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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

- “Chiaramente l’emergenza gas riduce un pò la capacità produttiva perchè la quantità di gas va diminuendo, ma l’azienda la vedo molto forte e credo che abbia gli strumenti per passare attraverso questo percorso stretto che ha difronte non solo l’acciaieria ma tutte le altre imprese d’Italia”. Lo ha detto oggi a Taranto l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, Lucia Morselli, a margine della firma dell’accordo col Politecnico di Bari sui temi della transizione e della produzione sostenibile.

   “I prossimi due anni saranno un pò complicati - ha affermato Morselli- ma ci sentiamo i più forti”. L’emergenza gas, ha aggiunto, “ha rallentato un pò l’aumento della produzione, ovviamente, perchè il gas che ha un prezzo che non posso definire, se non quasi inaccessibile. E quindi abbiamo dovuto ridisegnare il processo produttivo”. 

 

Per l'ad, “l’obiettivo è ovviamente di continuare a produrre, di esserci in salute. Nessun investimento è stato fermato. Tutti gli investimenti sono stati confermati. Sul piano ambientale siamo leggermente in anticipo. Quindi gli assi portanti dell’acciaieria sono stati tutti confermati. Ovviamente, l’emergenza gas, con la penuria di gas, i prezzi, porterà a qualche cambiamento ma nulla che possa compromettere il futuro dello stabilimento. Anzi, probabilmente - ha detto ancora Morselli - ne usciremo più forti. Noi ne usciremo. Spero tutti. Ma probabilmente non tutti saranno capaci di affrontare queste sfide con la nostra forza e le nostre coperture”.

   Morselli, in riferimento al dl Aiuti bis che prevede un miliardo, affidato a Invitalia, partner pubblico del privato Mittal in Acciaierie d’Italia, ha dichiarato che “il nuovo Governo arriverà. Noi rispettiamo tutti i Governi. Il Governo ce l’abbiamo. Aspettiamo il prossimo ma continuiamo a lavorare intensamente con quello in carica. Abbiamo lavorato con tutti i Governi, allo stesso modo e con la stessa profittabilità. E con lo stesso rapporto di altissima collaborazione”.

   Infine, sull’indotto che ruota attorno all’ex Ilva, Morselli ha affermato che “l’acciaieria rimane a lavorare, continua la sua attività produttiva nonostante queste sfide planetarie, e per loro signififa avere commesse, un futuro. Che è quello che vogliamo garantire all’acciaieria che alle aziende del territorio che lavorano per noi, che sono parte essenziale. Il valore che produciamo per l’acciaieria verrà condiviso sempre con l’indotto. Che non è un’entità separata”. “Acciaierie d’Italia e il Politecnico di Bari hanno sottoscritto un accordo  di partnership - si legge in una nota - per il counseling tecnologico e l’innovazione sostenibile dei processi produttivi. L’accordo è stato siglato presso lo stabilimento di Taranto dal Rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino e dall’Amministratore Delegato di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, con la Ministra dell'Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, in collegamento video e l’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Alessandro Delli Noci, che ha testimoniato la rilevanza del progetto per la Regione.

 

L’intesa configura una relazione di lungo periodo nella quale l’Ateneo, tramite professori e ricercatori, supporterà le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione per il settore siderurgico condotte dall’Azienda. L’obiettivo congiunto è di contribuire ulteriormente alla crescita del contesto economico e produttivo regionale e stimolare una sempre maggiore attenzione ai temi della sostenibilità nella manifattura.  

 

Acciaierie d’Italia ha creato all’interno dello stabilimento di Taranto un proprio Centro di Ricerca e Sviluppo per supportare l’innovazione e il miglioramento dei processi produttivi e dei prodotti. L’accordo con il Politecnico di Bari si inquadra nell’ampliamento della rete di collaborazioni del Centro, che opera in piena autonomia scientifica.

 

Le due realtà sono peraltro già fortemente sinergiche sotto il profilo della formazione professionale: 150 ingegneri sui circa 200 attualmente impiegati nell’acciaieria tarantina si sono laureati presso l’Ateneo barese. Un dato destinato a crescere grazie alle selezioni in corso per l’assunzione di ulteriori figure specializzate.

 

Vogliamo sviluppare una crescente sostenibilità della produzione siderurgica, portando avanti la transizione ecologica ed energetica anche attraverso l’accordo firmato oggi. Il Politecnico di

Bari è un centro di eccellenza e guida tecnico-scientifica regionale e questa partnership avrà un impatto importante sia su di noi, sia sul sistema universitario, sia quindi sul territorio”, ha dichiarato Lucia Morselli, Amministratore Delegato di Acciaierie d’Italia.

 

“Il futuro di Taranto, che noi abbiamo molto a cuore, è legato a quello della sua acciaieria – ha commentato il Rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino – per cui ci fa molto piacere una collaborazione sui temi-chiave della sostenibilità. Il Politecnico – ha aggiunto il Rettore – è presente a Taranto fin dalla sua istituzione e oggi vuole sostenere, attraverso la ricerca e il trasferimento tecnologico, nuovi modelli di produzione che rimettano insieme le esigenze dell’industria con quelle del lavoro, della salute e dell’ambiente. Siamo convinti di poter costruire un ecosistema dell’innovazione – ha concluso Cupertino – che coinvolga università, grandi e piccole imprese, startup innovative, istituzioni e associazioni di categoria, per fare di questo territorio un laboratorio di sperimentazione di livello europeo”.

 

“Emanciparsi energeticamente dai combustibili fossili e puntare sulle energie rinnovabili - ha dichiarato l’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Alessandro Delli Noci - è la sfida su cui la Regione Puglia ha scommesso qualche anno fa e che oggi diventa centrale. Questo vale in maniera particolare per la città di Taranto che abbiamo candidato nel progetto bandiera nel PNRR a città dell’idrogeno. In questo contesto, i progetti di ricerca, la produzione di idee innovative diventano centrali e questa partnership tra Acciaierie d’Italia e Politecnico di Bari non potrà che soddisfare questa esigenza e velocizzare il processo di transizione energetica della nostra Regione”.

Le risorse complessive messe a disposizione nel Pnrr per incentivare la partecipazione delle donne al mondo produttivo e supportare le imprese femminili (nuove o già esistenti) in ogni regione italiana, riducendo il divario territoriale, ammontano a 400 milioni di euro. E’ quanto emerge dall’analisi condotta dal Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti, approvata con delibera 10/2022, in cui la magistratura contabile ha esaminato lo stato di realizzazione dell’intervento previsto nell’ambito della missione 'Inclusione e coesione' del Piano, denominato 'Creazione di imprese femminili', che interesserà 2400 aziende italiane entro il 2026, di cui 700 nell’obiettivo intermedio del secondo trimestre 2023. La distribuzione delle 1.200 domande sinora presentate, evidenzia la Corte, mostra una marcata disomogeneità territoriale a scapito delle zone meridionali del Paese cui è destinato il 40% delle risorse complessive, rivelando la necessità di strategie di comunicazione specifiche e chiare, per rafforzare la cultura della partecipazione delle donne al mondo imprenditoriale proprio nei territori del Sud Italia in cui il numero delle domande si è rivelato più basso. Sul tema, la Corte ha invitato il ministero dello Sviluppo economico, come soggetto attuatore, sia a monitorare l’operato di Invitalia, gestore delle attività connesse al progetto, sul rispetto dei principi trasversali previsti dal Pnrr a favore di giovani, donne e Sud, sia a definire al più presto le attività di comunicazione e formazione, con verifica dell’avvenuta pubblicazione di tutti gli atti riguardanti l’intervento previsto dal Piano. 

Dalle imprese dell’indotto, che avanzano 100 milioni di euro, all’ente che fornisce l’acqua per l’uso industriale, in credito di 375mila euro per 2,6 milioni di metri cubi. É esteso il fronte dei pagamenti che Acciaierie d’Italia, ex Ilva, deve onorare. Ma l’azienda da mesi ha scarsa liquidità ed il circolante è ridotto ai minimi termini, tanto che si spera che qualcosa possa arrivare dalla dote del Dl Aiuti Bis (un miliardo). I 100 milioni di euro che avanza l’indotto sono un dato fornito da Confindustria Puglia e Taranto. E qualcosa, su questo versante, pare che si stia muovendo. Secondo fonti industriali, alle aziende che vantano uno scaduto considerevole, Acciaierie d’Italia avrebbe proposto un piano di rientro. Inoltre, rilevano le stesse fonti, si sono un pò rimessi in moto gli ordini che sinora erano bloccati. 

 

 Si tratta di ricambi, lavori e manutenzioni. In ogni caso, il tema relativo ai crediti vantati dall’indotto resta rilevante. E dopo aver chiesto ad Invitalia di destinare ai pagamenti arretrati e alla liquidità di Acciaierie d’Italia parte del miliardo di euro che col dl Aiuti Bis il Governo ha finalizzato alla ricapitalizzazione della società, Confindustria, con l’apporto della struttura nazionale, si starebbe ora muovendo per incontrare la stessa Invitalia. Quest’ultima, che fa capo al ministero dell’Economia, in Acciaierie d’Italia partner pubblico di minoranza del privato ArcelorMittal, è infatti delegata dal dl, nel frattempo divenuto legge, a studiare forme e tempi dell’operazione.  Un altro costo significativo per l’ex Ilva è quello del gas, la cui bolletta è considerevolmente cresciuta negli ultimi mesi. Benchè possa contare sul gas di recupero derivante dagli impianti, l’ex Ilva ha comunque bisogno di gas dalla rete. Sia perché quello di recupero ha un potere calorifico minore rispetto a quello della rete (potere che decresce dalla cokeria alle acciaierie), sia perchè il gas “esterno” serve ad alimentare centrali, forni di riscaldo dei treni di laminazione e gli altri stabilimenti del gruppo. E ci sono anche i costi dell’acqua da fronteggiare. C’è infatti una fornitura di 2.687.645 milioni di metri cubi per uso industriale tra i debiti che Acciaierie d’Italia deve saldare. È acqua utilizzata per raffreddare gli impianti. Sono 375.260,54 euro da corrispondere all’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (Eipli). L’importo è relativo a due fatture di agosto scorso. Una, per la fornitura dall’impianto del Tara, riguarda 1.874.880 metri cubi di acqua. Sono da saldare 172.172,11 euro per l’erogato e 17.217,21 per l’Iva al 10 per cento. Totale: 189.389,32 euro. L’altra, invece, è relativa alla fornitura dal Sinni: 812.765 metri cubi. Qui l’ammontare dell’erogato è pari a 168.973,84 euro cui vanno aggiunti 16.897,38 di Iva per un complessivo di 185.871,22 euro. Su proposta del responsabile del servizio amministrativo, il commissario dell’ente, Nicola Fortunato, ha  disposto, con un doppio decreto del 29 settembre, “di autorizzare l’assunzione dell’accertamento e riscossione”. 

“Lo Stato deve fare semplicemente un’operazione: deve rilevare, perchè oggi c’è un rimpallo di responsabilità e i lavoratori pagano. La città di Taranto paga. Il Paese paga. Noi paghiamo mentre ognuno si scarica delle responsabilità”. Così questa mattina si è espresso in un punto stampa a Taranto, all’esterno della direzione di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, il segretario generale Fiom Cgil, Michele De Palma, che di primo mattino ha tenuto un’assemblea con i lavoratori iscritti al sindacato. Dichiarandosi a favore di una ex Ilva a controllo statale, mentre oggi Invitalia è partner pubblico di minoranza del privato ArcelorMittal, De Palma ha detto che “lo Stato dovrebbe, come era in premessa, andare in maggioranza di capitale visto che ci mettiamo i soldi ma non entriamo nel capitale e a quel punto assumersi la responsabilità di gestire gli impianti”. “Siamo l’unico Paese - ha rilevato il numero 1 Fiom - dove se dici una cosa del genere, rischi di passare per comunista. In Francia, nell’arco di una notte, hanno preso Edf e l’hanno resa pubblica. In una notte. Perchè lo Stato aveva bisogno dell’elettricità”.

    A proposito del fatto che con un accordo dei mesi scorsi Invitalia e ArcelorMittal hanno congelato gli attuali assetti societari rinviando a maggio 2024 il passaggio dello Stato al 60 per cento, Di Palma ha dichiarato: “Non è vero. È stato fatto un accordo ma ci sono anche le condizioni, ci possono essere le condizioni per poter modificare. Quello che penso é che ci voglia un’assunzione di responsabilità da parte dello Stato e spero che il Governo che c’è se ne assuma la responsabilità diversamente da quello che hanno fatto altri Governi sino ad oggi”.

 

“Questa è un’azienda che è al centro del futuro industriale e metalmeccanico del Paese. Senza l’acciaio non si fa nulla. Ed è giusto che ci siano gli investimenti, da noi chiesti quando siamo stati al Mise. Investimenti per un processo di ricapitalizzazione e sul circolante. Ma c’è una grande differenza tra quello che viene raccontato e la realtà. La situazione attuale è drammatica”. Lo ha detto oggi a Taranto, a proposito dell’ex Ilva, Acciaierie d’Italia, il segretario generale Fiom Cgil, Michele De Palma, che ha tenuto un punto stampa all’esterno della fabbrica dopo un’assemblea con i lavoratori.

    “Utilizzo le parole usate da un lavoratore in assemblea: di degrado - ha detto Di Palma - Aggiungeteci il fatto che i lavoratori tarantini stanno in una situazione con i problemi legati alla cassa integrazione e all’inflazione, bisognerebbe partire immediatamente. L’appello che faccio al Governo sia regionale che nazionale è quello di aprire immediatamente il tavolo della siderurgia”. Da questo, secondo il numero uno della Fiom Cgil, “dipende un effetto domino sull’industria del Paese ma anche sulla città di Taranto e sui lavoratori dello stabilimento”. “Ho incontrato i lavoratori, non l’azienda - ha detto De Palma -. C’é molta disaffezione. I lavoratori si sentono addosso la responsabilità dello stabilimento, la responsabilità ambientale, quella della loro condizione personale. Loro si assumono tutte le responsabilità e fuori ognuno si deresponsabilizza. Sono più responsabili i lavoratori che non chi dovrebbe assumersi le responsabilità ed è pagato per farlo”.

I mitilicoltori esprimono soddisfazione per la ordinanza del Sindaco di Taranto che vieta la re- immersione di mitili importati, o comunque non autoctoni, in Mar Piccolo al fine di eliminare l’inquinamento biologico delle specie cosiddette aliene.

 

“Dopo il riconoscimento del presidio Slow Food – commenta Luciano Carriero, presidente dei Mitilicoltori Confcommercio Taranto- occorreva fare il secondo importate passo a supporto di un settore produttivo locale che esprime enormi potenzialità, ma che ha necessità di essere tutelato ed accompagnato nel suo percorso di promozione della cozza nera di Taranto. Le forze dell’ordine (Polizia ‘Commissariato Borgo’ e Capitaneria di Porto) ed ASL hanno sempre svolto un ruolo importante a tutela della legalità, ma occorreva un passaggio che noi produttori,  reputavamo fondamentale, una ordinanza che in modo inequivocabile vietasse del tutto la possibilità di impiantare in Mar Piccolo semi o frutti non appartenenti alla specie della cozza tarantina. Con l’ ordinanza sindacale anche gli impianti già esistenti dovranno cessare la produzione.

Per i produttori delle cooperative che, aderendo al Presidio Slow Food hanno deciso di seguire criteri  e regole del disciplinare, ripeto, questo è un passaggio  molto atteso che finalmente segna una svolta decisiva per la produzione  della Cozza del Mar Piccolo. E’ un intervento che mette un punto definitivo ad una situazione che rischiava di vanificare  il lavoro fatto, da noi mitilicoltori,  Comune,  CNR, Slow Food, per rilanciare la produzione tarantina.

A Torino, la cozza nera tarantina è stata grande protagonista del Salone del Gusto; il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, ed il presidente regionale Marcello Longo, hanno sottolineato il valore sociale dei nostri allevamenti di mitili del Mar Piccolo, una produzione che ridà speranza e dignità ai lavoratori del mare (21 cooperative aderiscono al progetto Slow Food)  e che tra l’altro, cosa non meno importante, è  a basso impatto ambientale.

 

Apprezziamo dunque – conclude Carriero- che il Comune, anticipando  il Piano delle Coste, abbia colto le nostre sollecitazioni, emettendo la ordinanza in questione in una fase considerata strategica nel ciclo di produzione  che solitamente vedeva  a partire da ottobre  e sino a maggio la immissione in mare di prodotto greco o rinveniente da altre aree. Da questo momento il Mar Piccolo sarà off limits per le cozze straniere e torna ad essere ‘il giardino’ dei mitilicoltori tarantini. Ora andiamo avanti sulla strada dei marchi e della qualità.”

 

 

 

 

 

La Marina Militare ha ceduto al Comune di Taranto due aree che serviranno, rispettivamente, alla costruzione del palazzo del nuoto per i Giochi del Mediterraneo del 2026 e per le strutture delle linee bus elettriche veloci (Brt). La cessione è avvenuta con un’intesa tra Ministero della Difesa, Agenzia del Demanio e Comune di Taranto. Diventano così patrimonio dell’ente locale due aree della Marina Militare, messe a disposizione e quindi rese dismissibili da parte dell'Agenzia del Demanio. Per il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, “l’atto firmato in queste ore, è un passaggio fondamentale per l’avvio di progetti di primaria importanza per la città, frutto di un lungo lavoro di concertazione che i sottoscrittori hanno condotto in questi anni con la spinta decisiva dell’amministrazione”.

 

 “Siamo grati al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e all’Agenzia del Demanio - ha aggiunto il sindaco per la concretezza applicata nell’iter di formazione del protocollo. Abbiamo ottenuto un risultato eccezionale, che ci consentirà di avanzare con due dei progetti più rappresentativi del nuovo volto della città”. “Il nuovo stadio del nuoto, ai margini dell’area su cui sorge Torre d’Ayala, sarà l’impianto simbolo dei Giochi del Mediterraneo del 2026, così come il parcheggio per i mezzi elettrici delle linee BRT, nel terreno a ovest di Maricentro e via Acton, ci permetterà di chiudere il cerchio sul cantiere italiano più ambizioso per la mobilità sostenibile. Questa firma è l’ennesima prova di quanto il lavoro di questi anni sia stato proficuo” conclude Melucci. Per le infrastrutture dei Giochi del Mediterraneo, dai fondi di sviluppo e coesione  sono disponibili 150 milioni di euro mentre per l’intero progetto delle Brt è stato previsto uno stanziamento di circa 300 milioni. Al Comune di Taranto, in cambio di queste aree della Marina, spetterà effettuare alcuni lavori su altre aree della Difesa. 

Per le aziende dell’indotto ex Ilva è oramai questione di sopravvivenza: se non arriveranno risorse urgenti per far fronte alla crisi di liquidità dovuta ai crediti vantati nei confronti di Acciaierie d’Italia – parliamo di circa 100 milioni di euro – sarà emergenza sociale.

 

Lo hanno dichiarato a chiare lettere già da tempo e per molte di queste imprese il rischio è la chiusura, con il conseguente licenziamento di migliaia di unità lavorative. La situazione, oramai gravissima, è stata nei giorni scorsi oggetto di confronto fra il Presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, e il Presidente di Confindustria Puglia Sergio Fontana: un incontro reso urgente a causa della situazione di eccezionalità venutasi a creare e deflagrata nelle ultime settimane. I presidenti hanno preso atto, dati alla mano, di una condizione che investe un centinaio di realtà produttive che potrebbe rivelarsi non più gestibile in un arco di tempo ristretto, con conseguenze immaginabili sul fronte della tensione sociale ed eventuali ulteriori effetti non più governabili.  

 

A parere di Confindustria Puglia e Taranto l’unica soluzione possibile rimane pertanto uno specifico provvedimento da parte di Invitalia, (Agenzia per lo sviluppo d’impresa di proprietà del Ministero dell’Economia e socio di minoranza di Adi,) in grado di assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell’impianto siderurgico di Taranto attraverso uno stanziamento di risorse ad hoc che possa supportare lo stato di sofferenza delle aziende dell’indotto.

 

 

 

L’appello che Sergio Fontana e Salvatore Toma lanciano ad Invitalia si riferisce in particolare alla norma contenuta nel decreto Aiuti bis, annunciata i primi di agosto dai Ministri Giorgetti e Orlando e varata per il sostegno alla siderurgia, che prevedeva la possibilità per l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa di sottoscrivere “aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, sino all'importo complessivamente non superiore a un miliardo di euro per l'anno 2022”.

 

Parte di quelle risorse, questa l’istanza avanzata da Confindustria, potrebbero essere destinate, rendendole direttamente fruibili per le aziende, a quella platea di fornitori che oggi soffrono pesantemente l’accumularsi di crediti insoluti. Imprenditori per la gran parte già penalizzati con la crisi del 2015 (a seguito della quale persero 150 milioni di crediti riconosciuti e confluiti nello stato passivo) che vedeva quale loro interlocutore non Arcelor Mittal né Adi (non ancora subentrate) bensì Ilva in A.S.

 

In tal modo – questa la sostanza dell’appello a Invitalia, a cui si chiede di far presto  - si assicurerebbe non solo la tenuta (e in molti casi la salvezza) di queste aziende, oramai ridotte allo stremo, ma la stessa continuità dell’acciaieria, qualificata come è risaputo quale stabilimento di interesse strategico nazionale, le cui sorti sono strettamente legate a quelle dell’indotto.

“La situazione è diventata surreale – dichiarano i due Presidenti – perché se per un verso si stanziano ingenti risorse per il futuro, la decarbonizzazione e il preridotto, come certifica l’ultimo decreto Aiuti Ter, per altri versi, quelli oramai sotto gli occhi di tutti, c’è una fabbrica che naviga a vista, senza alcuna certezza né prospettiva di alcun genere”.

“Acciaierie d’Italia informa che in data odierna si è verificato un incendio circoscritto che ha interessato il decatreno dello stabilimento di Novi Ligure”. Lo dichiara, in una nota, la società siderurgica con stabilimenti a Taranto, Genova, Racconigi oltre che a Novi Ligure. “L'evento - spiega la società  - è stato immediatamente posto sotto controllo, senza alcun danno alle persone e all'ambiente. L'azienda effettuerà tutti gli accertamenti del caso sulle cause dell'accaduto. Non sono previsti impatti sugli impegni programmati di produzione”.

 

“Da Taranto a Novi passando per Genova: la fabbrica crolla nel silenzio più assoluto della politica”. Lo dichiara il coordinamento nazionale siderurgia del sindacato Usb a proposito dell’incendio di oggi all’impianto di decatreno di Novi Ligure. Usb afferma che “fortunatamente non si registrano feriti, ma sono andati a fuoco cavi, tubazioni, pannelli. Si stima una fermata che va da un minimo di 15/20 giorni ad un massimo di 3 mesi”. Per Usb, “all’aumento di capitale previsto nel decreto Aiuti bis, deve corrispondere il cambio dei manager a capo dello stabilimento: quelli attuali sono responsabili dei mancati interventi che in ogni sito espongono i lavoratori ad un rischio continuo di incidenti”. “È tempo che lo Stato acquisisca la maggioranza e inizi a gestire con buonsenso l'acciaieria, ponendo fine ad una fase della vita di questa fabbrica da archiviare - afferma Usb -. Abbiamo di fronte stabilimenti ridotti a colabrodo, che si mantengono in piedi a  malapena  e lavoratori che rischiano ogni giorno la loro vita”. “Lo Stato intervenga tempestivamente, prima che ci si ritrovi a parlare di conseguenze irreparabili”, conclude il sindacato.

La diffusione dell’energia eolica e i nuovi progetti spingono l’attività della Vestas a Taranto. Numeri positivi sono stati presentati dall’azienda nell’incontro con i sindacati. Il gruppo, attivo nella costruzione delle pale eoliche, a Taranto ha una presenza intorno alle 1.300 unità complessive. In particolare, ve ne sono circa 850 alla Vestas Blades, che si occupa della parte produttiva, e 445 alla Vestas Italia, che cura invece la parte commerciale e le manutenzioni. Entrambe le aziende sono nell’area industriale. Dei 445 di Vestas Italia, 288 sono operai e 155 impiegati; 428 hanno il contratto a tempo indeterminato. Inoltre, circa 50 addetti sono a Roma mentre il resto fanno capo a Taranto. Di quest’ultima quota, circa 350 sono in giro sugli impianti tra Italia e altri Paesi.

   Fonti sindacali spiegano ad AGI che l'anno prossimo Vestas produrrà a Taranto la pala eolica più lunga al mondo fra quelle sinora fabbricate, chiamata tecnicamente 236. In prospettiva, aggiungono le fonti, ci sono nuove assunzioni. Se ne stimano una ventina per Vestas Italia e molte di più per Vestas Blades che potrebbe anche spingersi a raddoppiare l’organico, “visto che per una sola fase di questa pala servono una trentina di unità contro le cinque delle altre tipologie di pala”. 

 

 In Italia Vestas non costruisce turbine, prodotte invece in Danimarca, Usa, Cina e  Germania. Diversi anni fa le turbine erano prodotte anche a Taranto. Presentando il quadro 2021-2022 ai sindacati, Vestas Italia ha dichiarato che l’anno scorso il fatturato è stato di 348,369 milioni, il risultato di esercizio di circa 6 milioni, i costi del personale pari a 31,681 milioni.

   Nel 2021, ha dichiarato la società presentando un quadro ai sindacati, “il settore eolico italiano ha registrato un notevole incremento delle installazioni passando dai 101 MW del 2020 ai circa 404 MW del 2021”. Vestas Italia ha installato circa 335 MW nel 2021 in linea con le previsioni del budget aziendale, corrispondente a circa l’83 per cento dell’installato dell’anno. Si è così attestata a circa 4,8 GW la potenza installata accumulata a fine 2021. Si tratta, spiega la società, di una quota pari al 44 per cento dell’installato totale in Italia. Nel 2022 Vestas prevede un installato di 300-320 MW, superiore alle previsioni del 2022, ed in linea con i volumi consolidati del 2021. Mentre a fine anno Vestas dovrebbe toccare i 5 GW di potenza installata.

 L’indotto ex Ilva a Taranto, con i lavoratori della metalmeccanica, dell’impiantistica, dei servizi, dei trasporti e dell’edilizia, prepara una nuova protesta a causa della insostenibilità della situazione originata dalla più complessiva crisi di Acciaierie d’Italia. Lo dichiarano oggi Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb (metalmeccanici) insieme alle sigle di categoria di edilizia, servizi e trasporti. “Nel silenzio più totale intorno, avvertiamo più che mai - rilevano i sindacati -, la possibilità di un vero e proprio corto circuito di uno degli anelli più deboli del sistema, rappresentato dagli appalti e dall’indotto”. “La terribile condizione di sofferenza rischia di far deflagrare una bomba sociale senza precedenti” affermano i sindacati, per i quali “gli impianti sono in uno stato comatoso ed i lavoratori continuano ad operare in condizioni di disagio continuo”.

 

“Sicurezza sul lavoro e certezza della retribuzione economica dei lavoratori non possono essere soggette a pseudo-strategie e mancanza di visione, pertanto - sostengono i sindacati - siamo pronti a far valere le ragioni dei lavoratori attraverso una grande mobilitazione del sistema dell’indotto e degli appalti che annunceremo nei prossimi giorni, in attesa della nuova compagine politica istituzionale dalla quale, a prescindere del colore, pretenderemo di prendersi le proprie responsabilità al fine di porre la parola fine alle difficoltà che attraversano i lavoratori”.

     “Siamo dinanzi ad un momento delicatissimo - rilevano tutti i sindacati - che, in attesa che le risorse messe a disposizione dal Governo si traducano in fatti, deve vedere un’assunzione di responsabilità da parte dell’azienda, tale da contemperare con ognuno dei diritti sacrosanti dei lavoratori”. I sindacati dicono infine che “utilizzo massiccio della cassa integrazione unito a scelte discutibili sulla tenuta di affidamenti degli appalti da parte di Acciaierie d’Italia, stanno determinando uno scenario surreale in cui non è più possibile attendere, né tantomeno cercare di giustificare l’ingiustificabile”.

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