alla Dad” scrive: “Sono l'unica a scegliere la dad, ma a pensare di fare un torto alla bambina? Lei è in prima elementare, la classe che forse più di tutte avrebbe bisogno della presenza e io la tengo a casa, ogni volta è una pugnalata”.  Diversa l’opinione della signora Francesca che scrive quanto sia “confortante sapere che ci sono quasi 6.000 mila persone favorevoli alla Dad: è bello non sentirsi fuori dal coro”.

    “Abbiamo il 54,6% dei bambini a scuola, perché i genitori hanno scelto, nonostante le problematiche legate al covid, di mandare i figli in aula – ha detto Carmela Rossiello, dirigente di un istituto a Bitonto (Ba) -: noi eravamo pronti ad accoglierli, perché sono state messe in atto tutte le norme anticontagio”. E sull’ordinanza giunta il giorno di Pasqua aggiunge: “Ormai ci siamo abituati a queste ordinanze che vengono fuori il sabato, la domenica, ormai non c'è più disconnessione con il nostro lavoro – ha detto Rossiello -. Peccato che non si riesce a comprendere che nelle scuole ci sono ancora grandi difficoltà di connessione”. 

 

 A fare eco anche i sindacati della scuola Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal e Fgu: “Avevamo sperato che fosse finito il ricorso massivo alle ordinanze regionali e che il nuovo governo ripristinasse una gestione unitaria del sistema dell'istruzione nazionale riaffermandone il valore Costituzionale”, scrivono in una nota. Il presidente Emiliano “se ricorrevano i casi di ‘eccezionale e straordinaria necessità’ avrebbe dovuto assumere una decisione politica introducendo ulteriori limiti alla frequenza scolastica piuttosto che scaricare, ancora una volta sulle famiglie, la responsabilità di definire la tipologia di deroga da effettuare. Anche perché ricade sotto la diretta responsabilità della Regione la tutela della salute e della sicurezza non solo di alunne, alunni e delle loro famiglie ma, anche, di tutto il personale scolastico”. Nel frattempo, “non sono stati ancora attivati i presidi sanitari presso le scuole già deliberati il 2 febbraio scorso (i Toss, ndr) – aggiungono i sindacalisti -, si delega la salute degli studenti ai loro genitori consultandoli direttamente sulle piattaforme social e si contrappone il diritto alla salute al diritto all’istruzione”. E concludono: “A questo punto ognuno deve fare la propria parte a cominciare dal governo, cui spetta la responsabilità di intervenire affinché l’ordinanza regionale venga riportata nella cornice normativa predisposta dallo stesso decreto legge n. 44/2021 e di dare indicazioni chiare per realizzare un sistema di monitoraggio e tracciamento nazionale. Dal canto suo il sindacato vigilerà per garantire, con ogni mezzo a disposizione, il rispetto delle norme e il lavoro di tutto il personale scolastico”. 

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