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Giornale di Taranto - Calcio, metafora di una città. di Vito Massimano
Venerdì, 25 Luglio 2014 12:43

Calcio, metafora di una città. di Vito Massimano

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Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano sulle vicende del Taranto Calcio

Non sappiamo come andrà a finire la telenovela sul Taranto calcio ma sembra di vedere un film già visto.

Qui non si vuole entrare nel merito della vicenda perché essa, indipendentemente dai fatti, suggerisce la triste attitudine di una città dotata di una straordinaria coazione alla mediocrità che ne determina ogni scelta, finanche di tipo sportivo.

Avete sentito mai un tarantino sognare la serie A? No, ma posso sbagliarmi. Il tarantino sogna la serie B, la ritiene la giusta collocazione per una piazza “con pretese ben più alte della serie D”.

Alla faccia delle pretese, anche quando sognare (o ambire se vogliamo) non costa niente, il tarantino sogna un futuro radioso in seconda classe perché neanche psicologicamente si sente pronto ad immaginare la serie A.

Avete mai visto un tarantino provare la titanica impresa di coagulare intorno a sé una cordata di imprenditori stranieri come ha fatto Gianluca Paparesta con il Bari o la Bari che dir si voglia?

Macché, Taranto mica aspetta la cordata straniera animata da grandi progetti, perché manco ci arriva a parlare con la finanza che conta.

Taranto ambisce al massimo al piccolo Papa Straniero di provincia, degnissimo ed onestissimo per carità, pronto a mettere due spicci e  preoccupato di capire bene a quante centinaia di migliaia di euro ammonta il debito della precedente gestione, perché altrimenti si rovina.

Insomma mica Thohir e neanche un pochino di meno perché Taranto il massimo che riesce a trovare è una cordata di persone pronte ad impegnarsi con cuore, passione e poco più per sognare il risultatuccio modesto e fare contenta una città talmente innamorata dei propri colori da accontentarsi ed entusiasmarsi con poco. 

E c’è da considerarsi pure fortunati perché con la banda di lestofanti, squattrinati e maestri del fallimento che la storia calcistica tarantina ben ricorda, bisogna pregare la Madonna del Carmine di non incappare nei soliti pataccari sempre pronti a scendere in riva allo Jonio.

Questo è l’obiettivo minimo e, cosa drammatica, questo è anche l’obiettivo massimo con sullo scorcio il sogno proibito della serie B e magari di un agguerritissimo derby con il Martina Franca o il Grottaglie.

Taranto non sogna di ospitare il Real Madrid e questa è un’attitudine che rimane radicata anche nella vita reale, nelle vicende extra calcistiche. Taranto è una realtà di poche pretese che chiacchiera ma che punta al basso anche quando chiacchiera.

Per quanti anni abbiamo avuto come massima ambizione quella di fare i padroncini contoterzisti per Italsider accontentandoci dello “stipendio fisso” che il siderurgico ci poteva assicurare? E quando mai i nostri “imprenditori” hanno considerato le commesse della ferriera come punto di partenza per espandersi ed uscire dalla logica della mono committenza? Quanti soloni dalle tv private hanno cianciato per anni di portualità, piastre logistiche, interporti e strategie di sviluppo rimaste lettera morta per indolenza ed incapacità di pensare in grande? Quante volte abbiamo assistito al vacuo ritornello del “turismo come volano di sviluppo basato sulle ricchezze paesaggistiche, enogastronomiche, culturali ed archeologiche”? Ve li ricordate quelli che recitavano “a mitraglietta” questa filastrocca senza riempirla di contenuto o di azioni concrete che dessero un senso ad una frase altrimenti non significa nulla? E le supercazzole del Grande Salento ve le ricordate? E l’eterna promessa di una sanità di qualità o di un polo universitario autonomo? Chiacchiere per riempire le conferenze stampa o vincere la noia di un afoso pomeriggio di Agosto.

E ve li ricordate quelli della cordata di imprenditori locali che volevano comprare l’Italsider dallo Stato (prima di Riva) e che misero insieme la ridicola cifra di un miliardo di lire (qualcuno dice che si trattasse di poco più ma fa lo stesso)? Non certo i capitali coraggiosi di D’Alemiana memoria!

Non è vero? Bene, allora dove sono gli imprenditori locali (degni di questo nome) pronti, ad esempio, a rilevare il Taranto Calcio con risorse da buttare su un progetto ambizioso? E dove sono i personaggi influenti pronti a sensibilizzare (come per il Bari, la Salernitana,  la Roma, l’Inter solo per citarne alcune) il magnate di turno ad investire nel calcio nostrano?

Ecco appunto. Questa è la vera serie D, quella sociale.

Ultima modifica il Sabato, 26 Luglio 2014 06:37