Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1940)

Sono otto le nuove imprese che vogliono insediarsi nel porto di Taranto. E per le aree della Zona economica speciale ionica (Zes) sono in gestione cinque nuove autorizzazioni di imprese per circa 240 occupati. Per le domande in istruttoria, il via libera arriverà a maggio. Le ultime conferenze dei servizi sono state infatti indette nella prima settimana del mese prossimo. Tredici aziende, dunque, ai nastri di partenza, facilitate anche dall’avvio operativo della Zes. Intanto, la Zes ionica (che punta ad avere una seconda Zona franca doganale a Ferrandina, nel Materano, dopo quella esistente nel porto di Taranto) ha già registrato 500 contatti diretti da parte di imprese. E su un piano complessivo, sono 40 le iniziative che hanno investimenti in avanzata fase di progettazione con una ricaduta occupazionale stimata in oltre 2.000 lavoratori. Riguardano soprattutto i settori della logistica, cantieristica, automotive, costruzioni e agroalimentare. È questo il quadro della situazione fornito da Autorità portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, e Zona economica speciale ionica, guidate, rispettivamente, dal presidente Sergio Prete e dal commissario straordinario Floriana Gallucci.

 

Nelle aree portuali, che sono anch’esse aree della Zes ionica, con procedura gestita dall’Authority, dopo le società Progetto Internazionale 39 (servizi alle merci con l’intermodalità), cui è stata assegnata la piattaforma logistica, e Cantieri di Puglia (costruzione e refitting di yacht medio-grandi), cui è andata l’ex Soico, ora sono in corsa per altre aree Termocentro (stoccaggio e logistica di prodotti per acquedotti e fognature), Gracocem (stoccaggio di cemento Portland) e Unaitalia Solar Batterie (pannelli fotovoltaici). A queste, si aggiungono altre imprese in lizza. Sindacati dei trasporti Cgil, Cisl e Uil e Authority puntano a ricollocare in queste nuove aziende il personale dell’ex terminalista TCT (352 unità a fine marzo scorso) attualmente in carico all’Agenzia del lavoro portuale, la Taranto Port Workers Agency (TPWA). Partita a giugno 2017 con un bacino iniziale di 560 addetti, nel tempo l’Agenzia ne ha ricollocati circa 200 divisi tra 120 che sono stati rioccupati nel nuovo terminalista (Yilport attraverso la società San Cataldo Container Terminal) subentrato dal 2020 a TCT e in altre realtà portuali. Nel frattempo, Authority e operatori portuali hanno chiesto al ministero Infrastrutture e trasporti (Mit) l’autorizzazione “per la costituzione di un’agenzia” con l’ Autorità di sistema portuale del Mar Ionio “come capofila e gli operatori portuali come soci e con quote di partecipazione proporzionale alle attuali presenze”. Questo per  “proseguire nella fornitura di manodopera temporanea”. La nuova Agenzia, nella somministrazione dei lavoratori ai richiedenti, utilizzerà il personale della TPWA. Successivamente le due Agenzie saranno fuse. Per allineare la realizzazione dei progetti dei nuovi investitori con l’assorbimento della manodopera ancora senza lavoro (richiamata, a tal fine, la clausola sociale dell’articolo 4 della legge 18/2017), con riferimento alla TPWA, dichiarano Authority e sindacati, “è stato avviato percorso di confronto per l’ottenimento di un’ultima proroga di almeno 12 mesi dello strumento, garantendo anche un’ultima proroga dei relativi finanziamenti”. Questi ultimi, coperti da una legge (si tratta dell’indennità di mancato avviamento, una cassa integrazione), scadono infatti a fine anno mentre la TPWA termina a giugno 2024.

 

Sono otto le nuove imprese che vogliono insediarsi nel porto di Taranto. E per le aree della Zona economica speciale ionica (Zes) sono in gestione cinque nuove autorizzazioni di imprese per circa 240 occupati. Per le domande in istruttoria, il via libera arriverà a maggio. Le ultime conferenze dei servizi sono state infatti indette nella prima settimana del mese prossimo. Tredici aziende, dunque, ai nastri di partenza, facilitate anche dall’avvio operativo della Zes. Intanto, la Zes ionica (che punta ad avere una seconda Zona franca doganale a Ferrandina, nel Materano, dopo quella esistente nel porto di Taranto) ha già registrato 500 contatti diretti da parte di imprese. E su un piano complessivo, sono 40 le iniziative che hanno investimenti in avanzata fase di progettazione con una ricaduta occupazionale stimata in oltre 2.000 lavoratori. Riguardano soprattutto i settori della logistica, cantieristica, automotive, costruzioni e agroalimentare. È questo il quadro della situazione fornito da Autorità portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, e Zona economica speciale ionica, guidate, rispettivamente, dal presidente Sergio Prete e dal commissario straordinario Floriana Gallucci.

 

Nelle aree portuali, che sono anch’esse aree della Zes ionica, con procedura gestita dall’Authority, dopo le società Progetto Internazionale 39 (servizi alle merci con l’intermodalità), cui è stata assegnata la piattaforma logistica, e Cantieri di Puglia (costruzione e refitting di yacht medio-grandi), cui è andata l’ex Soico, ora sono in corsa per altre aree Termocentro (stoccaggio e logistica di prodotti per acquedotti e fognature), Gracocem (stoccaggio di cemento Portland) e Unaitalia Solar Batterie (pannelli fotovoltaici). A queste, si aggiungono altre imprese in lizza. Sindacati dei trasporti Cgil, Cisl e Uil e Authority puntano a ricollocare in queste nuove aziende il personale dell’ex terminalista TCT (352 unità a fine marzo scorso) attualmente in carico all’Agenzia del lavoro portuale, la Taranto Port Workers Agency (TPWA). Partita a giugno 2017 con un bacino iniziale di 560 addetti, nel tempo l’Agenzia ne ha ricollocati circa 200 divisi tra 120 che sono stati rioccupati nel nuovo terminalista (Yilport attraverso la società San Cataldo Container Terminal) subentrato dal 2020 a TCT e in altre realtà portuali. Nel frattempo, Authority e operatori portuali hanno chiesto al ministero Infrastrutture e trasporti (Mit) l’autorizzazione “per la costituzione di un’agenzia” con l’ Autorità di sistema portuale del Mar Ionio “come capofila e gli operatori portuali come soci e con quote di partecipazione proporzionale alle attuali presenze”. Questo per  “proseguire nella fornitura di manodopera temporanea”. La nuova Agenzia, nella somministrazione dei lavoratori ai richiedenti, utilizzerà il personale della TPWA. Successivamente le due Agenzie saranno fuse. Per allineare la realizzazione dei progetti dei nuovi investitori con l’assorbimento della manodopera ancora senza lavoro (richiamata, a tal fine, la clausola sociale dell’articolo 4 della legge 18/2017), con riferimento alla TPWA, dichiarano Authority e sindacati, “è stato avviato percorso di confronto per l’ottenimento di un’ultima proroga di almeno 12 mesi dello strumento, garantendo anche un’ultima proroga dei relativi finanziamenti”. Questi ultimi, coperti da una legge (si tratta dell’indennità di mancato avviamento, una cassa integrazione), scadono infatti a fine anno mentre la TPWA termina a giugno 2024.

 

Sono otto le nuove imprese che vogliono insediarsi nel porto di Taranto. E per le aree della Zona economica speciale ionica (Zes) sono in gestione cinque nuove autorizzazioni di imprese per circa 240 occupati. Per le domande in istruttoria, il via libera arriverà a maggio. Le ultime conferenze dei servizi sono state infatti indette nella prima settimana del mese prossimo. Tredici aziende, dunque, ai nastri di partenza, facilitate anche dall’avvio operativo della Zes. Intanto, la Zes ionica (che punta ad avere una seconda Zona franca doganale a Ferrandina, nel Materano, dopo quella esistente nel porto di Taranto) ha già registrato 500 contatti diretti da parte di imprese. E su un piano complessivo, sono 40 le iniziative che hanno investimenti in avanzata fase di progettazione con una ricaduta occupazionale stimata in oltre 2.000 lavoratori. Riguardano soprattutto i settori della logistica, cantieristica, automotive, costruzioni e agroalimentare. È questo il quadro della situazione fornito da Autorità portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, e Zona economica speciale ionica, guidate, rispettivamente, dal presidente Sergio Prete e dal commissario straordinario Floriana Gallucci.

 

Nelle aree portuali, che sono anch’esse aree della Zes ionica, con procedura gestita dall’Authority, dopo le società Progetto Internazionale 39 (servizi alle merci con l’intermodalità), cui è stata assegnata la piattaforma logistica, e Cantieri di Puglia (costruzione e refitting di yacht medio-grandi), cui è andata l’ex Soico, ora sono in corsa per altre aree Termocentro (stoccaggio e logistica di prodotti per acquedotti e fognature), Gracocem (stoccaggio di cemento Portland) e Unaitalia Solar Batterie (pannelli fotovoltaici). A queste, si aggiungono altre imprese in lizza. Sindacati dei trasporti Cgil, Cisl e Uil e Authority puntano a ricollocare in queste nuove aziende il personale dell’ex terminalista TCT (352 unità a fine marzo scorso) attualmente in carico all’Agenzia del lavoro portuale, la Taranto Port Workers Agency (TPWA). Partita a giugno 2017 con un bacino iniziale di 560 addetti, nel tempo l’Agenzia ne ha ricollocati circa 200 divisi tra 120 che sono stati rioccupati nel nuovo terminalista (Yilport attraverso la società San Cataldo Container Terminal) subentrato dal 2020 a TCT e in altre realtà portuali. Nel frattempo, Authority e operatori portuali hanno chiesto al ministero Infrastrutture e trasporti (Mit) l’autorizzazione “per la costituzione di un’agenzia” con l’ Autorità di sistema portuale del Mar Ionio “come capofila e gli operatori portuali come soci e con quote di partecipazione proporzionale alle attuali presenze”. Questo per  “proseguire nella fornitura di manodopera temporanea”. La nuova Agenzia, nella somministrazione dei lavoratori ai richiedenti, utilizzerà il personale della TPWA. Successivamente le due Agenzie saranno fuse. Per allineare la realizzazione dei progetti dei nuovi investitori con l’assorbimento della manodopera ancora senza lavoro (richiamata, a tal fine, la clausola sociale dell’articolo 4 della legge 18/2017), con riferimento alla TPWA, dichiarano Authority e sindacati, “è stato avviato percorso di confronto per l’ottenimento di un’ultima proroga di almeno 12 mesi dello strumento, garantendo anche un’ultima proroga dei relativi finanziamenti”. Questi ultimi, coperti da una legge (si tratta dell’indennità di mancato avviamento, una cassa integrazione), scadono infatti a fine anno mentre la TPWA termina a giugno 2024.

 (foto di Luca Tocci) 

“Abbiamo ribadito con chiarezza che siamo intenzionati a sostenere i progetti di riconversione industriale verso i forni elettrici” e  “al compimento dell\'accordo di programma va prevista la chiusura dell\'area a caldo”. Lo dichiara il sindaco e presidente della Provincia di Taranto, Rinaldo Melucci, dopo il confronto avuto in mattinata al Mimit sull’avvio dell’accordo di programma per l’ex Ilva di Taranto, ora Acciaierie d’Italia. All’incontro erano presenti diversi ministeri, il Comune e la Provincia di Taranto. Melucci parla di “positiva partenza odierna a Roma del tavolo per la redazione dell\'accordo di programma sull\'ex Ilva, tra indirizzi politici definiti e primi spunti di valutazioni tecniche”.

 “Si è stabilito, nel particolare, il metodo dei lavori e la necessità - spiega - di allargare la composizione del tavolo, a seconda dei temi trattati ai fini dell\'intesa finale. Nei prossimi quindici giorni, il gruppo di lavoro tecnico di Comune e Provincia di Taranto, raccordandosi con la Regione Puglia, fornirà al Gabinetto del Ministro Adolfo Urso i propri preliminari contributi per le sezioni dell\'accordo di propria competenza. Nel mentre, si individuerà probabilmente in Invitalia la struttura di coordinamento del Governo sull\'intera vicenda”.

 

Nel ringraziare il ministro Adolfo Urso, il sindaco Melucci ricorda che c’é “ancora molta strada da fare, mettiamo in conto le difficoltà e restiamo aperti al confronto con tutti”.

    “Siamo in grado di utilizzare i fondi europei per il processo di decarbonizzazione e di riqualificazione del personale, individuando gli interventi di bonifica e rilancio della città, incluse le iniziative a favore dell\'indotto locale - prosegue Melucci -. Nel contempo, vorremmo rivedere l\'assetto delle aree urbane e portuali in uso allo stabilimento ex Ilva. E per avere il coinvolgimento concreto della componente privata, ritengo sia fondamentale che il Governo assuma il timone dell\'azienda in tempi rapidi”.

    “Su questi obiettivi c\'è spazio per la soddisfazione e la tutela di tutte le parti e per un acciaio verde a Taranto. Indietro non si torna, guardiamo avanti con fiducia”, chiosa il sindaco di Taranto.

Sulle 10.700 unità concordate con l’accordo al Mise di settembre 2018, 10.628 sono quelle assunte in Acciaierie d’Italia (già ArcelorMittal Italia) dal bacino dell’amministrazione straordinaria di Ilva. Il dato è stato fornito ieri da Ilva in amministrazione straordinaria (società proprietaria degli impianti dsti in fitto ad AdI) nell’incontro con i sindacati metalmeccanici. Inoltre, su 2.586 che verso la fine del 2018 erano stati complessivamente collocati nell’amministrazione straordinaria, a Taranto hanno accettato l’esodo in 1.100 mentre 1.447 sono rimasti a Ilva in as e attualmente sono in cassa integrazione. Cassa che, grazie ad un’integrazione finanziaria rinnovata di anno in anno attraverso una legge, consente di percepire un trattamento economico pari al 70 per cento dello stipendio. Soldi spesi: nel 2018 c’erano 250 milioni come budget per gli esodi. 

Si è partiti da 100mila euro lordi procapite, 77mila circa netti, ridotti ogni trimestre di 5mila euro. Ora l’incentivo è di 15mila euro lordi e terminerà a fine anno. Sono rimasti del budget 117 milioni e ne sono stati spesi 133. Le maggiori uscite nel gruppo sono avvenute nel 2018 (728) e nel 2019 (477) quando l’incentivo era più alto. Poi, persa l’appetibilità, i fuoriusciti sono progressivamente calati. A Ilva in amministrazione straordinaria, i sindacati metalmeccanici chiedono ora di rivedere, aumentandolo, l’incentivo all’esodo agevolato. Che questa volta non dovrebbe riguardare solo coloro che sono in Ilva in as in cassa integrazione straordinaria perché non riassunti da ArcelorMittal Italia prima e da Acciaierie d’Italia dopo, ma anche gli attuali dipendenti di AdI, se interessati a lasciare il lavoro anzitempo. Sulla richiesta Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb, i dirigenti dell’area risorse umane di Ilva in as hanno aperto. C’è quindi la possibilità di rivedere l’incentivo. Ma i dirigenti hanno anche precisato, si legge nel verbale conclusivo, “che un nuovo accordo sindacale non può che collocarsi all’interno del più ampio perimetro dei rapporti contrattuali”. Ai sindacati che hanno sollecitato “il rinnovo del piano di esodi utilizzando le risorse economiche residue”, Ilva in amministrazione straordinaria, recita il verbale, “ha espresso la propria disponibilità specificando che per un nuovo accordo sindacale è necessaria la presenza di tutte le parti firmatarie dell’accordo del 2018”. In sostanza, come a settembre 2018, al Mise, tra Governo, società interessate e sindacati fu stabilito, dall’1 novembre successivo, il passaggio di 10.700 lavoratori da Ilva in amministrazione straordinaria all’allora ArcelorMittal Italia (divenuta nel 2021 Acciaierie d’Italia) e la collocazione dei 2.586 non assunti in Ilva in as, così adesso bisognerebbe rifare un nuovo accordo a quattro: sindacati, Governo, AdI e Ilva in as. 

Dai tavoli di confronto tenuti ieri a Roma nel corso della conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina – che hanno coinvolto 650 imprese italiane e 150 imprese ucraine - sono emerse molteplici prospettive di investimento per l’imprenditoria italiana. A trarre le conclusioni, per Confindustria, è stata la vicepresidente per l\'internazionalizzazione Barbara Beltrame. A rappresentare Confindustria Taranto c’erano il Presidente Salvatore Toma e la delegata di zona di Martina Franca Beatrice Lucarella. Il contributo dell’imprenditoria è mirato soprattutto alla ricostruzione in senso stretto, ovvero tutto quanto concerne l’edilizia e l’ingegneria, ma altrettanta importanza rivestono i settori energetico e quello dei trasporti, la metalmeccanica e il comparto sanitario: dalla ricostruzione degli ospedali alla distribuzione dei farmaci. “Uno spettro molto ampio di opportunità – ha commentato il Presidente Toma a seguito della conferenza – che ci induce a prestare molta attenzione a quanto si potrà fare per offrire al popolo ucraino un contributo tangibile. I settori di intervento sono tutti estremamente interessanti ma particolarmente importante è il sostegno che Simest e Sace potranno fornire alle imprese che decideranno di aprire le loro sedi in loco tentando così la carta della internazionalizzazione in uno scenario particolare e sensibile come quello ucraino. Importante sarà muoversi in sinergia, raccordandosi con le istituzioni. Confindustria ha già mostrato la sua vicinanza con l’apertura della sede a Kiev. Ora occorrerà monitorare molto da vicino tutte le dinamiche che si svilupperanno attorno a questa imponente opera di ricostruzione”.

I numeri danno il senso della portata complessiva dell’operazione. La Banca Mondiale, con il Governo dell\'Ucraina, la Commissione Europea e le Nazioni Unite, hanno portato a 411 miliardi di dollari la stima della cifra necessaria per la ricostruzione e la ripresa del Paese, rispetto ai 349 miliardi stimati a settembre; il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato un primo accordo con l\'Ucraina per un finanziamento da 15,6 miliardi di dollari in quattro anni per sostenere la stabilità economica e finanziaria dei territori devastati dal conflitto.

Dopo Cantieri di Puglia per la costruzione e il refitting di yacht medio grandi, Termocentro per la logistica di prodotti per la realizzazione di acquedotti e Gracocem per lo stoccaggio e la movimentazione di cemento Portland, una nuova impresa chiede di insediarsi nelle aree del porto di Taranto e beneficiare delle agevolazioni della Zona economica speciale. Si tratta della Unaitalia Solar Batterie srl. La pubblicazione dell’istanza è stata fatta ieri dall’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto. La società, spiega l’Authority, “ha richiesto di poter avviare, previa utilizzo dei benefici concessi dalla legislazione vigente per le Zes, un insediamento per la produzione industriale di pannelli PV (fotovoltaici) ed integrazione di sistemi di accumulo energetico ES ed Inverter su unità territoriali ricadenti all’interno delle aree demaniali marittime di competenza dell’Adsp Mar Ionio”. Aree, si precisa, “ricomprese nel perimetro della Zes Ionica, nonché della Zona Franca Doganale del porto di Taranto. In particolare, l’iniziativa economica sarebbe insediata nella porzione di area liberamente disponibile, che ha ospitato la caserma Barletta della Guardia di Finanza di Taranto, attualmente in stato di disuso. Per la realizzazione dell’insediamento produttivo occorrerà la variazione degli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale esistenti”. “Scopo dell’iniziativa - sostiene l’Autorità portuale - è quello di realizzare un’unità produttiva destinata alla produzione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione, con una strategica componente innovativa di Ricerca e Sviluppo (R&S) ed un conseguente incremento dei traffici portuali”. Il rilascio della concessione demaniale marittima è stato chiesto dall’impresa “per almeno 20 anni”. La stessa azienda, infine, si è impegnata “comunque a mantenere le attività in area Zes per la durata di almeno 10 anni”.

 “Abbiamo atteso con fiducia che, dopo le dichiarazioni di apertura del ministro Urso su una risoluzione anche parziale ma soddisfacente della situazione complessiva, la condizione delle aziende fornitrici potesse registrare un momento di svolta. Così non è stato: queste imprese non hanno mai realmente risolto la loro situazione di sofferenza finanziaria dovuta ai ritardi dei pagamenti da parte di AdI”. Così si esprime sui mancati pagamenti, per i lavori eseguiti, alle imprese dell’indotto siderurgico da parte di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, il presidente di Comfindustria Taranto, Salvatore Toma. “Dopo un breve periodo di apparente stasi, dovuto a corresponsioni parziali dei crediti - successive alle iniezioni di liquidità da parte del Governo - la situazione è tornata ad essere molto critica, e per alcune di queste aziende lo è anche molto oltre la soglia di tolleranza” 

 

Per Confindustria Taranto, “è evidente che una condizione di tale portata non possa passare inosservata. Al Governo chiediamo di intervenire sulla questione perché, se da una parte i 680 milioni di liquidità possono essere serviti a risolvere la situazione creditizia dei grandi fornitori, come auspicato, dall’altra i fornitori locali continuano a vivere una condizione pesantissima e non più sostenibile”. “Non è ammissibile consentire che un territorio come quello tarantino possa essere lasciato a se stesso” dice Confindustria Taranto, per la quale “vanno bene i progetti a largo respiro riguardanti la decarbonizzazione, l’economia circolare e tutte le ricadute positive possibili e immaginabili, ma se è un intero sistema a crollare, perché di questo parliamo, ogni progetto di riconversione e modernizzazione, ogni speranza di cambiamento e vision prospettica smette di  avere senso e diventa solo esercizio retorico”. “Il ministro Urso aveva ipotizzato di riunire il tavolo della discussione già alla fine dello scorso marzo - conclude Confindustria Taranto -. Non abbiamo ricevuto convocazioni in tal senso ma, al contrario, sulla questione è calato nuovamente il silenzio. E tutto questo esclude automaticamente ogni concetto di futuro. Come Confindustria, ci attiveremo da subito per un intervento tempestivo del Mimit sulla questione”. 

Il ministero delle Imprese (Mimit) convocherà il 27 aprile l’incontro per discutere del piano industriale, degli investimenti e della prospettiva di Acciaierie d’Italia, ex Ilva. Lo afferma la Fiom Cgil a seguito di un dialogo col ministero, precisando che la convocazione ufficiale è in arrivo. L’incontro era stato chiesto dai sindacati e anche il ministro Adolfo Urso si era impegnato a farlo per approfondire la situazione dell’azienda. Intanto, l’accordo sulla cassa integrazione per 3.000 dipendenti di Acciaierie d’Italia, di cui 2.500 a Taranto, “ha salvaguardato il salario ma soprattutto l’occupazione. Chi dice il contrario dice delle falsità. È un accordo che abbiamo fatto con grande chiarezza, lo dimostreremo anche durante le assemblee, e sicuramente non determinerà gli esuberi come si sostiene”, ha detto oggi in una conferenza stampa a Taranto Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil. “Riteniamo - ha aggiunto - che sia anche un passaggio fondamentale rispetto anche alla prospettiva che riguarderà i lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria. L’accordo del 6 settembre 2018 per noi è fondamentale per il rilancio non solo di quello stabilimento ma per garantire la clausola di salvaguardia occupazionale per i lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria. È un elemento fondamentale per quanto riguarda la Fiom e non scambieremo mai la salvaguardia occupazionale con l’ambiente”, ha avvertito il sindacalista. 

 

Per la Fiom, “la prospettiva di rilancio di quello stabilimento deve assolutamente partire da un cambio gestionale e garantire un rilancio produttivo, altrimenti il rischio è che lo stabilimento non garantisca i livelli occupazionali e soprattutto la salvaguardia ambientale”. Per Giovanni D’Arcangelo, segretario Cgil, gli 800 milioni circa assegnati da Just Transition Fund all’area di Taranto “devono rappresentare un nuovo modello di sviluppo, la transizione energetica ed anche una nuova idea di produzione dello stabilimento. Noi siamo pronti a questa sfida. Ma questa sfida deve avere un inizio. Oggi si parla di transizione, di queste risorse, ma non si riesce a trovare una concretezza”. Secondo la Cgil, “serve un confronto che si faccia capire realmente quale è la transizione, altrimenti rischiamo di parlare solo e poi arriveremo ad affrontare la transizione gestendo solo quelli che noi chiamiamo i ‘morti’ e ‘feriti’ del mondo del lavoro”. 

Il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, ha inviato una lettera alla Presidente del Consiglio, ai ministri Urso, Calderone, Giorgetti e all’Ad di Invitalia Mattarella dopo che ai lavoratori in cassa integrazione straordinaria è stata inviata una comunicazione aziendale dove, nella parte sinistra, vi è un simbolo con una sdraio e il sole. \"Appena si è diffusa la notizia abbiamo fatto fatica a crederci, invece purtroppo si è dimostrata veritiera\", scrive Palombella, sottolineando che le modalità dell’invio della comunicazione di cassa integrazione straordinaria \"non hanno precedenti nella storia sindacale, non solo italiana\". 

 

 \"Atto ancora più grave - prosegue - se consideriamo il presunto ruolo delle organizzazioni sindacali firmatarie e la presenza dello Stato nel capitale sociale, alla luce anche del finanziamento pubblico di 680 milioni di euro stanziati dall’ultimo Decreto del gennaio scorso\".     \"Riteniamo - spiega il leader dei metalmenccanici della Uil - che sia offensivo e irrispettoso nei confronti dei lavoratori e delle proprie famiglie, che da oltre dieci anni rivendicano il diritto al lavoro e a uno stipendio dignitoso, oltre al diritto alla salute e alla sicurezza\".

    \"La Uilm - conclude Palombella - continuerà a denunciare in ogni sede e con tutti gli strumenti a disposizione questa situazione di inaudita gravità e sollecita tutte le Istituzioni a intervenire e prendere i necessari provvedimenti\". Infine, la Uilm chiede un incontro al Ministro Adolfo Urso, al Mimit, \"nel più breve tempo possibile\".

Pagina 13 di 139