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Giornale di Taranto - Giornalista1

Proteste nel mondo della Scuola per il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri.

Un coordinamento di oltre 33mila docenti di ruolo e precari si stanno esprimendo (oltre ogni sigla sindacale e partitica) contro il testo del documento  ritenendo " pericolosi i meccanismi che si vorrebbero introdurre".

Ecco il testo del documento elaborato dal coordinemtno dei docenti:

• Si vuole modificare la statuto giuridico dei docenti, precari e di ruolo, violando la Costituzione e azzerando i diritti acquisiti di tutti i docenti.

• Si attivano meccanismi favorevoli alla delazione e alla corruzione, conferendo ai dirigenti scolastici il potere di scelta dei docenti.

• Introduce un albo regionale di docenti precari e di ruolo perdenti posto che ha il chiaro significato di una lista di proscrizione, in quanto i dirigenti scolastici dovranno scegliere da questa lista la “loro” squadra.

• Il resto del documento è in ritardo sulla scuola reale.

• Iniqui i finanziamenti e male allocate le risorse.

•          Intoccabile, contro ogni proposta, l’orario, già pesante, di lavoro frontale e personale.

•          Indispensabile l’adeguamento stipendiale degli insegnanti italiani alle medie europee.

 

I docenti si sono espressi anche a favore di una diffida preventiva nei confronti del Governo e nel questionario di Orizzonte Scuola hanno espresso un deciso no No alla scelta dei docenti da parte dei presidi.

 

 

 

“Non si diventa terroni (o... terronen) per latitudine, ma ogni volta che si nega la parità fra cittadini di uno stesso Stato (o fra paesi dell’Unione Europea). È la volontà che fa le differenze”.

Di questo e molto altro ha parlato il giornalista scrittore Pino Aprile durante un interessante incontro tenuto nell'Istituto comprensivo Vittorio Alfieri di Taranto. Lo scrittore ha presentato il suo ultimo lavoro "Terroni ndernescional". L'incontro con l'autore che rientra in una rassegna fortemente voluta dalla preside Anna Maria Settanni ha rappresentato un primo, significativo contributo, arricchito dalle note del talentuoso violinista tarantino Francesco Greco.

“Ho cercato di capire perché sia di fatto assente la Sardegna nella nostra storiografia- ha detto Pino Aprile nel corso della presentazione- e sono finito in Germania Est, sulla scia di un modo per rendere minoritari alcuni paesi e la loro gente, che i tedeschi ora vorrebbero estendere all’intera Unione Europea.

Se “terroni” vuol dire considerare l’altro qualcosa di meno, l’Europa mediterranea rischia di essere “terronizzata”, a partire dalla Grecia. Dopo l’Unità d’Italia fatta con una guerra non dichiarata, massacri e saccheggi, sono stati scritti un numero sterminato di libri per indagare e spiegare “il ritardo” (che non c’era) del Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia. Ma dai confronti fra ex Regno delle Due Sicilie e Piemonte, è tenuta fuori la Sardegna. L’isola, che pure portò ai Savoia la dignità regale (il Piemonte non era Regno, la Sardegna sì), divenne “una fattoria” di Torino e Genova; i suoi abitanti esclusi dallo sfruttamento delle risorse locali, il suo territorio dalla realizzazione di infrastrutture. La Sardegna governata dai Savoia, al momento dell’Unità era la regione con meno strade, più analfabeti e manco un metro di ferrovie. Fu il vero Sud; il primo.

Ogni forma di discriminazione- ha proseguito Aprile- è funzionale a un progetto economico. E quei criteri sono stati adottati, dopo il crollo del muro di Berlino, nel 1989, dalla Germania Ovest a danno di quella Est, letteralmente saccheggiata e colonizzata (sono termini usati dagli analisti tedeschi), riducendo la popolazione in stato di minorità, sottraendo loro o chiudendo le aziende capaci di far concorrenza a quelle dell’Ovest. Così, nonostante nelle regioni dell’Est siano state realizzate tutte quelle infrastrutture mai fatte nel nostro Sud, un tedesco orientale su due oggi vive di sussidi statali; i giovani vanno via, la natalità è ridotta quasi a zero”.

 

 

 

E' il titolo del convegno che si è tenuto sabato 14 marzo alle ore 9.30 nell’aula consiliare del Comune.

Si è parlato di diritto alla maternità, della conciliazione famiglia-lavoro, della parità di genere, del mobbing e dello stalking sul posto di lavoro.

 

Sono intervenuti il Prof. Tommaso Germano, Docente di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Bari, l’Avv. Sonia Fortunato, forense della Commissione Regionale alle Pari Opportunità, la Dott.ssa Patrizia Lomuscio, criminologa e referente del centro provinciale antiviolenza ‘Futura’, la Dott.ssa Nunzia Bernardini, ex presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Puglia e direttrice del ‘Corriere di Puglia e Lucania’. www.corrierepl.it

''Questo è stato un incontro molto importante e nuovo per la città di Canosa,– ha dichiarato l’assessore Malcangio – in cui si è affrontato un tema fondamentale; quello dei diritti delle donne nel mondo del lavoro.

Abbiamo colto l’occasione di avere esperti e illustri ospiti per discutere di tematiche delicate quali l’ostruzionismo, il diritto di maternità e molto altro. Questo convegno è un inizio di campagna di sensibilizzazione e informazione, intrapresa dall’assessorato a cui faccio capo, sui diritti delle donne e la prevenzione di abuso di genere. Sono argomenti delicati, ma è doveroso iniziare a parlarne e farlo sempre con la speranza che ogni cittadino inizi ad attivarsi e ad aprirsi verso eventi culturali e dibattiti costruttivi che servono alla crescita sociale e culturale della nostra città.”.

Uno dei pochi eventi di certo spessore sociale che Canosa abbia avuto modo di ospitare. Peccato che una parte dei canosini non abbiano potuto partecipare a questo incontro di notevole valenza culturale.


 

OGGI PRESSO IL CENTRO POLISPORTIVO PALAFIOM SI E' SVOLTA LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI KARATE PER IL CONSEGUIMENTO DELLE QUALIFICAZIONI REGIONALI DI "FIJLKAM" PER I CAMPIONATI ITALIANI. LA STESSA HA VISTO LA PARTECIPAZIONE DI 5 SCUOLE DEL TERRITORIO TARANTINO , CHE SI OCCUPANO DELLA DIVULGAZIONE E DELLA FORMAZIONE  ALLA DISCIPLINA DELLE ARTI MARZIALI  ,CON LA PRESENZA DI OLTRE 1000 ALLIEVI E ISTRUTTORI E GIUDICI DI GARA NAZIONALI, AD ESSI SI SONO AGGIUNTI UN FOLTO GRUPPO DI PARENTI ED AMICI CHE HANNO GREMITO GLI SPALTI DEL PALAFIOM PARTECIPANDO COSI AD UNA GRANDE FESTA ALL'INSEGNA DELLO SPORT TARANTINO.


L'incontro “Chi sono io per giudicare?” ha rappresentato un’occasione per un confronto sul rapporto tra l'identità sessuale della persona, credente e non credente, e la fede

Sulla domanda di Papa Francesco "Chi sono io per giudicare un gay?" che ha fatto cadere un tabu' sul silenzio e l'omertà su un tema che non è mai stato estraneo al Vangelo, si è sviluppatp il convegno che si è tenuto a Taranto sabato 14 Marzo 2015 nella sede della Provincia di Taranto. Obiettivo dell'iniziativa è stato essenzialemnte quello di sensibilizzare sul rapporto che intercorre tra fede e identità sessuale della persona credente e non credente. Attraverso gli interventi dei relatori, sono stati forniti i punti di vista psicologico, teologico e giuridico. Inoltre è stato dato spazio alle testimonianze di due persone credenti che hanno fatto il percorso di transizione e di un sacerdote ex cattolico che attualmente ha un compagno.

Dopo i saluti istituzionali sono intervenuti i relatori moderati dalla Dott.ssa Antonella Palmitesta, Psicologa, Psicosessuologa, Presidente Nazionale N.U.D.I. - Nessuno Uguale Diversi Insieme - Associazione Nazionale Psicologi per il benessere LGBTIQ.        Tantissime indicazioni utili per un sereno confronto, scevro dai tanti i pregiudizi spesso alimentati dalla scarsa informazione: questo è l’esito della manifestazione il cui fine ultimo è stato quello di sensibilizzare e istituire un confronto costruttivo sul rapporto che intercorre tra la fede e l'identità sessuale della persona, credente e non credente.

 

Michele Formisano, presidente TGenus e NPS Puglia, si è detto «piacevolmente colpito per il gran numero di persone che hanno partecipato, tutte con una gran voglia di intervenire ponendo ai relatori quesiti e domande, tanto che, quando purtroppo abbiamo dovuto chiudere i lavori perché era terminata la disponibilità della sala, in tanti non avevano potuto ancora parlare. Ciò dimostra quanto sia avvertita la necessità di un sereno confronto su questo tema».

Una manifestazione di successo, tanto che Antonella Palmitesta, psicologa, psicosessuologa e presidente nazionale N.U.D.I., ha annunciato che ««visto l’interesse suscitato a Taranto, N.U.D.I. e TGenus hanno intenzione di organizzare anche in altre città italiane questo convegno con lo stesso format».

Antonella Palmitesta, ha poi sottolineato come «la posizione della comunità scientifica in ambito psicologico e psichiatrico  è  concorde nel rifiuto delle terapie “riparative” e nel confermare che l'omosessualità  è  una variante naturale. Fondamentale dal punto di vista psicologico è perciò lavorare con persone omosessuali e transgender per integrare la identità sessuale e il credo religioso: non bisogna rinunciare a nessuna delle due cose!»

Ciò è possibile, come ha testimoniato il sacerdote cattolico Don Fabio Daddato che, dopo aver riportato quanto la Chiesa esplicita sull'accoglienza delle persone omosessuali nel documento “De pastorali personarum homosexualium cura”  (Cura pastorale delle persone omosessuali), emanato nel 1986 dalla Congregazione per la dottrina della fede, ha illustrato l‘iniziativa, realizzata nella sua parrocchia a Bisceglie, di catechesi mensile a favore di trans, persone omosessuali e transgender.

Al convegno i saluti istituzionali sono stati portati da Barbara Gambillara, Consigliera di Parità della Provincia di Taranto, e Antonio Cerbino, assessore Associazionismo e Cultura del Comune di Massafra.

Attraverso gli interventi degli altri relatori, sono stati forniti i punti di vista psicologico, teologico e giuridico: Paola Biondi, psicologa e psicoterapeuta, su "Minoranze sessuali e scelte religiose", Antonio Rotelli, avvocato e co-fondatore della Rete Lenford, su "Identità sessuali e diritto", e Alessandro Taurino, docente e ricercatore di Psicologia Clinica e di Psicodiagnosi e Valutazione Clinica dell'individuo e della famiglia presso l'Università di Bari "Aldo Moro", su "Rapporto tra fede e pregiudizio. Una lettura in chiave psicologica".

Prima del dibattito con il folto pubblico in sala, è stato dato spazio ad alcuni interventi sulle personali esperienze in relazione a identità sessuale e fede, tra i quali quelli di Mario Bonfanti, gay ed ex sacerdote cattolico che attualmente sta svolgendo il percorso per diventare pastore della Metropolitan Community Church americana, e di Giovanna Failli, rappresentante del Gruppo Gionata di Bisceglie.



 

 

La responsabilità civile dei magistrati, con la recente riforma, è disciplinata dalla Legge n. 18 del 27 febbraio 2015 (in G.U. n. 52 del 04/03/2015), vigente dal 19/03/2015.

La suddetta legge introduce disposizioni volte a modificare le norme di cui alla precedente Legge n. 117 del 13 aprile 1988, al fine di rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.

Premesso che, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, non può mai dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove, la responsabilità civile dei magistrati si manifesta nei casi di dolo e di colpa grave.

A tal proposito, per ben comprendere le differenze, è opportuno distinguere la posizione dei giudici ordinari da quella dei cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziali collegiali, come i giudici laici delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali ai sensi del D.Lgs. n. 545 del 31/12/1992.

  1. I magistrati ordinari possono rispondere civilmente nei casi di dolo e di colpa grave nell’esercizio delle proprie funzioni giudiziarie.

    Costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione Europea, il travisamento del fatto o delle prove, ovvero l’affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione (art. 2, comma 3, Legge n. 18 cit.).

    Il Presidente del Consiglio dei  Ministri, entro due anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziario o di titolo stragiudiziale, ha l’obbligo di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione Europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove sono stati determinati da dolo o da  negligenza inescusabile (art. 4, comma 1, Legge n. 18 cit.).

  2. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali, come i giudici laici tributari, rispondono, invece, soltanto in caso di dolo o negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove.

    Nell’attuale processo tributario, per tutti i giudici (ordinari e laici), oltre alle ipotesi di dolo, è unica la responsabilità in caso di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove.

    Il travisamento dei fatti si può realizzare in due distinte ipotesi, e cioè:

  3. l’affermazione (determinata da negligenza inescusabile) di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

  4. la negazione (sempre determinata da negligenza inescusabile) di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento.

    La formula è simile al n. 4 dell’art. 395 c.p.c., da cui è tratta; manca, tuttavia, l’espressione “se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”, che c’è nel citato art. 395 c.p.c..

    Quest’ultima espressione non risulta nell’attuale nuova formulazione, così come non risultava nella vecchia formulazione.

    Come conoscenza storica, occorre precisare che quest’ultima parte, che figurava nel primo disegno di legge del Governo nel 1987, fu presentata in Commissione come emendamento (Bollettino Commissioni, Camera n. 84 del 09/12/1987, pag. 12), sottolineandosi la necessità che la pretermissione del fatto, pur risultando dai documenti processuali, per dar luogo a responsabilità civile dovrebbe aver formato oggetto di una specifica evidenziazione dell’atto stesso a cura della parte, sempre che il contraddittorio si fosse costituito e che l’atto fosse conoscibile dalla parte interessata evidenziata.

    La Commissione accolse il succitato emendamento, ma l’Aula lo eliminò il 20 dicembre 1987.

    Fu riproposto al Senato in una versione un po’ diversa (“sempre che la circostanza sia stata dedotta o rilevata”, emendamento al Senato del 10 febbraio 1988, ma sempre con esito negativo).

    In sostanza, sia la vecchia che la nuova formulazione non riportano assolutamente l’espressione “se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi”.

    Di conseguenza, negli attuali organi giudiziali collegiali, come le Commissioni Tributarie, questa ipotesi può suscitare, nei componenti del collegio diversi dal relatore, il timore di incorrere in responsabilità per negligenza del collega che si sia lasciato sfuggire fatti rilevanti o viceversa supponga esistenti fatti esclusi dalla documentazione, donde la necessità che ciascuno possa esaminare l’intero fascicolo di causa ed abbia copia di tutti gli atti processuali.

    Ciò comporterà una diversa metodologia di lavoro perché le camere di consiglio dovranno necessariamente essere precedute dalla distribuzione della copia di tutto il fascicolo processuale a tutti i componenti del collegio.

    Metodologia giusta ed auspicabile, ma che la macchina giudiziaria tributaria difficilmente riuscirà a sopportare se non a costo di gravi ritardi nelle pronunce collegiali, fino a quando non si provvederà ad una adeguata ristrutturazione delle Commissioni Tributarie stesse.

    In modo analogo, sarà necessaria maggiore cura nella preparazione dei fascicoli processuali, con indice aggiornato e vistato dall’ufficio di segreteria, affinchè non si corra il rischio di escludere o pretermettere documenti esibiti e non fascicolati, così incorrendo in una ipotesi di travisamento dei fatti.

    L’altra ipotesi di negligenza inescusabile è quella del travisamento delle prove, che prima non era tassativamente prevista dall’art. 2 della Legge n. 117/1988.

    Questa ipotesi si può verificare se una prova viene totalmente ignorata oppure se si ritiene esistente una prova che invece non risulta assolutamente negli atti processuali.

    Questo problema si può porre, in particolare, nell’attuale processo tributario dove i poteri istruttori delle commissioni tributarie sono limitati dall’art. 7 D.Lgs. n. 546/92 e dove non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale.

    Questi limiti istruttori possono, secondo me, facilmente indurre i giudici tributari a cadere, non certo per loro incapacità professionale, in ipotesi di travisamento del fatto o delle prove, soprattutto se la parte non può efficacemente difendersi citando, per esempio, dei testimoni che, pur in assenza di prove documentali (le  uniche ammesse nel processo tributario attuale) possano dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di particolari situazioni, giuridiche o di fatto, aventi rilievo fiscale.

    Ultimamente, la Corte di Cassazione, anche in ossequio all’ordinanza della Corte Costituzionale n. 18/2000, ha riconosciuto la possibilità per il contribuente, in un sistema processuale fondato sulla parità delle parti, di introdurre in giudizio eventuali dichiarazioni extraprocessuali del terzo a suo favore, ancorche rilasciate al contribuente stesso o a chi lo assiste (sentenze n. 4423/2003 e n. 4122/2015).

    Del resto, i principi del giusto processo come formulati nel nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione garantiscono il principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa e, quindi, impongono di riconoscere al contribuente, così come riconosciuto all’Amministrazione finanziaria, il potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il valore probatorio proprio degli elementi indiziari che possono concorrere a formare il convincimento del giudice, pur non essendo idonei a costituire da soli il fondamento della decisione (Cassazione, sentenze n. 4269/2002, n. 5957/2003,  n. 4122/2015 e n. 5018/2015).

    Questo, però, secondo me non è sufficiente a rendere effettiva la parità processuale delle parti nell’attuale processo tributario.

    Appunto per questo, in ossequio all’art. 10 della Legge Delega n. 23/2014, è opportuno ed urgente riformare totalmente il processo tributario, sottraendo la gestione al Ministero dell’Economia e delle Finanze (che è una delle parti in causa) e rendendo paritaria ed effettiva la difesa del contribuente, senza alcuna limitazione processuale, così come esposto nel mio progetto di legge, condiviso da UNAGRACO, attualmente in discussione al Parlamento e consultabile sul mio sito (www.studiotributariovillani.it).

    Oltretutto, rendere il processo tributario un vero processo , con tutte le garanzie probatorie, consente ai giudici tributari di avere una visione organica e pienamente documentale di tutti i fatti oggetto di causa che, secondo me, può rendere i giudici stessi immuni da ipotesi di travisamento dei fatti o delle prove.

     

                                                                                                        Avv. Maurizio Villani

     

        AVV. MAURIZIO VILLANI

                                                                       Avvocato Tributarista in Lecce

                                              Patrocinante in Cassazione

    www.studiotributariovillani.it - e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.


di Mario Pennuzzi

Le parole del direttore della Caritas di Taranto a proposito della realizzazione a taranto di un centro di smistamento dei migranti provenienti dallaL ibia,mi hanno stupito , e mi hanno preoccupato ed ancor di più la mia preoccuazione è cresciuta quando ho visto che questa palla lanciata a caso e senza alcuna direzione precisa veniva prontamente raccolta dal leader della lega Nord nel tentativo di farsi un po' di pubblicità e di legare il proprio nome alle pur comprensibili preoccupazioni dellla cittadinanza tarantina.

Accogliere il popolo dei profughi dei migranti, dei fuggitivi di tutte le guerre è un compito arduo,difficile non gradevole.

Il Prossimo di cui dovremmo occuparci mostra tutta la sua sgradevolezza è povero affamato lacero, sporco , puzza. e come potrebbe non puzzare? provate voi a vivere in cento per giorni su un barcone,non manca solo il cibo ......Un mio amico che venti anni or sono accolse i primi migranti che in ventimila sbarcarono a Bari dall'Albania e che furono rinchiusi in uno stadio di Bari , e poi smistati, ed infine espulsi, per anni mi ha ricordato l'odore acre di urina che infestava quello stadio. Sono trascorsi venti anni da quel primo episodio.Venti anni di tragedie conosciute e nascoste , di migliaia di cadaveri che giacciono in fondo al "mare nostrum" prodotto ingiusto della disperazione,della povertà, vittime innocenti di spietati mercanti , ma anche di una inadeguata politica dell'accoglienza, dei respingimenti, degli egoismi, dello sfruttamento.Uno sfruttamento che in molti casi è continuato anche per chi "ce l'ha fatta" per chi sbarcato ha trovato la schiavitù in una Europa che si dice cristiana, che si dice moderna ma che spesso ha bisogno di quella manodopera di schiavi, in una modernità laica ma senza democrazia , senza uguaglianza, effetti collaterali di quello che chiamiamo libertà del mercato.

Il mondo cambia e si evolve anche grazie a queste tragedie.

Io discendo da una famiglia di emigranti, il mio nonno materno era un bracciante agricolo, cui le frequentazioni della vita aveva insegnato l'importanza di cambiare e di istruirsi, ed suoi figli cominciarono a studiare, anche le donne,quasi di nascosto tra l'ironia del Paese.

Le sorelle di mio nonno paterno hanno attraversato l'oceano per recarsi nella terra promessa che un tempo erano le americhe. Passarono per Ellis Island,ne ho seguito le tracce sui registri delle navi che le portarono,nei registri del centro di smistamento dove furono fermate ed esaminate;un centro probabilmente simile a quello che si prevede di realizzare nella città di Taranto. Anche i nostri emigranti puzzavano, forse non erano considerati terroristi (anche se a dire il vero alcuni erano anarchici) ma si temeva che esportassero la mafia. Tra questi uomini vissuti a cavallo tra la fine dell'ottocento ed i primi anni del novecento un emigrante con il mio cognome a Providence fu condannato per aver asssassinato un altro emigrante, suo cognato. Un altro vissuto in lucania era a Pisticci sorvegliato per le sue idee anarchiche. Questo eravamo. Migranti.

Questo era anche la Taranto Spartana di cui tanto ci vantiamo che prima di produrre grandi uomini come Archita era la terra in cui venivan mandati i figli illegittimi.

Ma la paura di ciò che non conosciamo ha un fondamento, l'esperienza ha dimostrato quanto sia difficile affrontare le ondate di nuovi arrivi,quanti disagi, quanti problemi da affrontare. Taranto ce la può fare?L'Italia ce la può fare?domande leggittime paure legittime, ma l'unica risposta legittima è mettere in campo le energie e le risorse disponibili, non perchè siamo "buoni"anche non potendo permettercelo, ma perchè non esiste alcuna altra soluzione razionale, se non la guerra ma quella sarebbe un altro tipo di tragedia.

Per questo le parole del direttore della Caritas , che esprimono non solo il timore di non riuscire ad affrontare l'emergenza ma la paura del terrorismo, sono sbagliate, forse erano solo una battuta infelice ma non si può scherzare sull'orrore.Dobbiamo evitare di parlare alla pancia delle persone,non la sfameremo con le sciocchezze, dobbiamo parlare alla loro intelligenza per evitare l'inserimento di qualche leader politico che strumentalmente le usi per la sua ascesa magari invocando il concetto di morale di un grande uomo come Immanuel Kant.

 

Il Comitato Portuale, nella odierna seduta ha discusso all’o.d.g. circa l’esito della riunione

convocata dal Sottosegretario di Stato Delrio lo scorso 11 marzo, presso la Presidenza del Consiglio

dei Ministri, avente, come scopo, di verificare ed eventualmente confermare i cronoprogrammi dei

lavori e, conseguentemente, gli impegni della TCT SpA relativi agli investimenti ed al rinnovo della

CIGS dei lavoratori.

Nel corso della seduta, il Comitato ha preso atto della concretezza del cronoprogramma

complessivo che prevede la fine di tutti i lavori previsti dall’Accordo Generale, alla data del 30

giugno 2016, salvo eventi estranei alla volontà delle Parti e che non possono costituire motivo di

responsabilità a loro carico. Cronoprogrammi, in particolare, quelli relativi alla riqualificazione

della banchina e quelli relativi ai dragaggi e vasca di colmata, derivanti da offerte presentate in sede

di gara e da contratti stipulati.

Il Comitato ha rilevato, ancora una volta, come a tutt’oggi la totale assenza di un piano di

investimenti con i relativi cronoprogrammi da parte della società concessionaria del terminal

contenitori, TCT SpA, faccia desumere il disinteresse della stessa ad investire sul porto. Ciò

malgrado il 3 settembre 2014, TCT avesse formalmente comunicato all’Autorità Portuale, in

considerazione dell’avvenuta consegna dei lavori, di voler accelerare con gli interventi di

ristrutturazione di loro spettanza e di voler avviare immediatamente il revamping delle gru, al fine

di addivenire al rilancio del terminal nel più breve tempo possibile, predisponendo la quasi

immediata sospensione dei traffici. Ad oggi non è stata avviata alcuna attività in tal senso.

Il Comitato, pur prendendo atto delle argomentazioni espresse dall’impresa terminalista durante la

riunione di Palazzo Chigi anche con riferimento al complesso iter burocratico, ha chiesto al

Presidente di mettere in atto ogni azione utile affinché il prossimo incontro a Roma, previsto per

l’ultima settimana del corrente mese di marzo, sia quello definitivo. Ciò per consentire all’Autorità

Portuale ed al Comitato medesimo di poter programmare lo sviluppo del porto con o senza TCT

SpA.

Gli investimenti pubblici, già avviati, andranno comunque avanti, in quanto rappresentano una


Come è noto, nella notte appena trascorsa, sono state avviate le procedure di spegnimento dell’Altoforno più grande d’Europa, situato all’interno dell’area Ilva di Taranto e a breve distanza dal popoloso quartiere “Tamburi”. A scrivere è Fabio Matacchiera, presidente del Fondo Antidiossina uno degli avamposti dell'ambientalismo nato sulle rive dello Ionio.
In data 11 marzo- prosegue Matacchiera- la direzione dell’Ilva inviava a tutti gli enti e agli organi competenti in materia ambientale e di controllo un’informativa in merito a delle possibili emissioni denominate “transitorie”, che si sarebbero potute verificare durante le fasi preliminari di spegnimento dell’Altoforno 5, procedure tecniche non esenti da rischio, programmate durante la notte tra il 12 ed il 13 marzo c.a.
Lo spegnimento era stato imposto dalla prescrizione n.16 dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, a causa delle criticità strutturali dell’Afo 5 che ne richiedevano il quasi totale rifacimento.
Mi sono recato in loco, appostato con una speciale videocamera per riprese notturne, proprio lì davanti, mettendo ben a fuoco l’Afo 5. Ho incominciato a filmare alle ore 2.30 c.a ed ho continuato fino alle ore 4,05 del mattino di oggi, in condizione di totale assenza di luce naturale. Ho rilevato che, esattamente dalle ore 3,00 fino alle ore 4,05 (cioè, fino al termine della mia permanenza sul posto), l’Afo 5 ha rilasciato in atmosfera costantemente e senza alcuna interruzione, enormi quantità di “nubi” che ammorbavano l’aria, tanto che anche io, pur trovandomi a distanza di alcune centinaia di metri dall’area in questione, avvertivo bruciore agli occhi e alle fauci. I fumi si estendevano per chilometri come si può chiaramente notare dai video che consegnerò alla Procura di Taranto e che allego al presente comunicato, tramite un link di You tube (http://youtu.be/0pYxo9Gv63s)
Alla luce di questi incresciosi avvenimenti, mi rivolgerò, tramite i miei legali, alle stesse autorità giudiziarie per sapere se sussistano omissioni e responsabilità penali da parte del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, che potrebbe non aver comunicato alla cittadinanza i possibili rischi per la salute consequenziale all’avviamento delle procedure di spegnimento dell’altoforno in questione. Inoltre, ci chiediamo se lo stesso Commissario di Governo per l’Ilva, Pietro Gnudi, abbia allertato tutte le autorità competenti dei possibili rischi connessi ai cospicui rilasci tossici generati dallo spegnimento dell’Afo 5, dando modo alle autorità preposte di effettuare i controlli di competenza a tutela della salute e di indicare le dovute misure preventive. Tutto ciò- conclude il presidente del Fondo Antidiossina- anche in considerazione che la stessa Ilva s.p.a., in data 11 marzo, avvertiva con un’informativa gli enti e gli organi competenti in materia ambientale e di controllo del possibile rischio. Un rischio che, come documentano le riprese effettuate, si è effettivamente verificato.

 

Da oggi 13 marzo per chi supera i 50 Kmh di velocità scatterà una bella multa. E' partito infatti il controllo elettronico su tutta via Ancona nel tratto da Viale Ionio fino a via Unicef. Il sistema permetterò di rilevare la velocità a farà scattare la sanzione. La notizia sta rimbalzando sui social network ed è diventata oggetto di messaggistica attraverso sms e whatsup.

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