Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1912)

Sulle ferie del personale che Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ha trasformato in cassa integrazione, i sindacati metalmeccanici Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm hanno presentato un esposto all’Inps e all’Ispettorato del Lavoro. “Ancora  una volta - dicono i sindacati - segnaliamo l’anomalo modus operandi della direzione di Acciaierie d’Italia con cui ha modificato  quanto riportato nella nota aziendale del 17.06.2022 in cui si comunicava ai dipendenti il periodo di ferie estivo, cosi come garantito dal vigente Ccnl  e dall’articolo 36 della Costituzione Italiana”.

   La direzione di ex Ilva, dicono i sindacati, “senza una preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali, ha unilateralmente modificato ai dipendenti, per il tramite dei responsabili delle risorse umane di ogni area dello stabilimento, il periodo di ferie concordato con il proprio responsabile diretto tramutato in cassa integrazione straordinaria”. 

 

“Riteniamo illegittimo tale utilizzo dell’ammortizzatore sociale - affermano le sigle sindacali - in quanto il  ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha già chiarito, in occasione dell’interpello n. 19/2011, l'obbligo di  rispettare sia  il dovere di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo feriale, sia eventuali deroghe alla fruizione del diritto costituzionalmente garantito ex art. 36, comma 3 Cost., precisando che le stesse risultano ammissibili esclusivamente laddove le esigenze aziendali assumano carattere di eccezionalità ed imprevedibilità e come tali siano supportate da adeguata motivazione”.

   Fim, Fiom e Uilm chiedono a Inps e Ispettorato del Lavoro “un intervento celere al fine di garantire il rispetto del principio, presupposto imprescindibile di ogni eventuale accordo contrattuale e/o sindacale finalizzato alla richiesta di forme di sostegno del reddito, pena l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dalle norme vigenti”. 

Usb chiede “un passo indietro” all’ex Ilva e mette in relazione la mossa aziendale con l’invio a Taranto, da parte del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, degli ispettori per verificare il piano di cassa integrazione straordinaria per un anno chiesto dall’azienda è autorizzato (è in corso da fine marzo e attualmente a Taranto gli addetti coinvolti sono circa 2.500 su un organico di 8.200). Si tratta delle ferie estive, già richieste e autorizzate che, dopo la programmazione, vengono convertite in ore di cassa integrazione”. “Inammissibile - dice Usb - se si pensa che alcuni lavoratori hanno come ferie ancora da utilizzare 300/400 ore e che questo comporterà una decurtazione considerevole dallo stipendio”. 

Si è tenuta a Roma, nei giorni scorsi, l'assemblea nazionale di Confcooperative Sanita', per eleggere, tra l'altro, i nuovi Organi Nazionali. Giuseppe Milanese, è  stato riconfermato alla carica di presidente,mentre  il tarantino  Franco Fiore, direttore commerciale della cooperativa Domus, è entrato a far parte del Consiglio Nazionale. Si tratta-ha dichiarato Fiore- di un giusto riconoscimento per ciò che rappresento, ovvero una cooperativa che nel corso degli anni si è accreditata, a Taranto e in Puglia, per competenza e passione, in tutte le amministrazioni offrendo servizi sociali, sanitari,educativi e assistenziali  di prim'ordine, potendo contare su circa 300 soci lavoratori.

Il Territorio provinciale, le sue criticità su occupazione, ambiente e lavoro; le pesanti vertenze in atto; le attese, le prospettive della Comunità Ionica – altresì collegate a fondamentali interessi del Paese – - sono stati i temi al centro dell’Assemblea Congressuale al 18° Congresso della UIL di Taranto, tenutosipresso il “Salina Hotel” a Taranto. 

 

Dopo il

saluto istituzionale del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci; ha relazionato Pietro Pallini, segretario Confederale UIL Taranto.

Pallini dal 29 luglio subentra a Giancarlo Turi alla guida del sindacato. Turi, già da alcuni mesi nella segreteria generale della scuola, lascia dopo 12 anni.

Il nuovo coordinatore nel suo intervento ha indicato le priorità della Uil sottolineando la necessità di sciogliere una volta per tutte, con determinazione e investimenti, il nodo tra lavoro e ambiente, in modo che l’ex Ilva di Taranto sia a tutti gli effetti un valore e non una mortificazione per la città. 

Alla relazione di Pallini  si sono succeduti gli interventi di Tiziana Bocchi, segretaria Confederale UIL Nazionale; Rocco Palombella, segretario generale UILM nazionale; Giancarlo Turi, segretario nazionale Uil Scuola; Franco Busto, segretario generale UIL Puglia; Emiliano Messina, segretario confederale Uil Taranto; Antonio Trenta, tesoriere UIL Taranto; Amalia Tatarano, responsabile ITAL UIL Taranto.

 

 È in corso da questa mattina uno sciopero di otto ore per turno, con un presidio di protesta davanti alla direzione dello stabilimento di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, a Taranto, dei dipendenti dell’impresa Lacaita, dell’indotto siderurgico. L’azienda da lunedì scorso ha sospeso le lavorazioni nell’ex Ilva e messo tutto il personale, una settantina di unità, in cassa integrazione. Prima, invece, la cassa era usata solo per una parte della forza lavoro. Come diverse altre aziende appaltatrici a Taranto, la Lacaita è in serie difficoltà avanzando un credito da Acciaierie d’Italia per lavori effettuati e non pagati dalla committente. Acciaierie d’Italia, a sua volta, è in arretrato con l’indotto per problemi di liquidità aziendale, tant’è che il Governo sta studiando possibili soluzioni. La decisione dello sciopero e della protesta odierna, dicono i sindacati, “scaturisce dalla disperazione ormai fuori limite e non più tollerabile che sfocia in un forte disagio sociale, le cui conseguenze e sviluppi non sono più ponderabili”. “In un simile pesante contesto - proseguono i sindacati - la situazione è inoltre aggravata dall’attesa della corresponsione della Cigs che, in dinamiche di questo tipo, come per i lavoratori della azienda Lacaita, avviene con il pagamento diretto da parte dell’Inps”. I sindacati si dicono infine “fortemente preoccupati” e sollecitano “risposte immediate e certezze sulle questioni esposte da tempo e ad oggi rimaste irrisolte”. 

“Per l’ennesima volta, qui davanti allo stabilimento di Acciaierie d’Italia, e per l’ennesima azienda in difficoltà, la Lacaita, i cui lavoratori, purtroppo, non ricevono le retribuzioni, ormai sono due-tre stipendi in arretrato. Attendiamo l’iter per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali ma intanto i lavoratori sono in estrema difficoltà”. Lo ha detto Piero Cantoro, segretario della Fim Cisl e responsabile dell’appalto, durante il presidio di protesta in corso stamattina davanti alla direzione dell’ex Ilva a Taranto. “É una situazione alla quale il Governo deve dare delle risposte - ha aggiunto Cantoro a proposito della presenza pubblica in Acciaierie d’Italia attraverso Invitalia, controllata del Mef - non si può continuare a vedere l’assenza del Governo che dovrebbe garantire ma invece partecipa e contribuisce a questo grande scempio”. 

 

"Ci sono famiglie che non ce la fanno più, ci sono tanti impegni, ci promettono tante cose. Sono tre mesi che ancora non vediamo uno spiraglio, la situazione nell’appalto è critica, e nella Lacaita sono mesi che non ci pagano”, ha commentato Fabio Lumino, dipendente Lacaita e delegato sindacale Fim Cisl.

Il Mise ha convocato per le ore 14 del 26 luglio un nuovo incontro sull’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia. Lo dichiarano questa mattina fonti sindacali. L’incontro del 26 luglio segue quello del 23 giugno che si tenne sempre al Mise con i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico) e Andrea Orlando (Lavoro) presenti l’azienda, col presidente Franco Bernabè e l’ad Lucia Morselli, i sindacati e le Regioni sedi di impianti e stabilimenti siderurgici. Il Governo già a giugno aveva detto che avrebbe riconvocato le parti prima della pausa estiva per esporre le misure possibili sul fronte finanziario e della ripresa dell’azienda. 

 

Nei giorni scorsi è stato a Taranto in fabbrica il ministro dell’Economia, Daniele Franco, che ha incontrato i vertici aziendali. Secondo fonti sindacali, “è stato il premier Draghi, convinto della necessità che l’Ilva deve tornare a produrre in base alle sue potenzialità, a chiedere al ministro Franco di andare in Ilva per una ricognizione più diretta, tant’è che si pensa ad un intervento più ampio di messa in sicurezza dell’azienda dopo lo sblocco del prestito da 500 milioni garantito da Sace”. La mancanza di circolante, che determina grossi problemi nell’acquisto delle materie prime per la produzione e nel pagamento alle imprese dell’indotto per i lavori svolti, è uno dei problemi più seri che da tempo riguarda Acciaierie d’Italia. Tant’è che Giorgetti il 23 giugno ha lanciato anche la proposta di un miliardo di garanzie pubbliche per aiutare l’azienda a risollevarsi, tornare a produrre e far rientrare i lavoratori dalla cassa integrazione. L’ex Ilva sta intanto sottoponendo a fermata in questa settimana l’altoforno 2 che determinerà, Sino a tutto agosto, la fermata di altri impianti e reparti a valle. Di conseguenza, altri 500 vanno in cassa integrazione a Taranto e il numero degli addetti totali in cassa sale a 2.500 dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia. Per effetto della fermata a Taranto, 250 lavoratori vanno in cassa integrazione anche a Genova. Sull’uso della cassa integrazione il ministro Orlando ha annunciato una verifica tramite l’invio di ispettori del lavoro.

Con le manovre preliminari cominciate oggi, l’ex Ilva, stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, si prepara alla fermata dell’altoforno 2, uno dei tre attualmente operativi, e a cascata di una serie di altri impianti. Non è ancora certo se fra questi ultimi ci sarà anche l’acciaieria 1 oppure questa andrà comunque avanti ma con una marcia ridotta. La fermata dell’altoforno 2, prevista sino a fine agosto, non è per crisi di mercato, visto che da mesi c’é una domanda elevata per l’acciaio, ma per una serie di lavori di cui l’impianto necessita. A seguito di queste fermate ci saranno 500 lavoratori in più in cassa  integrazione straordinaria, tutti dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia. “ La situazione purtroppo sta degenerando - dichiara Valerio D’Aló, segretario nazionale Fim Cisl -. Con questi numeri, il siderurgico più grande d’Europa è praticamente fermo, scaricando tutti i costi di questa inefficienza ancora una volta sui lavoratori. È ora che Governo ci dica seriamente cosa intende fare. Questa situazione non è più accettabile”. 

 

“Avevamo l’impegno dei due ministri, del Lavoro Orlando sulla partita degli ammortizzatori e del mancato accordo con le organizzazioni sindacali, e dello Sviluppo Economico Giorgetti sulla vertenza, in particolare sul rinvio di due anni dell’ingresso dello Stato a maggioranza tramite Invitalia nella nuova società. Aspettiamo delle risposte nel più breve tempo possibile” aggiunge D’Aló. “Non era mai accaduto - dichiara Francesco Brigati della Fiom Cgil -. Per la prima volta Acciaierie d’Italia sta utilizzando la cassa integrazione col numero massimo. Che nella procedura viene indicato, ma poi è sempre inferiore l’effettivo e reale utilizzo degli ammortizzatori sociali. Adesso, invece, a Taranto avremo un totale di 2.500 persone in cassa straordinaria a cui si aggiungono i circa 250 di Genova e quelli degli altri siti. Siamo così arrivati al tetto della cassa straordinaria”. “Che per un anno - rileva Brigati - è stata chiesta per un massimo di 3.000 addetti nel gruppo e che il ministero del Lavoro ha concesso a marzo nonostante il mancato accordo con i sindacati e la mediazione fallita dello stesso ministero”. “Senza un tavolo istituzionale che si occupi di ridisegnare il futuro in equilibrio, la sequela di problemi irreversibili sarà del tutto scontata - dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci -. In principio ci siamo persino sforzati di concedere un corretto credito ai Mittal, ma con le loro scelte hanno scavato un solco incolmabile tra fabbrica e città”. E ci sono difficoltà anche nell’indotto ex Ilva. “Da oggi  - afferma Cosimo Amatomaggi della Uilm - l’impresa Lacaita ha messo tutto il personale in cassa integrazione. Su una forza lavoro di circa 70 unità, erano al lavoro 25-30 addetti. Ma poichè Acciaierie d’Italia non ha pagato la Lacaita, cosa purtroppo non nuova e non solo per la Lacaita, l’impresa si ferma e sospende tutto il personale. A ciò si aggiunga che i dipendenti attendono il saldo degli stipendi di aprile e maggio e non sappiamo cosa accadrà per quello di giugno”. “Dallo scorso 10 luglio e sino al 20 siamo in attesa di verificare se avverrà o meno la corresponsione dello stipendio di giugno anche per tutte le altre realtà dell’indotto” conclude Amatomaggi. 

“È inspiegabile, se non addirittura schizofrenica oltre che nefasta, la gestione dello stabilimento siderurgico il cui management aziendale, durante gli incontri ministeriali, rappresenta una condizione idilliaca degli impianti, annunciando una produzione annuale di 5.7 milioni di tonnellate, salvo poi scoprire, durante gli incontri territoriali con le organizzazioni sindacali, fermate di impianti con il conseguente ricorso massiccio alla cassa integrazione per i lavoratori”. A sostenerlo, Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb, dopo che Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ieri “ha comunicato che utilizzerà l’ammortizzatore sociale per un numero massimo di 2.500 lavoratori previsto dalla procedura di cassa integrazione straordinaria approvata dal ministero del Lavoro nonostante il verbale di mancato accordo da parte delle organizzazioni sindacali”. Le quattro sigle sindacali sottolineano anche che nell’ex Ilva “dall’11 luglio al 31 agosto, a seguito della fermata dell’altoforno 2 finalizzata a effettuare una serie di attività di ripristino sullo stesso impianto”, ci sarà “un calo della produzione con fermate di ulteriori impianti”. 

 

 “A partire dalla prossima settimana, sarà predisposta la fermata dell'altoforno 2 per attività di manutenzione principalmente sul bruciatore di un Cowper, manutenzione dei lavatoi per la depurazione dei gas, ripristino di una turbina oltre ad altre attività”. Tale situazione “si protrarrà fino alla fine di agosto con inevitabili ripercussioni sulla produzione e la marcia degli impianti a valle”. spiega l’Ugl Metalmeccanici dopo l’incontro di oggi. “La fermata, considerata “necessaria ed improcrastinabile”, si è ritenuto farla coincidere con le fermate estive e la concomitanza della chiusura delle linee verticalizzate, oltre che con la grave crisi legata agli alti costi energetici” dice Ugl. “Inevitabili - rileva il sindacato Ugl - le conseguenze che ne scaturiscono tra cui la fermata dell’Acciaieria 1, di quasi tutta l’Area a Freddo (LAF), ivi compreso il Decatreno, che già a partire dalla prossima settimana smetterà di marciare, e della Zincatura 2 che si arresterà partire dal 25 luglio”.

 

 “Ancora. - dice Ugl - il Treno Nastri 2, già da oltre un mese a marcia ridotta con produzioni ai minimi storici,continuerà la marcia per periodi più o meno lunghi cercando di accorpare quel minimo di produzione che deriva dal colaggio con soli 2 altoforni”. Inoltre “il tubificio Erw sarà fermo per tre settimane per ripartire l'ultima settimana di agosto, nella speranza di poter acquisire degli ordini, mentre il Treno Lamiere si cercherà di tenerlo in marcia per un tempo non definito”. Ugl Metalmeccanici afferma che “in questi due mesi che ci attendono, Acciaierie d’Italia ricorrerà alla cassa integrazione straordinaria per 2500 lavoratori, numero massimo richiesto in sede ministeriale, con circa 500 lavoratori in più rispetto alla situazione attuale”. Per Ugl, “alla luce di quanto enunciato questa mattina, risulta evidente che tutti i proclami fatti nelle sedi ministeriale circa la ripresa della produzione ed il raggiungimento dei 5,7 milioni di tonnellate, cozzano con quella che è la realtà”. 

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, è all’ex Ilva di Taranto, Acciaierie d’Italia, dove sta incontrando i vertici dell’azienda. In discussione sarebbero le varie questioni che riguardano l’azienda, la cui strategicità in termini di produzione di acciaio e di sostegno alla filiera industriale italiana, specie alla luce del conflitto tra Russia e Ucraina, è stata più volte sottolineata dal premier Mario Draghi.

   Uno dei problemi principali dell’ex Ilva è la crisi di liquidità dovuta alla scarsezza di moneta circolante. Carenza questa che si ripercuote sul funzionamento degli impianti, sull’approvvigionamento di materie prime e sul pagamento dei fornitori e dell’indotto. Nel vertice del 23 giugno al Mise con azienda e sindacati, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, presente anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha ipotizzato la possibilità di garanzie finanziarie dello Stato verso l’ex Ilva per circa un miliardo di euro per permettere alla società siderurgica di superare lo stato di criticità nel quale si trova. 

Avanza verso l’avvio il progetto del gruppo Ferretti per la costruzione di uno stabilimento che produrrà scafi per yacht nell’area ex Belleli del porto di Taranto. Dopo la firma dell’accordo relativo agli interventi di bonifica, messa in sicurezza e reindustrializzazione dell’area da parte del ministro per il Sud, Mara Carfagna, hanno firmato lo stesso accordo Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, e Comune di Taranto. In precedenza avevano firmato il ministero dello Sviluppo economico, quello della Transizione ecologica e la Regione Puglia. Il giro delle firme dovrà ora essere completato da Invitalia e dallo stesso gruppo Ferretti.

   Lo stabilimento di Taranto, che reindustrializza un sito dismesso dagli anni 2000, quando la Belleli costruiva le grandi piattaforme petrolifere offshore, sarà un investimento pubblico e privato per complessivi 204 milioni. La parte a carico dell’Authority è pari a circa 137 milioni. Il privato, invece, investirà in attivi materiali e ricerca  circa 62,6 milioni di euro. In programma, la costruzione di edifici e capannoni per circa 65.500 mq coperti in un'area di circa 220.000 mq. Duecento i posti di lavoro previsti. Una volta completata la parte delle firme, ministeri dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica dovranno convocare la conferenza dei servizi in base al Codice per l’Ambiente per i successivi passaggi. 

 

Fonti dell’Authority spiegano che sullo ex yard Belleli sarà fatto un duplice intervento: di bonifica e di messa in sicurezza perimetralmente per quanto riguarda la falda. Le firme, dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, costituiscono  “l’atto che avvia il complesso iter di realizzazione del progetto”. “Parliamo di un investimento di oltre 204 milioni di euro - dice il sindaco Melucci - che farà crescere la cantieristica navale di qualità nel nostro porto. Poniamo un punto fermo in questo percorso partito durante il Governo Conte II, che ci ha visti partecipi e protagonisti nella prospettiva di offrire alla città un orizzonte economico diverso e indipendente dalla monocultura siderurgica. Ogni istituzione coinvolta ha ora ben chiari compiti e tempi da rispettare affinché, al più presto, quell’area torni a essere produttiva”.

    Per il sindaco, “questo progetto si intreccia con il generale processo di transizione che sta vivendo Taranto poiché comprende anche il completamento delle attività di bonifica che interessano l’area ex yard Belleli”. “La Regione - conclude Melucci - ha destinato risorse specifiche per questa attività segnando la ferma volontà di contribuire alla riqualificazione del territorio e al graduale affrancamento dagli effetti di politiche industriali tutt’altro che improntate alla sostenibilità”. Ferretti ha espresso un fatturato  medio negli ultimi anni di circa  700 milioni di euro ed ha 1.500 dipendenti. Ai primi di dicembre, nell’ambito della riprogrammazione delle risorse del Contratto istituzionale di sviluppo per l’area di Taranto, il ministro Carfagna aveva completato la parte finanziaria pubblica assegnando 14,2 milioni di euro. Ad aprile scorso è infine arrivato il via libera da parte della Corte dei Conti con la registrazione dell’atto. 

“Il piano di decarbonizzazione si sviluppa su un decennio, 2022-2032, e prevede un investimento di oltre 5 miliardi e mezzo di euro circa”. Lo ha detto oggi il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, a proposito della trasformazione del polo siderurgico ex Ilva di Taranto, nell’audizione davanti alle commissioni Bilancio e Attività produttive della Regione Puglia. Degli oltre 5 miliardi, ha detto Bernabè, “800 milioni circa sono destinati alla produzione di energie rinnovabili e idrogeno verde che non necessariamente deve far parte del nostro core business ma nelle circostanze attuali riteniamo che, perlomeno all’avvio, deve essere previsto da noi”.

    Spiegando poi nel dettaglio il piano di decarbonizzazione del polo siderurgico di Taranto, Bernabè ha dichiarato che “il primo step, che è l’ottimizzazione della sostenibilità ambientale dell’area a caldo, riguarda il periodo 22-24 con la trasformazione del processo produttivo tradizionale verso la sostenibilità ambientale che consenta di attraversare questa fase verso lo sviluppo dell’introduzione del DRI senza soluzione di continuità. Per questo - ha detto Bernabè - è previsto un investimento molto importante in questa prima fase 22-24 di un miliardo e 42 milioni di euro”. “Il secondo step - ha aggiunto Bernabè - è l’elettrificazione dell’area a caldo e l’utilizzo di idrogeno come vettore energetico. Questa fase copre il periodo 24-27, prevede già la minimizzazione della CO2 attraverso il processo della cattura e soprattutto prevede l’introduzione del primo forno elettrico. L’investimento qui é molto rilevante - ha affermato Bernabé -, si tratta di 2 miliardi e 338 milioni di euro”. 

 

“Il terzo step - ha poi sottolineato il presidente di Acciaierie d’Italia - è l’estensione dell’elettrificazione dell’area a caldo nel periodo 27-29 e qui verrà realizzato il secondo forno elettrico con un investimento previsto non solo per il forno elettrico ma per tutto il contesto delle utilities e del DRI, di oltre un miliardo e 220 milioni”.

    “Il quarto step - ha aggiunto Bernabé - è il completamento dell’elettrificazione dell’area a caldo che copre il periodo 29-32 col passaggio alla fine del 2023 a soli forni elettrici alimentati in una prima fase a gas naturale e in prospettiva a idrogeno”. “Ovviamente - ha specificato Bernabè - dipenderà delle condizioni di economicità dell’utilizzo dell’idrogeno ma l’Unione Europea è molto determinata nel proseguire sulla strada dell’idrogeno e quindi fra dieci anni è verosimile che la competitività dell’idrogeno sia tale da poter essere utilizzata. Oggi non è così - ha rilevato Bernabè -, oggi abbiamo costi dell’idrogeno che sono dieci volte quelli del gas, che nell’ultimo anno é quintuplicato”. Il presidente di Acciaierie d’Italia ha poi affermato che “con una crescita della cultura dell’acciaio importante non solo nell’area di Taranto ma in Puglia, si possono costruire le basi per una verticalizzazione delle produzioni che consenta di aggiungere valore alla produzione di acciaio primario”. “ L’obiettivo che ci diamo - ha affermato Bernabè - è quello dell’occupazione ma anche della sostenibilità economica perche un’impresa che non produce utili é un’impresa che non ci sarà, perché non c’è nessuna possibilità che qualcuno surroghi, lo Stato surroghi, un’impresa in difficoltà economica”. “È importante che la base industriale della Puglia, che é importante, venga sostenuta” ha infine detto Bernabè. 

 

“Lo stabilimento deve rimanere in vita, deve continuare a produrre - ha detto Bernabè a proposito del polo siderurgico di Taranto -. L’idea che si possa chiudere lo stabilimento e lavorare sulla parte nuova, é una idea che non ha fondamento. Lo stabilimento deve vivere, produrre, generare cassa, perché con la cassa generata dallo stabilimento si finanzia una parte importante degli investimenti”. “Se si vogliono risolvere i problemi di Taranto anche dal punto di vista ambientale, Taranto deve rimanere in vita - ha rilevato Bernabè -, deve rimanere attivo, producendo acciaio ambientalmente compatibile. Lo stabilimento morto è una bomba ecologica che nessuno mai più recupererà”. “Il secondo obiettivo - ha detto Bernabè - è l’occupazione perché il potenziale di uno  stabilimento che recupera la sua competitività anche in termini occupazionali e di verticalizzazione delle produzioni, è importante”.

Pagina 20 di 137