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Giornale di Taranto - Giornalista1

 

Problema Isola Verde: Riunione lunedì 4 maggio 2015 in Provincia a Taranto presenti il Presidente Martino Tamburrano e gli Assessori Regionali il tarantino Fabrizio Nardoni e Leo Caroli. Nei giorni successivi incontri il 6 maggio a Taranto fra il Presidente Martino Tamburrano, l’Assessore Fabrizio Nardoni e il Direttore Generale dell’ARIF Giuseppe Taurino e il 7 maggio a Bari fra Taurino, il Commissario Straordinario xylella Siletti e il Presidente di Isola Verde Quero. Al Centro degli incontri la situazione di crisi della società e le possibili soluzioni: una potrebbe essere quella avanzata dall’Assessore Nardoni  di affidamento delle attività di manutenzione finalizzate ad eliminare il diffondersi del problema xylella nelle campagne tarantine.

 

 

 

Ci siamo chiesti: cosa sta facendo questo rimorchiatore al largo del Mar Grande con gli spruzzatori antincendio a tutto gas? Domanda che giriamo per competenza alla Capitaneria di Porto e all’Autorità Portuale di Taranto.

Attenzione automobilisti tarantini. La foto è stata scattata in Piazza Carmine a Taranto alle ore 11.00 di una mattina degli inizi del mese di maggio 2015. Una maccchina in divieto di sosta con il blocca ruote.


 

Il  Presidente della Provincia Martino C. Tamburrano ha disposto la riunione del Consiglio  Provinciale, in  seduta ordinaria,  per  il giorno 16 maggio 2015, alle ore  9,00, in prima convocazione, e per il giorno 18 maggio 2015, alle ore  9,00, in seconda convocazione, per trattare il seguente:

ORDINE DEL GIORNO

  1. Rendiconto di gestione 2014. Approvazione schema, relazione e relativi allegati;
  2. Approvazione emblema del Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”;
  3. Affidamento in concessione del servizio di riscossione coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e di quelle derivanti da violazioni amministrative e da violazioni al Cds – Gestione globale del ciclo sanzionatorio – Atto di indirizzo;
  4. Riconoscimento debito fuori bilancio art. 194 comma 1 lett. e del D. Lgs. 267/2000 – Ditta  “CINEFRA FRANCESCO”  – Carosino (TA);
  5. Riconoscimento debito fuori bilancio art. 194 comma 1 lett. e del D. Lgs. 267/2000 – Ditta  “AMPLISUD” – di Pierfrancesco Chyurlia - TARANTO 
  6. Riconoscimento debito fuori bilancio art. 194 comma 1 lett. e del D. Lgs. 267/2000 – Ditta  “Arte della Stampa Edmondo & Osvaldo Leggieri” di Taranto; 
  7. Mozione del Consigliere Capriulo su: “Progetto di valorizzazione culturale e turistica dell’Arsenale Militare Marittimo di Taranto (Legge n. 20 del 04/03/2015), musealizzazione, rapporto città ed aree dell’Arsenale – ATTO D’INDIRIZZO”

La seduta avrà luogo nell'aula consiliare, salone degli Stemmi, del Palazzo del Governo, sito in Taranto alla via Anfiteatro n. 4 - 1° piano.

      

                                                                                     

                                                                                               

 

 

 

Il problema non è solo a Taranto ma in tutta Italia.

 

Uno dei pochi lavori dove ancora un neo diplomato o laureato può sperare di inserirsi nel sistema produttivo nazionale è rappresentato dai call center, un termine generico che comprende un sistema complesso di attività e diversi gradi di professionalità.

Le innumerevoli aziende del settore che lavorano nel nostro paese, oltre a fare i conti con l’elevata tassazione nazionale, devono combattere quotidianamente con la concorrenza di altre nazioni limitrofe che, azzerando i diritti dei dipendenti, razionalizzano anche il costo del lavoro, decretando così la fine della “PROFESSIONALITA’ “con cui i nostri giovani s’impegnano quotidianamente per raggiungere risultati convincenti. E’ chiaro quindi che la competitività si basa esclusivamente sul “COSTO DEL LAVORO”

Purtroppo tutto questo spinge i grandi gestori ad affidare commesse “AL MASSIMO RIBASSO” quindi alla delocalizzazione delle attività nei predetti paesi. Note aziende italiane, esperte nella vendita a mezzo call center, esportano dall’ Italia il lavoro assumendo in altri stati, per ottenere maggiori ricavi derivanti dalla minore tassazione e/o dagli incentivi che quei paesi mettono a disposizione.

Aprire per traferire le offerte\commesse dei grandi gestori proprio in Romania, Tunisia, Albania ecc. e mettere per strada gli italiani che, con la loro professionalità hanno contribuito a rendere grandi le stesse aziende, significa danneggiare un sistema a scapito della qualità e della sicurezza.

In tutto questo il Governo, non solo sembra indifferente ma di fatto, siglando accordi extracomunitari, non fa che facilitare il disastro occupazionale in Italia.

E’ importante sapere che, l’ art. 24 bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito nella Legge 7 agosto 2012, n. 134 recante “Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nelle attività svolte da call center”,  “dispone che quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale”; purtroppo fino ad oggi tale disposizione non viene rispettata e grazie agli ultimi accordi sottoscritti dai compagni del sig. Renzi, la tutela dei dati  è stata ridimensionata.

In pratica, l’ultimo accordo sottoscritto fra l’Italia e il governo albanese permette l’utilizzo di dati dei cittadini italiani a fronte di un possibile nostro controllo.

Da un lato questo dovrebbe tutelare gli italiani, dall’altro condanna a morte l’occupazione nei nostri call center, alimentando l’emorragia dei posti di lavoro.

Un colpo di grazia perché come dicevamo prima, non prevede nessun margine di competizione in termini di mano d’opera e diritti dei lavoratori.

Il Governo ottuso non ancora soddisfatto si appresta a sottoscriverne un altro accordo anche con il Kosovo ed altri paesi.

Le commesse in taluni casi, sono affidate a grossi call center di proprietà di cittadini stranieri sbarcati sulle nostre coste all’epoca dei viaggi della speranza (oltre il danno la beffa).

Quel poco che resta ancora in piedi in Italia deve fare i conti, sempre grazie a questo Governo, con gli effetti provocati dal job acts, alcune note aziende del settore infatti, chiudono sedi al nord per crisi e assumono al sud, con nuovi contratti a tutele crescenti senza quell’ importante tutela prevista dall’art. 18.

Il bilancio occupazionale di tali operazioni è pari a zero ma crea grossi disagi sociali nelle aree abbandonate.

Questo modo di operare, trova la giusta collocazione in un quadro normativo che permette alle holding di creare, per ogni sede delle aziende, dando la possibilità di dichiarare crisi in una ed assumere nell’altra.

Oltre ai citati assist del Governo, si registrano inoltre casi assurdi, dove a delocalizzare in Albania e Slovenia è l’Aci Global, creata da ACI Ente Pubblico e non Economico, non curandosi che i dati degli utenti potrebbero cadere nelle mani di pirati informatici, con gravi rischi per la privacy.

Il Governo deve rendersi conto che il sistema di vendite ed assistenza telefonica, è negli interessi degli altri Stati, in quanto loro hanno capito che rappresenta un volano del commercio, talmente importante da permettere regimi di tassazione diversi e bassi costi del personale.

Disinteresse e superficialità nelle leggi infliggeranno un duro colpo alle prossime generazioni ed al nostro paese.

Diverse potrebbero essere le soluzioni per conservare e sviluppare questa

tipologia di lavoro in Italia come: il contenimento delle gare al massimo ribasso, la detassazione dei salari e delle imprese che nel loro insieme occupano centinaia di migliaia di giovani e meno giovani.  La sfida da affrontare deve essere ambiziosa anche se mentre scriviamo, il call center Teleperformance di Taranto (oltre 2000 lavoratori) intende chiudere o proporre in alternativa assunzioni a tutele crescenti, azzerando quelle garanzie preesistenti previste dal famigerato art 18.

 

                                                                                Flavio Ferrante


 

Dichiarazione del Segretario Generale Fim-Cisl Taranto Brindisi, Mimmo Panarelli. Meno spot, inappropriati, più incisività per coniugare e ambiente, salute e lavoro.

Il candidato presidente alla Regione Puglia, Michele Emiliano, dice di avere il coraggio di chiudere  l’Ilva, qualora non fosse ambientalizzata. Non vogliamo credere che per Emiliano l’Ilva non abbia alcun valore, in termini di sviluppo del territorio. Sicuramente il candidato presidente, preso dai ritmi serrati della campagna elettorale, avrà perso di vista l’impegno messo in campo dal Governo (che ha già reso spendibili le risorse economiche intercettate) e dai commissari per rendere la fabbrica ecocompatibile. L’accelerata di questi giorni dei lavori di rifacimento dell’Altoforno n.1 (in tal senso oggi l’azienda nell’incontro con le OO.SS. ha confermato la ripartenza di Afo1 e Acc1, per i primi di agosto, oltre ad aver confermato che entro il mese di luglio ci sarà l’80% del completamento dei lavori Aia così come previsto dall’ultimo decreto),    rappresenta il punto di partenza di una serie di interventi, nel rispetto di quanto previsto dall’Aia,  che dovranno essere realizzati.

Quello di Emiliano è un pensiero che  preoccupa la Fim-Cisl: un buon amministratore deve avere la capacità  di risolvere i problemi cercando di non penalizzare il cittadino.

La Fim-Cisl ribadisce che la strada maestra da seguire, per salvaguardare le migliaia di posti di lavoro e consentire alle aziende del territorio di rimettersi in marcia, è quella dell’ambientalizzazione: rispetto dell’Aia e copertura dei parchi minerali, cosa che la Fim-Cisl ha sempre sostenuto.

Taranto e la Puglia hanno bisogno di un governo della Regione lungimirante  e intraprendente, in grado anche di trasformare le emergenze attuali e future in opportunità. I cittadini e i lavoratori hanno bisogno di certezze che tutti insieme dobbiamo sostenere.


Il certificato Elite di Borsa italiana è il prossimo obiettivo di Zanzar Sistem spa, ha dichiarato Angelo L’angellotti
durante la cerimonia di apertura del programma 2015 a Palazzo Mezzanotte. Questa è la conferma di un percorso
iniziato alcuni anni fa che ha portato la società ad ottenere il prestigioso riconoscimeto dell’Oscar di bilancio 2014
per le PMI non quotate e che oggi ci vede impegnati in questa ulteriore sfida.
La Certificazione è una motivazione importante per continuare sulla strada dell’internazionalizzazione, dell’innovazione
tecnologica e della qualità che sono I capisaldi su cui si fonda il dna del nostro gruppo. La Zanzar Sistem è entrata
nel “programma Elite” composto da 26 nuove società italiane inserite nella piattaforma dedicata all’eccellenza delle
PMI di tutta Europa.
La Zanzar Sistem spa ha saputo costruire nel tempo un legame trasparente e duraturo con i propri clienti e fornitori,
legame che ha contribuito al raggiungimento di questi straordinari risultati.
La società opera sul mercato da oltre un ventennio e rappresenta un player strategico per tutte le realtà imprenditoriali
del settore e per tutti i clienti finali che adottano con soddisfazione i sistemi di zanzariere prodotti a Grottaglie (TA) e
presso gli altri siti del nord Italia.
Abbiamo sempre fatto attenzione nella realizzazione dei nostri progetti alla costruzione di un approccio sistemico
coniugando innovazione, sviluppo sostenibile del territorio, condivisione di conoscenze interdisciplinari e qualità
della vita.
E’ da un po’ che stiamo concentrando la nostra attenzione su numerosi progetti di sviluppo cogliendo importanti
opportunità anche su mercati difficili e fortemente competitivi.
Oggi, sentiamo l’esigenza di confrontarci direttamente con istituzioni, partners, clienti, fornitori e persone che, oltre
alla mera conoscenza dei nostri progetti per il futuro, possano costituire con noi ulteriore valore alle nostre iniziative.
Desideriamo ringraziare, con l’occasione, tutti gli stakeholder che hanno contribuito all’ottenimento di questi
prestigiosi risultati. Tutto ciò dimostra come aver posto al centro dell’attenzione la professionalità, la creatività e
la razionalità dell’agire ripaga l’impegno e gli sforzi quotidiani profusi, ha concluso Angelo L’Angellotti dal palco di
Palazzo Mezzanotte a Milano.

Assegno di disoccupazione più semplice: la guida

 

 

DI AMEDEO COTTINO

Tutte le regole relative ad ASpI e Mini ASpI in materia di oneri contributivi e agevolazioni in caso di assunzione di lavoratori che percepiscono l’assegno di disoccupazione valgono anche per la NASPI: lo rileva la circolare 9/2015 dei Consulenti del Lavoro sul Dlgs 22/2015, il decreto attuativo del Jobs Act sui nuovi ammortizzatori sociali. Non sembra invece applicabile, nel 2015, la norma prevista dalla Riforma del Lavoro Fornero sulla restituzione del contributo dell’1,4% alle imprese che trasformano contratti a termine in tempo indeterminato, in virtù del fatto che per quest’anno c’è l’esenzione contributiva per i contratti a tempo indeterminato (prevista dalla Legge di Stabilità).

La circolare dei Consulenti del Lavoro è un vero e proprio Vademecum per l’utilizzo dei nuovi ammortizzatori sociali, ovvero la NASpI (la nuova assicurazione sociale per l’impiego che sostituisce l’ASpI), l’ASDI (l’assegno di disoccupazione per lavoratori che hanno terminato la NASpI ma si trovano in condizione di bisogno), e la DIS-COLL(l’indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto).

NASpI

Le regole sulla NASpI sono contenute negli articoli da 1 a 14 del decreto. La nuova indennità è prevista dal primo maggio 2015, quindi si applica alle cessazioni dei rapporti di lavoro intervenute a partire dal 30 aprile 2015. E’ riconosciuta ai lavoratori dipendenti, compresi i contratti di apprendistato, ai soci lavoratori delle cooperative e al personale artistico con rapporto subordinato. Requisiti: stato di disoccupazione, 13 settimane di anzianità contributiva nei quattro anni precedenti (indipendentemente dalla retribuzione percepita, quindi senza applicare i minimali contributivi), 30 giornate di lavoro effettivo (anche sommando rapporti di lavoro diversi) nei 12 mesi precedenti. La NASpI è riconosciuta anche in caso di dimissioni, solo nel caso in cui queste avvengano durante il periodo tutelato dalla maternità (gravidanza e primo anno di vita del figlio) oppure per giusta causa motivata da mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali sul luogo di lavoro, modificazioni peggiorative delle mansioni, mobbing, variazione delle condizioni di lavoro in seguito a cessione d’azienda, spostamento ad altra sede in mancanza delle compravate ragioni tecniche previste per legge, comportamento ingiurioso del superiore gerarchico.

Nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto all’ASpI se motivata da trasferimento ad altra sede distante più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore oppure raggiungibile in non meno di 80 minuti con i mezzi pubblici, oppure dalla procedura di conciliazione prevista dall’articolo 7 della legge 604/66 (sui licenziamenti individuali).

La domanda va presentata all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro (a pena di decadenza), e la prestazione decorre dal giorno successivo (ma non prima dell’ottavo giorno dal termine del rapporto di lavoro). Quindi, ad esempio, nel caso di interruzione del rapporto di lavoro il primo maggio e domanda presentata il 3 maggio, la decorrenza della prestazione sarà il 9 maggio (ottavo giorno dalla cessazione del rapporto). Se invece, sempre con licenziamento o dimissioni il primo maggio, la domanda viene presentata all’INPS il 10 maggio, la decorrenza della NASpI sarà l’11 maggio.

Attenzione: la legge prevede che non ha diritto alla NASpI il disoccupato che non partecipa alle iniziative di attivazione lavorativa e riqualificazione professionale dei centri per l’impiego. Si tratta, commentano i Consulenti del Lavoro, di condizioni «meno restrittive rispetto al precedente combinato ASpI-miniASpI».

Prima erano richiesti requisiti più rigidi, come le due annualità di anzianità assicurativa e le 13 settimane di accredito contributivo negli ultimi 12 mesi (e non sui quattro anni) per l’accesso alla miniASpI.

Altra cosa importante: l’articolo 8 del decreto 22/2015 rende strutturale la possibilità di anticipazione in un’unica soluzione che per l’ASpI era sperimentale fino al 2015, con le stesse regole (compresa la possibilità di ottenerlo anche se l’attività che si avvia produca un reddito superiore ai 4mila 800 euro annui.

Misura della prestazione

La base di calcolo è rappresentata dall’imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni, diviso per le settimane di contribuzione e moltiplicato per 4,33. Se il risultato è sotto i 1195 euro (nel 2015), l’indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione di riferimento. Se invece la cifra  è più alta, si somma al 75% il 25% del differenziale fra retribuzione mensile e 1195 euro (fino a un massimale di 1300 euro, più alto dei 1169 euro che erano il massimale ASpI).

Esempio: un lavoratore che negli ultimi quattro anni ha guadagnato 40mila euro annui e ha un accredito contributivo di 110 settimane, ha una retribuzione mensile di riferimento pari a 1.571 euro (40mila diviso 110 moltiplicato per 4,33). Si tratta di una somma superiore a 1195 euro, quindi l’assegno sarà pari a 990 euro (il 75% di 1195 più il 25% della differenza fra 1571 e 1195).

Si ricorda che l’indennità subisce una riduzione del 3% al mese dal quarto mesedi fruizione (l’ASpI invece scendeva del 15% dopo i primi sei mesi e di un altro 15% dopo i primi 12 mesi). Il nuovo sistema risulta più conveniente nel caso di fruizione per un numero di mensilità inferiore, e invece più gravoso in presenza di una fruizione più duratura. Esempio: dal settimo mese la decurtazione NASpI è pari al 12%, l’ASpI invece era tagliata del 15%, quindi è più conveniente la nuova indennità. Apartire dal nono mese, invece, la NASpI diventa meno conveniente (passando al 18% dal 15% ASpI).

L’obiettivo è quello di incentivare comportamenti attivi durante il periodo di godimento dell’indennità di disoccupazione.

I contributi

E’ cambiato il calcolo della base imponibile della contribuzione figurativa. Bisogna prendere gli imponibili previdenziali degli ultimi quattro anni, diviso per le settimane accreditate e moltiplicato per 4,33. Il massimale è pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile NASpI per il 2015, ossia 1.820 euro (1.300 x 1,4). Questa retribuzione figurativa non va presa in considerazione per il calcolo retributivo della pensione se il risultato è inferiore a quello che risulterebbe dalla mancata applicazione del massimale. Questo vale solo per la quota retributiva (non per il calcolo contributivo).

Durata della NASpI

L’assegno può essere percepito per due anni (la metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni). Dal 2017, non potrà superare le 78 settimane (un anno e sei mesi). L’ASpI era invece parametrata all’età anagrafica del lavoratore (12 mesi per gli under 55, 18 mesi per gli over 55). Secondo i calcoli dei Consulenti del Lavoro, in pratica chi ha un accredito contributivo superiore alle 24 mensilità avrà un beneficio in termini di durata della prestazione, mentre nel caso in cui gli accrediti siano inferiori la NASpI durerà meno rispetto alla vecchia ASpI.

La circolare ricorda infine tutti i casi di compatibilità e di cumulabilità della NASpI(che, ad esempio, decade nel caso di contratto subordinato superiore ai sei mesi con reddito annuo superiore a 8.145 euro.).

Assegno di disoccupazione ASDI

E’ una novità della Riforma ammortizzatori sociali, è in vigore anch’esso dal primo maggio e per il solo 2015, viene riconosciuto a chi, terminata la NASpI, non abbia ancora trovato lavoro e si trovi in situazione di difficoltà (valutata in base all’ISEE, su parametri da individuare con apposito decreto ministeriale). L’ASDI è pari al 75% dell’ultimo trattamento NASpI per un massimo di sei mensilità. Questo assegno di disoccupazione è prioritariamente riservato a lavoratori appartenenti a nuclei familiari con minorenni oppure in età vicino al pensionamento.

DIS-COLL

E’ riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti alla gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, in sostituzione delle precedenti indennità previste dalla Riforma del Lavoro Fornero, per le interruzioni di rapporti di lavoro dal primo gennaio al 31 dicembre 2015. Requisiti: stato di disoccupazione, tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno solare precedente l’interruzione del rapporto al quest’ultimo evento, un mese di contribuzione nell’anno in cui si interrompe il rapporto oppure un contratto di collaborazione di durata pari ad almeno un mese con reddito pari alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione (quindi 646,50 euro, la metà del minimale annuo 2014 di 15mila 516 euro).

I requisiti di accesso sono meno rigidi dei precedenti, in quanto non c’è più il paletto reddituale (20mila 220 euro), e non sono richiesti la monocommittenza e i due mesi di disoccupazione nell’anno precedente la domanda. L’importo della DIS-COLL è pari al 75% dell’imponibile previdenziale  dell’anno di cessazione e nell’anno solare precedente diviso per i mesi di contribuzione. Se però il reddito medio mensile, calcolato come appena descritto, supera 1.195 euro, al 75% si aggiunge il 25% del differenziale fra il reddito medio mensile e 1.195 euro. Anche qui, massimale a 1300 euro, e decurtazione del 3% al mese dopo il quarto mese. Non è prevista contribuzione figurativa.

Si tratta di un meccanismo completamente diverso da quello precedente (articolo 2 commi 51-56 legge 92/2012), che prevedeva un’indennità una tantum del 7% del minimale di reddito contributivo di artigiani e commercianti (per l’anno 2014 pari a 15.516 euro) moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate e quelle non coperte da contribuzione dell’anno precedente.

 (Fonte: circolare 9/2015 dei Consulenti del Lavoro).

DI ROBERTO DE GIORGI

 

 

 

La nostra pineta che dal Pino Solitario, che fu fagocitato dalla zona industriale, si estende fino a Metaponto, salvo insediamenti, fu inserita agli inizi anni  80 in una legge sulla valorizzazione degli itinerari turistici dell’allora ministro per il mezzogiorno Signorile.

 

Poi di questa legge con l’avvento delle Regioni e dei compiti ad esse demandati non si seppe nulla. Anche se oggi, il Ministro Franceschini torna a parlare di itinerari turistici, stavolta legati ai beni culturali Breve premessa per parlare dello stato di questa pineta. Il fatto è accaduto oggi, domenica 3 maggio, erano le 13,00, in zona Lido Verde, Marina di Ferrara frazione del comune di Massafra.

 

Siamo nel 2015, in una stagione arricchita dall’Expo universale che tratta anche dello spreco. Ma un presidio naturale cosi prezioso, che i turisti di tutto il mondo ci invidierebbero, che risponde alle premesse di cui sopra, per quale motivo deve essere lasciata in questo stato?

 

Per ovvi motivi di privacy, non essendo organi inquirenti, abbiamo solo fatto le foto ai rifiuti di bivacchi precedenti e non alle tavole già bandite di ogni ben di Dio, pronte alla gozzoviglie e ai rifiuti.

Ora ci chiediamo: per quale motivo in tali pinete frequentate da cittadini che fanno barbecue sotto pini resinosi e non sicurezza, non c’è nessuno controllo?

 

Perché sapendo che cittadini, forse anche massafresi, fanno pic nic sotto pini non ci sono contenitori per la raccolta dei rifiuti?

Al di là del fatto che buttare rifiuti nel demanio è reato penale, ma è davvero possibile abbandonare un ecosistema così prezioso in tale situazione?

Domande che rivolgiamo al Comune di Massafra e alla Forestale per i compiti loro preposti nella salvaguardia dei beni ambientali 

I dati della lista Falciani sono utilizzabili nell’accertamento tributario in quanto l’amministrazione finanziaria nel contrasto all’evasione fiscale può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con la sola esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o siano stati acquisiti in violazione di un diritto del contribuente”.

E’ quanto ha affermato la Suprema Corte, con le ordinanze n. 8605 e 8606 del 28 aprile 2015, secondo cui il documento contenenti nomi di contribuenti presunti evasori (tra cui circa 7mila contribuenti italiani), sottratto alla banca svizzera Hsbc da un ex dipendente della stessa (l’informativo Hervè Falciani) è utilizzabile a favore del fisco.

In particolare, la controversia riguardava alcuni avvisi di accertamento ed atti di contestazione sanzioni notificati dall’Agenzia delle Entrate proprio sulla base dei dati contenuti nella lista. Tale elenco era stato sequestrato dalle autorità francesi e trasmesso alle autorità fiscali europee in ottemperanza alla direttiva 77/799/Cee, per giungere poi a maggio 2010 alla GdF ed alla Agenzia delle Entrate. Orbene, impugnati gli atti impositivi innanzi i giudici tributari, i contribuenti ottenevano pronunce favorevoli sia in primo grado che in appello. Infatti, le Commissioni tributarie ritenevano non utilizzabili i dati contenuti nella lista e conseguentemente annullavano gli atti impositivi del fisco laddove l’acquisizione documentale era illegittima in quanto le informazioni provenivano da reati perpetrati dall’ex dipendente (accesso abusivo a un sistema informatico, (art. 615-ter c.p.), appropriazione indebita di dati personali (articoli 846 e 61, n. 11, c.p.) ecc.). Si ricorda altresì che la Corte di Cassazione (n. 38753/2012), in un procedimento relativo alla "lista Falciani", pur non pronunciandosi sulla sua utilizzabilità o meno, ha affermato che, qualora risulti l'acquisizione illecita dei documenti, allora questi non potranno essere utilizzati in sede dibattimentale. A tal proposito, la Corte d'Appello di Parigi (sentenza 8 febbraio 2011) ha sancito l'illegittimità delle modalità attraverso le quali le autorità francesi sono venute in possesso della "lista Falciani", negandone l'utilizzabilità ai fini accertativi. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione francese (sentenza n. 11-13097 del 2013).

Ebbene l’Agenzia ricorreva dunque in Cassazione.

I Giudici Supremi così stabilivano che, esaminando il tema dell'utilizzabilità dei dati acquisiti dall'ufficio fiscale dalle autorità fiscali francesi in forza della dir.CEE 77/779, la Corte di giustizia-Corte giust., Grande Sezione, 22 ottobre 2013, causa C-276/12,- ha riconosciuto che la direttiva 77/799 non tratta del diritto del contribuente di contestare l'esattezza dell'informazione trasmessa e non impone alcun obbligo particolare quanto al contenuto di quest'ultima, aggiungendo inoltre che spetta solo agli ordinamenti nazionali fissare le relative norme. Si deve perciò concludere che il diritto dell'Unione non preclude ad un soggetto passivo la possibilità di mettere in discussione, nell'ambito di un procedimento tributario nazionale, la correttezza delle informazioni fornite da altri Stati membri ai sensi dell'art. 2 della direttiva 77/799. In altri termini, se non può sostenersi che le modalità di acquisizione mediante strumenti di cooperazione ai fini della lotta all'evasione possano ex se rendere legittima l'utilizzabilità della documentazione trasmessa, non può nemmeno affermarsi, come invece ha ritenuto la CTR, che detti strumenti imponessero all'autorità italiana un'attività di verifica circa provenienza e autenticità della documentazione trasmessa, anche considerando che secondo la Corte di Giustizia la dir.77/799 persegue l'ulteriore finalità di consentire il corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio nei vari Stati membri-Corte giust. 13 aprile 2000, causa C- 420/98,W.N., p.22-.

E' poi errata la ritenuta inutilizzabilità -da parte della CTR- dei documenti in ragione della provenienza illecita- trafugamento dei dati bancari da parte di un ex dipendente della banca svizzera HSBC, F.H. acquisiti successivamente dall'autorità francese. Occorre, anzitutto escludere qualunque diretta rilevanza ai fini del giudizio all'avviso espresso da Cass.pen.n.29433/2013 che, in ambito penale, ha escluso la legittimazione del contribuente a chiedere la distruzione dei documenti della Lista (OMISSIS), al cui interno si rinviene l'affermazione che detti documenti potrebbero costituire valido spunto di indagine ancorchè acquisiti illegalmente, al pari degli scritti anonimi- risolvendosi in un'affermazione che trova il suo ambito all'interno della disciplina processualpenalistica. In effetti, la giurisprudenza di questa Corte è orientata a mantenere una netta differenziazione fra processo penale e processo tributario, secondo un principio - sancito non soltanto dalle norme sui reati tributari (D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 12, successivamente confermato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 20) ma altresì desumibile dalle disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 c.p.p., ed espressamente previsto dall'art. 220 disp. att. c.p.p., che impone l'obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini della "applicazione della legge penale" (Cass. nn. 22984, 22985 e 22986 del 2010;Cass.n.13121/2012).

Si riconosce quindi, generalmente, che "...non qualsiasi irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale comporta, di per sè, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso ed esclusi, ovviamente, i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale (quali l'inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.) - cfr.Cass.n.24923/2011-. Tale prospettiva si collega al principio per cui nell'ordinamento tributario non si rinviene una disposizione analoga a quella contenuta all'art. 191 c.p.p., a norma del quale "le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate". Ora, occorre evidenziare che non può porsi in discussione la legittimità dell'attività posta in essere dall'Amministrazione fiscale interna su impulso di quella francese in forza della dir.79/799/CEE, correttamente utilizzata nel caso di specie, anche in relazione a quanto sopra esposto.

Ed infatti, tanto il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, che l'art. 41, comma 2, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, prendono esplicitamente in considerazione l'utilizzo di elementi "comunque" acquisiti, e perciò anche nell'esercizio di attività istruttorie attuate con modalità diverse da quelle indicate nel D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33 e nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51. Tali disposizioni individuano, quindi, un principio generale di non tipicità della prova che consente l'utilizzabilità - in linea di massima- di qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l'esistenza un fatto rilevante e non direttamente conosciuto. Ciò che trova, peraltro, un limite quando gli elementi probatori siano stati direttamente acquisiti dall'Amministrazione in spregio di un diritto fondamentale del contribuente.

Va dunque sottolineato, con riferimento al caso qui esaminato, che l'eventuale responsabilità penale dell'autore materiale della lista- questione che esula dalla vicenda processuale odierna, non risultando la condotta nemmeno posta in essere in Italia - e, comunque, l'illiceità della di lui condotta nei confronti dell'istituto bancario presso il quale operava non è in grado di determinare l'inutilizzabilità della documentazione anzidetta nel procedimento fiscale a carico del contribuente utilizzata dal Fisco italiano al quale è stata trasmessa dalle autorità francesi - v., sul punto, la già ricordata pronunzia della Cassazione penale francese del novembre 2013 - (Cour de Cassation criminelle, 27.11.2013, ric.13-85042) che ha espressamente riconosciuto l'utilizzazione -addirittura in ambito penale- della Lista (OMISSIS) sul presupposto che al confezionamento eventualmente illecito delle prove non aveva cooperato l'autorità pubblica-.

Nè l'utilizzazione, nel procedimento amministrativo volto all'accertamento di violazioni di natura fiscale, dei documenti provenienti dalla lista (OMISSIS) determina una lesione di diritti costituzionalmente garantiti del contribuente.

L'attività anzidetta compiuta dell'amministrazione fiscale italiana su impulso di quella francese non si pone, considerando quanto già esposto in ordine alla base legale che giustifica l'attività della p.a., in rotta di collisione con il diritto fondamentale alla riservatezza.

Occorre rilevare che il legislatore, con la L. n. 413 del 1991 - art. 18- ha abrogato il "cd. segreto bancario" (cfr. Cass. n. 16874/2009) -secondo l'opinione prevalente traente origine da una norma consuetudinaria- e, per altro verso, la sfera di riservatezza relativa alle attività che gravitano attorno ai servizi bancari è essenzialmente correlata all'obiettivo della sicurezza e al buon andamento dei traffici commerciali.

Ciò consente di evidenziare che i valori collegati al diritto alla riservatezza e al dovere di riserbo sui dati bancari sono sicuramente recessivi di fronte a quelli riferibili al dovere inderogabile imposto ad ogni contribuente dall'art. 53 Cost.. D'altra parte, sempre secondo la Corte costituzionale, "...alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si può applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libertà personale, poichè alla base del segreto bancario non ci sono valori della persona umana da tutelare: ci sono, più semplicemente, istituzioni economiche e interessi patrimoniali, ai quali, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, quel paradigma non è applicabile (v. sentt. nn.55 del 1968 e 22 del 1971)".

Del resto, l'esigenza primaria ben rappresentata dall'art. 53 Cost., che si sostanzia nei doveri inderogabili di solidarietà, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva, alla quale si associa in modo altrettanto cogente l'obiettivo di realizzare una decisa "lotta" ai paradisi fiscali illecitamente costituiti all'estero, giustifica l'utilizzabilità delle prove acquisite dall'amministrazione con le modalità qui esaminate, trovando comunque copertura nel quadro normativo sopra menzionato e senza che possa dirsi esistente nell'ordinamento interno un principio opposto a quello appena esposto- in questa direzione v., ancora, Corte costituzionale tedesca, 9 novembre 2010 2 BvR 2101/09-.

Nè appare profilabile la lesione dell'art. 24 Cost. se si accede all'idea che il contenuto della lista costituisce semplice indizio nel processo tributarioed il giudicante di merito è tenuto a prenderlo in considerazione, pro o contro il fisco, nel quadro delle complessive acquisizioni processuali, con piena facoltà d'intervento delle difese - cfr.Cass.n.16874/2009-.

Nemmeno può ipotizzarsi una lesione del cd. giusto processo per come tutelato dall'art. 6 CEDU.

Quanto al carattere indiziario degli elementi originariamente raccolti dalle autorità francesi, la CTR ha omesso di considerare che anche un solo indizio può risultare già di per sè idonei a giustificare la pretesa fiscale, essendo ormai ferma la giurisprudenza di questa Corte nel ritenere che in materia tributaria, è sufficiente, quale prova presuntiva, un unico indizio, preciso e grave (ancorchè l'art. 2729 c.c. si esprima al plurale) e la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l'esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevolezza e probabilità - cfr.Cass. n. 656/2014; Cass.n. 12438/2007; Cass.n.28047/2009; Cass.n.27063/2006.

Nè può dubitarsi dell'utilizzabilità di informazioni acquisite nell'ambito di indagini amministrative quali elementi di prova (Cass. 30 settembre 2011, n. 20032; Cass. 20 aprile 2007, n. 9402; Cass. 29 luglio 2005, n. 16032; Cass. 5 maggio 2011, n. 9876;Cass. 14 maggio 2010, n. 11785;Cass.n.2916/2013;v. anche Cass.n.3839/2009;Cass., 7 agosto 2008 n. 21271; Cass.n.4612, 4613 e 4614/2014).

Alla luce di tali principi processual-penalistici, i Giudici Supremi nella sentenza in commento, concludevano che sono perciò utilizzabili, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l'eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco). Spetterà quindi al giudice di merito, in caso di contestazioni fiscali mosse al contribuente, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro con le difese del contribuente.

Ecco che si può evincere che la lista Falciani dapprima non pregiudicherebbe il diritto di difesa ai fini dell’acquisizione illegittima perché semplice indizio valutabile pro e contro il contribuente, poi invece dovendo esaminarne la rilevanza diventa un indizio più che idoneo a determinarne la rettifica con la conseguenza  che  come accade oramai spesso siano prevalse le ragioni del fisco sottese a queste vicende.

Ebbene, tutto ciò posto, è auspicabile che come più volte ribadito in un mio progetto di decreto legislativo di riforma del processo tributario, in discussione al Parlamento, redatto a seguito della Legge n. 23 dell’11 marzo 2014 all’art. 10, che finalmente dopo anni di attesa ha delegato il Governo ad introdurre con i decreti legislativi norme per la revisione del processo tributario, l’inutilizzabilità delle prove acquisite illegittimamente non valga solo per il processo penale ma anche per il processo tributario.

                                                                              Avv. Maurizio Villani

                                                                                                                       Avv. Iolanda Pansardi

5arresti e 49 denunce a piede libero sono il risultato di un servizio di controllo straordinario del territorio disposto negli ultimi giorni dalla Compagnia Carabinieri di Taranto e finalizzato alla prevenzione e repressione di reati in genere. Il Nucleo Operativo Radiomobile e le Stazioni di Taranto Principale, Taranto Centro, Taranto Nord, Taranto Salinella, Talsano e Leporano, nel corso di tale attività, in esecuzione di ordine di carcerazione, hanno tratto in arresto ed associato presso la locale Casa Circondariale di Taranto:

-    un 27ennetarantino condannato ad anni 1, mesi 7 e giorni 1 4 di reclusione per reati contro il patrimonio;

Inoltre sono stati arrestati e sottoposti alla detenzione domiciliare:

-    un 39enne, tarantino condannato a mesi 4 e giorni 28 di reclusione per furto;

-    un 66ennetarantino condannato ad anni 3 e mesi 4 di reclusione per reati contro la persona;

-    un 24ennetarantino condannato a mesi 3 e giorni 5 di reclusione per furto;

-    un 39ennetarantino condannato a mesi 10 di reclusione per danneggiamento.

I Carabinieri hanno inoltre denunciato in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria 49 persone per diversi reati: 5 per evasione; 5 per violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro; 9 per guida senza patente perché mai conseguita o revocata; 1 per guida in stato di ebbrezza alcolica; 15 per furto; 4per ricettazione; 1 per inosservanza degli obblighi della Sorveglianza Speciale di P.S. cui era sottoposto; 1 per inosservanza degli obblighi del foglio di via obbligatorio; 1 per porto di armi o oggetti atti ad offendere; 1 per favoreggiamento personale; 2 per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice;  1 per maltrattamenti in famiglia; 1 per inosservanza  dei provvedimenti dell’Autorità; 2 per mancanza di dotazioni di sicurezza a bordo di natante.

Infine, sono stati segnalati alla competente Autorità amministrativa 12soggetti quali assuntori di sostanze stupefacenti e, nella circostanza, sono stati sequestrati complessivamente gr. 2 di cocaina, gr. 5 di eroina, gr. 1 di marijuana e gr. 16 di hashish.

 

"RIFORMA SI, MA NON COSI'" - Adesione FdS al Corteo degli Studenti il 5 maggio a Taranto

La Federazione degli Studenti di Taranto è pronta a mobilitarsi ancora. Questa volta però, non saremo soli in questa iniziativa di lotta per il progresso. Il 5 Aprile l'intero mondo della scuola si fermerà per chiedere un reset di quella che è la scuola italiana, e, in particolare, quella della Buona Scuola di Renzi. Per la prima volta dopo anni studenti e insegnanti sono uniti per chiedere un vero cambiamento e miglioramento del sistema scolastico. Per quanto introduca delle norme positive (si pensi ad una scuola più tecnologizzata) questa riforma è esageratamente sbilanciata verso una scuola-azienda dove l'unica cosa concessa è maggiore potere ai dirigenti scolastici. Non si parla di risorse per l'edilizia scolastica, di classi pollaio, di una scuola partecipata dove il consiglio d'istituto (rappresentanti inclusi) è il vero organo decisionale della scuola. La vera buona scuola della Repubblica, quella della Costituzione, quella alla quale noi puntiamo è ancora un sogno lontano.

A livello locale il problema è amplificato (come da noi ampiamente denunciato). Taranto ha una delle sue poche chance in un'istruzione che sia fondamento di un cambiamento socio-culturale per questo territorio. Un territorio dalle mille possibilità, dalle mille capacità ma che, senza scuola e senza risorse sarà sempre più nella stagnante oscurità nella quale si è trovata negli ultimi anni.

Pertanto, martedì 5 saremo in piazza con il Movimento Studentesco Taranto e gli insegnati tarantini per gridare a gran voce "RIFORMA SI, MA NON COSI'".

Inoltre, dalle 7,30 alle 8.45 saremo in via Crispi (entrata Aristosseno) per parlare insieme di scuola e progresso in un'assemblea pre-corteo. Sono invitati tutti gli insegnati e gli studenti che vorranno prendere parte con un intervento o un pensiero.

"SCUOLA, PROGRESSO, DIGNITA', QUESTA E' LA NOSTRA LIBERTA'"


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