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Giornale di Taranto - Giornalista1

Questa mattina, in occasione delle richieste dei pubblici ministeri alla Corte D’Assise per il processo “Ambiente Svenduto”relativo al disastro ambientale contestato all’Ilva dei Riva, c’e’ anche un presidio, dalle 13, dei rappresentanti del movimento “Giustizia per Taranto”. Lo annuncia quest’ultimo specificando che il presidio sarà all’esterno della scuola sottufficiali della Marina Militare a San Vito, borgata di Taranto, nella cui aula magna si sta svolgendo la requisitoria dei 4 pm dallo scorso 1 febbraio. Per “Giustizia per Taranto” il presidio odierno costituisce “testimonianza della speranza della città di ricevere giustizia”. “Il momento è particolarmente delicato - si afferma -. Da una parte il processo Ambiente Svenduto che si approssima a conclusione e col quale la città potrà vedere giudicati i responsabili del passato, dall'altro la recente sentenza del Tar con cui si sentenzia che il problema dell'inquinamento è tutt'ora costante e presente”. “Una congiuntura - rileva “Giustizia per Taranto” - che deve rafforzare le istanze di chiusura della fabbrica e riconversione del territorio verso le istituzioni di ogni organo e grado, a partire dal nuovo Governo, su cui non mancheremo di fare pressioni”. 

 

 Per favorire l’adozione delle nuove tecnologie e accelerare la transizione verso la digitalizzazione del Paese, Tim proporrà prossimamente all’Agcom e a tutti gli altri operatori di telecomunicazioni un’azione sul territorio finalizzata a spegnere nella provincia di Taranto la rete in rame (Rtg) e migrare tutte le linee della città su rete ultrabroadband Fttx, con l’obiettivo di estenderla all’intera regione.

   Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, si legge ancora nella nota, "Tim ha accelerato il suo piano di copertura in fibra in oltre 3.500 comuni italiani, prevalentemente nelle aree bianche del Paese. Ad oggi la rete in fibra di Tim è disponibile per oltre il 91% delle famiglie italiane che utilizzano la rete fissa, a cui si aggiungono le coperture in banda ultralarga tramite Fwa, mobile (4G/5G) e via satellite. Inoltre a partire da aprile FiberCop, società controllata dal Gruppo Tim, accelererà la realizzazione della rete secondaria in fibra ottica per arrivare a coprire entro il 2025 il 76% delle aree nere e grigie del Paese con tecnologia Fiber To The Home (Ftth). La nuova infrastruttura di FiberCop consentirà di sviluppare soluzioni Ftth secondo il modello del co-investimento ‘aperto’ previsto dal nuovo Codice europeo delle Comunicazioni elettroniche".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Le richieste del pm sono previste per il tardo pomeriggio. È il processo con 47 imputati, 44 persone fisiche e 3 società, che riguarda i reati riconducibili all’Ilva gestita dal gruppo Riva. Un periodo antecedente al commissariamento dello Stato avvenuto nel 2013. Il processo in Assise arriva alle richieste dei pm dopo più di 8 anni (luglio 2012) dal sequestro degli impianti dall’area a caldo da parte del gip di Taranto, su richiesta della Procura, ed una serie di arresti. Quattro i pubblici ministeri nel processo. Hanno già parlato Mariano Buccoliero, per 7 udienze, e Remo Epifani. Oggi completerà il suo intervento il pm Giovanna Cannarile per lasciare poi la parola al collega Raffaele Graziano. Quindi arriveranno le richieste dell’accusa alla Corte presieduta da Stefania D’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini. 

 

Tra gli imputati, gli ex proprietari e amministratori del gruppo siderurgico Fabio e Nicola Riva, l’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, l’ex dipendente Ilva Girolamo Archinà, usato dai Riva per i rapporti con politica, Regione Puglia, enti locali e pubblica amministrazione, l’ex direttore del siderurgico di Taranto, Salvatore Capogrosso. Coinvolti anche ex dirigenti e attuali dirigenti del siderurgico, rimasti in azienda anche con l’arrivo del nuovo gestore ArcelorMittal. Coinvolti, inoltre, gli ex presidenti della Regione Puglia, Nichi Vendola, e della Provincia di Taranto, Gianni Florido, e l’ex sindaco di Taranto, Ezio Stefàno. Disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, sono alcuni dei gravi reati contestati. Dopo i pm, il calendario processuale andrà avanti con parti civili e difensori degli imputati. La sentenza di primo grado é attesa prima dell’estate prossima. Nella sua lunga requisitoria, cominciata l’1 febbraio, il pm Mariano Buccoliero ha duramente attaccato l’intera gestione Riva, affermando che avevano solo la logica del profitto e della produzione, trascurando del tutto gli interventi ambientali e di tutela della sicurezza e della salute che erano necessari ed evidenti sin dal 1995,quando i Riva presero gli stabilimenti dall’Iri. Buccoliero ha definito l’Ilva di Taranto “un impianto sulla carta” chiarendo che tutto era scritto sui documenti ma inesistente nella realtà. Anche gli atti di intesa, impegni assunti dall’Ilva verso gli enti locali circa gli interventi da fare in fabbrica, erano ripetitivi, ha dichiarato il pm. A distanza di anni, ha sostenuto Buccoliero, mettendo a confronto il primo atto di intesa con l’ultimo, si ritrovano le stesse cose. Buccoliero ha anche contestato l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dal ministero nel 2011, descritta come frutto delle pressioni dei Riva e assolutamente inadeguata rispetto a quello di cui la fabbrica - definita dal pm “un iradiddio” in quanto a inquinamento - aveva fortemente bisogno. Infine il pm Buccoliero ha anche criticato il ruolo dei consulenti incaricati dalla Procura per il supporto all’indagine, che, asseverando tesi false su pressione degli stessi Riva, sono venuti meno  al loro “dovere e obbligo di verità” ed hanno consentito che inquinamento, malattie e morti proseguissero dal 2009 per altri tre anni, sino al 2012,quando poi scattò il sequestro penale. 

È in corso da questa mattina, da dopo le 7, un presidio di protesta nell’area industriale da parte dei dipendenti di Ilva in amministrazione straordinaria. Circa 500, dicono fonti sindacali, i lavoratori per ora presenti con le bandiere dei sindacati metalmeccanici. I dipendenti di Ilva in amministrazione straordinaria - società proprietaria di stabilimenti e impianti dati in fitto ad ArcelorMittal - protestano per chiedere che anche per il 2021 sia corrisposta loro l’integrazione economica al trattamento di cassa integrazione. Misura attesa col prossimo varo del decreto “Milleproroghe”. In relazione alla protesta odierna, indetta dalle sigle metalmeccaniche, è tuttavia attesa questa mattina la convocazione di un incontro, per il pomeriggio, da parte del prefetto di Taranto, Demetrio Martino.

 

La Fim Cisl dichiara che “è in corso a Taranto la mobilitazione dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, 1600 famiglie solo a Taranto, il cui futuro appare incerto. Come Fim Cisl - afferma il sindacato - chiediamo al prefetto di Taranto di farsi portavoce presso il Governo affinché venga ripristinata in fretta l'integrazione salariale alla cigs Inoltre per la Fim Cisl i lavoratori di Ilva in as non possono e non devono essere considerati di "serie B". Hanno pari diritti e non possono pagare il prezzo più alto”. Al di là della cassa integrazione, per questi lavoratori allo stato non ci sono prospettive di rioccupazione. L’accordo di settembre 2018 al Mise tra ArcelorMittal e sindacati li teneva presente in prospettiva, ma di loro non c’è traccia nei successivi accordi. Quello di marzo 2020 tra Ilva in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal, relativa alla chiusura del contenzioso davanti al Tribunale di Milano sul recesso societario da parte della stessa ArcelorMittal, è quello di dicembre 2020 tra ArcelorMittal e Invitalia, società Mef. Quest’ultimo relativo all’ingresso dello Stato nel capitale della società dell’acciaio. 

Il sindaco Fabrizio Quarto, visto il recente preoccupante incremento dei casi di positività al Covid-19 registrato a Massafra, come da comunicazioni del Dipartimento di Prevenzione della Asl, e considerato che in alcune aree cittadine si concentra un notevole numero di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che divengono centri di aggregazione, determinando situazioni di mancato rispetto delle norme sul distanziamento sociale, ha adottato ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, emettendo una ordinanza.

                                                                              

Con tale provvedimento il sindaco dispone, dal 17 al 28 febbraio 2021:

    • il divieto di stazionamento nelle vie e aree pubbliche sottoelencate: lottizzazione Sant’Oronzo, Piazza V. Emanuele, Piazza Garibaldi, Piazza Dante, Piazza Scarano, Piazza Croce Rossa, lottizzazione Santa Caterina, Case Italsider, Parco Madre Teresa di Calcutta, piazza Baden Powell, Piazza Nassiriya, Piazza Santi Medici; è fatta salva la possibilità di attraversamento delle aree solo per accedere agli esercizi pubblici e agli esercizi commerciali legittimamente aperti, nonché alle abitazioni private compresi nell’area e per il deflusso dall’area;

    • la chiusura del Cimitero Comunale;

    • la chiusura con contestuale divieto di utilizzo dell’area fitness in  via Livatino e dello Skate Park sito in Piazza Nassiriya;

    • la sospensione delle attività didattiche in presenza delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle secondarie di primo e secondo grado, la sospensione delle attività degli asili nido e delle ludoteche sia pubblici, sia privati, ricadenti nel territorio del Comune con svolgimento, ove possibile, dell’attività a distanza (c.d. DAD) con organizzazione integralmente demandata all’autonomia delle istituzioni scolastiche;

    • la chiusura dalle 18.00 alle 5.00 del giorno seguente di tutti i distributori automatici di alimenti e bevande - fatta eccezione per le cosiddette “Casette d’acqua”- nonché di quelli presenti in uffici e strutture pubbliche.

 

La violazione dei divieti stabiliti dall’ordinanza è punita con la sanzione amministrativa da euro 400,00 a euro.

Levata di scudi del mondo economico e industriale contro la sentenza del TAR di Lecce che dispone lo spegnimento degli impianti inquinanti di ex Ilva-ArcelorMittal.

“Evitare lo spegnimento del ciclo integrale a caldo dell’ex Ilva”. Questo è l’appello che Confindustria rivolge al Governo e a tutte le istituzioni coinvolte, a seguito della pronuncia del Tar di Lecce.

    “In attesa delle decisioni del Consiglio di Stato, vogliamo e dobbiamo sottolineare quattro aspetti essenziali di interesse nazionale. Primo: interrompere la produzione e la fornitura dell’acciaio prodotto a Taranto mette in seria difficoltà le intere le filiere della manifattura italiana che ne hanno necessità. Secondo: si avrebbe un sicuro e rilevante aggravio della bilancia commerciale nazionale, poiché occorrerebbe importare l’acciaio dall’estero in una già difficile congiuntura per la siderurgia a livello mondiale. Terzo: la chiusura nell’immediato vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti per limitare il numero di esuberi, mettendo a serio rischio migliaia di lavoratori e famiglie. Quarto: sarebbe vanificato in maniera traumatica e definitiva il processo di investimenti intrapreso per la messa in sicurezza degli impianti e per la sostenibilità ambientale della produzione che, da oltre 8 anni, è al centro degli sforzi pubblici e privati per l’ex Ilva".

    Confindustria confida pertanto "in un’azione sinergica di tutte le istituzioni, affinché ascoltino la voce delle imprese in una materia di tale rilevanza”. 

 

Anche Federacciai, la federazione che rappresenta le imprese siderurgiche italiane, esprime forte preoccupazione. "Siamo fortemente preoccupati - afferma il presidente dell'associazione, Alessandro Banzato - per la sentenza del Tar di Lecce. Senza entrare nel merito della sentenza - che evidentemente verrà discussa nei successivi gradi di giudizio - il timore è che questo atto possa fermare o comunque rallentare il processo di risanamento e rilancio della fabbrica. Mentre proseguono i lavori per il miglioramento ambientale del sito - prosegue - sono infatti in corso le complesse attività per una ripresa produttiva che è fondamentale non solo per la filiera siderurgica nazionale ma anche in previsione dell’imminente ingresso di Invitalia nel capitale della società sulla base di un piano industriale che avvierà un graduale processo di decarbonizzazione dello stabilimento. Il nostro auspicio è pertanto quello che venga adottata una sospensiva di questa sentenza e che il Governo appena incaricato si adoperi per evitare lo spegnimento del più grande stabilimento siderurgico italiano", conclude il presidente di Federacciai. 

 

  "È il momento di riattivare un confronto serio e costruttivo sul futuro dell’ex Ilva, che tenga conto di tutte le implicazioni occupazionali, ambientali e di competitività per il nostro Paese". Questo il commento di Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager.

    La situazione rischia di creare nuova incertezza in una fase in cui, sottolinea Cuzzilla "dopo l’accordo con Invitalia, che segna l’ingresso dello Stato nel capitale della società, occorre garantire la prosecuzione della produzione senza compromettere salute e ambiente".

    La sentenza del Tar di Lecce ha confermato l’ordinanza emanata nel febbraio 2020 dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, legata alle implicazioni ambientali per la salute della popolazione tarantina, rigettando le impugnazioni di Ilva in amministrazione straordinaria e ArcelorMittal, che hanno già annunciato il ricorso in appello al Consiglio di Stato.

 

"Abbiamo fiducia nella volontà del nuovo Governo di riattivare il tavolo di confronto sul futuro del Gruppo ex Ilva", prosegue Cuzzilla, avvertendo che "occorre assumere subito le decisioni necessarie a evitare il rischio del blocco degli impianti e salvaguardare il futuro produttivo di un sito siderurgico strategico per la produzione industriale italiana, ora che lo Stato si è impegnato a realizzare quegli investimenti che finora sono mancati per garantire la sicurezza della produzione e il risanamento ambientale". "Federmanager da questo punto di vista è già scesa in capo da protagonista - ricorda il presidente - proponendo la proprie proposte di soluzione tecnica per il rilancio dello stabilimento tarantino in un documento curato da un gruppo di manager di Genova e di Taranto, coerente con un progetto industriale sano e a supporto di un ciclo produttivo più pulito e tecnologicamente innovativo, che abbiamo messo a disposizione delle istituzioni e di tutti gli stakeholder interessati".

    "In rappresentanza del management dell’azienda, abbiamo da tempo denunciato anche i rischi connessi alla mancanza di investimenti in manutenzione e sicurezza da parte di AM Italia, che espongono i nostri colleghi a gravi responsabilità personali", aggiunge il presidente regionale di Federmanager Puglia, Piero Conversano chiarendo che "ciò si aggiunge alle accuse che stanno sostenendo in questi giorni i pubblici ministeri nel processo 'Ambiente Svenduto' relativo alla gestione Riva".

    "Ora - sottolinea Michele Conte, presidente di Federmanager Taranto - serve un atto di responsabilità di tutte le parti coinvolte nella vicenda, anche attraverso un apposito accordo di programma, per agevolare la continuità della produzione nello stabilimento di Taranto senza peggiorare ulteriormente le condizioni di sicurezza e compromettere il futuro 'verde' dell’ex Ilva, ponendo le basi per un rapporto responsabile tra il polo siderurgico e la città". 

In Puglia è stata completata una seconda rilevazione rapida per stimare la prevalenza della cosiddetta “variante inglese” di Sars-Cov 2 tra la popolazione. La “Quick Survey” era stata richiesta dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità alle Regioni dotate dei sistemi diagnostici. Analizzando un campione di tamponi positivi prelevati il 12 febbraio, la percentuale per la Puglia di “variante inglese” risulta del 38,6%. Sono infatti 245 su 634 i positivi con la nuova variante tracciati nelle 6 province della Regione. Nel dettaglio: a Bari su 323 campioni ci sono 124 casi, pari al 38,4%; nella BAT su 50 campioni ce ne sono 6, pari al 12.0%; a Brindisi su 129 campioni ce ne sono 72, pari al 55.8%; a Foggia su 62 campioni ce ne sono 18, pari al 29.0%; a Lecce su 20 campioni ce ne sono 3, pari al 15.0% a  Taranto su 48 campioni ce ne sono 22, pari al 45.8%. “Occorrerà – ha spiegato l’assessore Lopalco – alzare il livello di attenzione sulla diffusione delle varianti del virus: questi dati impongono di programmare ulteriori azioni di contenimento”.

Anche Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli stabilimenti e degli impianti siderurgici dati in fitto ad ArcelorMittal, presenterà al Consiglio di Stato l’appello volto a sospendere la sentenza con cui sabato scorso il Tar di Lecce ha ordinato la chiusura, in 60 giorni, degli impianti dell’area a caldo dell’acciaieria di Taranto perché inquinanti. L’appello da parte di Ilva in amministrazione straordinaria è in fase di predisposizione. Lo apprende AGI. E analoga mossa avviene anche da ArcelorMittal, in qualità di gestore, che già sabato, poche ore dopo la sentenza, ha annunciato l’impugnazione al Consiglio di Stato. A quest’ultimo le due società chiederanno la sospensiva della sentenza del Tar, che decretando la chiusura in 60 giorni, ha confermato l’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, di febbraio 2020. Ordinanza emessa per ragioni ambientali e di inquinamento. ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria avevano già impugnato l’ordinanza al Tar. E il fatto che ci sia stata anche una impugnazione al Tar da parte di Ilva in as, che rappresenta il Governo, provocò a suo tempo una polemica del sindaco Melucci verso i commissari di Ilva. Sabato i giudici della prima sezione hanno respinto il ricorso di entrambe la società. Al Consiglio di Stato, apprende AGI, le due società presenteranno ricorsi diversi, così come avvenne in sede Tar, perché diversi sono anche i profili che esprimono. Il fronte sindacale, invece, con i vertici di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm, si è rivolto ai nuovi ministri del Lavoro (Orlando),dello Sviluppo economico (Giorgetti), della Transizione Ecologica (Cingolani) e dell’Economia (Franco) chiedendo loro un intervento urgente per l’ex Ilva alla luce della pronuncia espressa dal Tar. Ma dal Governo, spiegano ad AGI fonti sindacali, non sono ancora giunti segnali. 

 Oggi è stato approvato ed emanato il Regolamento per il funzionamento della Zona Franca Doganale del porto di Taranto. Questa è stata istituita dalla legge del 27 dicembre 2019, n.160, la cui perimetrazione è stata definita su proposta del presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto. Le aree interessate dalla perimetrazione della zona franca riguardano 11 lotti, pari ad una superfice totale di 162,89 ettari ricompresi nella circoscrizione demaniale marittima del porto di Taranto. Sono di competenza dell’Autorità portuale che è identificata come gestore  della ZFD.

 

 L’attività di delimitazione delle aree consisterà nella costruzione di una recinzione e nell’individuazione di varchi d’ingresso e di uscita sottoposti a vigilanza doganale, secondo criteri e modalità definiti d’intesa con l’Agenzia Dogane e Monopoli, anche in connessione con il più ampio processo di digitalizzazione del porto. Nella Zona Franca potranno essere introdotte sia merci unionali che non unionali. Inoltre, spiegano Authority e Agenzia, “sarà possibile svolgere attività di natura industriale e logistica nei margini di quanto consentito dalla normativa comunitaria”. Si potrà poi “agevolare il regime di stoccaggio a lungo termine, manipolazioni usuali ed altre attività legate alle merci in ambito portuale”. Essendo questo “in prossimità dei punti di arrivo/partenza da e verso le aree economiche di produzione e/o di consumo”, con la zona franca si “consente alle commodities di acquisire quel valore aggiunto tale da renderle maggiormente appetibili e competitive sul mercato”“Con l’entrata in vigore del Regolamento per il funzionamento della Zona Franca Doganale - spiega il presidente dell’Authority del Mar Ionio, Sergio Prete - si avvia la fase operativa di uno strumento di grande valore strategico per gli operatori che intendano insediarsi nel porto di Taranto o utilizzare le aree portuali e retroportuali per implementare attività produttive, commerciali o di servizi potendo godere di benefici esclusivi, di natura doganale, commerciale, finanziaria e logistico-operativa”. Secondo Prete, “la ZFD del porto di Taranto, fortemente voluta dalla Presidenza del Consiglio, dalla Regione Puglia e dal Comune di Taranto, si configura come ulteriore elemento di attrattività per lo scalo ed il suo retroporto e certamente contribuirà alla crescita del nuovo terminal contenitori e delle altre imprese portuali”. “Con l’avvio operativo della Zona Franca Doganale del porto di Taranto - dichiara  Marcello Minenna, direttore generale  dell’Agenzia Dogane e Monopoli -, si aprono grandi prospettive di crescita per le imprese che, attraverso la possibilità di stoccare, manipolare e trasformare le merci in sospensione dei diritti doganali, potranno sviluppare le proprie attività economiche, produttive e logistiche sfruttando al massimo le potenzialità della ZFD”. “Tale traguardo - conclude Minenna - è frutto della proficua sinergia istituzionale tra Agenzia e AUthority che vede le due amministrazioni collaborare anche nell’ambito di altre iniziative, come delineate nel protocollo di intesa sottoscritto nell’ottobre 2020”. 

“Alla luce delle drammatiche evidenze che continuano a manifestarsi nella nostra provincia in materia di contagi epidemiologici, chiediamo un incontro urgente al massimo referente sanitario territoriale”. È la richiesta inviata oggi da Cgil, Cisl e Uil Taranto al direttore generale Asl Taranto, Stefano Rossi, a seguito dell’evoluzione negativa del Covid nel Tarantino. “A preoccupare - dicono i sindacati - è il piano vaccini e la scansione temporale con cui saranno raggiunti i cittadini molto anziani o quelli che meritano una copertura vaccinale immediata a causa del lavoro che svolgono”. Le confederazioni evidenziano poi lo stato delle Rsa, le residenze assistenziali per anziani che Cgil, Cisl e Uil ritengono “da sempre vere e proprie bombe ad orologeria per i focolai territoriali”, nonché richiamano l’attenzione del dg Rossi “su tutte le altre prestazioni sanitarie che il Covid ha fatto arretrare”. “Non c’è più tempo da perdere - ribadiscono dopo la conferenza stampa di qualche giorno fa i vertici tarantini di Cgil, Cisl e Uil - e le istituzioni sanitarie condividano con la comunità azioni di sostegno ad una guerra che non si vince da soli”. 

“Alla luce delle drammatiche evidenze che continuano a manifestarsi nella nostra provincia in materia di contagi epidemiologici, chiediamo un incontro urgente al massimo referente sanitario territoriale”. È la richiesta inviata oggi da Cgil, Cisl e Uil Taranto al direttore generale Asl Taranto, Stefano Rossi, a seguito dell’evoluzione negativa del Covid nel Tarantino. “A preoccupare - dicono i sindacati - è il piano vaccini e la scansione temporale con cui saranno raggiunti i cittadini molto anziani o quelli che meritano una copertura vaccinale immediata a causa del lavoro che svolgono”. Le confederazioni evidenziano poi lo stato delle Rsa, le residenze assistenziali per anziani che Cgil, Cisl e Uil ritengono “da sempre vere e proprie bombe ad orologeria per i focolai territoriali”, nonché richiamano l’attenzione del dg Rossi “su tutte le altre prestazioni sanitarie che il Covid ha fatto arretrare”. “Non c’è più tempo da perdere - ribadiscono dopo la conferenza stampa di qualche giorno fa i vertici tarantini di Cgil, Cisl e Uil - e le istituzioni sanitarie condividano con la comunità azioni di sostegno ad una guerra che non si vince da soli”. 

 L’ulteriore peggioramento della situazione dell'ex Ilva di Taranto, avvenuto in questi ultimi giorni, "potrebbe generare tensioni sociali ingovernabili". Lo scrivono i segretari generali di Fim-Cisl Fiom-Cgil Uilm-Uil, Roberto Benaglia, Francesca Re David e Rocco Palombella, in una lettera inviata ai ministri Giorgetti, Orlando, Cingolani, Franco, a cui chiedono "un incontro urgente al fine di individuare al più presto le necessarie e opportune soluzioni a questa drammatica vertenza". 

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