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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1908)

Il Mise ha convocato per le ore 14 del 26 luglio un nuovo incontro sull’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Lo dichiarano questa mattina fonti sindacali. L’incontro del 26 luglio segue quello del 23 giugno che si tenne sempre al Mise con i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Andrea Orlando (Lavoro) presenti l’azienda, col presidente Franco Bernabè e l’ad Lucia Morselli, i sindacati e le Regioni sedi di impianti e stabilimenti siderurgici. Il Governo già a giugno aveva detto che avrebbe riconvocato le parti prima della pausa estiva per esporre le misure possibili sul fronte finanziario e della ripresa dell’azienda. 

 

Nei giorni scorsi è stato a Taranto in fabbrica il ministro dell’Economia, Daniele Franco, che ha incontrato i vertici aziendali. Secondo fonti sindacali, “è stato il premier Draghi, convinto della necessità che l’Ilva deve tornare a produrre in base alle sue potenzialità, a chiedere al ministro Franco di andare in Ilva per una ricognizione più diretta, tant’è che si pensa ad un intervento più ampio di messa in sicurezza dell’azienda dopo lo sblocco del prestito da 500 milioni garantito da Sace”. La mancanza di circolante, che determina grossi problemi nell’acquisto delle materie prime per la produzione e nel pagamento alle imprese dell’indotto per i lavori svolti, è uno dei problemi più seri che da tempo riguarda Acciaierie d’Italia. Tant’è che Giorgetti il 23 giugno ha lanciato anche la proposta di un miliardo di garanzie pubbliche per aiutare l’azienda a risollevarsi, tornare a produrre e far rientrare i lavoratori dalla cassa integrazione. L’ex Ilva sta intanto sottoponendo a fermata in questa settimana l’altoforno 2 che determinerà, Sino a tutto agosto, la fermata di altri impianti e reparti a valle. Di conseguenza, altri 500 vanno in cassa integrazione a Taranto e il numero degli addetti totali in cassa sale a 2.500 dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia. Per effetto della fermata a Taranto, 250 lavoratori vanno in cassa integrazione anche a Genova. Sull’uso della cassa integrazione il ministro Orlando ha annunciato una verifica tramite l’invio di ispettori del lavoro.

Con le manovre preliminari cominciate oggi, l’ex Ilva, stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, si prepara alla fermata dell’altoforno 2, uno dei tre attualmente operativi, e a cascata di una serie di altri impianti. Non è ancora certo se fra questi ultimi ci sarà anche l’acciaieria 1 oppure questa andrà comunque avanti ma con una marcia ridotta. La fermata dell’altoforno 2, prevista sino a fine agosto, non è per crisi di mercato, visto che da mesi c’é una domanda elevata per l’acciaio, ma per una serie di lavori di cui l’impianto necessita. A seguito di queste fermate ci saranno 500 lavoratori in più in cassa  integrazione straordinaria, tutti dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia. “ La situazione purtroppo sta degenerando - dichiara Valerio D’Aló, segretario nazionale Fim Cisl -. Con questi numeri, il siderurgico più grande d’Europa è praticamente fermo, scaricando tutti i costi di questa inefficienza ancora una volta sui lavoratori. È ora che Governo ci dica seriamente cosa intende fare. Questa situazione non è più accettabile”. 

 

“Avevamo l’impegno dei due ministri, del Lavoro Orlando sulla partita degli ammortizzatori e del mancato accordo con le organizzazioni sindacali, e dello Sviluppo Economico Giorgetti sulla vertenza, in particolare sul rinvio di due anni dell’ingresso dello Stato a maggioranza tramite Invitalia nella nuova società. Aspettiamo delle risposte nel più breve tempo possibile” aggiunge D’Aló. “Non era mai accaduto - dichiara Francesco Brigati della Fiom Cgil -. Per la prima volta Acciaierie d’Italia sta utilizzando la cassa integrazione col numero massimo. Che nella procedura viene indicato, ma poi è sempre inferiore l’effettivo e reale utilizzo degli ammortizzatori sociali. Adesso, invece, a Taranto avremo un totale di 2.500 persone in cassa straordinaria a cui si aggiungono i circa 250 di Genova e quelli degli altri siti. Siamo così arrivati al tetto della cassa straordinaria”. “Che per un anno - rileva Brigati - è stata chiesta per un massimo di 3.000 addetti nel gruppo e che il ministero del Lavoro ha concesso a marzo nonostante il mancato accordo con i sindacati e la mediazione fallita dello stesso ministero”. “Senza un tavolo istituzionale che si occupi di ridisegnare il futuro in equilibrio, la sequela di problemi irreversibili sarà del tutto scontata - dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci -. In principio ci siamo persino sforzati di concedere un corretto credito ai Mittal, ma con le loro scelte hanno scavato un solco incolmabile tra fabbrica e città”. E ci sono difficoltà anche nell’indotto ex Ilva. “Da oggi  - afferma Cosimo Amatomaggi della Uilm - l’impresa Lacaita ha messo tutto il personale in cassa integrazione. Su una forza lavoro di circa 70 unità, erano al lavoro 25-30 addetti. Ma poichè Acciaierie d’Italia non ha pagato la Lacaita, cosa purtroppo non nuova e non solo per la Lacaita, l’impresa si ferma e sospende tutto il personale. A ciò si aggiunga che i dipendenti attendono il saldo degli stipendi di aprile e maggio e non sappiamo cosa accadrà per quello di giugno”. “Dallo scorso 10 luglio e sino al 20 siamo in attesa di verificare se avverrà o meno la corresponsione dello stipendio di giugno anche per tutte le altre realtà dell’indotto” conclude Amatomaggi. 

“È inspiegabile, se non addirittura schizofrenica oltre che nefasta, la gestione dello stabilimento siderurgico il cui management aziendale, durante gli incontri ministeriali, rappresenta una condizione idilliaca degli impianti, annunciando una produzione annuale di 5.7 milioni di tonnellate, salvo poi scoprire, durante gli incontri territoriali con le organizzazioni sindacali, fermate di impianti con il conseguente ricorso massiccio alla cassa integrazione per i lavoratori”. A sostenerlo, Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb, dopo che Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ieri “ha comunicato che utilizzerà l’ammortizzatore sociale per un numero massimo di 2.500 lavoratori previsto dalla procedura di cassa integrazione straordinaria approvata dal ministero del Lavoro nonostante il verbale di mancato accordo da parte delle organizzazioni sindacali”. Le quattro sigle sindacali sottolineano anche che nell’ex Ilva “dall’11 luglio al 31 agosto, a seguito della fermata dell’altoforno 2 finalizzata a effettuare una serie di attività di ripristino sullo stesso impianto”, ci sarà “un calo della produzione con fermate di ulteriori impianti”. 

 

 “A partire dalla prossima settimana, sarà predisposta la fermata dell'altoforno 2 per attività di manutenzione principalmente sul bruciatore di un Cowper, manutenzione dei lavatoi per la depurazione dei gas, ripristino di una turbina oltre ad altre attività”. Tale situazione “si protrarrà fino alla fine di agosto con inevitabili ripercussioni sulla produzione e la marcia degli impianti a valle”. spiega l’Ugl Metalmeccanici dopo l’incontro di oggi. “La fermata, considerata “necessaria ed improcrastinabile”, si è ritenuto farla coincidere con le fermate estive e la concomitanza della chiusura delle linee verticalizzate, oltre che con la grave crisi legata agli alti costi energetici” dice Ugl. “Inevitabili - rileva il sindacato Ugl - le conseguenze che ne scaturiscono tra cui la fermata dell’Acciaieria 1, di quasi tutta l’Area a Freddo (LAF), ivi compreso il Decatreno, che già a partire dalla prossima settimana smetterà di marciare, e della Zincatura 2 che si arresterà partire dal 25 luglio”.

 

 “Ancora. - dice Ugl - il Treno Nastri 2, già da oltre un mese a marcia ridotta con produzioni ai minimi storici,continuerà la marcia per periodi più o meno lunghi cercando di accorpare quel minimo di produzione che deriva dal colaggio con soli 2 altoforni”. Inoltre “il tubificio Erw sarà fermo per tre settimane per ripartire l'ultima settimana di agosto, nella speranza di poter acquisire degli ordini, mentre il Treno Lamiere si cercherà di tenerlo in marcia per un tempo non definito”. Ugl Metalmeccanici afferma che “in questi due mesi che ci attendono, Acciaierie d’Italia ricorrerà alla cassa integrazione straordinaria per 2500 lavoratori, numero massimo richiesto in sede ministeriale, con circa 500 lavoratori in più rispetto alla situazione attuale”. Per Ugl, “alla luce di quanto enunciato questa mattina, risulta evidente che tutti i proclami fatti nelle sedi ministeriale circa la ripresa della produzione ed il raggiungimento dei 5,7 milioni di tonnellate, cozzano con quella che è la realtà”. 

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, è all’ex Ilva di Taranto, Acciaierie d’Italia, dove sta incontrando i vertici dell’azienda. In discussione sarebbero le varie questioni che riguardano l’azienda, la cui strategicità in termini di produzione di acciaio e di sostegno alla filiera industriale italiana, specie alla luce del conflitto tra Russia e Ucraina, è stata più volte sottolineata dal premier Mario Draghi.

   Uno dei problemi principali dell’ex Ilva è la crisi di liquidità dovuta alla scarsezza di moneta circolante. Carenza questa che si ripercuote sul funzionamento degli impianti, sull’approvvigionamento di materie prime e sul pagamento dei fornitori e dell’indotto. Nel vertice del 23 giugno al Mise con azienda e sindacati, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, presente anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha ipotizzato la possibilità di garanzie finanziarie dello Stato verso l’ex Ilva per circa un miliardo di euro per permettere alla società siderurgica di superare lo stato di criticità nel quale si trova. 

Avanza verso l’avvio il progetto del gruppo Ferretti per la costruzione di uno stabilimento che produrrà scafi per yacht nell’area ex Belleli del porto di Taranto. Dopo la firma dell’accordo relativo agli interventi di bonifica, messa in sicurezza e reindustrializzazione dell’area da parte del ministro per il Sud, Mara Carfagna, hanno firmato lo stesso accordo Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, e Comune di Taranto. In precedenza avevano firmato il ministero dello Sviluppo economico, quello della Transizione ecologica e la Regione Puglia. Il giro delle firme dovrà ora essere completato da Invitalia e dallo stesso gruppo Ferretti.

   Lo stabilimento di Taranto, che reindustrializza un sito dismesso dagli anni 2000, quando la Belleli costruiva le grandi piattaforme petrolifere offshore, sarà un investimento pubblico e privato per complessivi 204 milioni. La parte a carico dell’Authority è pari a circa 137 milioni. Il privato, invece, investirà in attivi materiali e ricerca  circa 62,6 milioni di euro. In programma, la costruzione di edifici e capannoni per circa 65.500 mq coperti in un'area di circa 220.000 mq. Duecento i posti di lavoro previsti. Una volta completata la parte delle firme, ministeri dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica dovranno convocare la conferenza dei servizi in base al Codice per l’Ambiente per i successivi passaggi. 

 

Fonti dell’Authority spiegano che sullo ex yard Belleli sarà fatto un duplice intervento: di bonifica e di messa in sicurezza perimetralmente per quanto riguarda la falda. Le firme, dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, costituiscono  “l’atto che avvia il complesso iter di realizzazione del progetto”. “Parliamo di un investimento di oltre 204 milioni di euro - dice il sindaco Melucci - che farà crescere la cantieristica navale di qualità nel nostro porto. Poniamo un punto fermo in questo percorso partito durante il Governo Conte II, che ci ha visti partecipi e protagonisti nella prospettiva di offrire alla città un orizzonte economico diverso e indipendente dalla monocultura siderurgica. Ogni istituzione coinvolta ha ora ben chiari compiti e tempi da rispettare affinché, al più presto, quell’area torni a essere produttiva”.

    Per il sindaco, “questo progetto si intreccia con il generale processo di transizione che sta vivendo Taranto poiché comprende anche il completamento delle attività di bonifica che interessano l’area ex yard Belleli”. “La Regione - conclude Melucci - ha destinato risorse specifiche per questa attività segnando la ferma volontà di contribuire alla riqualificazione del territorio e al graduale affrancamento dagli effetti di politiche industriali tutt’altro che improntate alla sostenibilità”. Ferretti ha espresso un fatturato  medio negli ultimi anni di circa  700 milioni di euro ed ha 1.500 dipendenti. Ai primi di dicembre, nell’ambito della riprogrammazione delle risorse del Contratto istituzionale di sviluppo per l’area di Taranto, il ministro Carfagna aveva completato la parte finanziaria pubblica assegnando 14,2 milioni di euro. Ad aprile scorso è infine arrivato il via libera da parte della Corte dei Conti con la registrazione dell’atto. 

“Il piano di decarbonizzazione si sviluppa su un decennio, 2022-2032, e prevede un investimento di oltre 5 miliardi e mezzo di euro circa”. Lo ha detto oggi il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, a proposito della trasformazione del polo siderurgico ex Ilva di Taranto, nell’audizione davanti alle commissioni Bilancio e Attività produttive della Regione Puglia. Degli oltre 5 miliardi, ha detto Bernabè, “800 milioni circa sono destinati alla produzione di energie rinnovabili e idrogeno verde che non necessariamente deve far parte del nostro core business ma nelle circostanze attuali riteniamo che, perlomeno all’avvio, deve essere previsto da noi”.

    Spiegando poi nel dettaglio il piano di decarbonizzazione del polo siderurgico di Taranto, Bernabè ha dichiarato che “il primo step, che è l’ottimizzazione della sostenibilità ambientale dell’area a caldo, riguarda il periodo 22-24 con la trasformazione del processo produttivo tradizionale verso la sostenibilità ambientale che consenta di attraversare questa fase verso lo sviluppo dell’introduzione del DRI senza soluzione di continuità. Per questo - ha detto Bernabè - è previsto un investimento molto importante in questa prima fase 22-24 di un miliardo e 42 milioni di euro”. “Il secondo step - ha aggiunto Bernabè - è l’elettrificazione dell’area a caldo e l’utilizzo di idrogeno come vettore energetico. Questa fase copre il periodo 24-27, prevede già la minimizzazione della CO2 attraverso il processo della cattura e soprattutto prevede l’introduzione del primo forno elettrico. L’investimento qui é molto rilevante - ha affermato Bernabé -, si tratta di 2 miliardi e 338 milioni di euro”. 

 

“Il terzo step - ha poi sottolineato il presidente di Acciaierie d’Italia - è l’estensione dell’elettrificazione dell’area a caldo nel periodo 27-29 e qui verrà realizzato il secondo forno elettrico con un investimento previsto non solo per il forno elettrico ma per tutto il contesto delle utilities e del DRI, di oltre un miliardo e 220 milioni”.

    “Il quarto step - ha aggiunto Bernabé - è il completamento dell’elettrificazione dell’area a caldo che copre il periodo 29-32 col passaggio alla fine del 2023 a soli forni elettrici alimentati in una prima fase a gas naturale e in prospettiva a idrogeno”. “Ovviamente - ha specificato Bernabè - dipenderà delle condizioni di economicità dell’utilizzo dell’idrogeno ma l’Unione Europea è molto determinata nel proseguire sulla strada dell’idrogeno e quindi fra dieci anni è verosimile che la competitività dell’idrogeno sia tale da poter essere utilizzata. Oggi non è così - ha rilevato Bernabè -, oggi abbiamo costi dell’idrogeno che sono dieci volte quelli del gas, che nell’ultimo anno é quintuplicato”. Il presidente di Acciaierie d’Italia ha poi affermato che “con una crescita della cultura dell’acciaio importante non solo nell’area di Taranto ma in Puglia, si possono costruire le basi per una verticalizzazione delle produzioni che consenta di aggiungere valore alla produzione di acciaio primario”. “ L’obiettivo che ci diamo - ha affermato Bernabè - è quello dell’occupazione ma anche della sostenibilità economica perche un’impresa che non produce utili é un’impresa che non ci sarà, perché non c’è nessuna possibilità che qualcuno surroghi, lo Stato surroghi, un’impresa in difficoltà economica”. “È importante che la base industriale della Puglia, che é importante, venga sostenuta” ha infine detto Bernabè. 

 

“Lo stabilimento deve rimanere in vita, deve continuare a produrre - ha detto Bernabè a proposito del polo siderurgico di Taranto -. L’idea che si possa chiudere lo stabilimento e lavorare sulla parte nuova, é una idea che non ha fondamento. Lo stabilimento deve vivere, produrre, generare cassa, perché con la cassa generata dallo stabilimento si finanzia una parte importante degli investimenti”. “Se si vogliono risolvere i problemi di Taranto anche dal punto di vista ambientale, Taranto deve rimanere in vita - ha rilevato Bernabè -, deve rimanere attivo, producendo acciaio ambientalmente compatibile. Lo stabilimento morto è una bomba ecologica che nessuno mai più recupererà”. “Il secondo obiettivo - ha detto Bernabè - è l’occupazione perché il potenziale di uno  stabilimento che recupera la sua competitività anche in termini occupazionali e di verticalizzazione delle produzioni, è importante”.

Le dichiarazioni del ministro Giancarlo Giorgetti dimostrano “di non essere al passo con la traiettoria dei lavori di tutte le istituzioni in relazione alla decarbonizzazione dell'ex Ilva ed alla transizione ecologica ed economica di Taranto”.  Lo dice il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, dopo il question time di ieri pomeriggio alla Camera nel quale il ministro dello Sviluppo economico ha detto che “Acciaierie d’Italia deve compiere uno sforzo ulteriore per garantire idonei livelli di produzione”.     Per il sindaco di Taranto, che interviene a poche ore dal vertice di oggi alle 14 al Mise sull’ex Ilva, “ci sono sono almeno tre assunti in quelle dichiarazioni che preoccupano molto il Comune di Taranto. Innanzitutto - afferma Melucci - si chiede di spingere la produzione all'interno di un quadro di norme che, a più riprese, si sono ritenute insufficienti anche da parte degli organismi scientifici a garantire la salute di lavoratori e residenti (la vigente Aia è sotto riesame formale)”.

    “In secondo luogo - afferma Melucci - si evidenzia il fatto emergenziale legato al mercato, senza mai fornire spunti concreti su di un vero piano industriale di prospettiva e le risorse necessarie, a significare che si vuol tirare a campare e non si è interessati a risolvere seriamente le questioni della cassa integrazione, della sicurezza degli impianti, dell'indotto e ovviamente dell'ambiente (basti ricordare le manovre per sottrarre fondi alle bonifiche del territorio ionico)”. Infine, dice il sindaco di Taranto, “il ministro Giorgetti utilizza in maniera impropria l'argomento del Regolamento UE della Transizione Giusta, che può valere più di 800 milioni per Taranto, ma non per l'ex Ilva”. Per il sindaco, “quel dispositivo comunitario serve per sviluppare progetti alternativi, decarbonizzare l'area e il nostro modello economico, riqualificare la forza lavoro. In sintesi, non si può adoperare per alcun intervento sullo stabilimento siderurgico e gli enti locali vigileranno su questo”. 

Rinviata di un giorno la riunione al Mise per discutere di Acciaierie d’Italia, ex Ilva. Non si terrà più domani come inizialmente previsto ma il 23 giugno alle 14. Ci saranno sindacati, azienda, ministero del Lavoro, regioni sedi degli stabilimenti ex Ilva. Si dovrebbe riprendere la discussione sul nuovo piano industriale dell’azienda dell’acciaio. Presiederà l’incontro il ministro Giancarlo Giorgetti.

La nuova data - spiega il ministero - è stata chiesta espressamente dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per poter partecipare all’incontro.

  • La richiesta è unanime e si traduce in un semplice, ma accorato appello: “Città Vecchia va aiutata. Occorre una struttura tecnica che dia supporto al processo di rigenerazione urbana e sociale del centro storico”.

 

  • Il centro storico di Taranto è un’altra storia rispetto agli altri quartieri della città, ha necessità di politiche ad hoc studiate su misura per un sistema urbano di alto valore culturale, ma purtroppo fragile, con peculiarità sociali, economiche oltre che strutturali sue proprie, non riscontrabili in nessun altro luogo della Città.

 

  • Città Vecchia affascina e seduce ed è tappa obbligata di ogni tour turistico, ma è nel contempo oggetto di critiche e osservazioni non sempre lusinghiere per lo stato di degrado e di trascuratezza che caratterizza gran parte del quartiere. Ed è questa la ragione per la quale la delegazione Confcommercio dell’Isola a distanza di qualche settimana, torna a sollecitare un maggiore livello di attenzione, lanciando l’ennesimo appello alle istituzione cittadine, dall’Amministrazione comunale e alle Forze dell’Ordine.

 

  • ‘Sicurezza e Decoro’’ rappresentano  le priorità, afferma decisa Claudia Lacitignola, presidente della delegazione Confcommercio, ed incalza: “Non possiamo attendere i tempi lunghi della politica, siamo nel pieno della stagione turistica estiva e via Duomo viene  ogni giorno attraversata da decine e decine di gruppi e di turisti, che guardano, osservano, commentano e non sempre benevolmente. E’ mortificante dover ascoltare quel refrain ‘Bella, ma peccato che … Non possiamo attendere i grandi progetti di riqualificazione che la rieletta Amministrazione Melucci senz’altro porterà avanti, si deve fare qualcosa subito, perché abbiamo pesantissimi problemi di viabilità e sicurezza. Come abbiamo già più e più volte denunciato, le moto e le auto attraversano l’isola pedonale di via Duomo senza che nessuno le fermi, manca totalmente ogni forma di controllo.”
  • Lo stesso dicasi  per la questione igiene, le vie sono maleodoranti ed  i rifiuti abbandonati ogni dove.  “Andrebbe fatta – sottolinea Lacitignola- una programmazione diversa e più puntuale del servizio di pulizia delle strade e di raccolta dei rifiuti ed effettuati  i controlli ed eventualmente elevate le sanzioni. Le alte temperature estive accentuano gli odori e rendono particolarmente critica questa situazione.” 

 

  • Ed infine l’invito al neo rieletto Sindaco Melucci, a voler prendere a cuore la situazione di Città Vecchia, e a voler riservare un  ascolto speciale alle voci di chi ogni giorno, come i commercianti ed i titolari dei bar, dei ristoranti, degli hotel e dei B&B dell’Isola, la strada con tutto il suo carico di problematiche la vivono con amore e rabbia. “Proponiamo al sindaco  Melucci, ben conoscendo l’importanza che Città Vecchia può rappresentare per la strategia di transizione ecologica ed economica dell’ecosistema  Taranto, alla base del suo programma di candidatura al governo cittadino   – conclude Claudia Lacitignola- un assessorato della Città Vecchia, perché riteniamo che Città Vecchia abbia le caratteristiche per divenire un luogo dove sperimentare con successo un nuovo modello di sviluppo socio-economico. La sua vulnerabilità può essere il suo punto di forza per innescare nuovi processi di ripartenza e di collaborazione tra pubblico e privato. Occorre però un forte impegno, supportato da una governance dedicata”

 

 

 

L’occupazione in Puglia è “fortemente caratterizzata da precariato e povertà salariale. E dove donne e giovani sono le figure più svantaggiate”. È quanto emerge dalla lettura dei dati elaborati dalla Direzione Studi e Ricerche – Applicazione di Data Science di Anpal Servizi, utilizzati dalla Cgil per restituire la condizione del lavoro oltre un approccio meramente quantitativo. Dell’oltre un milione di rapporti di lavoro attivati nel 2021, oltre l’82% è a tempo determinato a cui si somma un 10% di altre forme ultra flessibili, come apprendistato o collaborazione. Anche le cessazioni superano il milione. Con un saldo attivo di 49.423 unità dovuto al rimbalzo prodotto dalla crescita successiva all’anno della crisi pandemica. Inoltre, la durata media dei rapporti di lavoro cessati nel 2021 è stata per il 60% dei casi inferiore ai 3 mesi e addirittura inferiore ai 30 giorni per il 33%.

   Quanto ai settori, quasi il 40% dei rapporti attivati è relativo all’agricoltura, il 13% ad alberghi e ristoranti, attività prettamente stagionali, caratterizzate da bassi salari e una spiccata propensione – secondo i dati degli organismi di vigilanza – a forme di violazione contrattuale relative e salari, orari, diritti. Solo il 7% delle assunzioni riguarda l’industria, e l’attivazione di rapporti con high skill riguarda il 10% degli assunti, a fronte di una media nazionale del 25,4.

 

 In Puglia hanno più opportunità a trovare un lavoro gli over che non gli under 35, interessati da attivazioni di rapporti nella misura del 38% del totale, a fronte di un dato nazionale del 42%. Va peggio per le donne, interessate solo dal 39,2% delle assunzioni totali nell’anno 2021, dato che si abbassa al 36% per le under 35, e per le quali prevalgono profili professionali non qualificati. I dipendenti con bassa paganella regione  sono il 14,5% del totale (al 22,5% per le donne) e si può essere   poveri pur lavorando: il 22,9% (oltre 81mila persone) degli individui poveri in Puglia è occupato. Gli occupati a termine da oltre 5 anni sono oltre il 25%, al punto da trasformare la condizione di precarietà come permanente; gli occupati sovraistruiti rispetto alle mansioni svolte sono il 14,2% (con una differenza tra maschi, 9,3%, e femmine, 22,9%). La condizione complessiva, dunque, spiega la Cgil, “spinge alla sfiducia, testimoniata dalla mancata partecipazione al lavoro che supera di poco il 30% (37,5% per le donne) e dal numero di Neet che sono il 30,6%”. 

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