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Giornale di Taranto - ILVA - PeaceLink va a Bruxelles e presenta un piano di riconversione dello stabilimento
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Lunedì, 02 Marzo 2015 22:03

ILVA - PeaceLink va a Bruxelles e presenta un piano di riconversione dello stabilimento In evidenza

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“Il settimo decreto che domani sarà convertito in legge non salverà l'Ilva dal fallimento, ne posticipa solo la data. Sarà un'iniezione di morfina ad un malato terminale”.

Non hanno dubbi Alessandro Marescotti, Antonia Battaglia e Luciano Manna, tutti e tre esponenti di PeaceLink, nel fotografare l’attuale situazione dello stabilimento siderurgico tarantino non in grado, secondo loro, “di restituire prestiti se non ha margini di utile. E' una fabbrica che ha accumulato quasi tre miliardi di perdite dal sequestro degli impianti a oggi. E' una fabbrica destinata ad affondare sotto il peso della recessione e delle pesanti perdite mensili che accusa mese dopo mese”.

Che fare allora? Allora, mentre, a Roma, Governo e Parlamento sono chiamati “al capezzale di un'azienda senza futuro e senza speranza”, PeaceLink è andata a Bruxelles a presentare alla Commissione europea una proposta globale di riconversione dell'area industriale che può far leva sui fondi europei. Antonia Battaglia, in rappresentanza di PeaceLink, è stata ricevuta in commissione Sviluppo regionale presentando la grave situazione di crisi dell'Ilva e discutendo di scenari alternativi per salvare l'economia di Taranto e i lavoratori dello stabilimento.

Un piano B che riassume quanto PeaceLink aveva già elaborato per la riconversione di quest'area di crisi industriale. Si tratta, ha spiegato Antonia Battaglia, di un piano di sviluppo per la città, che si inserisce nel programma Europa 2020, con la specifica richiesta che le istituzioni europee accettino di farsi interpreti del cambiamento già effettivo nella società, permettendo a cittadini e associazioni, con formazione ed esperienza adeguate, di diventare attori di primo piano nelle decisioni fondamentali della politica comunitaria, in particolare in merito alla progettazione dei fondi strutturali e la relativa allocazione.

“Alla luce della risoluzione del Parlamento europeo del 21 maggio 2013, sulle strategie regionali per le aree industriali dell’Unione europea, - spiegano Battaglia, Marescotti e Manna, il piano di azione per Taranto, portato avanti con le istituzioni europee, potrebbe farsi interprete di un vero cambiamento per la riconversione di un’area in forte declino industriale quale è Taranto”.

Peacelink ha illustrato in Commissione un nuovo modello di sviluppo che prenderebbe vita da asset già presenti nella realtà locale quali le strutture portuali, le competenze nel campo della meccanica, della ricerca, dell’elettronica, dell’informatica, delle energie rinnovabili, del turismo, delle attività marinare e agroalimentari, nonché della formazione per pianificare una profonda bonifica e riqualificazione ambientale del territorio sul modello della Ruhr.

“Mentre PeaceLink a Bruxelles è impegnata a guardare al futuro, - sottolineano i tre attivisti - a Roma i parlamentari sono impantanati ad approvare una legge bluff con cui caricheranno di ulteriori debiti l'Ilva e lo Stato. In realtà – aggiungono – i favoleggiati 2 milairdi di euro della legge non sono disponibili. I 156 milioni accantonati da Fintecna, e adesso in teoria sbloccati dalla legge in realtà non esistono. Sono soldi che comparivano tanti anni fa (al tempo della vendita dell'Ilva) nella contabilità dello Stato solo come titoli di Stato, quindi sono debiti che lo Stato ha contratto con chi li ha acquistati a suo tempo. I 400 milioni di prestito – proseguono Battaglia, Marescotti e Manna - sono soldi da restituire nel prossimo futuro e servono solo a colmare le nuove perdite”.

Quindi, per PeaceLink, la nuova Ilva “si sta già pericolosamente indebitando fin da ora per coprire la produzione in perdita (con la fermata dell'altoforno 5 non si potrà raggiungere il punto di pareggio che già prima non si raggiungeva). Il resto non esiste, è puramente un'operazione virtuale, è una somma che lo Stato userà come garanzia per futuri pagherò. Tutta questa manovra è finalizzata a garantire i creditori dell'Ilva, con le garanzie dello Stato. Ma è una garanzia di carta. I creditori non avranno nulla se Ilva continua a produrre in perdita”.

Ragion per cui, l'unica scelta sensata – concludono Battaglia, Marescotti e Manna - è pertanto quella di puntare su Bruxelles per definire un progetto di salvataggio dei lavoratori Ilva con attività alternative che possano rilanciare l'economia della città, bonificandola e rendendola appetibile per investimenti sostenibili”.