Appuntamento fuoriprogramma per “Una Banca e una Spiaggia Differenti per un’estate diversa”. La Rassegna varata da Yachting Club e BCC San Marzano di San Giuseppe con un ricco calendario all’insegna dell’arte e della cultura, ma anche della riflessione, domenica 24 agosto (ore 19,30 con ingresso gratuito), ospita Lando Buzzanca e il Progetto di Cinema Civile “Per non morire di parto”. Il celebre attore italiano sarà intervistato dalla giornalista Monica Caradonna e – nel corso della chiacchierata – assisterà, insieme al pubblico, al film corto “Dove il silenzio fa molto rumore”.
IL FILM – “Dove il silenzio fa molto rumore” è scritto e diretto da Rina La Gioia, con Lando Buzzanca nel ruolo del protagonista. Sul set anche Serena Guida, Daniela Di Benedetto e Rendy Marinò. Racconta la storia di Costanzo, rimasto vedovo e ritrovatosi nel duplice ruolo di padre e madre. Sopravvive al dolore, dedicandosi a sua figlia Daniela, ma con l'incubo di doverle dire la verità sulla morte di sua madre, prima che diventi troppo grande.
Il filmnasce nell'ambito del Progetto di Cinema Civile “Per non morire di parto”, a cura di Rina La Gioia, per promuovere la cultura dei diritti umani, il diritto alla vita. Un film che annovera diverse partecipazioni a Festival nazionali e internazionali, oltre all'acquisizione di premi e riconoscimenti. La realizzazione, oltre all'impegno de “La Misenscène Production”, è stata resa possibile grazie ai sostegni ricevuti, fra i quali: Apulia Film Commission, BCC San Marzano di San Giuseppe e Assessorato Pari Opportunità della Provincia di Taranto.
Appuntamento fuoriprogramma per “Una Banca e una Spiaggia Differenti per un’estate diversa”. La Rassegna varata da Yachting Club e BCC San Marzano di San Giuseppe con un ricco calendario all’insegna dell’arte e della cultura, ma anche della riflessione, domenica 24 agosto (ore 19,30 con ingresso gratuito), ospita Lando Buzzanca e il Progetto di Cinema Civile “Per non morire di parto”. Il celebre attore italiano sarà intervistato dalla giornalista Monica Caradonna e – nel corso della chiacchierata – assisterà, insieme al pubblico, al film corto “Dove il silenzio fa molto rumore”.
IL FILM – “Dove il silenzio fa molto rumore” è scritto e diretto da Rina La Gioia, con Lando Buzzanca nel ruolo del protagonista. Sul set anche Serena Guida, Daniela Di Benedetto e Rendy Marinò. Racconta la storia di Costanzo, rimasto vedovo e ritrovatosi nel duplice ruolo di padre e madre. Sopravvive al dolore, dedicandosi a sua figlia Daniela, ma con l'incubo di doverle dire la verità sulla morte di sua madre, prima che diventi troppo grande.
Il filmnasce nell'ambito del Progetto di Cinema Civile “Per non morire di parto”, a cura di Rina La Gioia, per promuovere la cultura dei diritti umani, il diritto alla vita. Un film che annovera diverse partecipazioni a Festival nazionali e internazionali, oltre all'acquisizione di premi e riconoscimenti. La realizzazione, oltre all'impegno de “La Misenscène Production”, è stata resa possibile grazie ai sostegni ricevuti, fra i quali: Apulia Film Commission, BCC San Marzano di San Giuseppe e Assessorato Pari Opportunità della Provincia di Taranto.
Turismo, vocazione naturale del territorio, valorizzazione delle bellezze naturali, diventano parole senza senso di fronte a immagini (la foto è stata scattata in zona Taranto 2) come questa, e vanificano in un attimo gli sforzi e l'impegno di chi ancora vuole credere che ci sia un'altra Taranto possibile.
10 giorni ad alto tasso di bontà, alla "Festa della Birra" di Marina di Ginosa.
Il grande evento dedicato ai sapori locali, "contaminati" da bionde e rosse bavaresi, prepara il gran finale a partire da giovedi 21 agosto e fino al 31 agosto con un autentico colpo culinario: la porchetta! Profumata, succulenta, amata da tutti, la porchetta della grande "Festa della Birra" rimpolperà il menù della cucina del grande parco Dna alla voce "sagre": alla tipica "zampina", al gustoso polpo alla brace, all'autentica sorpresa del suino nero lucano, si aggiungerà la famosa pietanza laziale che, per l'occasione, parlerà pugliese!
La porchetta della "Festa della Birra", infatti, è a "km 0". Esattamente parla martinese, arrivando ogni giorno, fresca di marinatura e cottura, direttamente dalla capitale della Valle d'Itria. Ancora fumante, sarà servita con il pane di Laterza, come avviene per ognuna delle specialità della "Festa della Birra". Il carattere "glocal" dell'evento che ha segnato l'estate dell'intero arco ionico, quindi, sarà ancora più accentuato dalla scelta di rafforzare l'offerta "food" con un piatto che evoca immediatamente l'atmosfera da sagra di paese.
Preparata con maiali allevati nelle campagne di Martin Franca, seguendo la tipica ricetta senza far ricorso ad alcuna procedura industriale, la porchetta della "Festa della Birra" promette di rendere indimenticabili gli ultimi 10 giorni del lungo e intenso programma di spettacoli e concerti partito il 19 luglio.
INFO
La Festa della Birra e Sagra dei Sapori di Marina di Ginosa è la più grande d'Italia. Tutte le sere sino al 31 agosto un concerto live, un parco da 25.000 mq, 2.000 posti auto gratuiti e 3.000 posti a sedere. Una grande festa di paese con sagre permanenti. Tanta buona birra di qualità e per i più piccoli il baby park con animazione gratuita ed il piccolo ranch per passeggiate a cavallo.
La Festa della Birra è in contrada Pizziferro a Marina di Ginosa [ex-Dna].
S.S. 106 uscita Riva dei Tessali - Marina di Ginosa. Ingresso 1€.
Info: 340 0814210. Apertura alle ore 21, inizio spettacoli alle ore 22.30.
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/festadellabirramarinadiginosa
Si è' rischiato che a causa di un forte ritardo si arrivasse alla mani. Un bus dell'Amat e' infatti giunto oltre 120 minuti dopo l'orario programmato scatenando l'ira dei numerosissimi passeggeri in attesa sotto un sole cocente ed al caldo reso insopportobaile dalla forte umidità' . Gli animi si sono esasperati e surriscaldati quando il n. 8 dell'Amat e' arrivato alla ferrmata in zona Eurospin in via Unita' d'Italia dopo 2 ore, a quel punto sono volate parole pesanti nei confronti dell' incolpevole autista che ha cerato di dare spiegazioni su quanto accaduto. Con molta probabilità sarebbe stato una avaria al precedente mezzo la causa dell' inconveniente che ha poi fatto accumulare ritardo alla corsa.
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Giancarlo Girardi
Per Ilva sembra davvero fatta, Arcelor Mittal è interessata, i suoi tecnici ed esperti hanno visionato l’intero stabilimento dando esito positivo ad un affare. Atto formale e scontato per chi segue queste vicende. Occorrerà stabilire il prezzo di vendita ed il piano industriale di integrazione di Ilva nella multinazionale. Sarà un’ulteriore perdita di un minimo di sovranità economica nazionale. Una vicenda simile l’abbiamo vissuta, però, con Emilio Riva venti anni fa. Allora gli “uomini di Riva” si aggiravano per reparti ed aree di lavorazione, lo facevano in modo subdolo e nell’ombra, come ben sanno sindacati e lavoratori del tempo. Annotavano tutto sull’intero ciclo di lavorazione, uomini e cose progettarono, per poi applicarla, una nuova organizzazione del lavoro interna alla fabbrica. Divennero i protagonisti ben pagati di quel “governo ombra”, illegale, come la magistratura tarantina lo definì successivamente mandando un bel numero di avvisi di garanzia e di arresti. Il procuratore Sebastio debellò, nella fine degli anni novanta, la “palazzina Laf”, il lager dello stabilimento in cui confinare lavoratori indesiderati dalla proprietà. Allora, come oggi, si trattò di vendere la fabbrica nel mondo globalizzato del mercato dell’acciaio. Riva era già una modesta multinazionale e come tale si comportò anche se l’operazione doveva garantire la presunta italianità dell’acciaio. Non tenne nessun fine sociale verso il territorio, nessun riconoscimento delle problematiche che la fabbrica aveva comportato nei precedenti trentacinque anni, né gli fu imposto dal governo di allora e dal ministero competente di fare investimenti in tale senso. La situazione continuò ad incancrenirsi. Il prezzo fu irrisorio al punto che i guadagni arrivarono quasi subito, l’investimento iniziale fu ripagato a tempo di record storico per un sistema economico basato sulla libera concorrenza. Riva affermò una decina di anni dopo, poco prima della crisi, in una famosa intervista al giornale di Confindustria, che non si era “mai legato a uomini e cose”, che aveva “cinquantuplicato il valore della fabbrica rispetto al valore pattuito d’acquisto” e che sarebbe stato disposto a venderla a chicchessia “per una trentina di miliardi di euro”. Dimenticò di affermare che il “segreto” del suo successo economico fu basato, oltre che sui più bassi salari europei dei suoi operai, ma questo sarebbe stato determinato dalla allora capacità dei sindacati, ma soprattutto sull’uso gratuito del “capitale naturale” e del “capitale umano” regalatogli, nei suoi venti anni, dal governo nazionale, regionale e cittadino. La politica di allora non chiese contropartite alcune, anzi in tanti, anche personaggi servizievoli successivamente intercettati dalla magistratura, giuravano sulla naturale estinzione a breve periodo di questa fabbrica e con essa dei grandi problemi in cui aveva trascinato questa città. Riva ottenne e rilanciò con l’aumento dell’area a caldo supportata da una poderosa flotta commerciale di sua proprietà per materie prime e prodotti finiti stoccati a cielo aperto accanto alla città, creando un suo rapporto sinergico con altri suoi stabilimenti italiani ed esteri. A Taranto la produzione “sporca” altrove quella “pulita”. Agli “ambientalisti”, una minoranza, a suo dire, rispetto all’intera città di quasi duecentomila abitanti, rispondeva sprezzante che non sarebbe mai stato possibile far fare i “bagnini stagionali” nella nostra costa ai suoi undicimila dipendenti. E’ storia recente quella delle evasioni, riciclaggi, giri finanziari per i troppi soldi che l’“asseven dalle recchje”, come si dice dalle nostre parti, dimostrando l’essenza di quel “capitalismo straccione”, definizione storica degli industriali italiani. Arcelor Mittal è logicamente interessata ad acquisire, innanzitutto, la quota di mercato di Ilva, del suo ciclo integrale che, va ricordato, nei tanti modi più moderni e molto meno impattanti in cui si può fare l’acciaio, è il più antico ed inquinante in assoluto. In India un decennio fa ci fu un movimento di contadini che si oppose, con successo, all’insediamento di tale produzione sulle proprie terre. Va detto che il core business di Riva fu, e resta per la nuova proprietà, proprio l’area a caldo con la produzione di gas velenosissimi il cui utilizzo garantisce la pressoché piena autonomia energetica dello stabilimento attraverso la loro combustione nelle centrali elettriche. L’altra condizione è la povertà economica e sociale del luogo di insediamento e l’assenza di alternative economiche, con il conseguente ricatto occupazionale continuo verso il territorio e la politica resa incapace, questa, di imporre la salvaguardia della salute e della vita dei lavoratori e dei cittadini. Questo governo, più degli altri che lo hanno preceduto, aggira in modo chiaro e spregiudicato con leggi nazionali i diritti costituzionali dei cittadini. Il “fine sociale” dell’impresa, prevista dalla Costituzione italiana non interesserà la nuova proprietà mentre la sopravvivenza di parte o della totalità dell’impianto dipenderà dal mercato e da un sistema predatorio che è nella natura di questo capitalismo che non conosce regole né programmazioni industriali e compatibili con i territori. La vicenda Tempa Rossa, cosa piccola ma significativa rispetto ad Ilva, insegna. Acquisire al prezzo più conveniente e lasciare allo Stato italiano l’enorme problema accumulatosi con l’inquinamento di Taranto è l’obiettivo di Arcelor Mittal. Farà parte della trattativa, forse, affrontarne una parte insieme, certamente, agli esuberi della mano d’opera eventuale. C’è un aspetto rilevante di cui non si parla ancora ed è quello della rigidità della produzione di Ilva di Taranto, stabilimento troppo grande e quindi poco flessibile per le mutevoli richieste di mercato, o della possibilità che questo “gigante” dell’acciaio possa chiuderlo, smontando le sue parti interessanti e lasciare tutto il resto in “dono” alla città. Nessuno potrebbe vietarlo parchè si è pur sempre “padroni in casa propria” una volta comperata. Il futuro è assolutamente più incerto del presente. L’operazione, anche per altri settori ritenuti “strategici” per la nazione, sarebbe stata quella dell’esproprio previsto dalla Carta con eventuale risarcimento della proprietà. Lo “Stato sociale” sarà sostituito dall’”economia sociale” in cui niente sarà regalato ma tutto sarà da riconquistare nel mercato dei bisogni. Una scelta potrebbe essere imposta ed è quella della sostituzione dell’area a caldo dello stabilimento, chiusura di Cokerie, agglomerati e forni, fonte dei nostri enormi problemi, con un sistema moderno e poco impattante che esiste già da alcuni anni. Sapranno i nostri “capitani coraggiosi” della politica e dell’industria imporlo nella trattativa? Il futuro è nero come il fumo che esce ancora da quelle ciminiere.
Giancarlo Girardi.
di Luisa Campatelli
Il 16 luglio scorso scrivemmo che su Tempa Rossa sarebbe potuto profilarsi uno scontro istituzionale. Tutto questo alla luce del “no” espresso dal Consiglio comunale e della ferma posizione assunta dal sindaco Stefàno in quella circostanza “abbiamo chiesto chiarimenti al progetto che non sono arrivati per cui non possiamo dare parere favorevole a scatola chiusa”. Però, per dare a quel “no” (peraltro supportato da un articolato ordine del giorno del Pd) un valore spendibile in consessi diversi e per così dire superiori a quello municipale, sarebbe stato necessario che il primo cittadino avesse adottato una variante al piano regolatore, cosa che non risulta sia stata fatta.
Dopo la delibera consiliare gli Industriali ionici sono partiti all’attacco, prima del presidente Vendola, cui è stato chiesto di prendere posizione, quindi di Renzi e Napolitano, il tutto accompagnato da manifestazione pubblica con discesa campo dei massimi leader locali. Sul fronte opposto, gli ambientalisti hanno fatto sentire le loro ragioni. Sullo sfondo, una città spaccata.
Il parere favorevole espresso in sede romana dalla Conferenza dei servizi, che è la novità di questi giorni, sposta indubbiamente l’asticella più in alto. A questo punto dubitiamo che lo scontro istituzionale possa consumarsi visto che le istituzioni locali sembra abbiano optato per la ritirata….strategica.
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Ombrelloni aperti a settembre e ottobre in Puglia, per battere il maltempo e la crisi economica che hanno ridotto le presenze turistiche questa estate. “L’idea” è del presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, che ha scritto agli assessori regionali al demanio, Leonardo Di Gioia e al Turismo, Silvia Godelli per proporre l’allungamento della stagione balneare nelle spiagge. |
Più passa il tempo, più si trova.
Credevamo di sapere tutto, o quasi, attorno al mai dimenticato attore castellanetano Rodolfo Valentino; conosciamo i suoi film, la sua vita e la sua morte; conosciamo i suoi tragici amori, le donne che l’hanno amato e, talvolta, usato; eravamo convinti che questo mito del cinema non avrebbe avuto più nulla per sorprenderci , ad ottantotto anni della sua morte.
E invece no; ultimamente si sta scoprendo, o meglio, riscoprendo, il Rodolfo Valentino poeta, un raffinatissimo poeta, capace di emozionare, coinvolgere e regalare momenti di assoluta freschezza .
Edvige Cuccarese, profonda conoscitrice di Rodolfo Valentino poeta, ha raccolto alcune delle sue poesie in un volumetto che presenterà al Museo Rodolfo Valentino di Castellaneta martedì 19 agosto 2014alle ore 20,30; con lei due giovani talenti musicali, la violinista Tiziana Toscano e la chitarrista Floriana Laporta. Le note di Paganini, Bach e altri classici si fonderanno alle parole delle struggenti poesie di Rodolfo Valentino, quasi a sottolinearne la profonda bellezza.
Un evento raffinatissimo che non mancherà di coinvolgere emotivamente il pubblico. Un coro generale, quello della Fondazione Rodolfo Valentino e del suo staff, che in pochi anni ha portato il museo dedicato al mito fuori dai confini di Castellaneta.
“Sarebbe davvero una perdita per la cultura non fare arrivare a conoscenza di un più vasto pubblico le poesie di Rodolfo Valentino che è stato, lasciatecelo dire con un pizzico di orgoglio, il simbolo mondiale dell’Italia e della nostra terra”, dicono i responsabili della Fondazione Rodolfo Valentino.
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