Cementir Italia S.p.A. è un’Azienda controllata dal gruppo Cementir Holding S.p.A. società
multinazionale il cui azionista di riferimento è la famiglia Caltagirone di Roma.
Lo stabilimento Cementir - Cementerie del Tirreno, oggi Cementir Italia Spa, di Taranto nasce negli anni
’60 all’interno del gruppo IRI proprio perché a ridosso della più grande acciaieria di Europa per l’utilizzo
della loppa sotto prodotto della ghisa. Permettendo all’ex Italsider, oggi Riva, di smaltire la loppa che
diversamente per il produttore diventerebbe un rifiuto speciale da dover dismettere. Noi adoperiamo la
loppa nel nostro ciclo di produzione dei cementi di tipo III. I cementi di questo tipo chiamato “d’altoforno ”
è un prodotto eco compatibile rispetto agli altri tipi in quanto richiedono meno energia per essere prodotti
e riciclano sotto prodotti di altri cicli produttivi. In questi anni la proprietà a fronte di questa acquisizione,
frutto della privatizzazione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, ha potuto accumulare tanto profitto
da investire all’estero e continuando a macinare successi economici a costruito un “impero” multinazionale.
Lo stabilimento di Taranto usa la loppa anche per produrre il clinker con conseguente riduzione di
consumi energetici, incrementandone l’utilizzo rende più performante il prodotto finale. Il clinker usato
anche per cementi non di tipo III offre maggiori vantaggi economici. Inoltre usare la loppa per produrre il
clinker riduce il consumo di argilla con minori richieste di materiale di cava.
Acquisire il clinker da altri siti significa usare un prodotto che ha un maggiore impatto ambientale in fase
produttiva ed arreca un ulteriore danno ambientale perché và ad aggiungersi l’inquinamento causato dal
trasporto su gomma contrariamente a quello che succederebbe producendolo a Taranto.
Rimanendo in ambito ambientale andrebbe anche precisato che il combustibile utilizzato per il ciclo a
caldo (Pet-coke) può essere diminuito con l’utilizzo del CSS (Combustibile Solido Secondario; ex CDR,
Combustibile Da Rifiuto) che utilizzato nelle cementerie offre le garanzie di essere smaltito in condizioni
tali da non produrre sottoprodotti inquinanti, in quanto le temperature minime di esercizio devono
necessariamente essere ben superiori alle temperature in cui il CSS potrebbe produrre tali sottoprodotti . Il
ns Stabilimento è dotato di un impianto collaudato e pronto all’uso che non sappiamo quando e se mai
verrà utilizzato. Si ricorda che smaltire CSS è un vantaggio per la collettività!!!
Lo stabilimento di Taranto ha un sistema di monitoraggio dei gas emessi al camino 24 ore su 24, una
centralina è collegata direttamente con l’Arpa di Taranto che controlla le nostre emissioni, ed in caso di
mancato rispetto dei limiti imposti ci sono delle sanzioni pensantissime nei confronti dell’Azienda.
Lo stabilimento di Taranto ha da sempre lavorato nel rispetto. Sta adempiendo anche alle ultime
prescrizioni previste dall’AIA frutto del congelato progetto “Nuova Taranto”.
Nel 2011 la Holding ha deciso di fare notevoli investimenti presso lo stabilimento di Taranto, realizzando
una nuova linea produttiva, utilizzando le tecnologie più innovative dal punto di vista dei rendimenti ed
ambientali. Dopo le note vicende che hanno interessato l’Ilva, il progetto è stato congelato.
Purtroppo e a tutti ben nota la rapida ed imprevedibile evoluzione degli eventi, che nel luglio 2012
hanno caratterizzato, con forte eco mediatico nazionale ed internazionale , le vicende del polo industriale
tarantino, con l’affare Ilva. I suoi perduranti effetti giudiziari ed, in generale, il clima d’incertezze rispetto
alla vitale fornitura di loppa che lo stabilimento siderurgico offriva al nostro impianto.
La decisione di realizzare una nuova linea produttiva è stata presa in pieno periodo di crisi economica
nazionale e di Cementir Italia, decisione da considerare giusta se si guarda verso le prospettive future, cosa
che non è stata mai fatta negli anni passati.
In queste condizioni appariva l’azienda sin dall’estate 2012 imporre un momento di riflessione alla
decisione di implementare l’investimento, complice il mai motivato blocco della delibera finale del previsto
finanziamento regionale a fondo perduto a favore dello stesso (circa 20ml di euro). Ma, in aggiunta al
perdurare di prospettive non chiare sul futuro dell’area a caldo dell’Ilva, ulteriori elementi intervenivano
negli ultimi mesi del 2012 a spingere l’Azienda a dichiarare il necessario congelamento dell’investimento,
tra i quali la difficile situazione dell’area portuale, che si stava risolvendo in una riduzione degli spazi
concessi in gestione esclusiva della Cementir, circostanza da cui scaturiva l’esigenza di rimodellamento
delle prospettive di spedizione via mare ipotizzate nel business case del nuovo impianto. Da ultimo, la
richiesta di un’applicazione secondo tempi stringenti di alcuni pur necessari, ma contemperabili solo con la
prospettiva immediata e accelerata del rifacimento completo dello stabilimento e la conseguente denegata
ipotesi di un rinvio per rendere compatibili gli investimenti da fare con i nuovi scenari di riferimento,
spengevano l’Azienda a considerare necessario, per un tempo transitorio ad allora non definibile un
ridimensionamento delle attività su quello stabilimento con chiusura dell’area a caldo fino a diversa
determinazione o a sblocco definitivo della decisione sul nuovo impianto. In questo contesto è da
aggiungersi il blocco della cava del calcare in agro di Statte (Ta) nonostante le autorizzazioni favorevoli
dell’assessorato regionale di competenze.
Quindi ancora una volta ci troviamo, in questa città, di fronte al fatto che invece di fare investimenti al
fine di ambientalizzare lo stabilimento, si preferisce bloccare tutto e mandare a casa centinaia di lavoratori
con disagio economico-sociale per gli stessi e le proprie famiglie ed arricchire già la tragica situazione
occupazionale nel nostro territorio Jonico.
A tal fine vi poniamo alcuni quesiti: come mai è possibile che a Taranto l’Autorità portuale prevede che
si facciano grandi opere portuali senza pretendere che si usi il cemento di altoforno, che viene esportato in
tutto il mondo per questo tipo di lavori?
Come mai la decisione della Cementir di congelare l’investimento di 175 ml di euro su Taranto viene
accolta quasi con soddisfazione anziché appoggiare la stessa a fare quanto aveva annunciato?
Come mai la Regione Piemonte sulla stessa vicenda ha trovato soluzioni che hanno potuto garantire il
mantenimento della presenza della Cementir sul territorio di Alessandria, a Taranto si aspetta con inerzia
che succeda qualcosa senza promuovere nessuna azione incisiva e risolutiva?
Come mai in Piemonte c’è una legge regionale che consente di prevedere ricadute positive per i territori
interessati dalle grandi opere ed in Puglia no?
Come mai il destino di 60 lavoratori diretti e di oltre 150 indiretti e delle loro famiglie che a breve
rischiano di perdere il posto di lavoro non interessa ai politici ed alle istituzioni pugliesi e tarantine?
Forse non siamo ugualmente italiani ed aventi diritti come i nostri colleghi piemontesi?
Forse a Taranto c’è chi pensa che governare e gestire le istituzioni significhi disinteressarsi del presente
e futuro dei lavoratori? Vi ricordiamo che l’organico prima di iniziare tutto ciò era di 115 unità con le mobilità che si sono
susseguite l’organico è stato ridotto 95 con lo spegnimento della linea a caldo l’organico si riduce a 42
unita.Perché l’Azienda sta ignorando la internalizzazione per la ricollocazione del personale e gli altri
strumenti previsti dall’accordo del 19/09/2013? Vogliamo la tutela dei posti di lavoro!
Noi non accettiamo tutto questo e siamo pronti a difendere i nostri posti di lavoro nell’unica ed ultima
speranza che la Regione Puglia ci dia appoggio. Diversamente, con qualunque mezzo, denunceremo
l’atteggiamento di abbandono di chi avrebbe dovuto tutelarci.
E’ noto alle parti che tutti i lavoratori hanno deciso di scioperare e che sono pronti alla mobilitazione,
non escludendo altre iniziative per la salvaguardia del proprio posto di lavoro.
In questi ultimi anni i lavoratori hanno fatto notevoli sacrifici per venire incontro all’Azienda con la
visione di un nuovo sito produttivo che avrebbe portato sicurezza e crescita per il futuro.
Abbiamo accettato passivamente un blocco delle categorie, dato la polivalenza incondizionatamente,
accettato una mobilità per ristrutturazione, lavorato in ambienti malsani, ma tutto ciò non è servito a
niente. L’Azienda e le istituzioni locali e regionale si devono assumere l’impegno del futuro dei lavoratori in
qualsiasi modo possibile.
Sulla qustione si registra un intervento del consigliere regionale Pd, Michele Mazzarano.
"La crisi dello stabilimento Cementir di Taranto è un altro puzzle di un mosaico industriale in disfacimento. La chiusura dell'area a caldo, derivante dalla caduta della domanda di approvvigionamento della loppa, legato alla crisi dell'edilizia e alle incertezze produttive dell'Ilva, ha un'altra pesante ricaduta occupazionale. La Regione Puglia ha il dovere di lavorare e sostenere un progetto di ammodernamento degli impianti che sia garanzia di maggiore ecocompatibilità rispetto agli attuali e rilanci lo stabilimento Cementir di Taranto. L'assessore Loredana Capone ha il dovere di accelerare un confronto in Giunta regionale su tale progetto e di aprirsi ad una larga condivisione. I lavoratori e le loro rappresentanze devono essere protagonisti di questo percorso. I problemi di Taranto meritano attenzione particolare per il loro valore strategico per l'intera regione".
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Economia, Lavoro & Industria