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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1912)

Nuova crociata ambientalista dell'associazione PeaceLink. Antonia Battaglia, Luciano manna e Alessandro Marescotti hanno, infatti, chiamato in causa il commissario straordinario per l’Ilva, Piero Gnudi, per chiedergli chiarimenti sul Rapporto di sicurezza di Ilva S.p.a. "il cui ultimo aggiornamento - sottolineano i tre ambientalisti - risale all'ottobre 2008. In virtù del D.Lgs. 334 del 1999, nello specifico art. 8, il rapporto in questione andrebbe riesaminato con cadenza quinquennale".

Il Rapporto di sicurezza è un elaborato tecnico, i cui contenuti in Italia sono definiti per legge dal DLgs n°334 del 1999 ("Legge Seveso"), che serve a individuare all'interno di uno stabilimento quali sono gli eventuali incidenti rilevanti possibili e quali sono le misure di sicurezza e di prevenzione adottate per prevenirli.
 
"Abbiamo chiesto informazioni in merito, tramite l’invio di posta elettronica certificata (PEC), all'ufficio Servizio rischio industriale della Regione Puglia, che - fanno presente Battaglia, Manna e Marescotti - ha risposto che ...agli atti di questo Servizio risulta che l'edizione del Rapporto di sicurezza della società Ilva SpA, validata dal Comitato tecnico regionale Puglia (Ctr) è quella del 2008. Per quanto riguarda invece l'edizione del 2013 si comunica che la stessa è oggetto di valutazione del Ctr (art.21 del D.Lgs. 334 del 1999 e smi.)...".
 
Non solo, i tre esponenti di Peacelink sottolienano, anche, che le versioni dei Rapporti di sicurezza consultabili on line per il pubblico "sono inaccessibili poichè il portale Ambiente della Regione Puglia è in manutenzione già da alcuni mesi".
 
Pertanto, in virtù di quanto appreso,  Peacelink chiede se tale situazione "disattende la direttiva europea 96/82/Ce relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose conosciuta come Legge Seveso II"; per quale motivo, ad oggi, l'edizione 2013 del Rapporto di sicurezza Ilva SpA "è ancora al vaglio del Ctr".

La questione del Rapporto di Sicurezza, secondo quanto affermano Battaglia, Manna e Marescotti, è di estrema inmportanza in quanto, dopo la lettera di messa in mora inviata nel settembre del 2013 dalla Commissione europea per il mancato controllo degli effetti dell’attività del centro siderurgico pugliese sull’atmosfera e il territorio, "se ne è aggiunta nell'aprile scorso una seconda complementare per il mancato rispetto della normativa Seveso, all'interno della quale gioca un ruolo cardine il Rapporto di sicurezza Ilva. Aggiungiamo, infine, che alla pubblica amministrazione spetta il compito di effettuare un'istruttoria tecnica sul Rapporto di sicurezza al fine di valutare l’idoneità e l’efficacia dell’analisi del rischio. La pubblica amministrazione - aggiungono i tre ambientalisti - deve verificare, anche mediante sopralluoghi presso lo stabilimento, la corrispondenza delle informazioni contenute nel Rapporto di sicurezza e quanto effettivamente attuato da parte dell'Ilva, indicando le situazioni di carattere impiantistico e gestionale sulle quali è opportuno intervenire per prevenire il rischio di incidente rilevante, migliorando le condizioni di sicurezza interne ed esterne allo stabilimento (sicurezza della popolazione, protezione ambientale, sicurezza dei lavoratori, sicurezza dei processi). L’istruttoria tecnica si conclude con un atto che contiene le valutazioni tecniche finali, le eventuali prescrizioni integrative e, - conbcludono Battaglia, Manna e Marescotti - qualora le misure adottate dal gestore per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti, viene prevista la limitazione o il divieto di esercizio".
"La delibera approvata con compiacimento ma con dubbia efficacia, serve solo a mettere ulteriormente in forse i tempi di realizzazione delle opere portuali ed in alcuni casi la loro stessa già acquisita fattibilità. Mette inoltre ulteriormente in posizione di debolezza il territorio e i lavoratori portuali nella complicatissima vertenza da tempo in atto nel comparto"
E' una bocciatura senza appello quella che i segretari di Filt-Cgil, Oronzo Fiorino, Fit-Cisl, Francesco Tursi, e Uiltrasporti, Carmelo Sasso, fanno della delibera di giunta approvata mercoledì scorso dal Consiglio comunale che approva il piano regolatore del porto ma che blocca il progetto Tempa rossa. La variante, indicata dalle commissioni Assetto del territorio e Attività produttive, impedisce di fatto la costruzione di due grandi serbatoi nei quali stoccare il petrolio in arrivo dal giacimento della Basilicata e l'allungamento di 350 metri del pontile petroli della raffineria per l'attracco delle navi destinate a caricare il greggio.
Un provvedimento che proprio non piace ai sindacati categoria che, pure, erano stati ascoltati dai componenti le due commissioni consiliari ma, evidentemente, dicono Fiorino, Tursi e Sasso, "nella sostanza i nostri suggerimenti sono rimasti inascoltati e, oggi, si addiviene ad una decisione anomala, della quale noi stessi, 
al momento, non conosciamo esattamente i contenuti". 
Un comportamento, sostengono i segretari di Filt, Fit e Uiltrasporti che, di fatto, crea una voragine tra istituzioni e lavoratori con i secondi che hanno perso fiducia nelle prime.
"Ai lavoratori dell’edilizia, dei servizi tecnico nautici, dell’autotrasporto, delle agenzie marittime e spedizionieri, che da anni attendono la realizzazione delle opere portuali al fine di un possibile incremento delle loro attività lavorative (che ricordiamo sono sprovvisti in questa fase di durissima crisi di ogni sorta di “paracadute” in termini di ammortizzatori sociali), - sottolineano i tre segretari - chi assume le decisioni dovrà pur dare delle risposte.  Riprendiamo, da subito, i nostri percorsi, - concludono Fiorino, Tursi e Sasso - forti dei convincimenti maturati e con una maggiore consapevolezza su quelli che potranno essere gli “alleati”, veri e leali, con i quali potersi interfacciare per finalizzare i progetti di futuro. Ritorniamo ad invocare un confronto “vero” con tutti gli attori interessati nella programmazione dello sviluppo del nostro territorio". 
 

Domani mattina, sabato 8 novembre, nella fascia oraria compresa tra le ore 11.00 e le ore 12.00, nello stabilimento Ilvadi Taranto, sarà eseguita l'attività di demolizione, con l'utilizzo di esplosivi, di una torre piezometrica della rete acqua di stabilimento, dismessa, in cemento armato, sita nella zona Nord Ovest. In caso di condizioni meteo avverse l'operazione sarà rimandata a data da destinarsi.
A darne notizia è la direzione dello stabilmento che precisa anche che la Questura di Taranto "ha concesso il permesso all’esecuzione delle attività, che saranno svolte dalla società Nitrex Srl. 
Al fine di garantire le condizioni di massima sicurezza - spiegano all'Ilva - durante l'intervento saranno attivati tutti gli enti dello stabilimento preposti alla sicurezza e prevenzione per applicare le procedure prescritte, nonchè quelle indicate dalla Questura". 

La torre piezometrica  è un manufatto utilizzato frequentemente negli schemi acquedottistici, composta da un serbatoio sollevato da terra da tralicci in metallo o muratura. Viene in genere utilizzato come riserva, e per ottenere una pressione nelle condutture maggiore di quella dell'acquedotto; la pressione allo scarico è direttamente dipendente dall'altezza del serbatoioSono opere di notevole altezza perché vincolate al rispetto della linea piezometrica della condotta.

Le torri possono svolgere una o più  funzioni come la regolazione della piezometrica quando è necessario fissare una quota della linea piezometrica in un determinato punto del tracciato della condotta per evitare che un tratto di condotta possa essere oggetto di valori di pressioni non compatibili con le sue caratteristiche meccaniche (es. condotte cementizie); per derivare da un'adduttrice garantendo un carico idraulico di partenza costante.

Altra funzione è la sconnessione idraulica: quando si vuole evitare che il moto vario che si può generare nel tratto di condotta a valle possa propagarsi a quello di monte oppure quando si hanno abitati serviti da serbatoi di estremità. In questo caso l'adduttrice può lavorare a portata costante non risentendo più della variabilità della portata nelle 24 ore legata ai consumi del centro urbano); per proteggere un tratto di condotta dai fenomeni di colpo d'ariete come nel caso delle condotte forzate.

Infine c'è la funzione di sezionamento quando è necessario suddividere una lunga condotta di adduzione in diversi tronchi di idonea lunghezza in modo che, in caso di rottura di uno di questi, non sia necessario svuotare l'intera adduttrice ma solo il tronco da riparare".

L'accordo raggiunto in Sicilia per il futuro della raffineria di Gela rappresenta per il territorio e i lavoratori un punto d'arrivo importantissimo. Dopo un lungo periodo di vertenza, in cui anche i rappresentanti politici si sono assunte le loro responsabilità, l'Eni ha deciso di investire due miliardi per trasformare la raffineria in una green refinery, una centrale capace di produrre biodiesel a partire da materiali vegetali e non più fossili.

Ma se in Sicilia si investe grazie alla pressione dei lavoratori e della politica, "a Taranto - fa presente Giordano Fumarola, segretario generale della Filctem CGIL - il futuro sarà ben diverso. Il deposito costiero comporterà la perdita, nel tempo, del novanta percento dei lavoratori, dai circa quattrocento che sono ora, si arriverà a meno di cinquanta. Investimenti come quelli di Gela permetterebbero di avere impianti più ecocompatibili e più performanti, e questo non solo garantirebbe una qualità di vita migliore nel territorio ma permetterebbe di salvaguardare i livelli occupazionali, garantendo almeno il numero di dipendenti che ora sono in carico alla raffineria. Con il progetto del deposito costiero i lavoratori dell'indotto potrebbero essere i primi a pagarne la scelta. "Come Filctem Cgil - dice Fumarola - ci piacerebbe che l'esempio di Gela fosse seguito anche a Taranto, una città e un territorio già duramente colpito che ha bisogno di importanti investimenti in termini di innovazione e ambientalizzazione, di un ragionamento capace di guardare al futuro senza timore. Ma tutti sono tenuti a fare la propria parte. Così come i lavoratori a Gela sono stati capaci di stare in una vertenza complessa, portando a casa un risultato storico, così lo saranno anche a Taranto, ma è necessario - conclude Fumarola - che l'impresa e le istituzioni si sentano chiamate in causa".

"Presidente, quando verrà, nei prossimi giorni, a Taranto ci permetta di accompagnarla all'interno dell'Ilva" perchè "solo così potrà conoscere la verità", quella verità che "anche Cgil, Cisl e Uil ed esponenti delle forze politiche locali non le rappresentano".

E' questo, in estrema sintesi, il succo della lettera che il Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti ha inviato al presidente del Consiglio, Renzi, in vista di una sua visita a Taranto.

 " In questi anni - si legge nella lettera - il Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti ha svolto un importante ruolo negli eventi nevralgici che hanno segnato la storia della città e del siderurgico che ospita. Al proprio interno raccoglie cittadini impegnati in prima linea nella lotta all'inquinamento e lavoratori da anni attivi affinché, proprio in quella fabbrica, il lavoro non fosse solo un moltiplicatore di morte (tanto nello svolgimento delle proprie mansioni quanto coi fumi e i veleni della produzione). Alcuni di loro hanno svolto un ruolo centrale e decisivo anche nell'ambito dell'inchiesta "Ambiente Svenduto" condotta dalla magistratura tarantina. Un esempio su tutti: difficilmente - spiegano nella lettera a Renzi - si sarebbe giunti alla scoperta dei fiduciari dei Riva in fabbrica, che operavano come kapò pur non avendo alcun inquadramento aziendale, senza chi vi scrive; senza il mobbing e le angherie subiti da pochi coraggiosi operai spesso osteggiati anche da Cgil, Cisl e Uil. Se oggi non esiste più un "governo ombra" nello stabilimento lo si deve alle nostre scelte. Le scriviamo, dunque, perché il giorno in cui verrà a Taranto non vorremmo contestarla, urlarle contro le colpe che pure il suo Governo ha nella vicenda Ilva. Al contrario vorremmo accompagnarla, portarla negli impianti per farle conoscere la "vera" Ilva con gli occhi di chi per anni ha denunciato nel silenzio totale di istituzioni e sindacati (fino all'arrivo dei sigilli della Magistratura). Vorremmo poter esprimere le nostre idee alternative per Taranto, il Sud e l'Italia. La nostra posizione e la nostra storia - prosegue la lettera dei Liberi e pensanti - non possono in alcun modo essere rappresentati dai sindacati e siamo certi che se si limiterà ad incontrare loro non potrà avere una vera idea di cosa è Taranto e di ciò che tutt'oggi accade nell'Ilva. Camminerebbe all'interno della bolla di vetro linda e pulita che sono bravi a decorare per le grandi occasioni. Noi le offriamo la possibilità di un viaggio vero nella carne moribonda del mostro d'acciaio, ma le ricordiamo anche che le organizzazioni sindacali non sono rappresentative di tutti gli operai presenti in fabbrica, bensì solo di una minoranza. Noi - concludono - le diamo l'occasione di non fare una semplice passerella, e le chiediamo in cambio solo la possibilità di esporle il nostro punto di vista, quelle verità che tanto i sindacati quanto le forze politiche (a cominciare da chi rappresenta in terra ionica il Partito democratico) non le racconteranno mai".

La bonifica del Mar Piccolo non può attendere oltre. L’importante specchio d’acqua per il tessuto produttivo e economico di Taranto non può continuare ad attendere gli interventi da tempo assicurati per la sua riqualificazione. Del resto sono trascorsi tre anni dal divieto di coltivazione e commercializzazione dei mitili del mar Piccolo e le soluzioni fino a questo momento attuate e quelle prospettate non hanno risolto il problema degli operatori del mare ingiustamente messi in ginocchio e al limite delle proprie possibilità di sopravvivenza.

Allora ecco che Opera (l’accordo di cooperazione tra venti associazioni del territorio tarantino) rompe gli indugi e scrive al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e al commissario straordinario per le bonifiche, Vera Corbelli, non disdegnando di far giungere le quattro paginette scritte fitte fitte anche sui tavoli del presidente della Regione, Vendola, e dei suoi assessori alla Qualità dell’ambiente, Lorenzo Nicastro, e alle Risorse agroalimentari, Fabrizio Nardoni, nonché del sindaco Ezio Stefàno, del presidente della Provincia, Martino Tamburrano, e del prefetto Umberto Guidato.

Una lettera nella quale le venti associazioni, rappresentate nell’occasione da Massimo Di Giuseppe (Pri.Ma) e Giovanni Carbotti (Taranto respira), chiedono un incontro con il commissario straordinario Corbelli e, soprattutto e nel nome della collettività tarantina, “accesso alle informazioni riguardo la contezza della reale quantità e disponibilità attuale dei finanziamenti e della loro distribuzione d’uso”.

Ma è l’esigenza di incontrare il commissario Vera Corbelli la chiave di volta per il rilancio di mar Piccolo soprattutto perché, sottolineano Di Giuseppe e Carbotti, non è dato conoscere “quali metodologie di bonifiche verranno adottate in modo da dissipare qualsiasi timore di distruzione del patrimonio di inestimabile valore naturalistico del mar Piccolo contraddistinto da elevati valori di biodiversità e di abbondanza”.

Infatti, fanno notare Di Giuseppe e Carbotti, un’operazione “fortemente invasiva” di rimozione meccanica dei sedimenti arrecherebbe “danni a tutto l’ecosistema e peggiorerebbe la qualità delle acque compromettendo definitivamente la pesca e l’attività di allevamento dei mitili”.

Insomma, per i due firmatari della lettera e per il cartello di associazioni, il commissario Corbelli non può e non deve indugiare oltre e ascoltare e coinvolgere, nel processo di riqualificazione, tutti gli attori in campo “in un contraddittorio che tenga conto delle ragioni di tutti e che abbia, come priorità, la difesa dell’ambiente e del lavoro da ogni tentativo esclusivamente speculativo e di mero profitto”.

Al contrario, invece, fanno notare nelle lettera Di Giuseppe e Carbotti, gli operatori del settore mitilicolo hanno potuto partecipare all’incontro dello scorso 21 febbraio “solo dopo l’intervento del prefetto” così come non possono non rammaricarsi per il fatto che, in occasione della prima visita a Taranto del commissario Corbelli, la stessa “ha incontrato, oltre ai referenti istituzionali, soltanto una parte della realtà produttiva locale, Confindustria e Ance, recependo le loro indicazioni e la loro progettualità di parte senza alcun confronto, e condivisione, con gli altri settori economici”.

Situazione alla quale va posto rimedio come va posto rimedio al fatto che sempre il commissario straordinario per le bonifiche “ha richiesto ulteriori approfondimenti dello studio sul mar Piccolo”. Questo, fanno presente Di Giuseppe e Carbotti al ministro Galletti e allo stesso commissario Corbelli, comporta “un’ulteriore dilatazione dei tempi del cronoprogramma previsto, evento che si ripercuoterebbe ancora di più sulle categorie interessate che, secondo i dati del Rapporto Taranto 2014 della Camera di commercio, rappresentano il 10% del pil della provincia di Taranto”.

p. d'a.

“Se fossimo in un campionato di calcio, potremmo dire che il sindaco Stefàno ha deciso di far giocare Taranto in serie C”. lo dichiara il consigliere regionale di Forza Italia, Pietro Lospinuso.
“Ieri il Consiglio comunale ha approvato la variante al piano regolatore del porto – prosegue - che verte tutta su un falsità: la connessione tra l’intervento di prolungamento del pontile e l’investimento di Tempa Rossa. Una circostanza evidentemente falsa con cui la sinistra ha deciso di privare la città di un’infrastruttura strategica. Infatti, il progetto del pontile esiste da molto tempo prima che si parlasse di Tempa Rossa: sono passati 14 anni dall’inizio dell’iter per l’approvazione del piano regolatore del porto e da lì è cominciato il faticoso iter burocratico con l’approvazione del PRP da parte della Regione Puglia, la procedura di Via, l’intesa con il Comune sulla proposta di PRP, l’adozione da parte dell’autorità portuale, il rapporto sulla sicurezza dell’ambito portuale… un impegno bruciato, inutile, quando tutti gli atti, non abrogati, contenevano la previsione del progetto del pontile. 14 anni di permessi e rapporti per veder sfumare ogni sforzo durante una miope seduta del Consiglio comunale".
Ma nel 2007, quando Tempa Rossa non esisteva e il Comune approvava il Piano, , ricorda ancora Lospinuso, il sindaco "era lo stesso, solo che allora immaginava un porto di serie A… cosa è cambiato oggi? Il prolungamento del pontile, oggi come ieri, resta strategico per lo sviluppo portuale. Si pensi che Marsiglia ha presentato un ricorso contro Trieste proprio per questo: le opere infrastrutturali realizzate nel porto italiano lo rendevano troppo competitivo, danneggiando, secondo Marsiglia, i traffici delle altre stazioni. Tradotto:, - conclude Pietro Lospinuso - è come se Taranto avesse una Ferrari e la sinistra abbia voluto montarci il motore di una 500 per renderla meno competitiva”.

La lettera della direzione generale concorrenza dell'UE recapitata al governo italiano il 1 novembre scorso, che chiede chiarimenti allo stato italiano sugli aiuti di Stato alla società Ilva spa, contiene informazioni "che sono notizie di reato  e confermano la validità dell'esposto presentato dai Verdi alla procura della Repubblica di Taranto il 28 ottobre scorso. In particolare la commissione europea ritiene che siano stati compiuti aiuti di stato e non applicato il principio chi inquina paga dal punto di vista finanziario".

E?, questa, l'opinione di Angelo Bonelli, coportavoce nazionale dei Verdi e consigliere comunale di Taranto, il quale ricorda, anche, che i 119 milioni di euro stanziati con il decreto n.129 del 2012 per bonificare aree pubbliche inquinate "avrebbero dovuto essere risanate a carico di chi ha inquinato e non dello stato e questo rappresenterebbe un aiuto di stato oltre che la violazione della direttiva europea sulla responsabilità ambientale relativa al principio chi inquina paga. Sono numerose le contestazioni formulate dal prestito ponte alla mancata approvazione del piano industriale fino ad arrivare a quella della bad company che impedirebbe l'avvio delle bonifiche a carico di chi ha inquinato. Ora - aggiunge Bonelli - la nostra domanda, che formuleremo in un esposto alla Corte dei Conti, è la seguente: come è possibile che lo stato spenda  119 milioni di euro per opere di risanamento ambientale che dovrebbero essere a carico invece di chi ha inquinato? Ripropongo ancora una volta al governo l'urgenza di un decreto legge che preveda il sequestro dei beni, titoli e patrimoni dei Riva e soci Ilva per realizzare le bonifiche delle aree agricole, falde , mare contaminate dalla diossina e per garantire il risarcimento danni alla popolazione che ha subito danni. La proposta che ribadiamo - conclude il Verde  è che Taranto diventi la Bilbao del mediterraneo attraverso un progetto di conversione industriale che può garantire occupazione per circa 30.000 persone".

Sulla stessa lunghezza d'onda di Bonelli è sintonizzata la rappresentante di PeaceLink, Antonia Battaglia. L'ambientalista tarantina, infatti, fa prersente che pochi giorni fa "PeaceLink ha informato la Commissione, in particolare la Direzione generale concorrenza, del fatto che le somme liberate dal Tribunale di Milano, che ha applicato norme scritte dal Governo Italiano, sarebbero dovute rimanere ben protette a garanzia soprattutto del futuro di Taranto, per quando davvero le bonifiche fossero state progettate e avviate. Invece, - sottolinea Antonia Battaglia - il governo italiano ha trascurato il fatto che l’Ilva è un’azienda ancora privata e che, secondo il principio europeo della concorrenza leale, non si possano utilizzare fondi statali per le attività correnti di alcuna impresa". 

Secondo la rappresentante di PeaceLink, dunque, tutto ciò si potrebbe configurare come "un aiuto di Stato nel momento in cui queste somme fossero confiscate e, a procedimento penale concluso, lo Stato non riuscisse più a recuperarle in quanto il Tribunale di Milano ha sostituito la garanzia monetaria in titoli derivanti dall’aumento del capitale di Ilva equivalente al 1,2 miliardo di euro trasferito. Titoli che potrebbero perdere in futuro il loro valore iniziale. A quel punto, lo Stato si troverebbe con un pugno di mosche in mano e la somma a garanzia delle bonifiche dei terreni da condurre e dei risarcimenti ai cittadini andrebbe irrimediabilmente persa. PeaceLink - conclude Battaglia - continuerà ad operare a livello europeo perché i diritti dei cittadini vengano tutelati. L'operato del governo italiano va fermato in nome del rispetto delle direttive europee".

Anche quest’anno il Gal Colline Joniche è presente ad Ecomondo 2014, grande appuntamento fieristico internazionale dedicato alle principali strategie della green economy nelle sue varie declinazioni che si concluderà alla Fiera di Rimini il prossimo 8 novembre.

Dallo scorso anno il Gal coglie l'opportunità di questo evento per proporre il modello Green Road, con l'obiettivo di sviluppare l'area rurale presente negli  11 comuni Jonici: Grottaglie, Carosimo, Crispiano, Faggiano, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Pulsano, Roccaforzata, San Giorgio e Statte al fine di creare buone prassi di sostenibilità ambientale, sociale, culturale ed economica, promuovendo così un processo che guarda al territorio come giacimento di risorse da valorizzare. Un progetto aggregativo- afferma il Presidente Antonio Prota- in cui tutti gli attori coinvolti credono nello sviluppo territoriale sostenibile e dove il contado resiste e contrasta il fenomeno delle Ghost-City in ottica Smart Land.

Il percorso GreenRoad con la sua traccia di innovazione sociale e culturale potrà essere visionato nel pad B7 di Città Sostenibile della Fiera di Rimini, come una mappa di buone pratiche che il GAL Colline Joniche è riuscito ad innescare sul fronte pubblico e privato.

Come afferma il Consigliere del Cda del Gal Luca Lazzaro Green Road e' un modello di sviluppo integrato che partendo dalla multifunzionalità delle aziende agricole perseguita dai fondi strutturali per lo sviluppo guarda al turismo rurale come driver strategico."Sono infatti sempre più le imprese che puntano con decisione in direzione del Green elemento trasversale in grado di generare innovazione, di migliorare la competitività e di rilanciare l'occupazione" com'è emerso negli Stati Generali della Green Economy.

Noi cerchiamo di attuare questo principio – sottolinea ancora il presidente del GAL – attraverso il progetto Greenroad poiche nella crisi a circuito integrale del modello capitalistico fordista di Taranto e della sua economia, forniamo una visione partecipata e sviluppata con la metodologia del botton-up. In ottica di sicurezza alimentare, inoltre, il progetto mira a tutelare la biodiversità ancora ricca e presente in area ionica, attraverso la rete di agricoltori da sempre custodi del patrimonio territoriale.

Abbiamo bisogno di innovazioni da sperimentare ed applicare – termina Prota – e per questo pensiamo di confrontarsi con tutti gli altri soggetti presenti in questa realtà così importante, perché a noi sembra chiaro che non si esce dalla crisi ambientale con gli stessi strumenti che hanno contribuito a crearla.

 

 Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso presentato dall'Italcave avverso una diffida della Regione Puglia del lontano 2011. Diffida con cui si imponeva una sospensione del conferimento in questa discarica, regolato da un protocollo di intesa tra le due regioni (45 mila ton.), dei rifiuti provenienti dalla Campania per far fronte all’emergenza in corso in questa regione. NOE e Polizia provinciale avevano denunciato come le operazioni di trasporto e conferimento dei rifiuti non fossero rispettose delle severe norme imposte dallo stesso accordo.

Il traffico dei rifiuti, tra le proteste di Legambiente e dei cittadini di Statte, era però proseguito per la sospensiva della diffida, ottenuta in prima istanza dall'Italcave da parte del TAR del Lazio.  Il successivo pronunciamento dello stesso TAR ha però dato torto all'Italcave. Sentenza di recente confermata anche in via definitiva dal Consiglio di Stato. “Si tratta di una sentenza della massima importanza” sostiene Leo Corvace di Legambiente “poiché sancisce che i rifiuti urbani, anche trito vagliati ma non stabilizzati, non mutano la loro caratteristica originaria e quindi non rientrano nel regime dei rifiuti speciali per i quali non vige l’obbligo di smaltimento presso il proprio ATO di appartenenza. Una tesi, questa, già sostenuta a suo tempo da Legambiente, Regione e Polizia provinciale”.

La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce infatti come “la mancata stabilizzazione della frazione umida trito vagliata rende inefficace il trattamento (ndr. di trito vagliatura) e non consente di soddisfare le esigenze di tutela ambientale richieste dal dettato comunitario e nazionale, generando un flusso di rifiuti con caratteristiche chimico – fisiche e biologiche che, per carico organico ed emissioni odorigene, risulta egualmente se non più problematico dal punto di vista gestionale e di trasporto, rispetto al rifiuto indifferenziato al trattamento…”.  Si delinea un contesto preoccupante in merito alla  gestione dell’Italcave e delle altre discariche di rifiuti speciali della provincia, che porta  Lunetta Franco, presidente del circolo di Taranto, ad affermare : “Alla luce di questa sentenza ci si chiede quanti rifiuti urbani in luogo di quelli speciali siano stati in questi anni smaltiti presso questi impianti e con quali ripercussioni su salute ed ambiente”.

   Legambiente, tramite i suoi due esponenti, chiede alle autorità competenti l’effettuazione di indagini e controlli volti ad accertare l’eventuale sussistenza di irregolarità nella gestione dell’Italcave e delle altre discariche per rifiuti speciali della provincia in relazione ai dettami di questa sentenza del  Consiglio di Stato. Gli eventuali risvolti di natura penale ed amministrativa devono necessariamente tradursi in revisione di autorizzazioni ed AIA concesse ai gestori.

 

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