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Giornale di Taranto - Artigianato, Commercio & Agricoltura
Artigianato, Commercio & Agricoltura

Artigianato, Commercio & Agricoltura (138)

Da lunedì 25 Maggio bar ed esercizi di ristorazione potranno inoltrare al Suap la richiesta per aumentare l’occupazione di suolo pubblico senza costi aggiuntivi. 

 

La dichiarazione, corredata da planimetria, permetterà di posizionare gratuitamente tavolini, sedie e ombrelloni con un incremento del 50% dello spazio concesso con le autorizzazioni precedenti, in modo tale da compensare la necessità di maggiore distanziamento prevista dalle norme anti Covid-19. 

 

La procedura, peraltro, è stata estremamente snellita perché, a meno di situazioni particolari, la comunicazione avrà praticamente già valore di autorizzazione. La novità, rispetto ad altre città d’Italia, è che anche le nuove autorizzazioni saranno concesse con le stesse norme e procedure. 

 

«Voglio ringraziare ASL, Soprintendenza e dirigenti del Suap - le parole dell’assessore Gianni Cataldino - per aver accompagnato l'esigenza dell'amministrazione Melucci di sburocratizzare al massimo l'iter sino al 30 ottobre. Questo provvedimento, insieme alle delibere in preparazione, nasce dall'ascolto delle realtà produttive effettuato con il sindaco Rinaldo Melucci. Alle due “S” di sanità e sicurezza, abbiamo voluto far seguire quella di serenità e per questo abbiamo avviato un confronto con ASL e con gli altri attori coinvolti per poter dare agli operatori garanzia di norme chiare e controlli omogenei. Il resto è affidato al senso di responsabilità di esercenti e fruitori».

Riparte il Mercato Campagna Amica. Identica la location, la centralissima via Mignogna; identica la qualità dei prodotti proposti ai consumatori direttamente da chi li ha raccolti o trasformati appena poche ore prima, per assicurarne la tracciabilità, che è garanzia di genuinità.

Il Mercato Campagna Amica ritorna da domani, ogni venerdì, dalle 16 alle 20,30 con i propri prodotti a chilometro zero. In vetrina verdura, ortaggi e frutta di stagione (ciliegie, fragole, mele e albicocche, ma non solo); sarà possibile acquistare carni e salumi nostrani come il capocollo di Martina Franca, latticini e formaggi tipici come il caciocavallo stagionato in grotta, ma anche confetture e marmellate, creme da degustazione, prodotti da forno, biscotti tipici come le “intorchiate”, farine da legumi, succhi di melograno, miele, aceto di mele, olio evo e altre eccellenze della nostra terra o prodotti derivanti dalla loro trasformazione.

“I consumatori – commenta Alfonso Cavallo, presidente Coldiretti Taranto - sono sempre più orientati verso il cibo sano e frutta e verdura a chilometro zero per le loro proprietà salutistiche. E’ la freschezza a indirizzare e orientare l’acquisto delle verdure, seguita dalla stagionalità e dal prezzo conveniente. Non solo. La continua richiesta di prodotti freschi e di stagione stimola l’imprenditore biologico a inseguire ulteriori forme di contatto commerciale con il consumatore, sempre più preoccupato a ricercare sicurezza alimentare, qualità e maggiori informazioni sui metodi di produzione”.

“Le produzioni a chilometro zero, quelle offerte dal Mercato di Campagna Amica – aggiunge Aldo Raffaele De Sario, direttore Coldiretti Taranto - arrivano al consumatore senza essere imballate o confezionate. Sono sostenibili, fresche e consentono di acquistare, insieme al prodotto, anche i profumi e i sapori di stagione: ogni stagione è diversa per il palato, la vista e l’olfatto del consumatore attento alla propria salute, che riscopre, così, anche i sapori tipici dei prodotti che nascono e crescono secondo natura”.

La percentuale dei cittadini che acquistano prodotti a denominazione, bio o dagli agricoltori tradotti tiene perché i consumatori continuano a esprimere un forte interesse per le produzioni a elevato contenuto salutistico, identitario e ambientale. Di qui, l’impegno di Coldiretti a far ripartire il Mercato Campagna Amica anche a Taranto, ovviamente con tutte le misure necessarie imposte da questa fase 2 post covid: guanti, mascherine e gel per tutti gli operatori e produttori, delimitazione dell’area e ingressi contingentati per evitare assembramenti.

"È un'emergenza nell'emergenza: le gelate delle ultime ore e le nevicate primaverili sono il colpo di grazia per l'agricoltura pugliese. Gli effetti dei cambiamenti climatici si materializzano davanti ai nostri occhi. Non c'è pace per i produttori sull'altalena delle calamità, già alle prese con le ripercussioni dell'emergenza Coronavirus. Inizia per noi l'ennesima conta dei danni provocati da un repentino calo delle temperature che non lascia scampo alle nostre colture". Ad affermarlo dopo le precipitazioni nevose fuori stagione delle ultime ore e le temperature in picchiata è il presidente regionale CIA Puglia Raffaele Carrabba. Per il momento la perturbazione ha risparmiato solo il Salento. Si teme soprattutto per le colture orticole, rape, cavoli, broccoli, carciofi, fave novelle. A rischio i mandorli, i ciliegi in fiore e le varietà precoci di uva da tavola. Sono in pericolo anche gli ulivi: dovessero abbassarsi ulteriormente le temperature si riconfigurerebbe lo scenario del 2018, quando il freddo ha compromesso la campagna olivicola e le piante. Le colture cerealicole, già provate dalla siccità, ora rischiano un colpo mortale per le gelate.

 

 Le zone a Sud Est della provincia di Bari risultano le più colpite. Carciofi e ortaggi, nel Brindisino, in molti casi, sono rimasti nei campi: le aziende del Nord non ritirano più la merce. Si riscontrano problemi nella commercializzazione anche nei mercati ortofrutticoli di Fasano e Francavilla. Nella zona occidentale di Taranto gli agrumi erano in piena fioritura ed eventuali danni si potranno quantificare solo tra qualche giorno. Lo stesso dicasi per i vigneti, in particolare quelli sotto copertura, che sono nella fase di ripresa vegetativa. Tanta paura per le mandorle in fioritura o da poco terminata, a seconda delle varietà. Per fortuna, il vento, seppur problematico, attenua il rischio di eventuali gelate notturne. Nel Tavoliere delle Puglie, una delle principali piazze italiane del grano, sono proprio le colture cerealicole le osservate speciali. La pioggia tardiva, pure prevista in questi giorni, darà ossigeno ai grani in buono stato, gli altri potrebbero essere già spacciati. Gli asparagi, in procinto di essere raccolti, potrebbero aver subito i danni del freddo. I raccolti giornalieri, bloccati, si rivedranno tra due settimane."La bizzarria del tempo è dimostrata nei fatti: non piove ormai da mesi, i giorni scorsi sono stati caldi ed ora siamo ripiombati nell'inverno. Tutto ciò dimostra, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che non c'è più tempo da perdere e occorre garantire con polizze adeguate le colture da tutti i vari rischi a partire dal primo gennaio fino al 31 dicembre, visto e considerato che l'agricoltura è una fabbrica a cielo aperto, come ormai ripetiamo inascoltati da diversi anni. Il settore - conclude il presidente Carrabba - non si sta risparmiando in questa emergenza Coronavirus, ma servono risorse consistenti per fare ripartire più forte di prima la nostra agricoltura".

 

 Necessario avviare subito le procedure per richiedere lo stato di calamità per il settore florovivaistico che a causa dell’emergenza Coronavirus registra danni pari al 100% della produzione. E’ quanto chiede Coldiretti Puglia alla Regione Puglia per dare sollievo al comparto dei fiori e delle piante fiorite, un patrimonio andato perduto per l’azzeramento delle vendite in Italia e all’estero e per l’aggravio dei costi a carico delle aziende che devono garantire anche il corretto smaltimento. Il settore florovivaistico in Puglia con il distretto in provincia Lecce di Taviano e Leverano che si estende anche ai comuni limitrofi di Alliste, Maglie, Melissano, Nardò, Porto Cesareo, Racale e Ugento e quello della provincia di Bari con al centro della produzione e degli scambi Terlizzi, Canosa, Bisceglie, Molfetta, Ruvo di Puglia e Giovinazzo registra un danno incalcolabile con milioni di fiori e piante rimaste invendute.

 

 

 “La stima del danno supera di gran lunga i 200 milioni di euro, perché l’emergenza Coronavirus malauguratamente si è abbattuta sul settore proprio nel momento di maggiore produzione di un comparto caratterizzato da prodotti stagionali,  considerato che da marzo a metà maggio si concentra il 70% delle vendite annuali. I due poli florovivaistici pugliesi della provincia di Bari e Lecce sono al collasso. Coldiretti ha già predisposto un modello di autocertificazione per il calcolo e l’attestazione del danno”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia. Il comparto florovivaistico pugliese – aggiunge Coldiretti Puglia - conta una Produzione Lorda Vendibile (PLV) di oltre 300 Milioni di euro e circa 2 milioni di lavoro di giornate di lavoro, un segmento importante dell’economia agricola pugliese che va sostenuto con ogni strumento disponibile.

 

“Lo stato di calamità consentirebbe di avere un ristoro immediato, oltre a contributi in conto capitale fino all’80% del danno accertato, prestiti ad ammortamento quinquennale, proroga dei crediti agrari fino a 24 mesi, agevolazioni previdenziali fino a 12 mesi “, dice il presidente Muraglia. Le imprese florovivaistiche sono quelle che più hanno subito l’impatto delle misure di prevenzione adottate a livello nazionale – denuncia Coldiretti Puglia - che hanno visto andare in fumo completamente, nel momento più importante dell’anno, la produzione di fiori recisi e in vaso per effetto del divieto alle cerimonie e della chiusura ei negozi. “E’ blocco totale nel polo florovivaistico di Lecce con l’azzeramento degli ordini del 100%, parliamo di milioni di piante già pronte alla vendita che nel giro di pochi giorni bisognerà buttare, con le serre piene e la mancanza di spazio per fiori e piante già programmate per l’estate”, insiste il presidente di Coldiretti Lecce, Gianni Cantele. “Parliamo di milioni e milioni di steli quotidianamente buttati, di ranuncoli, anemoni, statice, garofani del poeta, lilium, strelitzie, craspedia, miniature, solidago, gipsophila, gerbere e altri. Il settore florovivaistico in provincia di Lecce è già in crisi di anni e questa ulteriore tegola rischia di far chiudere i battenti a decine di aziende con il conseguente licenziamento di centinaia di lavoratori”, aggiunge il presidente Cantele.(AGI)

Continua l’avanzata della Xylella fastidiosa come dimostrano altre 120 piante risultate infette alle analisi, di cui 117 olivi, due mandorli ed un oleandro. A darne notizia è Coldiretti Puglia, sulla base dei dati resi noti da "InfoXyella", relativi ai risultati delle analisi sui campioni di olivi del sesto aggiornamento del 2019. Attraverso tali accertamenti è stata rilevata la presenza della malattia su 71 piante tra ulivi, mandorli e oleandro in territorio brindisino, di cui 56 a Ostuni e 15 a Ceglie Messapica, mentre 49 ulivi risultati infetti ricadono nel territorio di quattro comuni della provincia di Taranto (quattro a Monteiasi, 19 a Montemesola, 19 a Crispiano e sette a Taranto). Nella provincia tarantina il fronte della batteriosi avanza spostandosi più ad ovest (Longitudine 17.2971) rispetto ai precedenti aggiornamenti. “Le nuove infezioni accertate confermano che continua la virata e l’avanzata della malattia - spiega Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia - sul fronte tarantino verso Matera. L’infezione colpisce anche altre specie, come testimoniato dai risultati delle analisi sulle due piante di mandorlo, come precedentemente accaduto alla pianta di rosmarino sempre ad Ostuni.

 

- Ciò rende ancora più necessario che gli agricoltori abbiano la possibilità di diversificare le attività colturali per garantirsi un futuro imprenditoriale realistico, affidandosi ai dati scientifici. Continua a mancare una strategia condivisa e univoca tra enti regionali, nazionali e comunitari per fermare la malattia e ridare speranza di futuro ai territori che hanno perso l’intero patrimonio olivicolo e paesaggistico”, aggiunge ancora Muraglia. "La stessa Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – precisa la Coldiretti - ha lanciato l’allarme sulla diffusione della Xylella che minaccia la maggior parte del territorio Ue dove tra l’altro sono stati individuati altri casi di malattia, dalla Francia alla Spagna, dalla Germania al Portogallo con il contagio che avanza inarrestabile verso nord. Sotto accusa però ci sono anche le responsabilità comunitarie a partire – sottolinea la Coldiretti – dal sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto poiché il batterio che sta distruggendo gli ulivi pugliesi è stato introdotto nel Salento dal Costa Rica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam . Dall’autunno 2013, data in cui è stata accertata su un appezzamento di olivo a Gallipoli, la malattia – continua Coldiretti – si è estesa senza che venisse applicata una strategia efficace per fermare il contagio che, dopo aver fatto seccare gli ulivi leccesi, ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto. Per effetto dei cambiamenti climatici e della globalizzazione – conclude Coldiretti - si moltiplica l’arrivo di materiale vegetale infetto e parassiti vari che provato stragi nelle coltivazioni e per questo serve un cambio di passo nelle misure di prevenzione e di intervento sia a livello comunitario che nazionale anche con l’avvio di una apposita task force".

"Da minorenne ho iniziato a lavorare come bracciante. Adesso il settore dell'agricoltura può rappresentare uno sbocco lavorativo per tanti ragazzi e ragazze a cui non chiediamo di tornare alla zappa, ma di entrare in settore fatto di innovazione, agricoltura di precisione, rispetto dell'ambiente". Lo ha detto la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, a 'Green zone' su Rai Radio1, sottolineando che l'agricoltura "non è un settore del passato ma è il futuro se l'impresa agricola è redditizia".

   "Per noi - ha aggiunto poi - vale l'equazione buona agricoltura buon cibo. Abbiamo tantissimi punti di eccellenza e vogliamo riportare questo settore primario ad essere al centro dell'agenda politica ed economica del paese". "Le parole chiave sono trasparenza e 

indennizzi per chi è stato colpito. Servono investimenti per indennizzare non solo chi ha subito il danno ma anche il territorio, per ricostruire il paesaggio. Un Salento senza gli  alberi di ulivo non lo vogliamo conoscere". Lo ha detto Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole, sempre a 'Green zone' su Rai Radio1.

   E poi, ha aggiunto, serve "la ricerca: i fondi sono sempre pochi, ma la ricerca è l'unico strumento per contrastare la xylella e le altre malattie".

L’incontro si svolgerà presso la Camera di Commercio. Insieme Coldiretti, Unioncamere, Camera di Commercio, Punto Impresa Digitale e Progetto Policoro dell’Arcidiocesi

 

 


Marketing digitale a supporto delle aziende agricole, innovazione intesa come chiave di quelle aziende che oggi vogliono essere competitive per reggere la concorrenza, organizzazione della produzione aziendale migliorata da nuovi hardware e software che impattano positivamente sulla filiera produttiva. Questi sono solo alcuni degli argomenti di cui si discuterà domani, martedì 17 dicembre dalle ore 16, presso la sala convegni della Camera di Commercio di Brindisi.

Insieme nell’organizzazione la stessa Camera di Commercio, Coldiretti Brindisi e Coldiretti Giovani Impresa, Eccellenze in digitale - Unioncamere, Punto Impresa Digitale e Progetto Policoro dell’Arcidiocesi Brindisi – Ostuni.

La rivoluzione digitale è in atto e non può essere ignorata. Questo vale per tutti i settori e anche per l’agricoltura, che pur essendo un settore molto antico, può validamente conservare la tradizione e aprirsi all’innovazione. Parlare, quindi, di agricoltura digitale, agricoltura 4.0 non deve spaventare, perché il digitale è una grande opportunità di crescita per un settore fondamentale come quello agricolo.

Quali aziende agricole possono e devono ricorrere al digitale? Tutte: quelle che producono prodotti da lavorare, quelle che trasformano le materie prime in prodotti finiti, quelle che rivendono al dettaglio i prodotti agricoli. In ogni caso, il digitale deve diventare un prolungamento dell’azienda, un ponte di collegamento tra attività agricola reale, negozio e clienti cui vendere i prodotti. Un’azienda che fa agricoltura digitale ha un unico fine: vendere, a prescindere dalla concreta attività di produzione, trasformazione o rivendita del prodotto.

Quali strumenti digitali consigliare a un imprenditore agricolo? Bisognerebbe conoscere il tipo di attività cui applicare il marketing digitale, il target del potenziale cliente da raggiungere e le piattaforme digitali più frequentate dagli agricoltori digitali o da semplici appassionati di alimentare e prodotti sani.

Dal sito web per farsi conoscere e informare all’e-commerce, dalla pagina Google My Business ai social media, vere piazze online molto usate dalle persone di tutte le fasce di età, come Facebook, Instagram, Linkedin e Youtube. Puntare al marketing digitale è molto utile per dare visibilità a un nuovo marchio, che si affaccia sul mercato oppure per far aumentare la notorietà di un brand, presente da tempo sul mercato. Non solo; attraverso gli strumenti del marketing digitale è possibile mantenere costantemente il contatto diretto con i clienti già acquisiti, fare attività di fidelizzazione e promuovere i propri prodotti, oltre che far conoscere il proprio lavoro e raccontare la storia della propria azienda. Anche il futuro delle aziende agricole sta in un mix tra l’online e l’offline.

C’era anche la Coldiretti Taranto al completo a Roma in Piazza Montecitorio, alla manifestazione nazionale organizzata da Coldiretti per denunciare le invasioni di cinghiali.

L’obiettivo è stato quello di porre sotto la lente di ingrandimento un’emergenza che sta provocando in tutta la provincia ionica l’abbandono delle aree interne, problemi sociali economici e ambientali con inevitabili riflessi e ricadute negative sul paesaggio e sulle produzioni.

Non è mai stato così alto l’allarme nella nostra provincia, soprattutto nel versante occidentale, per linvasione dei cinghiali, favorita anche dall’habitat naturale”, ha detto Alfonso Cavallo, presidente Coldiretti Taranto. Non a caso, sui cartelloni di protesta ieri mattina si leggeva: Il cinghiale campa, il campo crepa”, Basta danni e paura, fate qualcosa”, “Il cinghiale ci piace, ma solo con la polenta”.

“I cinghiali – continua Cavallo - assediano stalle, causano incidenti stradali nelle campagne, ma rappresentano un pericolo anche per l’incolumità dei cittadini. Solo in Puglia sono 310 gli incidenti stradali causati da animali selvatici nei primi nove mesi del 2019. E nella nostra provincia, l’escalation di danni, aggressioni e incidenti è il risultato dell’incontrollata proliferazione di questi animali selvatici”. “Mettono a rischio non solo le produzioni agroalimentari e l’assetto idrogeologico del territorio, ma anche la vita di agricoltori e automobilisti, con una diffusione che ormai si estende dalle campagne alle città”, ha denunciato Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia, a Roma a capo della delegazione di oltre 300 allevatori e agricoltori proveniente dalla campagne di BariFoggia, Taranto eanche dal Salento.

La paura – continua Cavallo - dilaga dalla collina alla pianura, dalle zone vicino ai fiumi e ai canali fino a quelle sul mareFamelici e in branchi, risalgono dalle gravine e cercano acqua e cibo. Fanno razzia nei tendoni, seminativi, campi di frutta, legumi, piantine, ortaggi con inevitabili ripercussioni anche di natura igienico-sanitaria”.

Una vera e propria emergenza che riguarda la provincia di Taranto, la Puglia, ma anche l’intero territorio nazionale, che, secondo l’indagine Coldiretti - Ixè, porta tre italiani su quattro (72,7%) a considerare un pericolo per la circolazione sui quasi 850mila chilometri di strade e autostrade italiane la presenza di animali selvatici e di cinghiali, che possono arrivare a un quintale e mezzo di peso e 150 centimetri dilunghezza.

Non si tratta più solo di una questione di risarcimenti, ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone che va affrontato con decisione.Non possono più esserci alibi per intervenire in modo concertato tra Ministeri e Regione – chiede Coldiretti Taranto - per avviare un piano di abbattimento straordinario senza intralci burocratici”.

Agricoltori provenienti da tutta la Puglia hanno protestato stamattina a Bari per evidenziare lo stato di crisi in cui versa il settore che da lavoro a migliaia di persone e famiglie. Una grande giornata di partecipazione - ha sottolineato Luca Lazzaro, Presidente di Confagricoltura Taranto - e di seria discussione della catastrofe economica che sta investendo la nostra amata terra. Ottenuti i primi importanti riscontri dal Governo e ancora molta strada da fare a Roma, ma anche e soprattutto a Bari - ha concluso il suo intervento sui social il rappresentante degli agricoltori ionici.

La chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi potrebbe comportare un taglio di 400 milioni e la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

La proposta di legge del ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio sulla chiusura dei negozi nei giorni festivi ha fatto molto discutere. L’opinione pubblica è infatti divisa sulla questione.

Negozi chiusi la domenica? La maggioranza degli italiani si dichiara contraria. Secondo la rilevazione di Noto Sondaggi, il 56 per cento è favorevole infatti all’apertura domenicale dei centri commerciali e dei negozi.

Soltanto il 33 per cento degli italiani si trova d’accordo con la proposta di Di Maio.

Il vicepremier però va avanti con la sua idea e, parlando in una diretta Facebook alla Fiera del Levante di Bari, ha annunciato che ha intenzione di approvare la legge entro la fine del 2019.

La proposta di legge vuole imporre lo stop delle aperture dei negozi e centri commerciali nei weekend e nei festivi “con delle turnazioni” in base alle quali, in ogni giornata festiva, resta aperto il 25 per cento degli esercizi commerciali.

Una proposta più morbida rispetto a quella lanciata dagli alleati di governo leghisti, che vuole invece consentire l’apertura dei negozi solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche o giorni festivi negli altri mesi dell’anno.

Negozi chiusi la domenica: chi ci perde e chi ci guadagna? 

Secondo Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, la chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi produce un taglio di 400 milioni che vengono spesi ogni anno per pagare il lavoro straordinario di domenica.

E nel lungo termine questa proposta di legge, se dovesse essere attuata, comporterebbe la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

Inoltre, secondo quanto dichiara Federdistribuzione, le domeniche sono i giorni della settimana in cui si spende di più nei supermercati e centri commerciali. Gli italiani che sfruttano le aperture festive per fare shopping sono infatti circa 12 milioni.

La chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi potrebbe comportare un taglio di 400 milioni e la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

La proposta di legge del ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio sulla chiusura dei negozi nei giorni festivi ha fatto molto discutere. L’opinione pubblica è infatti divisa sulla questione.

Negozi chiusi la domenica? La maggioranza degli italiani si dichiara contraria. Secondo la rilevazione di Noto Sondaggi, il 56 per cento è favorevole infatti all’apertura domenicale dei centri commerciali e dei negozi.

Soltanto il 33 per cento degli italiani si trova d’accordo con la proposta di Di Maio.

Il vicepremier però va avanti con la sua idea e, parlando in una diretta Facebook alla Fiera del Levante di Bari, ha annunciato che ha intenzione di approvare la legge entro la fine del 2019.

La proposta di legge vuole imporre lo stop delle aperture dei negozi e centri commerciali nei weekend e nei festivi “con delle turnazioni” in base alle quali, in ogni giornata festiva, resta aperto il 25 per cento degli esercizi commerciali.

Una proposta più morbida rispetto a quella lanciata dagli alleati di governo leghisti, che vuole invece consentire l’apertura dei negozi solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche o giorni festivi negli altri mesi dell’anno.

Negozi chiusi la domenica: chi ci perde e chi ci guadagna? 

Secondo Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, la chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi produce un taglio di 400 milioni che vengono spesi ogni anno per pagare il lavoro straordinario di domenica.

E nel lungo termine questa proposta di legge, se dovesse essere attuata, comporterebbe la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

Inoltre, secondo quanto dichiara Federdistribuzione, le domeniche sono i giorni della settimana in cui si spende di più nei supermercati e centri commerciali. Gli italiani che sfruttano le aperture festive per fare shopping sono infatti circa 12 milioni.

Queste categorie continueranno a lavorare anche nelle festività.

Il presidente delle associazioni dei consumatori Codacons ha spiegato: “12 milioni di italiani fanno acquisti la domenica, e i giorni festivi rappresentano per loro l’unica occasione per dedicarsi allo shopping e alle compere. Privarli di tale possibilità attraverso misure che bloccano le aperture domenicali, equivale a dirottare gli acquisti dei consumatori verso l’e-commerce che, a differenza dei negozi tradizionali, non subisce alcun vincolo o limitazione”.

Il Codacons sostiene infatti che il settore delle vendite online sarà l’unico a guadagnarci dalle chiusure domenicali dei negozi, con un incremento del giro d’affari pari a più 2,7 miliardi di euro solo nel primo anno.

 

(fonte TPI News)

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