Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Michele Cristella, una riflessione su un’intervista di Michele Riondino, Ilva e M5S che si inserisce nel dibattito in corso sul futuro dello stabilimento e sul controverso rapporto tra fabbrica e città
Mentire.
Ilva, promettere di chiuderla o mantenerla così com’è?
Mercoledì scorso 12/9/2018, in un’intervista al “Fatto Quotidiano”, pag. 10, Michele Riondino, attore sulla cresta dell’onda, figlio di un operaio Ilva, dice tre cose:
Un parlamentare che paragoni ai gatti, cui negare la trippa, i lavoratori condannati ad ammalarsi e morire per portare il pane a casa, è d’una volgarità assoluta. Persona da consegnare alla “damnatio memoriae” (alla dimenticanza, per indegnità).
Ma tale irridente perfidia denuncia un fatto ancora più ignobile e scandaloso: il pubblico mentire. Non l’abuso della credulità popolare, come i maghi e affini, ma il promettere la soluzione di un problema esistenziale, cioè “lavorare” senza alcun pericolo di malattie e morte, sapendo di tradire quella promessa.
La menzogna è nata con l’uomo ed abita in tuguri, cattedrali e regge. È inestirpabile. Spesso è suggestiva, ma “ha le gambe corte”. Proprio come quella dei 5S ai tarantini, come ha dimostrato il tarantino Riondino.
“Abbiamo ottenuto, dice l’ineffabile Di Maio, il miglior risultato nella peggiore condizione possibile”, un vero e proprio lapsus, una verità interiore che significa: abbiamo mantenuto un lavoro che produce più morti e malattie che salari. Cui aggiungere le spese sanitarie, che sono ingenti.
La menzogna è anche una brillante e piacevole furbizia infantile per coprire monellerie; ma detta dagli adulti è un inganno la cui gravità è pari alla funzione che svolgono.
Per i politici e gli uomini di ogni potere, il mentire è un nebbioso lubrificante per i loro “particulari”, cioè cose ingiuste. E giunge da lontanol’icastica definizione di S. Agostino: “Senza giustizia cosa sono gli Stati se non grandi latrocinii?” (Remota iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?)
L’amareggiato lettore di queste righe si domanda: una classe politica, sindacati compresi, mente ai propri connazionali per propria inadeguatezza, incapacità di creare un lavoro che sia igienico invece che nocivo, o per che altro?
Ps – Dopo la massa di Sì a mantenere aperta la fabbrica (93%), gli “ilvofili” si sono inorgogliti. Ma i Sì avrebbero avuto quel plebiscito se gli operai avessero potuto scegliere fra: lavorare in quest’Ilva o lavorare nella riconversione per un’alternativa salubre a questa fabbrica?