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Giornale di Taranto - MANCANZE/ Addio al maestro Piero Vinci, artista raffinato e sensibile
Giovedì, 29 Giugno 2023 14:19

MANCANZE/ Addio al maestro Piero Vinci, artista raffinato e sensibile In evidenza

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“Ciao Piero. Artista, pittore, grafico, esteta, maestro. Uomo gentile, umile, con una visione dell’arte che in pochi hanno. A te devo molto. Sei stato d’ispirazione nel mio percorso di crescita professionale. Non potrò mai dimenticarti.”

 

 

“Piero Vinci artista umile di una gentilezza ormai rara nel nostro inquietante mondo moderno. La tua arte vivrà e testimonierà la tua incredibile sensibilità. “

 

“Piero Vinci , artista sensibile, colto e raffinato, amico sincero e gentile.”

 

Sono solo alcuni dei messaggi che in queste ore stanno inondando facebook per ricordare Piero Vinci, scomparso oggi. 

 

L’artista nato e residente  a Taranto, classe ‘54, a cui dobbiamo opere magnifiche frutto di rara sensibilità. 

 

Indimenticabile la mostra d’arte contemporanea Estetica del Frammento,  al MUDI – Museo Diocesano di Taranto, in Vico I Seminario nella quale fu proposta un’esposizione monografica dei lavori dell’artista  ovvero opere pittoriche e installative di diversi periodi alle quali si aggiungono lavori di nuova produzione. 

“Punto di raccordo di tutta la produzione di Vinci -scrive la curatrice Paola Mancinelli- è la forte componente dialogica della MEMORIA, un percorso artistico e progettuale frutto di una ricerca estetica e ragionata.

 

Dopo le esperienze dagli anni ottanta fino ai primi del duemila, concentrate esclusivamente sulla grafica e sulla pittura con la composizione di tele dal forte potere iconico che riproducono ritratti di attivisti politici, personaggi del cinema, leggende del jazz, Piero Vinci approfondisce le tematiche legate alla Pop Art, al Futurismo e in particolare al concetto del Salvare in un’altra memoria, una sorta di archivio di immagini, figure geometriche, linee architettoniche e visioni immaginifiche segnate da un’accesa propensione al colore e da una connotazione grafica sempre definita e propria.

 

Nel percorso espositivo trionfa, come un affresco di vita in una New Orleans dei primi anni del Novecento, l’alternanza del bianco e nero delle tele in smalto e legno che omaggiano le grandi leggende della musica Jazz, da Chet Baker a Dexter Gordon, a Sonny Rollins, per poi declinarsi in opere dal linguaggio visivo e poetico come nel caso di Language is a virus, in cui primeggia, sfolgorante, sul nero della tela la citazione You got to born to shine, presa in prestito dalla celebre raccolta di poesie del poeta, artista e performer statunitense John Giorno. Ma sono anche altri i riferimenti bibliografici ai quali Vinci rimanda, la performer e musicista newyorkese Laurie Anderson, lo scrittore, saggista e pittore statunitense vicino al movimento della Beat Generation, William Burroughs, Dizzy Gillespie, trombettista, pianista e compositore statunitense che con Charlie Parker fu, negli anni quaranta, uno degli inventori e delle figure chiave del bebop e del jazz moderno.

 

Lo sguardo segue l’orizzonte cromatico dai toni pastello e dalle sfumature di azzurro everdemare che disegnano la serie Underground, sedici dipinti dedicati alle icone della musica Beat, Punk, Rock e New Wave. Una galleria di ritratti che conserva una disciplina espressiva, un’iconografia dello sguardo che è misura della nostra visione, una memoria consolidata e affettiva che tutti ci contiene. Sembra quasi di varcare il territorio del non detto, un dialogo silenzioso tra corpo, musica, cinema e arte figurativa.

 

Altresì primeggia il volto sorridente e ieratico dell’attivista e musicista statunitense Corretta Scott King, leader del movimento per i diritti civili negli anni sessanta, moglie del Premio Nobel per la pace Martin Luther King Jr., insieme all’opera Sista Erykah, (Erika Badu), cantautrice e attrice statunitense, regina del Neo-soul e al gruppo musicale britannico della fine anni sessanta The Selecter, band tra i maggiori esponenti del movimento 2 Tone Ska inglese, dove spicca l’iconica frontwoman Pauline Black e Arthur \"Gaps\" Hendrickson.

 

Vinci celebra il frammento nella sua logica di sperimentazione visiva e di linguaggio espressivo capace di generare molteplici visioni e rimandi. Nei suoi lavori emergono la musicalità, il segno grafico, l’essenzialità delle immagini figurative, la forza dirompente della forma e delle sue molteplici declinazioni. Una verticalità di rappresentazione del vero che si radica nei canoni dello spazio e del tempo: ora è un velo, una linea, un volto, la forma di un progetto, la solenne geometria del tracciato.

 

L’architettura è il sistema di riferimento a cui l’artista rimanda costantemente, forte dei suoi studi di ingegneria e architettura nelle città di Bari, Milano e Firenze. Questa sua naturale propensione alle forme, allo spazio, alle geometrie lo porta ad utilizzare nelle opere esposte in un’altra sala del Museo alcune pagine di riviste risalenti a più di mezzo secolo fa. Per citarne una tra tutte L’Architettura. Cronache e storia, fondata (nel 1955) e diretta da Bruno Zevi fino all’anno 2000 (anno in cui Zevi lasciò la direzione a Furio Colombo fino al 2005) e illustrata prima da Marcello Nizzoli, e successivamente da Mario Olivieri.

 

Da queste istanze ispiratrici che si traducono in concetti di spazio, piano, linea e colore, Vinci riprende gli assunti di razionalità e chiarezza, delineando i tratti di un paesaggio urbano dove l’equilibrio delle forme è calcolato con metodo e accuratezza, un\'arte basata su leggi rigorose che si traduce nell\'uso esclusivo dei colori primari, dei non colori e di elementi multipli e sottomultipli del rettangolo. Per ritrovare nuovo respiro e una dimensione concettuale, predilige le tecniche dell’assemblage e del collage, nonché l’utilizzo di materiali come legno, carta, vernice, smalto e acrilico che richiamano fortemente il periodo storico delle avanguardie della prima metà del Novecento. Di questi movimenti artistico-letterari che entrano nel vivo del dibattito architettonico internazionale, Vinci ripercorre le geometrie e gli asciutti cromatismi, a cominciare dallo stile architettonico della Bauhaus, scuola tedesca di arte e design, erede delle avanguardie anteguerra, punto di riferimento per tutti i movimenti d\'innovazione nel campo del design e dell\'architettura legati al razionalismo e al funzionalismo.”

Nella foto di Franzi Baroni, Piero Vinci durante l’incontro con Carlo Massarini, a Sud, dove le pareti sono tappezzate con le sue meravigliose opere. 

Lu.Lo.