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Giornale di Taranto - Cultura, Spettacoli & Società

 Con un videomapping sulle costellazioni si è conclusa la sfilata “Gucci Cosmogonie” a Castel del Monte, in Puglia.  

    Modelle e modelli hanno sfilato sulla passerella che ha circondato il maniero federiciano. La moda si è trasformata in magia durante il ‘fashion show’ che la nota casa di moda ha organizzato in Puglia. Tanti i vip che hanno sfoggiato look rigorosamente Gucci sulle proprie pagine social: a cominciare dalla cantante salentina Emma Marrone, con abito e borsa rosa confetto e calze a rete nere; mentre indossano rispettivamente tailleur a fantasia scozzese e abiti blue e viola Viktoria, Thomas, Damiano e Ethan dei Maneskin. Leggins, top verdone con stampa del marchio Gucci e giacca oversize grigia per l’attrice Benedetta Porcaroli. A prendere parte all’evento cool fashion blogger, influencer, giornalisti, ma anche le autorità locali.     La sfilata è durata circa 15 minuti e al termine, in un agriturismo nei pressi del Castello, ci sarà un party per tutti i partecipanti. Durante la festa i Maneskin, reduci dall’Eurovision song contest di Torino, eseguiranno il loro ultimo singolo “Supermodel”. 

 

 

di Ingrid Iaci

Sabato scorso, 14 maggio, si è tenuta al Pala Olimpico di Torino, la finale dell'Eurovision Song Contest 2022, la kermesse canora che ha visto salire sul palco cantanti provenienti dai paesi europei e dall'Australia.  

Vincitori, la band ucraina Kalush Orchestra, con il brano Stephania che ha ottenuto il consenso e, soprattutto, la solidarietà dei giovani europei che l'hanno votata in massa. 

Non solo canzonette, quindi, ma un forte segnale di vicinanza al popolo ucraino al quale l'Europa ha così voluto dare una anticipazione di benvenuto nell'Unione.

Stando alle regole del music contest, il Paese vincitore è anche quello che ospita l'edizione successiva. Così è accaduto per l'Italia avendo i Måneskin vinto l'edizione 2021 e così dovrebbe essere per l'edizione dell'anno prossimo. Dopo la vittoria dei giovani cantanti di Kiev, Volodymyr Zelensky, presidente dell'Ucraina, ha dichiarato sul canale Telegram "l'anno prossimo l'Ucraina ospiterà l'Eurovision per la terza volta nella storia. Faremo tutto il possibile affinché possa essere Mariupol la città ospitante. Libera, pacifica e ricostruita."

Ma, a tutti i livelli, si nutrono  forti dubbi sulla possibilità che per quella data il conflitto sia cessato  e soprattutto che Mariupol, o qualsiasi altra città di quella nazione ad oggi bombardata e distrutta dalla Russia, possa accogliere in sicurezza una manifestazione dalla portata faraonica come quella dell'Eurovision.

Basti solo pensare che la Rai, come ha dichiarato il direttore Stefano Coletta, ha impiegato un anno intero per mettere in moto in maniera impeccabile una macchina organizzatrice che ha visto impegnati più di mille giornalisti provenienti da tutto il mondo e che ha tenuto incollati al televisore, durante la finale di sabato, più di sei milioni e mezzo di spettatori.

L'Italia si è già fatta avanti, quale ultimo paese ospitante, potrebbe essere candidata a ripetere l'esperienza, come anche la Svezia, paese gemellato che si è già offerto di sostituire l'Ucraina o la Spagna e l'Inghilterra, arrivate rispettivamente terza e seconda nella competizione di quest'anno e dichiaratesi pronte ad ospitare l'evento.

Intanto, come prevedibile, i media russi hanno commentato con acrimonia: "La vittoria dell’Ucraina all’Eurovision 2022? Un teatrino”. "L’Eurovision Song Contest? Un concorso politico, non una gara musicale”.

Insomma, un conflitto che sembra non risparmiare neanche la musica, che da sempre ha unito i popoli piuttosto che dividerli.

E forse sarebbe stato un bel segnale di distensione ospitare in questa edizione di Torino un cantante o una band sovietica giusto per dimostrare la superiorità dell'arte sulla meschinità degli uomini.

 

Troverò, troverò

Il coraggio lo troverò

E prima o poi aprirò 

questa porta e sparirò…

Ci sono i versi di una canzone di Nada a un certo punto di Funambole, lo spettacolo  teatrale che racconta la storia di tre ragazze alla scoperta del femminile e dell’essere donne che andrà in scena domani, domenica 15 maggio, con inizio alle 21, all’Auditorium Tarentum di Taranto. 

Sul palco Claudia Perossini, Irene Papotti e Virginia Cimmino che sono attrici, curatrici della drammaturgia e della regia collettiva di uno spettacolo che è lo sviluppo di un lavoro iniziato durante il loro ultimo anno all'accademia d'arte drammatica “Galante Garrone” di Bologna portato in scena da Matrice Teatro.

In Funambole le tre protagoniste si ritrovano dopo 15 anni nel luogo in cui sono cresciute, per raccontarsi, con leggerezza, toccando però temi profondi, senza veli, come può accadere solo tra amiche. Per Virginia Cimmino, che è tarantina, questo è anche un vero ritorno a casa. C’è da dire che la rappresentazione giunge in un periodo di grandi soddisfazioni, è infatti di qualche giorno fa la notizia dell’aggiudicazione del bando di Roma Europa Festival da parte di Matrice Teatro con lo spettacolo Il dilemma dei cento girasoli fotovoltaici di cui Virginia Cimmino è autrice, sceneggiatrice e regista.

Intanto domani, nella bella realtà del Teatro Tarentum, occhi puntati su Funambole. Abbiamo chiesto a Virginia di svelarci qualche dettaglio sia sullo spettacolo che sul sodalizio artistico delle tre protagoniste. 

“Io Claudia e Irene abbiamo frequentato la stessa accademia di recitazione, la scuola di teatro di Bologna A.G. Garrone. Ci siamo conosciute lì e abbiamo trascorso tre anni insieme. Quando abbiamo finito il percorso triennale di formazione la paura era quella di rimanere senza fare niente. In realtà, non ci siamo fermate un secondo dalla fine degli studi. Avevamo voglia di costruire qualcosa insieme e soprattutto di fare e allora abbiamo deciso di creare Matrice Teatro, con altrə  cinque colleghə. Il primo progetto è stato “Una cosa bella”, ispirato agli ultimi giorni del poeta John Keats, poi siamo andati a lavorare a Kyiv al Left Bank Theatre sotto la regia di Matteo Spiazzi; poi è nato Funambole… insomma aggiungiamo piccoli tasselli di volta in volta.

Funambole in particolare è nato dall’esperienza illuminante in accademia con il maestro Cesar Brie. Abbiamo capito insieme a lui che come primo nostro lavoro di scrittura dovevamo partire dalle nostre esperienze di vita e lavorare su quelle. Durante la prima fase abbiamo discusso a lungo sui temi che volevamo portare in campo, sulle esperienze che ci sembravano più giuste da raccontare per ciascuna di noi e abbiamo scritto una prima bozza del testo. Poi con le altre residenze abbiamo iniziato a costruire pian piano tutto lo spettacolo. È stato un lungo processo: nessuno ti insegna come metter su uno spettacolo, questa è stata una prima esperienza abbastanza faticosa ma gratificante.”

E poi c’è la cifra identificativa di raccontarsi, da donne, tra donne, con leggerezza ma toccando tasti tutt’altro che facili.

“Funambole ha un team tutto al femminile! Non poteva essere diversamente visto che sapevamo che avremmo voluto raccontare le storie di tre donne, attraverso cui fare emergere alcune delle infinite difficoltà che si possono incontrare nel corso dell’adolescenza! La prima cosa che ci siamo dette, prima ancora di sapere dove stessimo andando, è che volevamo leggerezza per questo progetto. Sapevamo che avremmo maneggiato tematiche e argomenti che, per chi vive in prima persona, sarebbero risultati abbastanza pesanti e difficoltosi.  È stato fondamentale lavorare verso questa direzione per noi, un po’ per salvaguardarci, un po’ per salvaguardare il pubblico!”

Lasciare il luogo in cui si è nati ha tante motivazioni, spesso legate a mancanze che però, inevitabilmente, ne creano altre…

“Non ho vissuto l’andare via da Taranto come una sconfitta. Secondo me entrare in contatto con realtà diverse da quella in cui sei cresciuta è fondamentale, in ogni caso, sia che tu venga da una città più grande, con più offerta, sia da una città più piccola. Certo è che per fare quello che volevo fare dovevo per forza andare via da Taranto: cercavo un’accademia professionale di recitazione e al Sud ce ne sono poche rispetto al Nord. Forse è questa mancanza di scelta alla base che potrei sentire come una sconfitta. Ma sono sicura che presto ci saranno maggiori possibilità anche qui da noi!”

Lo spettacolo affronta temi e narra situazioni in cui tanti giovani possono riconoscersi, trovare un pezzo della loro vita. 

“Mentre lo scrivevamo ripescando episodi avvenuti in adolescenza ormai personalmente superati/digeriti, ci interrogavamo se potessero comunque parlare ai giovani di oggi. La risposta positiva è arrivata dopo che abbiamo chiesto un riscontro a ragazze e ragazzi che conoscevamo. Ci siamo rivolte a chi vive in ambienti più provinciali, dove stereotipi e luoghi comuni sono più difficili da smantellare, e ci siamo rese conto che anche le cose più banali, come per esempio riconoscere che anche una donna può avere i capelli corti, non sono ancora del tutto ben accettate.”

 

 Taranto si porta addosso un po’ di etichette, per esempio viene definita una città che offre poco ai giovani, benché si colgano diversi segnali di rinascita anche sotto il profilo dell’offerta e della produzione in campo culturale e artistico. Quali sono secondo lei dovesse le debolezze e punti di forza?

“Sento anche io, nonostante viva a Bologna, che Taranto è in fermento! Ogni volta che torno c’è sempre qualcosa di nuovo che è nato o che sta nascendo. Io penso che Taranto sia una città meravigliosa dal punto di vista paesaggistico e non è affatto una cosa da sottovalutare. Vivere in un luogo bello per me significa nutrirsi costantemente della bellezza che ti circonda! Questo lo metterei sicuramente nei punti di forza di Taranto! Certo è che c’è la tendenza ad andare via dopo la scuola, vista l’assenza dell’università, e per questo motivo manca la fascia di età dai 20 ai 30 anni che vuoi o non vuoi è motore per la vita culturale della città!”

Lo spettacolo avrà inizio alle 21  all’Auditorium Tarentum (Via Regina Elena, 122, Taranto).

L.C.

di Ingrid Iaci 

Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, è in questi giorni impegnata in un tour pugliese promosso dalla delegazione regionale guidata da Beatrice Lucarella avente come obiettivo quello di sostenere le donne nel raggiungimento di condizioni di reali pari opportunità, nella loro vita professionale e personale.

"In un momento in cui la parità è finalmente tra le priorità dei governi di tutto il mondo, noi continuiamo a fare da 'sentinelle' del potere e a lavorare perché le donne conquistino lo spazio che meritano e che serve al Paese ritrovare la strada di una crescita sostenibile" - sono le parole pronunciate dalla giornalista e imprenditrice calabrese che in questa settimana ha fatto tappa in Puglia per la presentazione del suo ultimo libro "Donne che fanno la differenza” (Marsilio Editori).

Come un fulmine a ciel sereno, nel bel mezzo delle giornate pugliesi dedicate all'empowerment femminile, sono arrivate le dichiarazioni di Elisabetta Franchi, imprenditrice nel campo della moda, che hanno acceso un dibattito infuocato sulla stampa e sui social, in merito alla 'non convenienza' ad assumere donne in età fertile perché più inclini all'assenteismo per via della maternità.

A queste affermazioni, Lella Golfo ha così replicato all'Adnkronos:

‘’Sconcertata e infuriata sono le parole che meglio rendono la mia reazione di fronte ai ragionamenti insulsi e medievali della Franchi, che potrebbero addirittura far pensare a una mossa pubblicitaria per dare visibilità al proprio brand tanto sono fuori retrograde… Ma poi anche delusa perché pensavo che simili e beceri pregiudizi non solo fossero superati ma mai potessero venire da una donna e da un’imprenditrice.

Possiamo vivere queste dichiarazioni come un fallimento di tutte le battaglie intraprese finora oppure usare la rabbia per raddoppiare il nostro impegno a favore di un cambiamento culturale dirompente" - ha aggiunto Golfo - "Che passa anche dagli esempi opposti dei tanti imprenditori, e imprenditrici, che le donne in gravidanza le assumono e promuovono. E delle tantissime donne che con figli piccoli non solo lavorano sodo e bene – non le 24 ore "pretese" dalla Franchi che forse dovrebbe trasferirsi in Cina! – ma vanno pure in missione spaziale, Cristoforetti docet… 

La Fondazione Marisa Bellisario è da 35 anni che dà esempi di donne arrivate al vertice con numerosa prole e di aziende che sulle giovani donne investono, vincendo sui mercati. Il punto vero è che abbiamo parlato per settimane di doppio cognome e del venir meno delle gerarchie genitoriali ma alla fine a pagare il sacrosanto desiderio di metter su famiglia continuano a essere le donne. Fare un figlio oggi in Italia è un atto di coraggio e di rinuncia che pesa sulle sole spalle femminili e questo non solo sovverte ogni vissuto della maternità - che non è un handicap ma un’immensa ricchezza, anche professionale – ma ci condanna a una denatalità sempre più allarmante" - ha concluso Golfo - "Per la prima volta il governo ha messo occupazione femminile e welfare in cima alle priorità della sua agenda e confido di vederne presto i risultati concreti ma ancor prima dobbiamo lavorare sui pregiudizi e su un deciso cambio di mentalità. Cambiare o morire come Paese, non ci sono alternative…".

L’autrice del libro di successo “Il precipizio dell’amore” torna in provincia di Taranto per un incontro organizzato dall’associazione Circo Laboratorio Nomade. Insieme a lei interverranno degli esperti per parlare di disabilità, inclusione sociale e caregiver

 

Sabato 7 maggio a Crispiano si terrà un incontro con Mariangela Tarì, autrice del libro “Il precipizio dell’amore. Solo appunti di una madre” (Mondadori). L’appuntamento è alle 19 nella villa comunale “G. Falcone”. L’ingresso è libero. In caso di maltempo, l’iniziativa si terrà al teatro comunale.

Nel libro, che sta avendo uno straordinario successo, l’autrice tarantina ha raccontato la sua storia familiare di coraggio, disabilità, malattia ed esercizio della felicità. Una lezione di vita importante, per tutti. Insieme a lei, sabato prossimo, a dialogare sui temi dell’inclusione sociale, della disabilità e della figura dei caregiver, ci saranno la presidente di Circo Laboratorio Nomade Monia Pavone, l’insegnante del circolo didattico “P. Mancini” Martina Lacatena, l’assistente sociale del Comune di Crispiano Simona De Angelis e la psicologa e dirignete dell’Unità Territoriale Riabilitativa Martina Franca-Crispiano Patrizia Pastore. Modererà la discussione il giornalista e presidente di Volta la carta Vincenzo Parabita.

L’incontro, che rientra nel progetto “Circuiti - Circo per tutti” (vincitore dell’avviso pubblico “Sport di tutti - Inclusione” della società Sport e Salute), è organizzato dall’associazione Circo Laboratorio Nomade, in collaborazione con l’associazione culturale Volta la carta, il Comune di Crispiano e il circolo didattico “P. Mancini”.

 

L’AUTRICE

È nata a Taranto, dove ama tornare. Laureata in Giurisprudenza, ha conseguito l'abilitazione per l'insegnamento alla scuola primaria e ha iniziato come docente di sostegno di bambini diversamente abili. Attualmente insegna a Verona. Da anni collabora con il teatro Crest di Taranto costruendo percorsi teatrali per le scuole. È presidente dell'associazione di promozione sociale La Casa di Sofia (a cui verranno devoluti i proventi del suo libro), che si occupa di migliorare la qualità della vita dei bambini con disabilità o gravemente ammalati attraverso la terapia ricreativa. Nel 2021 Mondadori ha pubblicato il suo primo libro, "Il precipizio dell'amore. Solo appunti di una madre". Sempre lo scorso anno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella le ha conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana «per la sua preziosa, intensa e appassionata testimonianza delle difficoltà quotidiane legate alla condizione di caregiver familiare».

 

IL LIBRO

Il dolore è come l’amore, è una potenza creatrice. Quando si ama tanto si crea: una famiglia, un figlio, un dipinto, parole nuove. Il dolore fa lo stesso. Quando è troppo forte deve diventare qualcos’altro. Mariangela Tarì, madre di due figli colpiti entrambi da gravi malattie, l’ha visto accadere. Mamme e papà senza più figli che si aggirano negli ospedali, che creano associazioni, che lottano per leggi più eque. Genitori attraversati da un dolore troppo grande che scartano l’odio e piantano ancora margherite. In queste pagine impetuose e vitali, la sofferenza si trasforma in energia, progettualità, combustibile da bruciare “perché quando si ammala un bambino tutti si ammalano, tranne il bambino. Lui non sa di essere malato”. E allora non resta che alzarsi dal letto, andare nel mondo, sforzarsi di vedere la bellezza e fare spazio alla felicità. Sì, perché gli anni di lotta giornaliera contro la malattia, la burocrazia, la società hanno reso limpida in Mariangela la consapevolezza che la felicità è una scelta. Di più: l’esercizio di forzare la felicità alla lunga la rende possibile. Ed evidentemente anche contagiosa, perché leggendo questo libro sentiamo l’impulso a vivere di più, con più gioia, leggerezza, affrontando anche la paura e il rifiuto, e poi andando oltre. Un racconto catartico, che ha origine da una lettera scritta d’impulso a un quotidiano e pubblicata sulla prima pagina de La Repubblica nell’ottobre del 2018, la prima scintilla di una fiamma che Mariangela Tarì tiene accesa insieme alla sua famiglia, agli amici, agli altri genitori e a tutti i caregiver, coloro che si prendono cura.

Il Ministero della Cultura ha avviato l’iter di candidatura della Via Appia Antica, nel percorso integrale da Roma a Brindisi e comprensivo della variante traianea, per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Le ben conservate testimonianze infrastrutturali, archeologiche architettoniche, funerarie e civili della via Appia, distribuite lungo l’intero tracciato, rappresentano un patrimonio culturale di eccezionale importanza. “La via Appia è un itinerario da valorizzare e da porre al centro del turismo lento per rafforzare l’offerta di nuovi attrattori come i cammini e i percorsi sostenibili, fondamentali per lo sviluppo in chiave culturale delle aree interne, ma anche per la tutela del nostro patrimonio. La Regina Viarum - spiega il ministro Dario Franceschini - unisce territori ricchi di uno straordinario patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico e ha le caratteristiche per divenire uno dei più grandi cammini europei”. 

 

 Questa candidatura è la prima promossa direttamente dal ministero e che vede il coinvolgimento di numerosi uffici centrali e periferici del MiC. Come noto, l’antico asse viario, il primo concepito come “via publica”, fu il prototipo dell’interno sistema viario romano che, con i suoi 120.000 km di lunghezza, costituisce ancora il nerbo dell’articolata viabilità del bacino del Mediterraneo. 74 comuni, 15 parchi, 12 città, 4 regioni, 25 università uniti per tutelare, valorizzare e promuovere il sito “Via Appia. Regina Viarum”, che era già presente nella Lista propositiva italiana. L’obiettivo è ora quello di proporne l’iscrizione come “sito seriale”, tipologia prevista dall’Unesco nelle Linee guida operative della Convenzione per la protezione del Patrimonio culturale e naturale del 1972. A tal fine, a seguito di appositi sopralluoghi sul campo, con il supporto di tutti gli Uffici del Ministero competenti per i diversi territori, sono stati individuati e perimetrati i tratti dell’antica strada, con le varianti e le diramazioni, che saranno presentati quali componenti del sito che si vuole iscrivere in quanto ritenuti maggiormente rappresentativi dell’Eccezionale Valore Universale del bene e rispondenti ai requisiti definiti dall’Unesco. Il Ministero della Cultura sta inoltre investendo importanti cifre nel restauro e nella valorizzazione di alcune evidenze archeologiche situate lungo il percorso della Via Appia. 

Cosa vuol dire essere donna? Cosa comporta nascere donna nella società di oggi? Dal desiderio di parlare, senza veli, dell’esperienza della conoscenza di sé è nato “FUNAMBOLE”, spettacolo teatrale che racconta la storia di tre ragazze alla scoperta del femminile e dell’essere donne.

Ideato da un team di cinque professioniste, e reso possibile grazie a una attività di crowdfunding su produzionidalbasso.com, “FUNAMBOLE” andrà in scena domenica 15 maggio, ore 21.00all’Auditorium Tarentum (Via Regina Elena, 122, Taranto), dopo aver fatto tappa in altre città italiane, come Sondrio, Bergamo, Verona.

L’opera drammaturgica prende vita in una calda notte d’estate dalle menti di Virginia CimminoClaudia Perossini e Irene Papotti (attrici, curatrici della drammaturgia e della regia collettiva di Funambole) quale sviluppo di un lavoro iniziato durante il loro ultimo anno all'accademia d'arte drammatica “Galante Garrone” di Bologna.

Tra i banchi di scuola Aurora (Virginia Cimmino), Rita (Claudia Perossini), e Giovanna (Irene Papotti) firmano un accordo. Tra 15 anni si troveranno nel luogo dove sono cresciute per raccontarsi le esperienze che le hanno portate ad essere chi sono oggi: donne coraggiose in equilibrio su una sinusoide, che rappresenta l’instabilità e l’incertezza della vita delle giovani e dei giovani d’oggi.

L’obiettivo dello spettacolo è raccontare esperienze condivisibili da gran parte del pubblico femminile, generando la frase “è successo anche a me” e di presentare stati d’animo e difficoltà a quella parte di pubblico non toccato direttamente dalle questioni affrontate. “Vogliamo parlare di argomenti a volte ancora tabù o legati a modi di pensare stereotipati della categoria del femminile – spiega Virginia Cimminmo, attrice e drammaturga tarantina - Quando nasciamo ci viene assegnato uno spazio delimitato dalla dimensione familiare e culturale di ciascunodurante l’adolescenza ci rendiamo conto che siamo il prodotto di questi due spazi”. La volontà è quindi quella di “creare un nuovo spazio di condivisione e confronto insieme al pubblico, fatto di donne e uomini.

Grazie alla direzione artistica di Giulia Argenziano e Beatrice Sancinelli, “Funambole” si trasforma in una vera e propria performance artistica dove attrici, colori, luci e suoni diventano una cosa sola. “Questo è uno spettacolo delicato e leggero come il lenzuolo trasparente che posi sui mobili durante un trasloco - spiega Beatrice Sancinelli - La storia si sviluppa in un’atmosfera di leggerezza, tipica dei momenti in cui si racconta un ricordo, lontano nel tempo, ma ancora presente come cicatrice”.

La memoria delle tre protagoniste vive in un “luogo-non luogo” minimale, fatto da cubi bianchi di legno mossi in scena dalle attrici, le uniche fonti di colore sul palco. Proprio come accade nella vita di ciascuno, in cui rapporti, emozioni e persone mutano perennemente, così la scenografia, fatta di grandi cubi bianchi, si muove in continuazione durante tutto lo spettacolo. “Il cubo è una forma apparentemente fredda, ma allo stesso tempo antropomorfa – spiega Giulia Argenziano – perché direttamente correlata a numerosi oggetti e luoghi del quotidiano, come la scatola, il letto, i banchi di scuola”. 

Nelle ultime fasi di progettazione, alla squadra creativa si sono aggiunti Francesco Bosio (tecnico audio/luci) e Nicola Buttafuoco (produttore musicale e chitarrista dei Pinguini Tattici Nucleariche ha composto le musiche.

Funambole, presentato dalla compagnia Matrice Teatro, è stato realizzato attraverso un’attività di raccolta fondi su Produzioni dal Basso - prima piattaforma italiana di crowdfunding e social innovation - che si concluderà l’8 marzo 2022.  

Matrice Teatro

Matrice Teatro è un collettivo indipendente fondato a Bologna da sette artisti – tra cui Virginia Cimmino, Claudia Perossini e Irene Papotti - al termine del triennio di alta formazione alla Scuola di Teatro "A. Galante Garrone". La mission del gruppo è la ricerca di un linguaggio teatrale e poetico condiviso, per arrivare a trattare e rappresentare testi contemporanei.

Il DUO Beatrice Sancinelli – Giulia Argenziano

Il sodalizio artistico di Beatrice Sancinelli e Giulia Argenziano nasce dalla perfetta complementarità delle due professioniste bergamasche e dal loro amore per le arti visive e sceniche. Nel 2019 iniziano a creare universi visuali per videoclip, come “Basquiat” di Mavie, nuova pupilla di Thaurus Music e video performance, tra cui "Rumore dell'umore" prossimamente in mostra a Bergamo. Funambole vede il loro esordio come direttrici artistiche.

Il concerto dell’1 Maggio a Taranto "segna la ripartenza dopo due anni difficilissimi e la sete di vita si vede da quanta gente c’è. Non è solo una normalità per chi sta dall’altra parte del palco. Per me è motivo anche di ansia perchè mi sto avvicinando di nuovo alla mia normalità, tutti stiamo tornando a questa normalità”. Lo ha detto all’AGI Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, questa sera a Taranto per il concerto dell’1 Maggio. 

 

 “Io ho scelto Taranto per ricominciare, sono qui - ha detto Sangiorgi - Prima di questo momento abbiamo fatto solo concerti streaming, presentato album e live dai tetti di Roma ma il pubblico no. Ho proprio l’ansia dei 18 anni”.

    Sangiorgi é con Ermal Meta, il quale, rifacendosi alle motivazioni del concerto, ha parlato di Taranto come “città ferita, ha più bellezze di altre terre e non bisognerebbe mai scegliere tra il lavoro e la salute. Ci sono tante  motivazioni per essere a Taranto ma prima di tutto che la Puglia è casa mia”. Sono diverse migliaia le persone che hanno affollato la grande area del parco archeologico delle mura greche alle porte della città e tanta altra gente continua ad arrivare. Nel cartellone degli artisti anche l’esibizione di Gianni Morandi. 

Fatti accaduti che sono così inverosimili da lasciare lo spettatore a bocca aperta, raccontati da un solo interprete, che di volta in volta, si fa donna, uomo, cantante, trombettista, sassofonista, contrabbassista, batterista.

Sono i protagonisti del jazz e le loro storie, storie che non sono scritte sui saggi di musica e che rendono più tragicamente umani questi mostri sacri. La storia è “Sospendete l’incredulità”, scritta da Marcello Galati con Tiziana Risolo e Enzo Lanzo.

In scena, un’unica voce recitante, è Bessie Smith, “l’Imperatrice del Blues”, che muore davanti ad un ospedale per bianchi, perchè all’epoca c’era la segregazione, (“i bianchi con i bianchi i neri con i neri”),  è Charlie Parker, alle prese con la registrazione di Lover man, capolavoro inciso nella disperazione più profonda a causa della sua dipendenza dalla droga, è Joe “King” Oliver, da Re ad omaccione sdentato finito a raccogliere palle di biliardo.

Sono i contrasti dell’Incredulità, sottolineati, esaltati, vissuti dallo strumento che più di tutti scandisce il tempo e lo percorre, è la pancia del sentire, la batteria.

E l’attenzione si sposta a New Orleans e alle marce funebri che si trasformano in festa (“Piangi quando nasci e sii allegro quando muori”) o ad Harlem con le sonorità dello jungle style del Cotton Club o a Little Rock e a Charles Mingus che scrisse di quella volta in cui nove studenti neri furono aggrediti (“Neri, Neri!”) nonostante la Corte Suprema avesse stabilito loro di poter accedere ad una scuola per bianchi. È esistita l’apartheid e il jazz l’ha raccontata e combattuta attraverso le parole, ma anche attraverso la musica, dal blues al free, passando dallo swing e dal be-bop (“Senti, io ho sempre combattuto il razzismo con la musica, cioè con qualcosa che allude, insomma che non dice nulla di così chiaro come quando usi le parole.

Io ho parlato con qualcosa che comprendi solo se vuoi capirla”, Duke Ellington).

 

Il primo disco della musica dei neri africano-americani è stato inciso da un bianco originario della Sicilia. Roba da non credere, verrebbe da pensare, se non fosse che il jazz è stata una creazione collettiva a cui hanno partecipato i neri, certo e soprattutto, ma anche i bianchi di origini italiane e gli ebrei che venivano dall'Europa dell'Est.

 Occorre sospendere l'incredulità per credere vera ...la verità.  L’appuntamento è per domenica otto maggio con inizio alle 21.30 a Stazione 37, in via Duca d’Aosta 37, a Porta Napoli, Taranto.

 Per info e prenotazioni 342 741 3133 - 393 930 5967

 

 

 

                                                                                         

La musica ma anche i temi del lavoro, dell’ambiente, delle vertenze di lavoro, della pace. C’é tutto questo nell’1 Maggio Taranto, l’evento promosso dal comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” già dal 2013, sull’onda della vicenda Ilva, e che torna domani dopo due anni di assenza causa Covid. Il programma si sviluppa da mattina, con i dibattiti (ci sarà anche Cecilia Strada che parlerà di migrazioni), e poi prosegue dal primo pomeriggio a mezzanotte con la musica.

 

“Siamo stati capaci nel non farci condizionare dal lungo periodo di restrizione mobilitando sui nostri temi altre espressioni - hanno detto questa mattina gli organizzatori in una conferenza stampa -. Domani saranno a Taranto realtà operaie di tutto il Paese. Dal Veneto alla Campania, dalla Sicilia alla Sardegna”.

    “L’1 Maggio Taranto - é stato spiegato - diviene così tassello di una battaglia che tanti cittadini e lavoratori stanno portando avanti. Realtà che condividono con i cittadini di Taranto una vita libera dalle tossicità, dalla guerra e dallo sfruttamento”.

    Per la parte musicale, che è il clou della manifestazione, i direttori artistici sono l’attore Michele Riondino, il cantautore Diodato e il musicista Roy Paci. Gli ospiti che saliranno sul palco sono  Gianni Morandi, Ermal Meta, Melancholia, Giovanni Caccamo, Terraross, Naip, Fabrizio Bosso, Erica Mou, Giovanni Truppi, Calibro 35, Gaia, Francesco Forni, Margherita Vicario, Eugenio in Via Di Gioia, Cosmo, The Niro. 

 

 Oggi Diodato, che con Riondino e Paci si esibirà in apertura del concerto, ha dichiarato in punto stampa nell’area del concerto che “tutti gli artisti vengono ad amplificare messaggi importanti. Questo fa la nostra manifestazione - ha detto Diodato, vincitore di Sanremo 2020 -, avvicina delle anime che hanno la stessa visione del mondo in qualche modo. Noi qui vogliamo ribadire che l’unico mondo in cui è possibile vivere pacificamente, è un mondo in cui vengono rispettati i diritti di tutti, in cui gli ultimi vengono ascoltati per primi e i più fragili vengono tutelati”.     “Attorno a questo palco - ha rilevato Diodato - ci unisce anche la visione del rispetto per il pianeta che ci ospita. A noi sembrano cose semplici, basilari, ma nel mondo in cui viviamo è evidente che non lo siano”.

    Diodato ha poi aggiunto “che dobbiamo essere tutti orgogliosi di quello che sta succedendo a Taranto. Eravamo gli ultimi, adesso siamo in qualche modo i primi. Siamo una delle città culturalmente più attive. Ciò che succede  a Taranto e soprattutto al Sud, è una eccezione straordinaria”. Anche le altre manifestazioni che si creano “è per noi motivo di orgoglio - ha concluso Diodato - perché sappiamo che da questa azione di guida, da questa follia qui, é nato questo movimento. Io vedo fiorire questa città e noi tutti dobbiamo crederci”. 

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