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Giornale di Taranto - Cultura, Spettacoli & Società

Medimex, l’evento di musica promosso dalla Regione Puglia, Puglia Sound e Teatro Pubblico Pugliese e che apre l’estate pugliese, quest’anno parte ancora da Taranto, dalla rotonda del lungomare, dal 13 al 18 giugno prossimi. Stamattina, al Museo archeologico nazionale, c’è stata la presentazione del cartellone da parte del presidente della Regione, Michele Emiliano, e di Cesare Veronico, di Puglia Sound, presenti anche Comune di Taranto e Puglia Promozione. Il programma propone Echo & the Bunnymen (unica data italiana), Diodato (prima data estiva di “ Così speciale tour”), Skunk Anansie, The Murder Capital e The Cult. Per il governatore Emiliano, “ribadiamo oggi un connubio inestricabile tra Taranto e il Medimex. Noi riteniamo che questa manifestazione sia un tributo a Taranto e a tutto il suo valore umano e culturale. Che attraverso questa manifestazione viene comunicato al resto della regione e al resto del mondo”. “La conferenza stampa di oggi si svolge in un luogo magico - ha detto Emiliano sulla scelta del Museo archeologico nazionale e sul recente ritorno a Taranto del gruppo scultoreo Orfeo e le sirene - e il ministro della Cultura ci ha dato una grandissima soddisfazione nel momento in cui sono state restituite a questo Museo opere importantissime recuperate dei Carabinieri del Nucleo artistico”. Per Emiliano, “Taranto rimane la principale battaglia della Regione Puglia sotto ogni aspetto. La rinascita di questa città è evidente a tutti, è evidente dal clima che si respira in città, dalle attività e dal numero, grandissimo, di persone che si attivano anche dal basso”. “Sulla rinascita culturale di questa città continueremo ad investire sempre che, lo ricordo, il Governo della Repubblica dia a noi tutti la possibilità di far crescere la Puglia”. Il Medimex di quest’anno è il ritorno al festival. Avremo tre giornate sulla rotonda del Lungomare di Taranto”. ha sottolineato Cesare Veronico, presentando l’edizione. “Il venerdì avremo gli Echo e the Bunnymen, una band di punta, e poi Diodato che non ha bisogno di presentazioni in assoluto\", anticipa Veronico. \"Il giorno dopo, sabato, ci saranno The Murder Capital, che sono la rivelazione dell’anno in Gran Bretagna, giovanissimi, fortissimi, e gli Skunk Anansie, concerto di grande impatto. La domenica, infine, avremo Tom Morello, che è l’ultimo chitarrista ad aver rivoluzionato il suono della chitarra, leader di una delle delle formazioni più importanti della storia della musica in assoluto, Rage Against the Machine, che ha intrapreso questa carriera solistica. Penso che potrà essere uno dei concerti storici del Medimex”.

     “Chiuderemo con The Cult, formazione che ha suonato a Taranto 40 anni fa\", conclude Veronico. \"Un anno e mezzo fa non potevamo fare i concerti e promisi che saremmo comunque tornati con band che creassero quel link con la storia della musica. I Cult faranno il concerto a Taranto a distanza di un anno dal loro ultimo album”.

    Il Medimex a Taranto prevede anche due mostre: la prima, allestita nel Museo archeologico, sarà dedicata a Lou Reed, a dieci anni dalla scomparsa, con foto di Andy Warhol e di New York degli anni Sessanta. La seconda, nella sede del Dipartimento dell’Università, ospiterà le batterie di proprietà di artisti e gruppi che hanno fatto la storia del rock come i Doors.

Finale in bellezza, con la poesia, la delicatezza e l’intensità della musica di Joe Barbieri, per la stagione musicale del Teatro Fusco di Taranto.

Accompagnato dall’Orchestra della Magna Grecia, che ha raggiunto incredibili vette di professionalità e duttilità, il cantautore napoletano ha espresso tutta la gioia possibile.

“Neanche nei sogni  osavo immaginare che un giorno avrei  suonato e cantato accompagnato da un’orchestra come questa, questo è il regalo più bello per i miei trent’anni di carriera”.

Ha detto in apertura di un concerto che ha letteralmente portato il pubblico su una nuvoletta. 

A fare gli onori di casa sono stati l’assessore comunale alla Cultura Fabiano Marti e il direttore artistico dell’Orchestra Piero Romano.

“È stata una stagione esaltante- ha sottolineato Marti- di grande qualità, che ha dato spazio al cantautorato italiano. Grazie al direttore Michelangelo Busco, al direttore tecnico Antonio Amati, alla responsabille della biglietteria Cristina Chirizzi e a tutti coloro che hanno lavorato per tutti noi. Grazie al Teatro Pubblico Pugliese per il prezioso supporto.

E un grazie infinite - ha concluso Marti- al meraviglioso pubblico che ha riempito il teatro e fatto sentire il calore tarantino a tutti i grandi artisti che ci hanno onorato della loro presenza. Siamo pronti per la nuova stagione”

Una stagione che, come è stato anticipato, vedrà Max Gazzè ( 4 dicembre)e Vinicio Capossela, sul palco tarantino, insieme all’Orchestra, nel segno della bella musica di qualità.

Lu.Lo.

 

Torna anche quest\'anno il concertone dell\'Uno maggio a Taranto organizzato dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti con la direzione artistica di Michele Riondino, Roy Paci e Antonio Diodato. E sono tanti gli artisti che hanno aderito al progetto. Tra questi Emanuele Bersani, Vinicio Capossela, Nicolò Fabi, Marlene Kunz, Francesca Michelin.
    L\'evento, autofinanziato con la vendita di magliette e bottiglie di vino e il supporto di alcuni sponsor privati che hanno aderito al documento politico del Comitato, si terrà come di consueto nel parco archeologico delle mura greche, ma in un\'area diversa da quella dello scorso anno. I primi dettagli della manifestazione, che avrà come parola d\'ordine \"la libertà\", sono stati forniti da Simona Fersini, Virginia Rondinelli e Giovanni Raimondi per il Comitato organizzatore. Sono stati già contattati diversi artisti, ma non è ancora stato annunciato alcun nome. \"Sarà come sempre - è stato detto - un cast di qualità. Ci saranno tanti artisti, qualcuno è stato a Sanremo.
    Dal nostro palco è sempre passato il gotha della scena musicale nazionale\". Nel documento politico viene sottolineato che \"il soffocamento delle libertà è globale, include letteralmente il mondo intero, lo stesso pianeta.
    Nella giornata dell\'1 maggio \"declineremo la libertà - hanno puntualizzato gli organizzatori - in tutta la sua bellezza e in tutta la tragicità della sua negazione, attraverso le testimonianze di chi è costretto a scegliere se morire in mare o in una prigione libica, se morire di fame o di cancro, attraverso chi concretamente agisce per cambiare questo modello di sviluppo per garantire un futuro al nostro pianeta\". (ANSA).
   

di Luisa Campatelli 


“Chiamatemi Leo”, la biografia del tarantino illustre Leo Pantaleo scritta dalla giornalista Roberto Morleo, è la più bella risposta possibile a quei difetti di memoria e di cura che colpiscono anche chi ha lasciato eredità importanti, preziose, presenti.

Tra loro c’è Leo, regista, autore, attore, costumista, artista inquieto, ecclettico, imperfetto e  molto, molto affascinante, come ci ha raccontato Roberta Morleo durante la presentazione di ieri sera in una biblioteca Acclavio stracolma, insieme all’assessore comunale alla Cultura Fabiano Marti, ai giornalisti Simona Giorgi e Angelo Caputo, che l’hanno accompagnata in questi viaggio alla scoperta di questo personaggio straordinario, all’editore Piero Massafra che ha pubblicato il libro con Scorpione Editrice. 

Quella lasciata da Leo, “l’uomo che viveva il futuro” come ha sottolineato Massafra nel suo intervento è un’eredità da custodire, preservare, divulgare. Leo Pantaleo ha aperto nuove strade, indicato percorsi diversi, oltrepassato orizzonti. E il senso dell’opera realizzata da Roberta Morleo sta proprio in questo. Il libro porta due firme, la sua e quella di Leo, a testimoniare la profondità di un legame che sopravvive al tempo suggellandosi in una promessa: scrivere questa biografia, comunque insieme. 

Ogni pagina di “Chiamatemi Leo” vibra di vita, e i volti, gli occhi, le parole catturano il lettore, facendolo sentire dentro la storia, parte della storia, che è la storia di una comunità, di sogni ricorsi e raggiunti, del teatro a Taranto.

È stata una festa, com’era nel desiderio di entrambi, con la bellezza dei costumi, uno dei quali indossato dallo splendido Amerigo Ruocco, l’intensità degli sguardi che passavano attraverso le fotografie, i titoli dei giornali dell’epoca a fare da cornice e ricordarci di un tempo bello, pieno di fermento, di cui essere grati e da cui trarre insegnamento e stimolo. 

“Siamo in tanti stasera- ha detto Piero Massafra- piove è domenica e ci siamo tutti. Questo è un miracolo, un piccolo miracolo.”

 

Il rientro a Taranto e l’esposizione al pubblico dal 5 aprile del gruppo scultoreo di “Orfeo e le sirene” del quarto secolo avanti Cristo traina la crescita dei visitatori al Museo archeologico nazionale di Taranto nei primi dieci giorni di aprile. Ci sono stati infatti 5mila visitatori, un record dichiara la direzione del Museo di Taranto, il MarTa. “Una serie di circostanze - si afferma - consentono al Museo di segnare un altro importante primato. La prima domenica di aprile con l’ingresso gratuito, l’arrivo del gruppo scultoreo di Orfeo e le Sirene, la formula delle aperture straordinarie fino alla mezzanotte e fino alle 23 nelle giornate del giovedì e venerdì santo, hanno invogliato e permesso l’accesso a 5.000 visitatori, alcuni provenienti anche dall’estero”. In particolare, “1.600 persone hanno scelto il MarTa nei giorni di Pasqua  e Pasquetta e numeri da record hanno riguardato anche il primo giorno di esposizione di “Orfeo e le Sirene” dello scorso 5 aprile e il sabato santo”. “Ritengo non si sia affatto trattato di una scelta dovuta al maltempo  -afferma il direttore regionale musei di Puglia, Luca Mercuri,  delegato dal direttore generale musei, Massimo Osanna, alla guida del MarTa - perché prima delle condizioni meteo avverse, avevamo registrato prenotazioni di interi gruppi provenienti anche da fuori regione e che hanno scelto Taranto e il suo museo per trascorrere una Pasqua all’insegna della cultura”. É dunque in crescita l’attenzione verso il MarTa e l’ esposizione nella sala I del Museo nazionale di Taranto del gruppo scultoreo rientrato dagli Stati Uniti (Paul Getty Museum di Los Angeles) grazie ad un’operazione congiunta dei Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale (TPC), coordinati dalla Procura della Repubblica di Taranto col supporto del District Attorney\'s Office di Manhattan-New York e  dell’Homeland Security Investigations. Per “Orfeo e le sirene”, tornati Italia a settembre ed esposto per alcuni mesi al Museo dell’arte salvata di Roma, il Museo di Taranto è ora la sede definitiva. Il gruppo fu infatti trafugato negli anni ‘70 da uno scavo clandestino in città e portato prima in Svizzera e da qui venduto al Museo americano. All’inaugurazione dell’esposizione di Taranto, hanno partecipato il 5 aprile il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il comandante del TPC dei Carabinieri, generale Vincenzo Molinese, e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. 

Sarà presentata domenica 16 aprile 2023, dalle ore 17, nell\\\'agorà della Biblioteca Acclavio , la biografia \\\"Chiamatemi Leo\\\" del regista, attore e costumista Leo Pantaleo, nato nel 1939 e scomparso a Taranto nell’aprile del 2017.  Roberta Morleo, giornalista e autrice della biografia, edita dalla Scorpione Editrice, cominciò a scrivere la storia della vita, privata e professionale, di Pantaleo attraverso i racconti del regista suo amico, quando, agli inizi degli anni duemila, ne curava le pubbliche relazioni nel piccolo teatro di via Matteotti, a Taranto.

Leo Pantaleo è stato per Taranto una figura importante sul piano artistico e culturale, dall’enorme spessore umano e dalla forte personalità. Nato ad Alberobello, vissuto fra Taranto e Roma, ha calcato i più prestigiosi palcoscenici italiani, lavorando con registi del calibro di Fellini, Patroni Griffi, Comencini, Rossellini e Strehler, portando il suo personalissimo talento anche all’estero. ll suo teatro e i corsi teatrali da lui realizzati sono stati fucina di giovani aspiranti attori che ora calcano le scene nazionali.

La sua scheda biografica – curata anch’essa da Roberta Morleo – è consultabile al Mudit, il Museo degli Illustri Tarantini, inaugurato a Taranto ad ottobre 2022.  

L’opera – che porta anche la sua firma - si sviluppa in 300 pagine, riccamente illustrate con foto per la gran parte inedite, e percorre le molteplici tappe di una storia straordinaria, ricca di colpi di scena e mai uguale a se stessa, come era, ed è stato fino alla fine, il suo poliedrico protagonista, istrionico e imprevedibile, innamorato dell’arte in tutte le sue forme.

Il progetto dell’artista tarantino nella rassegna “Fotografia, architettura, territorio” del Comune di Legnano e dell’Archivio fotografico italiano

Le periferie di Taranto, ritratte nelle fotografie di Vito Leone, sono protagoniste a Legnano (Milano), nelle stanze del Castello visconteo, nella rassegna “Fotografia, architettura, territorio”, organizzata dal Comune di Legnano e dall’Archivio fotografico italiano, nell’undicesima edizione del “Festival fotografico europeo”, in programma in varie località della Lombardia.

“Taranto, quartiere Tamburi” è il titolo della mostra, inaugurata sabato 1 aprile, che fino a domenica 6 maggio esporrà gli scatti realizzati dall’artista tarantino ed ospitati nella manifestazione, che comprende e mette a confronto anche fotografie dei comuni dell’altomilanese e delle borgate di Roma, di altri autori. La rassegna ha il patrocinio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano e della Commissione Europea ed è curata da Claudio Argentiero.

Attraverso le sue opere, Vito Leone presenta una documentazione visiva del territorio della città pugliese e delle sue zone marginali: dai paesaggi intorno all’acciaieria, all’edilizia popolare, a zone dimenticate tra campagna ed industria. È una fotografia architettonica, geometrica, che segue le regole del minimalismo, apparentemente fredda, ma ricca di pietas e di pathos. Il tema del paesaggio suggerisce una riflessione sulle dinamiche sociali dettate dal contesto di vita e di lavoro; ci sono luoghi urbani e non-luoghi, luoghi di transizione o di passaggio, comuni a tutte le grandi periferie urbane, che invitano ad un’analisi sull’uomo e ad una ricerca di senso. Nei suoi scatti, Vito Leone elabora il tentativo di conferire dignità alla periferia industriale, alle aree suburbane vicine allo stabilimento siderurgico. Le sue fotografie documentano i quartieri della città (Tamburi, Paolo VI, Porta Napoli e le nuove zone di espansione edilizia), ma anche aree retroindustriali abbandonate ed archeologia urbana del secolo scorso, che a Taranto è stato caratterizzato da una produzione massiccia e invasiva. Nato nel quartiere Tamburi, il fotografo, vicino a questi ambienti, perché familiari, cerca di svelare la bellezza e l’umanità di questi luoghi spesso guastati dal degrado. Al tempo stesso, la ricerca vuole essere un atto di denuncia della situazione ambientale e sociale della città, un appello per la comunità. Quello di Leone è un lavoro fotografico che corre su una doppia traccia. La prima, oggettiva, è quella delle linee e delle forme, del “senso geometrico” del paesaggio; l\'altra, soggettiva, è quella filtrata dall\'occhio umano, che in quegli scorci vede, pur nella loro desolazione, umanità e dignità. Il tempo sembra sospeso. Le periferie di Taranto diventano simbolo delle periferie di tante altre città, i cui luoghi si assomigliano. La presenza umana non c’è o è appena accennata, ma se ne percepisce il respiro e si intravede attraverso gli elementi del paesaggio urbano: il contrappunto di finestre chiuse ed aperte, i panni stesi, un manifesto pubblicitario, i resti di antichi laboratori artigiani; i colori, utilizzati sulle facciate in maniera sgargiante. Il risultato è uno studio sulle forme alla ricerca di una “grammatica” dello spazio: non solo architettura, ma anche fotografia sociale. Un metodo caro alla fotografia americana paesaggistica degli anni Settanta e riattualizzato in questo lavoro. La funzione dell\'atto fotografico, oltre lo sforzo della documentazione e catalogazione, diventa, dunque, riordinare il caos, svelare la bellezza dei luoghi marginali. Un bello capace di resistere alla violenza umana e rintracciare, nella sua forma, un nuovo ordine estetico ed ontologico, una coerenza sottesa alla vita, una speranza, un senso.

Nato e cresciuto nel quartiere Tamburi di Taranto, Vito Leone è laureato in Lingue e Letteratura inglese ed è docente nell’istituto di istruzione secondaria superiore “Del Prete – Falcone” di Sava (Taranto). È giornalista e da anni si occupa di fotografia di paesaggio. Ha partecipato ed allestito mostre, ed eventi sulla fotografia, in Italia ed in ambito internazionale. È stato finalista mondiale nel concorso Sony World Photography Awards 2017. Ha vinto premi in concorsi fotografici, tra questi il primo premio del concorso “Scali Urbani” 2019 dell’Ordine degli Architetti di Livorno.

Da domani mattina verrà  ufficialmente esposto nel Museo nazionale di Taranto (MarTa), che sarà sede definitiva, il gruppo scultoreo in terracotta (composto da tre statue) “Orfeo e le sirene”. La presentazione a Taranto avverrà in una cerimonia alle 12 alla quale parteciperanno il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il comandante del comando Tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri, generale Vincenzo Molinese, il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Eugenia Pontassuglia, e il direttore generale dei Musei del Mic, Massimo Osanna. Presenti anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e il direttore regionale Puglia dei Musei, Luca Mercuri, attuale reggente del Museo di Taranto. Nelle giornate di domani, 6 e 7 aprile, il MarTa resterà aperto sino a tarda ora in concomitanza con l’afflusso che ci sarà a Taranto per i riti della Settimana Santa. 

 

Trafugato negli anni ‘70 con uno scavo clandestino dall’area di Taranto, che nell’antichità fu capitale della Magna Grecia, e finito a Los Angeles al Paul Getty Museum, il gruppo scultoreo di “Orfeo e le sirene” è tornato in Italia lo scorso settembre ed è stato temporaneamente esposto a Roma nel Museo dell’arte salvata. Dopo il trafugamento, le tre sculture furono portate e custodite in un caveau in Svizzera e poi acquistate dal Paul Getty Museum. Il gruppo risale al quarto secolo Avanti Cristo e raffigura un poeta seduto, Orfeo, e due sirene. Si tratta di figure a grandezza naturale. L’Italia ne rivendicava la restituzione insieme ad altri beni culturali rubati già dal 2006. Le tre sculture, che i Tribunali hanno stabilito che provengono da scavi illegali in Italia, sono rientrate al termine di un’operazione complessa (“Orpheus”) che ha coinvolto Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale, Procura della Repubblica di Taranto, New York County District Attorney’s Office (DAO) e ministero della Cultura. Secondo l’Unità per il traffico di antichità dell\\\'ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan a New York, “le prove ci hanno persuaso che le statue erano state trafugate illegalmente e che era opportuno restituirle”. Prima del rientro in Italia, i reperti erano già stati tolti dall’esposizione del Getty Museum. Nella composizione, le statue dialogano tra di loro in un corpo unico come in una rappresentazione teatrale. Orfeo è seduto e canta avendo tra le mani una cetra. Davanti ad Orfeo, ci sono due sirene. Esseri dalla voce incantevole che facevano impazzire i marinai che passavano accanto a loro. Sono creature ibride, splendide e terribili, raffigurate con artigli da rapace e code di uccello. Le due sirene, però, restano incantate e tacciono davanti al canto di Orfeo. E quest’ultimo, che faceva parte della spedizione degli Argonauti, riesce così nell’impossibile: gli Argonauti sono salvi e possono tornare in patria. Eva degl’Innocenti, già direttrice del MarTa, ha ricordato che il Getty Museum aveva già restituito negli anni scorsi antichi manufatti ceramici di produzione apula esposti poi a Taranto nella mostra “Mitomania” nell’aprile del 2019. “In quell’occasione, grazie al grande lavoro di indagine condotto dai Carabinieri della Tutela del patrimonio culturale - ha affermato l’ex direttrice Degl’Innocenti -, restituimmo alla pubblica fruizione capolavori della ceramica apula che erano stati trafugati da contesti archeologici tarantini. Oggi come allora quella identità storico-culturale rappresenta un legame indissolubile con questa terra”. Per il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, “il ritorno a casa di questo capolavoro del quarto secolo avanti Cristo, riconsegna a Taranto un altro pezzo della sua meravigliosa storia”.

Catalano fa il tutto esaurito anche a Taranto. C’è attesa per “Smettere di Fumare Baciando”,  l’ultimo libro del poeta piemontese,  in scena domenica 2 aprile nello spazio teatrale di Stazione 37.

 Guido Catalano torna alle origini, ai versi che l’hanno reso famoso e hanno fatto ridere e innamorare lettrici e lettori di tutta Italia. In uno spettacolo per voce sola, alterna poesie inedite a vecchi cavalli di battaglia e soprattutto, mette in scena moltissimi baci. Perché baciare – oltre alla voglia di fumare – riduce anche quella di parlare a sproposito. “S’ascolterebbero meno minchiate” dichiara il poeta “se i cialtroni in giro / chiacchierassero di meno / limonassero di più.” E ancora, scrive il poeta: “Quanto pesa un bacio? Che quando penso alle tue labbra mi appare chiaro per nulla assurdo/quasi scontato/l’inammissibile concetto d’infinito”.

Esagerazioni? Può darsi, ma per scoprirlo c’è un modo soltanto: incontrare Guido Catalano, armato di microfono, ospite della mini rassegna teatrale di Stazione 37 domenica 2 aprile alle 19.

 

Smettere di Fumare Baciando un reading in solitaria senza filtro, una fusione tra stand up poetry, comicità, surrealismo spinto e poesia d’amore declinata in tutti i modi possibili e anche qualcuno impossibile.

 

Guido Catalano nato a Torino nel 1971, è poeta e scrittore. Da anni porta i suoi libri (e la sua barba) in giro per l’Italia. Con Rizzoli ha pubblicato D’amore si muore ma io no (2016), Ogni volta che mi baci muore un nazista (2017), Tu che non sei romantica, Poesie al megafono (2019), Fiabe per adulti consenzienti (2021) e Amare male (2022).

 

Smettere di Fumare Baciando

Domenica 2 aprile ore 19

Stazione 37

Via duca d’Aosta 37 – Taranto

biglietto 20 euro

(oltre allo show e al firmacopie è compreso un primo e un calice di vino)

Per maggiori info 347.128.7833

 

di Ingrid Iaci 

 

È l\\\\\\\'estate del 1982 e nel \\\\\\\"triangolo più a sud della mia terra\\\\\\\", come ha detto Giuseppe Fiorello ieri pomeriggio nella conferenza stampa  di presentazione che si è tenuta al Cityplex Savoia di Taranto nasce l\\\\\\\\\\\\\\\'amore tra due giovani, Nino e Gianni, con la stessa spontaneità e la stessa gioia che i fuochi d\\\\\\\\\\\\\\\'artificio provocano negli occhi dei bambini durante le serate delle feste patronali.

È infatti un amore puro quello che Beppe Fiorello mostra per la prima volta stando dietro la  macchina da presa, da regista esordiente, e lo fa con una delicatezza ed una poesia che allo spettatore odierno poco importa se si tratta di due ragazzi dello stesso sesso. Sono la bellezza e la purezza del sentimento nella fase dell\\\\\\\\\\\\\\\'innamoramento ad essere messi in primo piano,  anche se, evidentemente, non la pensano allo stesso modo tutti gli altri personaggi che costituiscono i mondi in cui crescono i due protagonisti. Due contesti familiari profondamente diversi, colorato come i fuochi d\\\\\\\\\\\\\\\'artificio e carico di amore e accoglienza quello di Gianni, grigio, amaro e di difficile comprensione quello di Nino, e due madri diametralmente diverse nel loro modo di amare ma che alla fine si trasformano entrambe in matrigne intrappolate nel pregiudizio e nelle chiacchiere di paese da cui occorre \\\\\\\\\\\\\\\"salvarsi\\\\\\\\\\\\\\\", come si dirà nel film.

Liberamente ispirato ad un fatto di cronaca vero, il delitto di Giarre, questo film è dedicato a tutti i Nino e tutti i Gianni che, come in una moderna versione di Giulietta e Romeo, non si sono potuti amare, allora come oggi.

Durante l\\\\\\\'incontro con i giornalisti che ha preceduto la proiezione del film, alla presenza dell’assessore comunale alla Cultura Fabiano Marti che ha speso parole di stima nei confronti del regista, apprezzando molto le scelte musicali del film, Giuseppe Fiorello ha spiegato come durante le riprese abbia cercato di \\\\\\\\\\\\\\\"entrare con la macchina da presa con delicatezza nelle questioni familiari’” e di come il film ”sia nato dall’esigenza istintiva di essere dentro la storia più di quanto non avesse potuto fare da attore”. 

E lo si capisce bene dalla musica di Battiato, dagli abiti, dal modo di tagliare le cipolle, dai pomodori al sole, dai  “tipi strani” del bar, dai riti patronali, dalla caccia alla lepre: sono tutti ricordi del regista siciliano di quella calda estate in cui la nazionale azzurra, durante la finale, battè la Germania 3-1 e vinse i Mondiali di calcio. Il bar, il calcio, la caccia con la lupara sono tutti simboli maschili dai quali i due ragazzi innamorati sono lontani, ma soprattutto sono un espediente per rappresentare quella Sicilia ipocritamente virile che ripudierà l\\\\\\\\\\\\\\\'amore dei due giovani omosessuali.

Giuseppe Fiorello ha infine ringraziato la famiglia Miro per aver donato alla città un bellissimo (e comodissimo) \\\\\\\"salotto cinematografico“ che invoglia ad andare sempre più spesso al cinema, nonché tutto il pubblico che è tornato a frequentare le sale cinematografiche apprezzando soprattutto le produzioni italiane. Stranizza d\\\\\\\'amuri, infatti è da diverse settimane nella top-five della classifica dei film più visti.

Un’ultima chicca: il film è uscito, per coincidenza, lo stesso giorno in cui ricorre il compleanno di Franco Battiato (23 marzo), il cantante che per un\\\\\\\\\\\\\\\'altrettanta coincidenza Giuseppe Fiorello ha avuto la fortuna di incontrare e conoscere durante una passeggiata all\\\\\\\\\\\\\\\'alba su una spiaggia siciliana. 

Un incontro che lo ha segnato profondamente e per sempre.

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