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Giornale di Taranto - Giornalista1

tradimenti non hanno una città preferita o un luogo dove succedono maggiormente per via di qualche intreccio astrale particolare. Eppure, secondo una recente indagine condotta da Il Mattino, c’è una città in Italia che, più di altre, vede consumarsi numerosi tradimenti.

Napoli: la città favorita dai traditori online

Napoli: la perla del Mar Mediterraneo, con la sua gente così verace e calorosa sarebbe in testa alla classifica delle città con il maggior numero di tradimenti online. A svelarvlo è Barbara Costa nel suo libro “Pornage. Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo” i cui risultati sono stati ripresi dai giornalisti de Il Mattino che hanno svolto un’inchiesta proprio sulla base di ciò che è stato scoperto da Barbara Costa. Quanto emerge è preoccupante: le interazioni tra profili a Napoli sono rapidissime anche se il profilo femminile è caratterizzato da una foto brutta e un profilo vuoto. Basta questo per ottenere circa 250 interazioni se la ricerca è impostata su Napoli. I cittadini partenopei sarebbero rapidissmi nel cercare contatti con nuove donne o uomini che sbucano sui social. I messaggi cadono a pioggia, le richieste di incontro sono svariate…

Tradimenti online: un “business” in aumento

Del resto, anche nel mondo dei viaggi, sono sempre di più le agenzie che propongono tour in sicurezza, anonimato e libertà per acchiappare tutta quella fetta di infedeli che navigano nel web alla ricerca di una scappatella. Ora però, dopo questa indagine, le coppie di Napoli si guarderanno con sospetto e monitoreranno, ne siamo certi, i profili Facebook, Instagram e Whatsapp del proprio partner per evitare di finire…cornuti e mazziati, davanti a tutto il mondo del www. Questa ricerca, anche se ha preso in analisi diverse città e ha scoperto come Napoli sia molto “fast” nel tentativo di approccio online, desta però preoccupazione in tutta Italia dove, il rischio di ritrovare il proprio compagno o compagna nelle braccia di un amante non è poi così impossibile. L’epoca dei social network, se da una parte ha facilitato i contatti con amici e parenti lontani, dall’altra ha trasformato anche i metodi di approccio. Oggi è tutto più improntato al consumismo, alla società delle relazioni liquide come descriveva l’antropologo Bauman, dove tutto è rapido. Proprio come un click.

( fonte viagginews)

 

La chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi potrebbe comportare un taglio di 400 milioni e la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

La proposta di legge del ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio sulla chiusura dei negozi nei giorni festivi ha fatto molto discutere. L’opinione pubblica è infatti divisa sulla questione.

Negozi chiusi la domenica? La maggioranza degli italiani si dichiara contraria. Secondo la rilevazione di Noto Sondaggi, il 56 per cento è favorevole infatti all’apertura domenicale dei centri commerciali e dei negozi.

Soltanto il 33 per cento degli italiani si trova d’accordo con la proposta di Di Maio.

Il vicepremier però va avanti con la sua idea e, parlando in una diretta Facebook alla Fiera del Levante di Bari, ha annunciato che ha intenzione di approvare la legge entro la fine del 2019.

La proposta di legge vuole imporre lo stop delle aperture dei negozi e centri commerciali nei weekend e nei festivi “con delle turnazioni” in base alle quali, in ogni giornata festiva, resta aperto il 25 per cento degli esercizi commerciali.

Una proposta più morbida rispetto a quella lanciata dagli alleati di governo leghisti, che vuole invece consentire l’apertura dei negozi solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche o giorni festivi negli altri mesi dell’anno.

Negozi chiusi la domenica: chi ci perde e chi ci guadagna? 

Secondo Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, la chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi produce un taglio di 400 milioni che vengono spesi ogni anno per pagare il lavoro straordinario di domenica.

E nel lungo termine questa proposta di legge, se dovesse essere attuata, comporterebbe la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

Inoltre, secondo quanto dichiara Federdistribuzione, le domeniche sono i giorni della settimana in cui si spende di più nei supermercati e centri commerciali. Gli italiani che sfruttano le aperture festive per fare shopping sono infatti circa 12 milioni.

La chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi potrebbe comportare un taglio di 400 milioni e la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

La proposta di legge del ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio sulla chiusura dei negozi nei giorni festivi ha fatto molto discutere. L’opinione pubblica è infatti divisa sulla questione.

Negozi chiusi la domenica? La maggioranza degli italiani si dichiara contraria. Secondo la rilevazione di Noto Sondaggi, il 56 per cento è favorevole infatti all’apertura domenicale dei centri commerciali e dei negozi.

Soltanto il 33 per cento degli italiani si trova d’accordo con la proposta di Di Maio.

Il vicepremier però va avanti con la sua idea e, parlando in una diretta Facebook alla Fiera del Levante di Bari, ha annunciato che ha intenzione di approvare la legge entro la fine del 2019.

La proposta di legge vuole imporre lo stop delle aperture dei negozi e centri commerciali nei weekend e nei festivi “con delle turnazioni” in base alle quali, in ogni giornata festiva, resta aperto il 25 per cento degli esercizi commerciali.

Una proposta più morbida rispetto a quella lanciata dagli alleati di governo leghisti, che vuole invece consentire l’apertura dei negozi solo le domeniche di dicembre e altre quattro domeniche o giorni festivi negli altri mesi dell’anno.

Negozi chiusi la domenica: chi ci perde e chi ci guadagna? 

Secondo Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, la chiusura di negozi e centri commerciali nei giorni festivi produce un taglio di 400 milioni che vengono spesi ogni anno per pagare il lavoro straordinario di domenica.

E nel lungo termine questa proposta di legge, se dovesse essere attuata, comporterebbe la perdita di circa 40mila posti di lavoro.

Inoltre, secondo quanto dichiara Federdistribuzione, le domeniche sono i giorni della settimana in cui si spende di più nei supermercati e centri commerciali. Gli italiani che sfruttano le aperture festive per fare shopping sono infatti circa 12 milioni.

Queste categorie continueranno a lavorare anche nelle festività.

Il presidente delle associazioni dei consumatori Codacons ha spiegato: “12 milioni di italiani fanno acquisti la domenica, e i giorni festivi rappresentano per loro l’unica occasione per dedicarsi allo shopping e alle compere. Privarli di tale possibilità attraverso misure che bloccano le aperture domenicali, equivale a dirottare gli acquisti dei consumatori verso l’e-commerce che, a differenza dei negozi tradizionali, non subisce alcun vincolo o limitazione”.

Il Codacons sostiene infatti che il settore delle vendite online sarà l’unico a guadagnarci dalle chiusure domenicali dei negozi, con un incremento del giro d’affari pari a più 2,7 miliardi di euro solo nel primo anno.

 

(fonte TPI News)

C’è sempre più bisogno del coraggio delle donne, a Taranto come altrove. E di donne che abbiano appunto il coraggio di raccontare questo tempo incerto e confuso, senza fare sconti, senza piegarsi. Con onestà. Di questo e di molto altro si parlerà domani sera, domenica 16 settembre, a partire dalle 18 presso la Lega Navale di Taranto, in occasione del primo appuntamento del Festival delle culture al Femminile del Mediterraneo, organizzato da Donna A Sud quest’anno, come sottolinea il direttore artistico e ideatore del Festival Tiziana Magrì dedicato alla memoria di Paola Clemente, la bracciante agricola morta di fatica nei campi pugliesi nell’estate del 2015, come al ricordo di tante donne.

Protagonista della prima giornata sarà il giornalismo al femminile attraverso le voci di Ritanna Armeni (giornalista di Huffington Post, autrice di “Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte”) e Emma Barbaro (Giornalista, caporedattrice del periodico Terre di frontiera) verranno intervistate da Rossella Matarrese giornalista e conduttrice Tg3 PUGLIA. Maria Cuffaro (in foto, inviata e conduttrice del Tg3 e autrice del libro “Kajal. Le vite degli altri e la mia”), e Cristina Mastrandrea (fotoreporter, giornalista e videomaker) saranno intervistate da Angelo Di Leo direttore de La Ringhiera;

Il giornalista Mimmo Mazza (capo redazione de La Gazzetta del Mezzogiorno- Taranto) intervisterà Marilena Natale (collaboratrice dell’emittente televisiva locale ‘Più N News’ giornalista anticamorra sotto scorta) e Maristella Bagiolini (giornalista free lance per testate giornalistiche nazionali e locali). Durante l’incontro sarà proiettato il cortometraggio “La Giornata” diretto dal regista Pippo Mezzapesa, che racconta il dramma della bracciante Paola Clemente (voluto da Cgil Puglia e Flai Cgil Puglia ).

Il 19 settembre sempre a partire dalle ore 18 ma questa volta a Palazzo Pantaleo si terrà il secondo incontro dal titolo “Immagini e Storie del Mediterraneo” L’immigrazione raccontata dalle donne”. Saranno presenti l’attrice Nadia Kibout regista e produttrice di “Le Ali Velate”; Adelaide De Fino, regista del corto “La pace Dannata”; Stefano Amatucci regista del film “Caina”; Antonella Ferraiolo, ginecologa e autrice del libro Antikka, Maryam Rahimi regista del corto “Mare Nostrum”.

Il Festival gode del con il patrocinio di Comune di Taranto, Ordine dei Giornalisti di Puglia, Presidenza della Regione Puglia, Assessorato regionale al Mediterraneo Cultura e Turismo, Consigliera Regionale Pari Opportunità e del sostegno di Cgil Taranto, Coop. sociale Indaco, Conf Associazioni Puglia, Indaco. Tra gli sponsor FORMARE Puglia, SAMM, Obiettivo Puglia.

 

Che non è che per forza la politica deve essere fatta di pesci in faccia, insulti, con opposizioni che agiscono in maniera distruttiva e maggioranze che se ne fregano...Esistono ancora per fortuna oasi in cui sono contemplate le buone maniere e dove l’interesse della comunità prevale sulla sterile contrapposizione. Un esempio in questo senso arriva da Massafra dove l’amministrazione comunale, guidata da Fabrizio Quarto, è in mano a una colazione formata da Liste civiche (Quarto Sindaco, Strada Maggiore, Ambiente e Progresso) più Unione di Centro. Bene, dai banchi dell’opposizione, in particolare dal PD arrivano un paio di strigliate ( richiesta urgente della pulizia del piazzale della Madonna della Scala e di disinfestazione) cui l’Amministrazione risponde .... assecondando la richiesta! Insomma, siamo di fronte  a una bella lezione di buona politica come sottolinea lo stesso Partito Democratico massafrese nella nota che segue.

 

“Noi del Partito Democratico e dei Giovani Democratici, in questi giorni abbiamo ottenuto due importanti risultati con l'obiettivo di difendere il bene comune di Massafra. Lunedì mattina il capogruppo del Partito Democratico Ida Cardillo ha protocollato un'istanza, al sindaco e all'assessore ai lavori pubblici, in cui si richiedeva con urgenza la pulizia del piazzale della Madonna della Scala e la disinfestazione della città per bloccare un'anomala ondata di zanzare.
Il piazzale della Madonna della Scala  era da  tre settimane coperto di fango, terra e detriti giunti a causa dell'acquazzone del  21 agosto e del 7 di settembre 2018. Una situazione indecorosa per quello che è il primo luogo di accesso al santuario e al villaggio rupestre. Dopo la nostra segnalazione, il Comune ha avviato una pulizia straordinaria, bonificando il piazzale.
L’altra interpellanza ha riguardato  una constatazione che ogni cittadino sta facendo in questi giorni ovvero che quest’anno tutta Massafra è invasa dalle zanzare con tutte le  problematiche connesse. Un’emergenza che non va sottovalutata perché possono crearsi disagi gravi per tutta la cittadinanza. Per questo abbiamo sollecitato l’Amministrazione di correre immediatamente ai ripari. Mercoledì si è tenuta una disinfestazione straordinaria del territorio comunale.
Siamo soddisfatti della risposta dell'amministrazione che ha eseguito degli interventi straordinari, venendo incontro alle nostre richieste di tutela della salute dei massafresi e del territorio.
Questo vuol dire fare “Politica” in maniera costruttiva, con passione e coerenza a servizio dei cittadini massafresi”

 

L’accordo ILVA stipulato tra Arcelor Mittal e sindacati, ha superato anche la fase critica del confronto in fabbrica. I lavoratori del siderurgico si sono espressi con un parere favorevole pari al 93% dei votanti registrati nell’ambito della tornata elettorale. Ora si tratta di lavorare sulla concretezza delle azioni proposte a tutela dell’occupazione, ma anche della salvaguardia ambientale.

Così Antonio Marinaro, presidente della Cassa Edile di Taranto, che sul tema torna richiamando proprio la necessità dello sviluppo edile nelle imprese dell’appalto ILVA.

Negli articoli inseriti nell’addendum presentato dagli affittuari aggiudicatari della gara si parla anche di salvaguardia dell’indotto – spiega Marinaro – ma a quell’impegno va data sostanza e concretezza con un più dettagliato accordo che salvaguardi quelle produzioni e quei lavoratori. Un impegno concreto che consenta, inoltre – prosegue il presidente della Cassa Edile – di evitare l’ingenerarsi di  pericolosi processi di dumping contrattuale o di insicurezza su cantieri impegnati ad esempio nel delicato settore delle bonifiche, ma con caratteristiche da multi servizi.

Quell’identità produttiva e professionale va salvaguardata – chiarisce ancora Antonio Marinaro – e non per mero protezionismo, quanto per la necessità di sostenere ancora quel processo di riconversione industriale che ha bisogno di quella redditività e di quella massa salari.

Un richiamo dunque alle clausole inserite nel contratto firmato lo scorso 6 settembre, ma con un richiamo preciso all’art. 9 del Contratto Istituzionale di Sviluppo.

L’economia del territorio è composta da imprese medio-piccole, ma anche da un cartello produttivo che deve ottenere garanzie reddituali, tutele contrattuali e di sicurezza garantite dagli enti paritetici, che possano ingenerare processi di sviluppo a medio-lungo termine – dice Marinaro – e per questa ragione bisognerà sostenere gli sforzi delle imprese virtuose ed evitare ogni tipo di concorrenza sleale al ribasso.

A tal proposito il presidente di Cassa Edile richiama l’esigenza di riprendere le attività predisposte all’interno del CIS e di dare seguito a tutti protocolli che richiamano alla legalità e alla sicurezza sia per i lavori di ambientalizzazione che per quelli legati alle bonifiche.

Nella lunga nota dell’Associazione ambientalista viene ricordato al al Ministro dell’Ambiente di procedere alla valutazione preventiva d’impatto ambientale e sanitario.

 

 

 

Legambiente ritiene insufficienti le integrazioni al piano ambientale Ilva e chiede al Ministro dell’Ambiente che si proceda alla valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario connesso ad una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido: non c’è nulla che impedisca al Ministro di effettuarla e solo i suoi esiti  potranno fornire risposte scientificamente attendibili in merito alle ricadute dell’impianto sulla salute dei cittadini di Taranto.

 

Lo chiediamo dopo aver esaminato il testo diffuso dagli organi di informazione dell’addendum ambientale, di cui peraltro a tutt’oggi, nonostante il tempo trascorso,  non ci risulta sia ancora disponibile la versione integrale, comprensiva degli allegati, con buona pace delle esigenze di trasparenza e informazione. 

 

Quanto previsto dall’addendum ambientale, al capitolo 4,  non dà infatti garanzie dell’effettiva assenza di rischi per la salute, specie per gli abitanti del quartiere Tamburi, il più prossimo agli impianti. La novità dell’addendum è infatti rappresentata dal mero obbligo, per Mittal, di presentare al Ministero dell’Ambiente, completati gli interventi previsti dall’allegato I al DPCM del 29.9.17,  “idonea documentazione che certifichi che l’aumento della produzione garantirà che le emissioni convogliate di polveri rimarranno entro i limiti annuali post adeguamento in flusso di massa autorizzati“: un obbligo che non costituisce alcun impegno a ridurre le emissioni inquinanti autorizzate dal Piano Ambientale. Ad esso si aggiunge l’’impegno a “confrontare il flusso di massa annuale autorizzato … ed applicabile al 31 agosto 2018 delle emissioni convogliate di polveri degli impianti oggi in esercizio, con il flusso di massa delle emissioni convogliate di polveri previste esercendo gli impianti ambientalizzati in coerenza con il DPCM del 29 settembre 2017, fino a 8 milioni di tonnellate”. Solo un confronto, quindi: non è previsto che in caso di superamento delle attuali emissioni (peraltro relative ad impianti ancora da assoggettare agli interventi previsti dal Piano Ambientale) non venga rilasciata l’autorizzazione a superare il limite alla produzione di 6 milioni di tonnellate annue, né c’é alcun riferimento alle emissioni diffuse e fuggitive, che pure hanno un peso rilevante nell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico.

 

Chiediamo perciò che la valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario venga effettuata entro il termine massimo dell’apertura delle procedure autorizzative previste per la riaccensione di AFO 5, l’impianto che consentirebbe ad ILVA una produzione di 8 milioni di tonnellate rivenienti dal solo ciclo integrale. Non si può chiedere a nessuno di attendere in silenzio  che, a posteriori, venga confermato quello che già oggi sappiamo circa i rischi per la salute che permarrebbero a fronte di una produzione superiore ai 6 milioni di tonnellate annue di acciaio ottenuta dal ciclo integrale.Lo sappiamo perché ce lo dice la Valutazione del Danno Sanitario effettuata da Arpa ed Ares Puglia e dalla ASL di Taranto -prendendo a riferimento lo scenario produttivo ad A.I.A. del 2012 completamente attuata- che nessuno ha mai confutato e rispetto alla quale continuano a non essere fornite indicazioni concrete e inconfutabili su come quei rischi possano essere scongiurati. A tutti, e alla famiglia Mittal in particolare, ricordiamo che  l’immunità penale concessa è strettamente correlata alle “condotte poste in essere” in attuazione  del piano ambientale e, quindi, non è eterna.

 

miglioramenti apportati dall’addendum al contratto, costituiti essenzialmente da un anticipo nei tempi di realizzazione delle coperture dei parchi minerale e fossile, e della pavimentazione dei parchi AGL e loppa,  che valutiamo positivamente, confermano la giustezza delle Osservazioni da noi presentate a suo tempo: se oggi è possibile, per Mittal, assumere l’impegno di completare  entro la fine del 2019 la copertura di tutto il materiale presente nel parco minerale,  con ben 19 mesi di anticipo rispetto al termine di scadenza originariamente previsto, è evidente che avevamo pienamente ragione a sostenere che le scadenze indicate nel Piano Ambientale Ilva erano ingiustificate da un punto di vista tecnico ed andavano ad esclusivo vantaggio dell’acquirente: si fossero imposte allora scadenze più ravvicinate, oggi, probabilmente, sarebbe stato possibile ottenere altri miglioramenti in termini di salvaguardia dell’ambiente e della salute, ad esempio attraverso un anticipo dei tempi previsti  per gli interventi sulle cokerie che, invece, rileviamo con preoccupazione  non subiscono alcuna variazione, né comprendono alcun ammodernamento tecnologico.

 

Se gli impegni assunti verranno rispettati (quando si parla di Ilva, dopo una miriade di decreti e di prescrizioni disattese, il dubbio è sempre lecito e, d’altro canto, l’addendum prevede sanzioni esclusivamente di carattere pecuniario) finalmente –almeno- cesseranno le tempeste di polveri provenienti dai parchi minerali che hanno investito le abitazioni dei cittadini del quartiere Tamburi: ne siamo contenti e iscriveremo questo risultato, quando sarà raggiunto, tra i frutti della battaglia condotta in questi anni. Per conseguirlo, e per ottenere che quanto di positivo è previsto dal piano ambientale e dall’addendum sia effettivamente realizzato, è indispensabile che ci siano controlli rigorosi e stringenti, uniti alla massima trasparenza e ad una puntuale informazione dei cittadini: noi crediamo che, in questo senso,  occorra andare oltre quanto previsto dall’AIA e dal Piano ambientale. 

 

All’ARPA chiediamo che siano espletati nei tempi strettamente necessari i concorsi per l’assunzione di tutto il personale previsto per il dipartimento di Taranto: una battaglia, anche questa, che ci ha visto in prima fila e che deve finalmente portare  l’agenzia a disporre in tempi brevi di tutte le professionalità e le risorse necessarie per poter effettuare i controlli e i monitoraggi previsti.

A Comune e Regione chiediamo che venga rapidamente istituito e messo a disposizione di tutti i cittadini un portale in cui vengano indicati, prescrizione per prescrizione, in maniera chiara e di facile lettura, gli interventi previsti, le scadenze (correlate da avvisi che ne segnalino l’approssimarsi), le date delle visite ispettive previste,  i risultati e le eventuali prescrizioni collegate alle ispezioni, in poche parole tutto quanto è utile per monitorare in ogni momento il rispetto degli impegni assunti.

Al Ministro dell’Ambiente chiediamo di esaminare con estrema attenzione la documentazione tecnica attinente le modifiche proposte da Mittal rispetto ai filtri dell’impianto di sinterizzazione e di renderla disponibile alla consultazione dei cittadini.  Di essa nell’addendum non c’è traccia e non risultano quindi valutabili, al di là di quanto affermato dall’azienda, gli effettivi apporti in termini di maggior abbattimento delle emissioni inquinanti rispetto ai filtri a manica.

 

La genericità di una serie di impegni e - quindi – la loro dubbia esigibilità se non per autonoma decisione della famiglia Mittal, pone da subito l’esigenza che la comunità jonica si attrezzi in modo che non si ripeta la tragica esperienza che ha connotato il rapporto di Taranto con la famiglia Riva. Al di là della diversità di opinioni sono infatti perseguibili obiettivi comuni, sia rispetto allo stabilimento siderurgico che al rapporto con il Governo nazionale, a partire dal puntuale rispetto di quanto prescritto dal Piano ambientale Ilva e dall’effettivo dispiegarsi delle bonifiche previste, su cui manca qualsiasi informazione  da parte dei Commissari straordinari. 

 

A Comune, Provincia e Regione chiediamo innanzitutto che facciano propria la richiesta che rivolgiamo al Governo in generale ed al Ministro Costa in particolare di procedere per Ilva alla Valutazione Preventiva dell’Impatto Ambientale e Sanitario.

 

Rispetto agli impegni per Taranto, che ovviamente non possono essere sostitutivi nè diventare merce di scambio, ma  devono costituire  riconoscimento e risarcimento del danno subito  e contributo concreto alla diversificazione produttiva dell’area jonica,  riteniamo che – nell’immediato, a partire dalla prossima legge di Bilancio - vadano ampliate le risorse messe a disposizione del Contratto Istituzionale di Sviluppo   con particolare riferimento alla bonifica territoriale, a partire da quella del Mar Piccolo, e al restauro  della Città Vecchia di Taranto, che sull’esempio di quanto fatto a  Matera con il recupero dei Sassi, può essere uno dei motori di un diverso sviluppo. Chiediamo inoltre che siano previsti meccanismi di risarcimento del danno materiale patito dai cittadini dei Tamburi in conseguenza dell’attacco delle polveri provenienti dallo stabilimento siderurgico, sia per i danni subiti dalle loro abitazioni che per il loro minor valore di mercato, ed introdotte norme a tutela delle vittime dell’inquinamento che – allo stato – non hanno di fatto alcuna possibilità di conseguire un effettivo risarcimento.

 

Ci sembra matura e ampiamente condivisa  la necessità di aprire una nuova pagina dello sviluppo di questa città, non più basato solo sull’acciaio , ma su altre, diverse, attività economiche e rilevante il ruolo che le parti sociali, gli Enti locali, il Governo e il Parlamento possono avere per renderlo possibile ed avviare così, effettivamente, quella riconversione produttiva che, per essere un obiettivo concreto e non solo un’aspirazione, ha bisogno di risorse, progetti, attori qualificati

 

L’impegno per coniugare davvero ambiente e salute può, a nostro avviso,  ripartire da qui, nella consapevolezza che ci sarà da lottare ancora per rendere davvero la presenza dello stabilimento siderurgico pienamente compatibile con il diritto alla salute di chi ci lavora e dei cittadini di Taranto. 

 

 

La FP CGIL Taranto a seguito della approvazione del Disegno di legge AREU sul Sistema dell’Emergenza – Urgenza in Puglia, ha iniziato le prime assemblee tra i lavoratori delle associazioni di volontariato impegnate da anni nel settore del soccorso.

L’idea della FP CGIL Taranto è quella di creare un gruppo di lavoro, coinvolgendo tutti i lavoratori e volontari che operano nel settore, che porti alla luce proposte concrete e non demagogiche, da avanzare alla Regione Puglia per garantire stabilità lavorativa, occupazionale e salariale dei lavoratori del settore della Emergenza – Urgenza, nell’ottica della ottimizzazione delle risorse in un sistema che abbia chiari elementi di trasparenza sia nella logica dell’appalto che in quella dell’ affidamento in Convenzione alle Associazioni, come avvenuto sino ad oggi.

Emerge come priorità il tema della “stabilizzazione” dei rapporti di lavoro del personale delle associazioni di volontariato, sia esso lavoratore con un contratto di lavoro di natura subordinata, ma anche di quello utilizzato sotto varie forme, eufemisticamente definito “Volontario”.

Lo stesso disegno di Legge regionale istitutivo dell’AREU, rinvia a successivi atti regolamentari la individuazione di soluzioni che possano da un lato contemplare la necessità di avviare a compimento tale processo,  e contestualmente considerare numerosi aspetti anche di evidenza costituzionale. 

Al di là di facili scorciatoie, si raccoglie la sensibilità di alcuni rappresentanti politici, ma gli stessi devono necessariamente sollecitare l’apertura di una sede di confronto istituzionale che affronti nodi importanti  che altrimenti rischierebbero di inficiare qualunque favolistica promessa.

Ci riferiamo a tutta la materia in termini di accesso agli impieghi della Pubblica amministrazione, e comunque delle Società partecipate, che non può prescindere, anche alla luce della granitica giurisprudenza della Corte costituzionale, dalla selezione pubblica. A meno che non si voglia considerare il personale, definito soccorritore, inquadrabile contrattualmente in una categoria bassa.  A tutto ciò si aggiunge la definizione di criteri che individuino i “requisiti” per rendere eventualmente “stabilizzabili” gli attuali soccorritori-volontari. Quali e chi?

Non deve inoltre sfuggire la problematica afferente alla individuazione della figura professionale del Soccorritore. Da tempo sono aperti, a livello nazionale, tavoli di confronto circa la definizione dello specifico profilo, che dovrebbero stabilire percorsi formativi e professionalizzanti quale figura sanitaria.

Si può pensare di rimanere ancorati alla vecchia formazione regionale stabilita nel lontano 1993?

Potrebbe non bastare la formazione “fatta in casa”, Linee Guida e di indirizzo devono orientare il legislatore regionale, in attesa di percorsi unici per tutto il territorio  nazionale.

Come FP CGIL rivendichiamo la piena rappresentanza delle questioni esposte che devono portarci ad affrontare, con il consenso di tutte le parti, nei prossimi mesi irrisolte questioni anche di tipo finanziario.

Tutte queste sono operazioni a costo zero? Come affermato dai vertici regionali amministrativi della Sanità? 

Serietà, trasparenza e coerenza deve essere l’impegno per tutti, lontano dal clamore delle prossime campagne elettorali.

Ci impegniamo ad una ampia discussione con gli operatori interessati e con quanti vorranno fornire il loro contributo.La FP CGIL Taranto a seguito della approvazione del Disegno di legge AREU sul Sistema dell’Emergenza – Urgenza in Puglia, ha iniziato le prime assemblee tra i lavoratori delle associazioni di volontariato impegnate da anni nel settore del soccorso.

L’idea della FP CGIL Taranto è quella di creare un gruppo di lavoro, coinvolgendo tutti i lavoratori e volontari che operano nel settore, che porti alla luce proposte concrete e non demagogiche, da avanzare alla Regione Puglia per garantire stabilità lavorativa, occupazionale e salariale dei lavoratori del settore della Emergenza – Urgenza, nell’ottica della ottimizzazione delle risorse in un sistema che abbia chiari elementi di trasparenza sia nella logica dell’appalto che in quella dell’ affidamento in Convenzione alle Associazioni, come avvenuto sino ad oggi.

Emerge come priorità il tema della “stabilizzazione” dei rapporti di lavoro del personale delle associazioni di volontariato, sia esso lavoratore con un contratto di lavoro di natura subordinata, ma anche di quello utilizzato sotto varie forme, eufemisticamente definito “Volontario”.

Lo stesso disegno di Legge regionale istitutivo dell’AREU, rinvia a successivi atti regolamentari la individuazione di soluzioni che possano da un lato contemplare la necessità di avviare a compimento tale processo,  e contestualmente considerare numerosi aspetti anche di evidenza costituzionale. 

Al di là di facili scorciatoie, si raccoglie la sensibilità di alcuni rappresentanti politici, ma gli stessi devono necessariamente sollecitare l’apertura di una sede di confronto istituzionale che affronti nodi importanti  che altrimenti rischierebbero di inficiare qualunque favolistica promessa.

Ci riferiamo a tutta la materia in termini di accesso agli impieghi della Pubblica amministrazione, e comunque delle Società partecipate, che non può prescindere, anche alla luce della granitica giurisprudenza della Corte costituzionale, dalla selezione pubblica. A meno che non si voglia considerare il personale, definito soccorritore, inquadrabile contrattualmente in una categoria bassa.  A tutto ciò si aggiunge la definizione di criteri che individuino i “requisiti” per rendere eventualmente “stabilizzabili” gli attuali soccorritori-volontari. Quali e chi?

Non deve inoltre sfuggire la problematica afferente alla individuazione della figura professionale del Soccorritore. Da tempo sono aperti, a livello nazionale, tavoli di confronto circa la definizione dello specifico profilo, che dovrebbero stabilire percorsi formativi e professionalizzanti quale figura sanitaria.

Si può pensare di rimanere ancorati alla vecchia formazione regionale stabilita nel lontano 1993?

Potrebbe non bastare la formazione “fatta in casa”, Linee Guida e di indirizzo devono orientare il legislatore regionale, in attesa di percorsi unici per tutto il territorio  nazionale.

Come FP CGIL rivendichiamo la piena rappresentanza delle questioni esposte che devono portarci ad affrontare, con il consenso di tutte le parti, nei prossimi mesi irrisolte questioni anche di tipo finanziario.

Tutte queste sono operazioni a costo zero? Come affermato dai vertici regionali amministrativi della Sanità? 

Serietà, trasparenza e coerenza deve essere l’impegno per tutti, lontano dal clamore delle prossime campagne elettorali.

Ci impegniamo ad una ampia discussione con gli operatori interessati e con quanti vorranno fornire il loro contributo.

 

Associazioni e Movimenti ambientalisti di Taranto tornano ad incalzare il ministro Di Maio sul caso Ilva, sull’accordo con Arcelor Mittal e sui suoi contenuti. Contavano di incontrarlo a Lecce alla Festa della Cgil ma essendo venuto meno questo appuntamento gli hanno fatto recapitare una lettera dai toni molto duri che di seguito pubblichuna o 

 

 

“Ministro Di Maio, la questione Ilva era e resta una questione POLITICA, benché Lei l’abbia volutamente condotta su un piano prettamente giuridico e tecnico.

 

Sappiamo bene – perché lo paghiamo ogni giorno sulla nostra pelle - come ogni intendimento sia realizzabile in presenza di una REALE VOLONTA’ POLITICA. 

 

Tutti i governi precedenti erano mossi dalla CHIARA volontà di salvaguardare la PRODUZIONE, il PROFITTO e la FINANZA ed in nome di questi hanno prodotto una legiferazione straordinaria imponente, a discapito di abitanti e territorio, entrambi devastati dall’azione politica e industriale. 

 

·         si sono elevati i limiti di legge sugli inquinanti e aggirato le norme sulla salute, 

·         autorizzato impianti assassini a restare in marcia e garantita l’immunità per i responsabili,

·         scaricati 3 miliardi di debiti della fabbrica sui contribuenti e privilegiato i crediti delle banche, 

·         allungati a dismisura i termini per le prescrizioni ambientali e creati enormi buchi nei conti pubblici per le spese sanitarie,

·         elargiti fondi statali per salvare la fabbrica tutelando gli interessi che gli gravitano attorno e spesi centinaia di milioni per pareggiare le perdite e pagare casse integrazioni pluriennali.

 

Ministro Di Maio, il suo Governo non ha rivisto neppure uno dei provvedimenti con cui i suoi predecessori hanno vessato la nostra comunità e la nostra terra in modo tanto abominevole. NON uno che fosse uno.

 

Chi può mai credere poi che lo STATO non possa essere nella condizione di annullare una gara o trovare un modo per boicottarla? Per anni è stato possibile tenere in piedi un’industria fuori legge a suon di decreti e provvedimenti speciali, perché questo si voleva. 

 

Lei ha mentito a Taranto sul contratto ed anche riguardo alle migliorìe che dice di aver ottenuto sull’ambiente e sul lavoro e sta continuando a farlo:

 

·         Ha sostenuto di non essere a conoscenza del contratto prima delle elezioni che, non è una scusante, ma un’AGGRAVANTE, rispetto all’altissima responsabilità di una candidatura politica ed alle promesse fatte senza tentennamenti riguardo alla chiusura del siderurgico. Avevate tempo, competenze e risorse per fare la semplice visura che occorreva per venirne a conoscenza.

·         Ha sostenuto che l’annullamento del contratto porterebbe al pagamento di penali ed al reintegro di Mittal in Ilva a seguito di ricorso, mentre il contratto NON PREVEDE PENALI ed il suo annullamento non è AFFATTO SCONTATO CHE FAREBBE RIENTRARE Mittal nella proprietà della fabbrica.

·         Rimane in vita la famigerata Valutazione del Danno Sanitario che snaturava quella regionale arrivando a concepire una VALUTAZIONE DEI DANNI PRODOTTI SOLO A VALLE DEGLI STESSI e non prima che si verifichino. Con la complicità dei sindacati, che in fase di accordo non hanno opposto alcuna resistenza a riguardo, avete contravvenuto in toto il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE garantito dalla Comunità europea.

·         Ha sostenuto che gli incrementi di produzione saranno senza emissioni, omettendo di dire che nella valutazione prevista NON VERRANNO CONSIDERATE LE EMISSIONI DIFFUSE non convogliate

·         Parlando di miglioramenti ambientali, tutti da verificare, ha avuto il coraggio di parlare dei nostri bambini morti per strumentalizzare e avvalorare le sue giustificazioni 

·         In questi mesi ha volutamente omesso di dire che c’è all’attenzione del Consiglio di Stato un RICORSO proposto da associazioni e cittadini il quale è AVVERSATO dal Suo Ministero, da quello dell’Ambiente e dall’Ilva. Il documento prodotto dal Ministero dell’Ambiente è stato addirittura redatto da un dirigente intercettato per aver detto che per Ilva avevano fatto “una porcata”. La stessa persona a cui si è affidato il compito di verificare l’ottemperamento delle prescrizioni di Ilva a Taranto.

·         Lei, Ministro, ha sostenuto che se il contratto non fosse stato già chiuso avrebbe previsto la RICONVERSIONE DELLA SOLA AREA A CALDO della fabbrica e non di tutte le fonti inquinanti come riportato nel contratto di Governo.

·         Non ha previsto nessun piano per rimuovere l’enorme quantità di AMIANTO, ancora presente nel sito ILVA di Taranto

·         Ha lasciato che le discariche di rifiuti speciali di Ilva rimanessero a carico dello Stato

·         Dal punto di vista occupazionale l’attuale accordo è perfino peggiorativo di quello precedente, con 800 occupati in meno, se si considerano i 1.500 che sarebbero stati assorbiti da una società di nuova costituzione

·         Del Piano per la riconversione economica e sociale di Taranto ha parlato solo in campagna elettorale e lo fa ora per rabbonire i tarantini, quando invece poteva essere UN’OCCASIONE PER RIDARE FIDUCIA NEL CAMBIAMENTO, piuttosto che nel salvataggio della fabbrica. Risulta ormai chiaro come questo Piano non sia MAI ESISTITO. 

·         Col suo operato ha assecondato gli interessi razzisti del Nord tutelati (quelli sì) dalla Lega che, da sempre, si era espressa per il mantenimento in vita della fabbrica, avendo alla fine ragione. Non risulta in questo secondario considerare che la LEGA INVESTI’ FONDI PROPRI IN UN BOND di ARCELOR MITTAL. Genova, a suo tempo, fu tutelata da un ACCORDO DI PROGRAMMA che garantì l’occupazione e l’ambiente a scapito di Taranto

·         Non ha considerato le DEVASTAZIONI AMBIENTALI E SOCIALI prodotte da Mittal OVUNQUE abbia prodotto nel mondo 

 

Molto più dei cavilli giuridici e dei possibili ricorsi di Mittal, avrebbero dovuto terrorizzarla gli effetti sulla nostra gente della sua inerzia, la sua inazione è deprecabile in sé ed è deprecabile anche come forma di DERESPONSABILIZZAZIONE POLITICA rispetto ad un’EMERGENZA GRAVISSIMA, che nessuna legge speciale potrà mai lenire. Lo dica anche ai suoi sodali eletti nel nostro territorio, ancora pronti a raccogliere e rilanciare tutte le sue IRRESPONSABILI MENZOGNE!”

 

                           Associazione Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti

                                                     FLMUniti CUB sindacato di base

                                                     Associazione Giustizia per Taranto

                                                     Associazione Legamjonici

                                                     Gruppo Tamburi Combattenti

                                                     Associazione Taranto Respira

                                                    Movimento TuttaMiaLaCittà Taranto

                                                    singole e singoli cittadine e cittadini

 

 

“Non è il momento” ... Quante volte lo abbiamo sentito ripetere? Quante volte lo abbiamo letto o ascoltato, nelle laconiche dichiarazioni all’uscita di un Tribunale, durante una celebrazione pubblica o al termine di un funerale di Stato. È così che si liquida una richiesta di chiarezza quando non si sa cosa rispondere ... “Non è il momento” perché c’è sempre un’altra priorità, un altro interesse, un’altra esigenza, un’altra opportunità  ...Questo continuo rimandare, questa tendenza a schivare le domande scomode, questo tentativo perenne di far sentire chi pone la domanda un insensibile o un idiota mentre la domanda è giusta e legittima, fa parte di un copione che gli esponenti di quella che potremmo definire la malapolitica, ma non solo, usa continuamente e a cui si aggrappa per nascondere le proprie magagne, i propri errori, la propria ignoranza.

Pensiamo al ponte di Genova (“Non è il momento” è stato risposto oggi a chi chiedeva  come mai a un mese dal crollo non fosse stato ancora nominato il commissario straordinario per l’avvio dei lavori), ai disastri idrogeologici, agli attentati, ai delitti di mafia e a tutti quei casi in cui l’accertamento della verità è diventato la patata bollente con cui non ci si vuole scottare le dita. “Non è il momento” è stato risposto a chi, di fronte agli accordi che negli anni sono stati firmati per garantire lavoro e produzione all’Ilva di Taranto ha domandato “E l’ambiente? E la salute? E l’assistenza sanitaria per i malati di tumore?”.

 

Dal 12 settembre è nelle sale “Sulla mia pelle” che racconta gli ultimi sette giorni di  vita di Stefano Cucchi, un film duro, che tanti hanno definito un pugno nello stomaco che colpisce e fa sentire chi lo guarda un po’ colpevole, un po’ responsabile per ciò che è accaduto al 31enne arrestato e morto in carcere il 22 novembre del 2009 dopo una terrificante odissea. Un film voluto dalla famiglia Cucchi, benché il caso giudiziario sia ancora aperto, che racconta una storia terribile perché dopo nove anni, loro sì hanno pensato che fosse il momento ...

Alla luce del risultato referendario sull’accordo per la vendita dell’Ilva ad Arcelor Mittal da Taranto i sindacati lanciano segnali di ottimismo e sottolineano che nulla deve essere dato per scontato.

 

"Con i 6.452 di voti favorevoli, il

referendum dei lavoratori dell'Ilva in Amministrazione

Straordinaria di Taranto, ha confermato il si all' accordo

sottoscritto al Mise il 6 settembre tra sindacati, Am Investco,

Governo e Commissari straordinari, sulla cessione dell'Ilva".

Come riporta l’AGI lo dicono in una nota congiunta Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb

di Taranto, dove ieri si e' concluso il referendum tra i

lavoratori. "Su 10.805 aventi diritto al voto, 6.866

lavoratori, dopo aver partecipato alle assemblee, si sono

recati al seggio per esprimere la propria preferenza -

aggiungono - 6.452 i favorevoli (94,00%) e 392 i contrari

(5,7%), le schede nulle 10 (0,14%), mente le bianche 12

(0,16%)". "Con il 94% dei voti a favore - spiegano Fim, Fiom,

Uilm e Usb - i lavoratori hanno accettato l'ipotesi di accordo

per la cessione degli Asset di Ilva del gruppo che,

nell'immediato prevede 10.700 assunzioni, con l'impegno di

occupare tutti entro il termine del piano industriale

mantenendo di fatto le tutele e i diritti individuali". Per le

quattro organizzazioni, "quanto emerso in questi giorni,

durante il dibattito nelle assemblee con i lavoratori e subito

dopo il risultato referendario di oggi, deve rappresentare un

punto di partenza importante per il rilancio ambientale,

occupazionale e produttivo di questo territorio. Ringraziamo

tutti i lavoratori che hanno condiviso questo momento importate

di partecipazione e democrazia, emersa nelle assemblee, in cui

e' stato condiviso un faticoso percorso che ha permesso questo

significativo risultato". "Lavoreremo - concludono Fim Cisl,

Fiom Cgil, Uilm e Usb Taranto - affinche' si passi

nell'immediato dalle parole ai fatti, a partire dalla piena

applicazione di quanto concordato e sottoscritto in sede

ministeriale e aprire da subito un tavolo istituzionale sul

futuro occupazionale dei lavoratori degli appalti". 

All'Ilva di Taranto il referendum

sull'accordo sindacati Mittal ottiene il 94,29 per cento di

voti favorevoli. Lo si apprende da fonti sindacali. In

particolare su 10.830 aventi diritto, 6.866 sono stati i

votanti: 10 schede nulle, 12 schede bianche, 392 contrari e

 

6.452 si'. 

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