l provvedimento attuativo per la programmazione dei fondi europei nel settore agricolo per i prossimi 7 anni è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. A darne l’annuncio è stato il ministro delle politich agricole Maurizio Martina (approvata in definitiva la nuova Politica Agricola Comune 2014-2020) che così ha potuto comunicare all’Unione Europea, entro il termine stabilito del 1 agosto, le scelte nazionali relative all’applicazione della riforma della nuova PAC fino al 2020. Una vera e propria boccata di ossigeno per le imprese agricole. Dei 52 miliardi di euro previsti dalla nuova PAC circa 27 sono messi a disposizione del Paese per gli aiuti diretti del I Pilastro (pagamenti diretti), completamente finanziati dall'Europa. Ci sono poi 21 miliardi di euro volti a finanziare le misure del II Pilastro (sviluppo rurale), finanziati per metà dai fondi europei e per metà dall'Italia. A queste risorse vanno poi aggiunti i finanziamenti dell'OCM (Organizzazione Comune di Mercato) di circa 4 miliardi di euro. In generale sono previste misure a favore dei giovani imprenditori agricoli, azioni a sostegno delle zone montane finalizzata alla tutela del territorio ed al mantenimento della vitalità dei contesti socio-economici più a rischio, incentivi a favore dei sistemi produttivi maggiormente sostenibili ed una particolare attenzione alle questioni legate al benessere animale. Il ministro Maurizio Martina ha inoltre dichiarato che «Nei prossimi sette anni abbiamo a disposizione 52 miliardi di euro da investire per il rilancio e il futuro dell’agroalimentare nazionale. Abbiamo fatto scelte non banali come destinare 80 milioni di euro all’anno alle imprese agricole condotte da giovani, con la maggiorazione del 25% degli aiuti diretti per 5 anni. Così come abbiamo deciso che non percepiranno più aiuti soggetti come le banche, le assicurazioni, le società immobiliari e finanziarie. Non è la PAC che avremmo voluto, ma abbiamo lavorato intensamente in questi mesi con le Regioni per trovare una sintesi delle esigenze particolari dei vari territori. Ora i nostri imprenditori agricoli hanno un anno per adeguarsi alla riforma in vista della prima domanda unica che sarà nel 2015».

Continua, a ritmo serrato, l’agenda degli appuntamenti culturali promossi da Yachting Club e BCC San Marzano di San Giuseppe. Ospite dell’Angolo della Conversazione, martedì 5 agosto (ore 21,30 – ingresso gratuito) sarà lo scrittore tarantino Angelo Mellone con il suo ultimo libro “Meridione a rotaia” (Marsilio). L’iniziativa rientra nel cartellone di “Una Banca e una Spiaggia Differenti”, varato dalla BCC San Marzano di San Giuseppe e dallo Yachting Club che, per il secondo consecutivo propone incontri ravvicinati con autori, registi, attori e scrittori, per favorire anche in piena estate un momento di aggregazione all’insegna della cultura.

IL LIBRO –Angelo Mellone conclude la sua trilogia lirica sul Meridione italiano, giungendo anche all’ultima fermata di un viaggio che è un canto appassionato e dolente, ma al tempo stesso un grido di rabbia, per la sua terra. Un ritorno nella propria terra, che è stata abbandonata anni prima con rabbia. Un ritorno a Meridione, compiuto con il mezzo che più associamo al viaggio: il treno. Sui treni sono partiti i primi emigrati meridionali, sulle carrozze di treni locali scassati, regionali in perenne ritardo, Intercity improbabili, l’Autore fa macchina indietro e, da Roma, arriva a Taranto. In mezzo a partenza e arrivo si alternano situazioni grottesche, aneddoti, ricordi, memorie dolorose, persino una pagina dedicata ai fanti meridionali mandati al massacro nella Prima guerra mondiale. Tutte queste pagine, che Mellone ci regala con lo stile consueto delle sue “orazioni civile”, accostano il tema tradizionale del ritorno a quello, nuovo per l’autore, di una riflessione sull’amore, che viaggia a ritroso attraverso due figure femminili e una singolare disquisizione sui tacchi... E dunque, se l’amore è contesto, radici, terra, e «Meridione tiene sempre i piedi per terra», per trovare amore autentico a Sud bisogna tornare. E questo fa, Meridione a rotaia, nelle scorribande tra paesini, locomotori diesel, vagoni stipati di varia umanità, stazioni metropolitane e stazioncine di montagna. Offrendo, alla fine, un affresco di meridionalità divertente, surreale, commuovente.

ANGELO MELLONE(Taranto 1973), giornalista e scrittore, è dirigente del pomeriggio di Rai Uno. È stato editorialista e inviato di politica, cultura e costume per numerosi quotidiani nazionali. Autore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi. Ha conseguito il dottorato in sociologia della comunicazione all’Università di Firenze e insegna Comunicazione politica presso la Scuola di giornalismo della Luiss «Guido Carli» di Roma. Ha pubblicato diversi saggi di analisi dei partiti e di comunicazione politica su riviste italiane e internazionali, tra cui il più recenteDopo la propaganda (2008), ma anche un racconto su Rino Gaetano apparso nell’antologia Vite ribelli (2007). I suoi scritti più recenti sono Il domani appartiene al Noi. Centocinquanta passi per uscire dal presentismo (con F. Eichberg, 2011), Addio al Sud. Un comizio furioso del disamore (2012) e, con Marsilio, AcciaioMareIl canto dell’industria che muore (2013), due “orazioni civile” da cui sono state ricavate performance multimediali per il teatro. Per Marsilio, inoltre, ha curato Intervista sulla destra sociale (2002) e La destra nuova (con A. Campi, 2009), ha scritto Di’ qualcosa di destra. Da «Caterina va in città» a Paolo Di Canio (2006), Cara Bombo. Berlusconi spiegato a mia figlia (2008) e Romani. Guida immaginaria agli abitanti della Capitale (2012). Sta scrivendo il suo primo romanzo, o almeno così dice da un paio d’anni.

 

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Salvatore Blasi e Maria C.Santoro

-3 Agosto 2014 - ore 9.30 – arrivo al “ presidio permanente per la tutela del nido delle tartarughe” - Campomarino (Ta). -Ad accogliere il nostro arrivo, il responsabile WWF Taranto, “ Parco regionale La Vela”, Fabio Millarte. In questa calda e ventosa domenica d' agosto, già dalle prime ore del mattino, molteplici sono le visite tra turisti e bambini incuriositi dalla splendida notizia che ha “inondato” la cristallina litoranea di Campomarino. E' venuto a trovarci anche il “padre putativo” delle uova; grazie a lui infatti, è stato possibile attivare chi di competenza per il recupero delle stesse, nonostante la non curanza di alcuni bagnanti che per paura di “perdere la loro spiaggia”, avrebbero preferito non riferire l'accaduto alle autorità. -Continua la campagna di sensibilizzazione; la domanda più frequente della giornata: “quando avverrà la schiusa delle uova?” -Nelle ore pomeridiane tanta e ancora tanta la gente che continua incuriosita ad avvicinarsi e chiedere... è tanta la soddisfazione di tutti noi nel constatare l' accrescimento del rispetto verso madre natura e le sue creature. Le nostre intenzioni sono infatti quelle di avvicinare la gente alla salvaguardia della vita; cercare di abbattere l'ignoranza, educando le nostre coscienze a preservare questi splendidi e misteriosi esseri, in modo che i nostri figli possano ammirarli ancora in natura e non in un museo! -Tramonta il sole su una delle nostre giornate tipo, qui al “presidio permanente per la tutela del nido delle tartarughe”... ...guardando il mare pensiamo a quella creatura che qualche settimana fa, ha scelto le nostre spiagge come culla per la sua prole, riuscendo ad unire un gruppo di perfetti sconosciuti, come una grande famiglia. Salvatore Blasi, Maria C. Santoro

 

 

<Come dipendenti siamo pronti a confrontarci con il territorio, con i portatori di interessi, con gli organi di informazione sul reale valore delle Camere di commercio e sulla importanza del servizio pubblico che rendiamo, tutti, senza distinzione di contratto!>

I dipendenti  del sistema camerale tarantino (Camera di commercio di Taranto, Azienda speciale Subfor, CSA – Consorzio servizi avanzati s.c. a r.l., Unioncamere Puglia, Società di sistema) non vogliono essere rottamati dal Governo Renzi e spiegano le loro ragioni nell’articolato documento che di seguito pubblichiamo.

 

 

 

<Quella portata avanti dal Governo Renzi non è una riforma ma una rivisitazione della Pubblica Amministrazione che si sostanzia, fra l’altro, in una vera e propria rottamazione delle Camere di commercio. Siamo pronti al cambiamento e a supportare quanto sarà necessario per consentire al sistema camerale, già eccellente per efficienza ed innovazione, di migliorare ulteriormente, ma riteniamo sia ingiusto dare attuazione ad un percorso in gran parte incomprensibile e volto allo smantellamento di questo sistema.

È il momento di informare l’opinione pubblica tarantina di quanto sta accadendo, perché dietro a scelte populiste di apparente – si sottolinea, APPARENTE - ottimizzazione della spesa pubblica, si celano drammatici effetti socio – occupazionali ed economici dei quali anche il territorio di Taranto inevitabilmente soffrirà.

Sono molte le iniziative in atto da parte dei lavoratori: dalla manifestazione unitaria del 23 luglio scorso, alla mobilitazione nazionale, alle nuove forme di protesta pacifica e costruttiva di Ecosistema camerale, gruppo Facebook di 2.000 dipendenti che da mesi discute della riforma e che ha avviato da alcuni giorni un serrato tweetstorm nei confronti del Governo Renzi (che resta ostinatamente in silenzio di fronte alle richieste di lavoratori e lavoratrici).

Certo, è particolarmente “appetitoso” il tesoretto che le Camere di commercio possiedono: risorse che, tuttavia, non provengono dal cittadino-contribuente ma da tutte le imprese e che alle imprese tornano e devono continuare a tornare.

Ogni impresa iscritta, in cambio di una serie di servizi, deve pagare un diritto annuale che ammonta mediamente a circa 100,00 euro. A fronte dell’esiguo risparmio che si genererebbe a seguito del taglio previsto dal D.L. n.90/2014 in fase di conversione in legge (circa 400 mln di euro in tutta Italia), si è stimato che le imprese italiane perderebbero interventi camerali per 515 mln di euro. È anche a loro, dunque, che ci rivolgiamo, perché valutino se l’ente camerale è utile oppure no.

Oggi, in cambio del diritto annuale, il sistema delle imprese può disporre, nel proprio territorio provinciale,  di un ente:

o     “vicino”, aperto e prossimo al territorio, fatto di persone e professionalità;

o     “veloce”, con una media dei tempi di attesa migliore in assoluto rispetto alle altre Pubbliche Amministrazioni;

o     “informato ed informatizzato”, dotato di un patrimonio di dati unico. Il Registro delle Imprese è l’archivio più completo ed aggiornato della realtà produttiva italiana, il cui funzionamento è preso come modello da adottare nel resto d’Europa. Inoltre, è strumento fondamentale per la tutela della legalità del sistema economico;

o     “trasparente e virtuoso”, che non grava sulla spesa pubblica (anzi, contribuisce alle entrate statali cui versa quota dei suoi risparmi oltre agli oneri sociali e fiscali) e che si èadeguato alla normativa sulla trasparenza ed a quella sulla spending review, diversamente dalla gran parte delle Amministrazioni dello Stato;

o     che fornisce servizi di grande utilitàcome, solo a titolo di esempio, la “verifica degli strumenti di misurazione” a contrasto del pericolo di frodi (controllo degli erogatori di benzina, dei contatori del gas e dell’acqua, delle bilance degli esercizi commerciali), detiene il Registro informatico dei protesti, gestisce lo Sportello di mediazione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie (ben più celere ed economica di quella ordinaria), eroga informazione e formazione su bandi e finanziamenti, vigila sulla sicurezza dei prodotti e la tutela del Made in Italy e svolge attività in materia di lotta alla contraffazione dei prodotti, assicura per il Ministero competente gli adempimenti legati alla presentazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, rilascia dispositivi di firma digitale e carte tachigrafiche, è intermediario per il Ministero competente per il deposito di Brevetti e Marchi, svolge attività certificative necessarie per il commercio estero, è Autorità pubblica di controllo per i vini a D.O. e I.G.;

o     che investe le risorse in entrata a favore della promozionedel territorio di competenza, ad esempio finanziando i Consorzi Fidi perché prestino garanzie alle imprese per l’accesso al credito, sostenendo l’internazionalizzazione, l’innovazione e l’aggregazione del tessuto produttivo e commerciale.

Senza le Camere di Commercio le imprese risparmierebbero il diritto annuale ma perderebbero anche i servizi menzionati, o – se mantenute queste competenze – sarebbero sicuramente forniti con un esborso diverso – in termini di importi – ai soggetti interessati.

Inoltre,se il Registro Imprese, come ipotizzato nel Disegno di legge delega di riforma della P.A. in discussione al parlamento, passasse al Ministero dello Sviluppo Economico ed il diritto annuale fosse così definitivamente eliminato che fine farebbero i dipendenti (oltre 10.500 in tutto il Sistema camerale)? Questo non è affatto chiaro.

Se passassero nei ruoli ministeriali, sarebbero a carico dello Stato e quindi dell’intera collettività, con quale ratio in termini di “spending review” (oltre al fatto che più di 2.500 persone, peraltro, sarebbero in esubero ed andrebbero ad infoltire le fila dei disoccupati - sempre a carico di tutti i cittadini)?

Oppure, come pure ipotizzato, il passaggio del Registro delle imprese al Ministero dello Sviluppo Economico senza i dipendenti del sistema camerale (che hanno contribuito a formarlo ed implementarlo ed a farlo diventare quel “gioiello” preso ad esempio in ambito europeo) sarebbe il preludio di un’operazione di “esternalizzazione” ben orchestrata e tesa a recuperare risorse finanziarie vista l’appetibilità dei dati forniti e la possibilità di utilizzarli per svariate finalità. 

Siamo i primi a comprendere la necessità di trovare formule di risparmio in favore delle imprese, ma che siano VERE, come ad esempio: la riduzione dei diritti di segreteria, l’abolizione delle tasse di concessione governativa, l’eliminazione delle imposte di bollo che sarebbero un concreto e sicuramente più incisivo segnale per le imprese che, giornalmente, depositano bilanci e pratiche di  variazione al Registro delle imprese ed al Repertorio delle notizie economiche ed amministrative, costituendo per quei soggetti un risparmio sicuramente maggiore rispetto al dimezzamento del diritto annuale, ma in parte a carico dello Stato .

Ben venga il cambiamento (già in atto come autoriforma) e si proceda, innanzitutto  - a garanzia della piena rappresentatività dell’intero sistema delle imprese – alla riduzione del numero degli Enti camerali con accorpamenti rispettosi dei territori, all’elezione diretta degli Organi, con cariche a carattere volontario e soprattutto non retribuite in Camera di commercio ed in particolar modo nelle collegate (Aziende speciali, Cofidi, Società in House, Unioni ecc.).

Si ragioni sul Disegno di legge che definirà il nuovo sistema camerale, si prenda avvio dalla riorganizzazione territoriale e dallo snellimento delle governance, si valutino costi (moltissimi, soprattutto a carico della fiscalità generale e dell’occupazione) e benefici (in realtà non chiari) della illogica sottrazione di funzioni alle Camere di commercio.

 

Le Camere di commercio, insieme alle altre realtà operanti nel sistema camerale (aziende speciali, unioni, società in house), rappresentano un valore aggiunto per il Paese, una Pubblica Amministrazione diversa, efficiente, altamente professionalizzata.

 

Come dipendenti SIAMO PRONTI A CONFRONTARCI CON IL TERRITORIO, CON I PORTATORI DI INTERESSI, CON GLI ORGANI DI INFORMAZIONE sul reale valore delle Camere di commercio e sulla importanza del servizio pubblico che rendiamo, TUTTI, senza distinzione di contratto!

 

Che il Governola smetta di imporre e cominci ad ascoltare, e a dare risposte, a chi il Sistema camerale l’ha costruito e lo porta avanti quotidianamente con e a beneficio delle imprese:i lavoratori, uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, orgogliosi del proprio lavoro e che non intendono tacere di fronte ad una riforma ingiusta!>

 

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano

 

Gli imprenditori jonici scendono in piazza. Rivendicano un progetto industriale per la città e protestano perché la grande industria presente sul territorio non paga i corrispettivi per i lavori eseguiti. Hanno ragione diciamolo subito.

Contestualmente, ed anche per la commozione derivante dalla scomparsa di una piccola innocente vittima dell'inquinamento, l'altra parte della città chiede a gran voce che la mattanza provocata dalle scorie della grande industria venga fermata dalle Istituzioni. La protesta è sacrosanta e le autorità non possono rimanere impassibili di fronte ad una simile strage di esseri umani.

Ė paradossale, tutti hanno ragione ma ciò equivale a dire che nessuno ha ragione.

Invece è proprio così perché, al di là delle singole sacrosante istanze, ė la città che nel suo complesso paga l'amaro prezzo di aver marciato per anni in ordine sparso cercando solo adesso una inutile, isterica e parziale soluzione a problemi atavici affrontati fuori tempo massimo.

A ben vedere, esiste un drammatico filo conduttore  tra chi chiede salute e chi chiede lavoro: fino a quando l'industria pesante bastava e cioè dava lavoro agli operai e commesse ai padroncini, vigeva la teoria del "cemmenefuttammè".

L'imprenditore giocava a fare l'industriale accontentandosi di miope monocommittenza, l'operaio campava tranquillo e le parti sociali (politica e sindacato) non facevano sintesi per mancanza di spessore, visione prospettica o per altri motivi molto meno nobili.

Quando la grande industria ha  mostrato solo il suo lato peggiore distribuendo povertà e degrado ambientale, la città si è divisa in "lavorativi e salutisti" a seconda dei legittimi (e sacrosanti) interessi in gioco. La società civile non è stata quindi in grado di fare  massa critica e la politica (sempre che a Taranto sia mai esistita) è sparita non fornendo una grande immagine di sé.

Questo è successo con Clini durante la travagliata vicenda che portò all'emanazione dell'AIA e questo accade oggi sui numerosi fronti industriali aperti.

Allora ci fu detto: tenetevi Ilva altrimenti, non avendo un piano B, sarete rovinati

Già che ci siete,fingete di credere che l'AIA funzioni e venga realmente applicata.

La città si divise, la politica sparì o venne trascinata in vicende giudiziarie indecorose e si scopri per giunta che qualcuno non faceva gli interessi della città.

Prendete adesso il progetto Tempa Rossa il cui teorema è il seguente: una raffineria in India produce quanto tutte le raffinerie italiane. Ciò implica che, nell'ambito di un ridimensionamento delle diciassette raffinerie presenti in Europa, Taranto rischia di chiudere a meno che non si sottomette senza fare troppe storie sul versante della sicurezza e delle garanzie.

Potete anche protestare ma ciò significherà la chiusura di ENI, la creazione di ulteriori 1500 disoccupati , una fine invereconda per Ecoservizi, Ecotaras e similari oltre che la trasformazione del porto in una bagnarola buona per le paperelle gonfiabili. Peccato perché avevamo in animo di alimentare il languente traffico merci di ben novanta navi e di regalarvi (sempre se fate i bravi) il classico fottipopolo ludico sportivo dal nome cittadella dello sport. Pensate che Taranto abbia imparato a non andare in ordine sparso?  Neanche per idea.

La storia si ripete e la città non riesce ad esprimere un unico interesse collettivo, la politica locale guarda per terra imbarazzata e quella nazionale produrrà il solito comunicato stampa utile per incartarci le uova.

Mettiamo in conto che il solito gruppo di inqualificabili tarantini farà il gioco del nemico per inconfessabili motivi ed apparirà chiaro come per l'ennesima volta il destino della città venga offerto in dono su un piatto d'argento.

Questo è un ricatto e le promesse che ne derivano non portano mai a nulla di buono per nessuno: singoli e collettività.

Eccolo il frutto marcio dell'ordine sparso, quella stupida forma di debole egoismo e scarsa visione strategica che permette a chi ha più cartucce da sparare di prevalere facilmente nel disordine generale; la storia ci insegna che chi prevale non si chiama mai  "città di Taranto".

In totale disarmonia con la cronaca recente, costretta a trattare i lati più tristi ed oscuri di una Taranto avvilita dalla grande industria, il Parco Archeologico di Saturo ed il suo Arkeogiochi, parco a tema sull’archeologia, elaborano nuove idee di rilancio culturale e rievocano la storia più sana e rigogliosa della città dei due mari, dando vita alla prima Edizione delle “TARANTIADI”, Echi ed Agoni dalla Grecia Antica.

Un salto temporale nella cultura greca, proprio sul suggestivo promontorio di Saturo, a ridosso del mare, dove tutto ebbe origine, la fondazione di Taranto, potenza culturale e commerciale tra le più rigogliose della Magna Grecia e dell’intero bacino del Mediterraneo.

Ideata ed organizzata della Cooperativa Polisviluppo, in collaborazione con Ass. Culturale “I Cavalieri de li terre Tarentine”

Correva l’anno 776 a.C ,quando ad Olimpia, nei luoghi in cui il possente Eracle aveva piantato un ulivo, sacro al grande padre Zeus, in memoria dei giochi funebri dell’eroe Pelope, si tennero le prime Olimpiadi della storia, che premiavano i vincitori con una semplice corona d’olivo, raccolta proprio dalla stessa pianta sacra al padre degli dei.

Anno 2014 d.C.: a Satyrion, luogo in cui sbarcarono gli spartani guidati da Falanto, discendente di Eracle, che avrebbe fondato la gloriosa città di Taranto, l’antica Taras, nascono le prime “Tarantiadi”...

Sotto il sacro sguardo della possente Statua di Zeus, che si erge al centro dell’area Arkeogiochi del Parco Archeologico di Saturo, bambini, adulti, ragazzi, uomini e donne potranno sfidarsi in una due giorni di Sport e Giochi dal Mondo Greco. Ed il pubblico, inoltre, potrà assistere da semplice spettatore, oltre che alle gare atletiche, ad esibizioni teatrali, eventi, degustazioni, riti, sonorità, artigianato e animazioni storiche, tutto  ispirato alla Grecia Antica 

Squadre e singoli campioni si affronteranno in otto competizioni, ognuna delle quali avrà un vincitore, proclamato tale con un rito sacro e l’incoronazione con l’ulivo della vittoria, proprio come gli atleti dell’antica Olimpia...

 

I GIORNATA: martedì 12 Agosto 

  • Processione sacra con figuranti in abiti d’epoca, giuramento a Zeus di lealtà nelle competizioni da parte di atleti e giudici di gara;
  • Svolgimento delle gare (Tiro con arco, Lotta, Tiro alla fune, Ludus latrucolorum)
  • Combattimento tra Opliti, Responsi dell’Oracolo, Falò apotropaico dei XII Dei, il Pancrazio..
  • Degustazioni Dionisiache e Artigianato dell’antica Grecia

 

II GIORNATA: domenica 17 Agosto

  • Giuramento dei nuovi iscritti
  • Svolgimento delle gare (Corsa, Salto in lungo, Lancio del giavellotto su bersaglio, Gioco della polis)
  • Sacro rito di Premiazione dei vincitori con corone di olivo e ceramiche della vittoria;
  • Danza Pirrica, Reading teatrale tratto da Omero, responsi dell’Oracolo.
  • Degustazioni Dionisiache e Artigianato dell’antica Grecia

 

Assisti come pubblico oppure Partecipa come singolo o Crea la tua squadra e iscriviti!

 

PARTECIPANTI:

Squadre di n.5 componenti (anche miste: solo uomo/donne per fascia d'età)

Singoli Atleti

Suddivisione nelle gare per fascia di età (a carattere misto uomo/donna):

9-12 anni - 13-16 anni - Adulti

TARIFFARI:

Iscrizioni Squadre: euro 40,00 (per le squadre prevista solo opzione due giornate)

Iscrizione Atleti Singoli una giornata: euro 6,00

Iscrizione Atleti Singoli due giornate: euro 10,00

Ingresso Pubblico una giornata: euro 3,00

Ingresso Pubblico due giornate: euro 5,00

Ingresso Pubblico: gratis sotto i dodici anni

 

              INFO E ISCRIZIONI: Tel. 3407641759 / 3408043845- Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Oppure presso il Parco Archeologico di Saturo (Ingresso Arkeogiochi o Punto ristoro del Parco Archeologico, Art Cafè)

 

 

di Luisa Campatelli

Taranto città spaccata: operai e imprenditori marciano insieme alla volta della Prefettura per reclamare attenzione rispetto all’unica economia a loro avviso possibile, gli ambientalisti organizzano una contromanifestazione, su stampa, tv e social-network campeggia il volto del piccolo Lorenzo, ucciso dal cancro a soli cinque anni e divenuto simbolo della lotta all’inquinamento perchè in quel volto con il tubicino attaccato al naso c’è tutto quello che in troppi continuano a non voler vedere, accettare, ammettere.

Tutto insieme, in contemporanea, contrastante ma accomunato da paura, incertezza, dolore.  

Meno di un mese fa lo studio Sentieri ha pubblicato i dati allarmanti sulla mortalità infantile a Taranto per cause riconducibili all’inquinamento. Sull’onda di quei dati i pediatri tarantini sono tornati alla carica chiedendo alle autorità competenti interventi capaci di mettere fine all’emergenza. Ebbene, l’appello dei medici che, secondo logica, sarebbe dovuto essere raccolto da tutti, trasversalmente, senza distinzioni di bandiera, è caduto praticamente nel vuoto… Eppure siamo certi che tra gli imprenditori e gli operai che hanno marciato, tra i rappresentanti istituzionali e i politici, tra i sindacalisti non ci sia nessuno che metta anche lontanamente in conto l’ipotesi che per uno, cento, mille posti di lavoro si debba minare la salute di un bambino…

 In questa ondata di protesta, a uscirne ancora una volta con le ossa rotte, sono la politica, gli amministratori locali, i sindacati, messi letteralmente all’angolo, anzi addirittura scavalcati. Ieri  la magistratura, oggi il mondo economico-produttivo denunciano assenze, omissioni e incapacità degli assetti politico-amministrativi e vanno oltre. Tutto questo mette al centro del dibattito la qualità della rappresentanza locale, in uno scenario di tensione e rabbia crescenti.

Egr. dott. Matteo Renzi

Presidente

Consiglio dei Ministri

 

                                                                                 

 

Taranto, 01/08/2014

prot. n. 120/14/Ga

 

Egregio Presidente,

nel momento in cui le scriviamo saremo già scesi in piazza, per la prima volta nella nostra storia, a manifestare contro i rischi di una desertificazione industriale che si fa sempre più visibile e incombente, a lottare per la salvaguardia delle nostre aziende, a invocare il rilancio degli investimenti e quindi dei progetti che riguardano il territorio di Taranto e della sua provincia.

Progetti che il nostro territorio puntualmente respinge attraverso focolai diffusi di presunto ambientalismo che, sulla scorta della nota vicenda Ilva e dei guasti evidenti che la stessa ha prodotto negli anni nell'ecosistema, si riaccendono ogni qual volta sul territorio si intravedono progetti di carattere industriale, al di là del loro reale impatto ambientale, della loro valenza, del loro ritorno economico ed occupazionale.

E' la prima volta che i nostri imprenditori, assieme ai loro dipendenti, scendono in piazza, si ritrovano a manifestare in corteo, quasi rischiano di bloccare la viabilità con i loro mezzi.

Non è nel Dna di Confindustria adottare forme di protesta di questo genere, ma Lei meglio di altri sa perfettamente quanto gli scenari possano cambiare nel giro di pochi mesi, quando a regolare le dinamiche in atto intervengono processi più grandi e imprevedibili. Nel nostro caso, nel caso del sistema Taranto, da sempre città a vocazione industriale, tali processi sono intervenuti, impetuosamente, nel giro degli ultimi due anni, e cioè da quando è letteralmente esplosa la vicenda Ilva, con le implicazioni che Lei ben conosce.

La città, già gravata da congiunture economiche certo non favorevoli, ha cominciato a ritorcersi contro se stessa, respingendo con forza e purtroppo senza soluzione di continuità tutte le opportunità di crescita ed i possibili scenari di sviluppo (e parliamo di sviluppo ecosostenibile) che nel tempo si sono presentati.

Occorre però, in questo senso, fare dei distinguo.

E' palese ed è comprensibile che una comunità che si vede minacciata da un pervicace inquinamento industriale metta i paletti, specialmente se poco informata o informata male.

Meno comprensibili sono gli atteggiamenti di sedicenti ambientalisti che fanno “muro”, adducendo motivazioni prive di fondamento. Irresponsabili sono, almeno in certi casi, le determinazioni degli enti locali – e parliamo del Comune di Taranto in primis – che si allineano pressochè ciecamente ad un sentire comune che vorrebbe Taranto vocata solo al turismo, ad attività allo stesso connesse o ad altri servizi ancora tutti da delineare e costruire. Ci piacerebbe che tutto questo avesse un senso, e che a tal senso corrispondessero delle reali progettualità che nella realtà purtroppo non esistono. Non esiste un modello economico territoriale nel quale i servizi si siano sviluppati senza la produzione manifatturiera. Laddove si è seguita tale strada, rinunciando alla diretta presenza industriale, si è faticosamente tornati indietro alla ricerca di assetti territoriali costruiti su una equilibrata integrazione tra servizi e produzione manifatturiera.In questi ultimi due anni, mentre il dibattito sul che fare ha proseguito il suo corso, noi imprenditori abbiamo cercato di mantenere in piedi le nostre aziende. Abbiamo cercato di limitare i danni, di utilizzare gli ammortizzatori per non usare la scure drastica dei licenziamenti, di pagare di tasca nostra piuttosto che aspettare che arrivassero pagamenti (come nel caso, che Lei conosce, delle imprese dell'indotto Ilva) che non sono mai arrivati, pur di tener salde le nostre realtà, grandi e piccole. Oggi non ce la facciamo più. Oggi ci sentiamo sconfitti non solo dalla crisi esogena ed endogena che ci investe, ma da un sistema che ci rigetta. Non sono bastati gli accorati appelli alle nostre istituzioni, le ragioni addotte perchè si rilanciassero gli investimenti che pure sono tutti lì, le tante parole, scritte e dette, affinchè si sfruttassero le risorse enormi – il Porto, l'Arsenale, l'Eni, la stessa siderurgia – di cui disponiamo.

Abbiamo ancora in piedi tutta la complessa partita delle bonifiche, parte delle quali, peraltro, già finanziate ed avviate, sono ancora al palo a causa della lunga vacatio commissariale.  E' urgente dar seguito agli interventi di messa in sicurezza e bonifica utilizzando le risorse stabilite a seguito del protocollo del 26/7/2012, recepito dalla legge 171/2012.

Abbiamo il progetto Tempa Rossa – 300 milioni di investimenti – che rischia di allontanarsi definitivamente andando ad approdare in contesti più favorevoli, e con esso è a rischio la permanenza della raffineria a Taranto.

Abbiamo un Arsenale storico e da sempre strategico per la Marina Militare italiana che, pur ritenuto fondamentale nel panorama nazionale, è da tempo privo delle  risorse e quindi delle prospettive essenziali che possano definitivamente rilanciarlo. E recenti sono, in questo senso, le notizie secondo le quali le unità navali da rottamare potrebbero essere spostate in altri siti, malgrado la Marina abbia la sua più grande base proprio a Taranto.

Abbiamo un Porto  potenzialmente competitivo, sul quale  “pendono”  ingenti investimenti di infrastrutturazione ancora solo sulla carta:  il rischio è che i ritardi accumulati per la realizzazione infrastrutturale lo rendano sempre meno competitivo per un mercato, quello del Mediterraneo, estremamente esigente ed in continua evoluzione, in linea con le esigenze dettate dal gigantismo marittimo.

Un caso da “sbloccacantieri”, come Lei ci insegna, che rischia di mettere in discussione la stessa presenza dell’operatore terminalista e compromettere in tal modo una vocazione logistica a lungo inseguita.

Un porto, va aggiunto, che rischia comunque di essere ulteriormente depotenziato e svuotato delle sue stesse funzioni qualora il progetto Tempa Rossa, e prima ancora l'Ilva, non dovessero, rispettivamente, partire e permanere sul territorio.

Sulla vicenda Ilva non ci soffermiamo perchè è fra tutte quella che Lei conosce più approfonditamente e sulla quale molteplici sono stati gli interventi governativi, a sostegno della siderurgia e di quello che lo stabilimento tarantino rappresenta per l'intero Paese.

Tuttavia, intravediamo ancora adesso una troppo sfumata definizione di quella che potrà essere la siderurgia, a Taranto, nei mesi e quindi negli anni a venire.

La siderurgia è Taranto, intere filiere del manufatturiero italiano dipendono dallo stabilimento tarantino. Vorremmo che dal Governo si tornasse ad affermare a chiare lettere la strategicità di questo stabilimento e quindi la necessità della sua permanenza sul nostro territorio, che non possono essere nuovamente messe in discussione dopo due anni di impegno profuso a tutti i livelli, di provvedimenti speciali, di decreti ad hoc.

C'è la situazione – particolarmente grave – legata alle aziende dell'indotto. Aziende che più di altre, stanno pagando, allo stremo delle loro forze e dopo mesi di reiterato mancato pagamento dei lavori svolti, in termini di riduzioni drastiche del loro personale e in più di qualche caso di chiusure , che diventeranno di massa da qui  – al massimo –ad un mese. Occorre, per queste aziende, lo sblocco immediato dei pagamenti dovuti dall'Ilva. E' urgente garantire loro le risorse dovute, che ora diventano essenziali per poter attestare, alla ripresa della pausa estiva, la loro reale continuità lavorativa.

La cultura del no, tuttavia, non si limita alla siderurgia, alla portualità, al settore energetico. Ha travolto, infatti, anche i processi di trasformazione urbana che riguardano il settore delle costruzioni e della diversificazione produttiva, affossati da una politica e da una burocrazia locale che da tempo ha scelto irresponsabilmente di non decidere e di non fare, di ritardare i processi di investimento e di non rispondere alle richieste di autorizzazione degli interventi.

Noi, come imprenditori e come cittadini, avvertiamo fortemente l'esigenza non già di sostituirci agli enti decisori ma di fare qualcosa di concreto per  un sistema industriale che perde vistosamente i suoi pezzi, e che da qui a qualche mese non sarà più in grado di rappresentare se stesso.

Se Taranto è questione prioritaria perché presenta nodi di rilevanza nazionale dalla cui soluzione passano processi strategici di politica industriale ed energetica del paese, allora occorre assumere ai più alti livelli quelle che sono le decisioni vitali per la città e che le istituzioni territoriali, nel loro irresponsabile vivere alla giornata, non hanno saputo ad oggi assumere.

Quello che Le chiediamo, pertanto, almeno per la realizzazione di quelle progettualità che maggiormente riteniamo strategiche e fondamentali per lo sblocco di un sistema “inceppato”, qual è il nostro, è di intervenire con poteri sostitutivi agli attuali, prevedendo all'occorrenza che il tavolo interministeriale già attivato per Taranto possa diventare da tecnico, qual è attualmente, un tavolo politico in cui si passa dal semplice ascolto e coordinamento all'adozione di quei provvedimenti  che il territorio da tempo invoca.

La situazione è molto grave e necessita di risposte urgenti.

In assenza di queste ultime, saremo costretti a misurarci con scelte drastiche e dolorose che invece vorremmo definitivamente accantonare a favore di una ripresa –  e lo auspichiamo fortemente  – ancora possibile.

 

                                                                                              - Vincenzo Cesareo -

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