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Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
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Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1903)

 

Nota a seguito dell’audizione presso la V Commissione Consiliare della Regione Puglia il giorno giovedì 23

ottobre 2014

La JV Tempa Rossa ha voluto illustrare, tramite l’audizione in V Commissione Consiliare del giorno 23

ottobre 2014, la sua posizione in merito agli ultimi provvedimenti delle autorità Regionali sulla base di una

nota dell’ARPA Puglia sul Progetto Tempa Rossa datata 24 settembre 2014.

Il Progetto Tempa Rossa, inserito nella Legge Obiettivo del 2001 e approvato dal Comitato Interministeriale

per la Programmazione Economica (CIPE) nel Marzo del 2012, è totalmente finanziato con capitali privati dai

tre partners della Joint Venture, contitolari della Concessione Gorgoglione in cui si trova il giacimento

Tempa Rossa: Total E&P Italia, Shell Italia E&P e Mitsui E&P Italia. Per la realizzazione del Progetto, a fronte

di una stima di costo globale di un miliardo e seicento milioni di Euro, ad oggi ne sono stati spesi oltre

cinquecento milioni.

La parte riguardante la Raffineria di Taranto (di proprietà ed operata da Eni) rappresenta un progetto

ecosostenibile che ha già ottenuto autorizzazioni fondamentali quali il Decreto di Compatibilità Ambientale

VIAAIA del 27/10/2011 e il Nulla Osta di Fattibilità rilasciato dal CTR Puglia in data 17 APR 2013.

L’investimento del progetto Tempa Rossa presso la Raffineria di Taranto ha un valore di circa 300 milioni di

Euro. I lavori dureranno all’incirca due anni e prevedono l’intervento di circa 50 imprese; circa 300 posti di

lavoro saranno creati per realizzare tali attività.

Con delibera N.1942 del 6/10/2014, la Giunta della Regione Puglia ha richiesto al Ministero dell’Ambiente il

riesame della VIAAIA relativa al Progetto Tempa Rossa, sulla base di un parere espresso dall’ARPA in data

24/09/2014 su richiesta dalla stessa Regione.

La JV Tempa Rossa ritiene che la VIAAIA ottenuta nel 2011, non debba essere riesaminata e che le criticità

evidenziate dall’ARPA Puglia ad anni di distanza non siano fondate, tra l’altro, per le seguenti ragioni:

Non vi è nessun aumento del quadro emissivo della Raffineria in conseguenza del progetto TR.

Infatti, una delle prescrizioni VIAAIA vincola la costruzione e l’esercizio del futuro impianto alla

totale compensazione del potenziale incremento di emissioni, assicurando nei fatti il mantenimento

inalterato dell’assetto emissivo rispetto all’ante operam (rif. Art.1, comma 2 del Decreto VIA/AIA del

27/10/2011).

In merito al potenziale incremento del traffico navale connesso al progetto Tempa Rossa, si prevede

un numero massimo di 90 navi/anno e, considerato il quasi dimezzamento del traffico navale negli

ultimi 5 anni (il 19% solo nell’ultimo anno), il lieve incremento legato al progetto Tempa Rossa

costituirebbe piuttosto un parziale recupero dell’operatività del porto.

Relativamente alle considerazioni critiche sul Nulla Osta di Fattibilità, la JV Tempa Rossa ha

desiderato sottolineare che, tra i vari componenti del Comitato Tecnico Regionale, siano presenti

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(secondo quanto previsto all’art.19 “Composizione e funzionamento del Comitato Tecnico Regionale

e Interregionale” del D.Lgs.334/99 e s.m.i.), dei rappresentanti della stessa ARPA, circostanza che

dimostra la a conoscenza e la condivisione del provvedimento definitivo rilasciato dal Comitato.

Inoltre, nell'ambito del Rapporto Preliminare di Sicurezza per la Fase Nulla Osta di Fattibilità redatto

per il "Progetto Tempa Rossa" è stata sviluppata l'analisi dei possibili effetti domino. Il risultato di

queste analisi ha dimostrato che le installazioni di Tempa Rossa non determinano possibili effetti

domino e che gli scenari incidentali non causino alcun effetto al di fuori della Raffineria.

Sulla base di una serie di elementi quali quelli sopra citati, considerate l’insufficienza e l’imprecisione degli

argomenti proposti nella relazione dell’ARPA del 24 settembre, la JV Tempa Rossa ritiene che il riesame della

VIAAIA sia completamente ingiustificato e gravemente pregiudizievole per il progetto stesso, non solo a

Taranto ma nella sua globalità.

In occasione dell’audizione sono stati inoltre forniti ulteriori chiarimenti in merito alla questione delle

emissioni provenienti dal Progetto Tempa Rossa: così come comunicato ufficialmente al Ministero

dell’Ambiente interlocutore istituzionale in materia di VIA – una serie di innovativi interventi di carattere

tecnologicogestionale permetterà non solo la totale compensazione delle emissioni del Progetto

(corrispondenti a 36 t/anno) ma comporterà addirittura un saldo finale delle emissioni di VOC della raffineria

di 28 t/anno in meno rispetto all’ante operam, grazie all’abbattimento nel complesso di 64 t/anno.

Si è ribadita infine la completa apertura e volontà al dialogo con le istituzioni e con la cittadinanza, in

particolare tramite la partecipazione ed il contributo ai tavoli di lavoro che le Autorità vorranno organizzare in

merito alle procedure di VIS (Valutazione d'Impatto sulla Salute), all’eventuale riesame degli studi sull’effetto

domino già realizzati nell’ambito del CTR, ed alle compensazioni previste ex legge Marzano.

SPECIFICAZIONE TECNICA PER RECUPERO DEI VOC

Nella raffineria di Taranto verranno più che compensate le 36 ton/anno di emissioni

di VOC (Volatile Organic Compounds) previste nel progetto iniziale per lo stoccaggio

e la caricazione di Tempa Rossa. La compensazione è prevista da una delle severe

prescrizioni imposte dalla VIAAIA del 27 ottobre 2011.

In effetti si riuscirà ad andare anche oltre a quanto richiesto e saranno ben 64 le

tonnellate di VOC che ogni anno verranno recuperate al di là del progetto originario,

in particolare grazie alle innovative tecnologie per il recupero di vapori di

idrocarburi applicate alla caricazione delle navi petroliere.

I vapori presenti nell'aria contenuta nei serbatoi vuoti delle navi all'arrivo nel

porto, vengono espulsi da tali serbatoi insieme all'aria che li comprende quando

viene immesso il grezzo liquido. Grazie ad un sistema ermetico a ciclo chiuso l'aria

contenente i vapori viene captata e convogliata verso un impianto di recupero della

frazione dei vapori.

Nel caso del progetto Tempa Rossa l'impianto di recupero sarà a doppio stadio.

Ciò significa che oltre ad un primo stadio "tradizionale" funzionante sulla base

dell'adsorbimento selettivo su carboni attivi della frazione di vapori contenuta

nell'aria, c'è un secondo stadio, innovativo, che permette di eliminare mediante

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combustione controllata a fiamma circoscritta la parte più leggera e

quantitativamente molto piccola dei vapori, non assorbita dai carboni attivi.

Tale frazione residua, costituita da idrocarburi leggeri che stanno nella fascia

compresa tra il metano ed il GPL (i prodotti che usiamo normalmente per cuocere i

cibi sui nostri fornelli di casa) viene praticamente tutta trasformata in anidride

carbonica ed acqua, composti che di trovano naturalmente nell'aria che respiriamo.

Basato su principi semplici ma sulle tecnologie più avanzate questo sistema di

recupero dei vapori di idrocarburi permetterà di abbattere drasticamente le emissioni

del progetto Tempa Rossa ed anche una parte di quelle del resto della raffineria.


Appalti publici: il sistema imprenditoriale jonico rischia seriamente di essere tagliato fuori dal mercato a causa di una politica amministrativa comunale che sembra non tener conto, malgrado le pur reiterate sollecitazioni di Confindustria, delle specificità della composita e qualificata platea delle imprese del territorio, alle quali vengono impedite, in tal modo, anche possibili alleanze con realtà imprenditoriali esterne. Gli ultimi procedimenti -  riguardanti una manifestazione di interesse ed un affidamento, riguardanti servizi di pubblico interesse – vanno purtroppo, infatti, proprio nella direzione contraria ad un corretto – e dovuto – coinvolgimento del sistema delle imprese in materia di appalti pubblici, e i  risultati, in termini di risposta ai procedimenti stessi, parlano chiaro: le aziende non si presentano oppure si presentano in pochissime, a conferma delle eccessive restrizioni imposte dai bandi di gara- o comunque degli affidamenti come in questo caso -emanati dalla pubblica amministrazione.  E non parliamo solo del sistema meramente locale: nel caso segnalato al sindaco Stefàno, i requisiti richiesti apparterrebbero, indagini e dati alla mano, solo ad un paio di realtà imprenditoriali nello scenario europeo.

Da qui la lettera aperta di Confindustria Taranto al primo cittadino in cui si chiede, oltre a rivedere, ex novo, l’impianto procedurale dell’affidamento in scadenza, di adottare una politica più rispettosa dei requisiti del sistema imprenditoriale, adottando significativi  -e risolutivi – accorgimenti, sempre entro i canoni e i regolamenti previsti dalla legge.

"Tra le tante questioni di cui certamente si starà occupando, - scrive Confindustria - le vogliamo segnalare le vicende che riguardano due procedimenti, un avviso per manifestazioni di interesse ed un affidamento, messi di recente in campo dalla sua amministrazione. Ci riferiamo alla richiesta di manifestazioni di interesse per l’affidamento del servizio di adeguamento normativo e manutenzione degli impianti degli edifici scolastici, - prosegue Confindustria - una sola disponibilità ci risulta pervenuta, ed a quella per l’affidamento della gestione del servizio di illuminazione pubblica, globale manutenzione, realizzazione di interventi di efficienza e di ammodernamento ed adeguamento normativo degli impianti comunali, in scadenza nelle prossime settimane".

Confindustria fa presente, infatti, che si tratta entrambi di "procedimenti ambiziosi per entità del servizio e innovatività dello schema operativo proposto, il finanziamento tramite terzi, e proprio per questo, al fine di non vanificarne gli esiti, avrebbero meritato attenzioni e cure particolari nelle impostazioni economiche proposte ai concorrenti e nei requisiti di partecipazione agli stessi richiesti. Nelle pubbliche sollecitazioni di investimenti privati, la tenuta e certezza del business plan e la ragionevole adeguatezza dei requisiti di accesso sono condizioni imprescindibili per il buon esito delle operazioni e ci rammarica constatare come, su questo fronte, l’amministrazione continui a procedere per tentativi, evitando confronti e verifiche di fattibilità con chi è portatore di competenze ed esperienze in materia. Se la prima iniziativa non è andata a buon fine, - sottolinea Confindustria - la gara per la pubblica illuminazione rischia di non vedere quell’ampio e naturale confronto concorrenziale che ogni amministrazione auspica per poter meglio scegliersi, tra tanti, il partner economico con il quale legarsi per molti anni ed al quale affidare le sorti di una importante infrastruttura pubblica. Per come è strutturato il bando e considerando le caratteristiche dell’offerta imprenditoriale nel mercato della gestione dei servizi energetici, si rischia a nostro avviso di restringere maniera eccessiva e del tutto immotivata il numero dei potenziali concorrenti. Siamo intervenuti per tempo informando l’amministrazione di tale rischio ed evidenziando alcune delle criticità presenti nel bando sotto il profilo della eccessiva selettività di alcuni requisiti, molto più elevati di quelli richiesti in analoghi affidamenti del servizio di illuminazione pubblica in città ben più grandi di Taranto, e della illogicità di alcune prescrizioni che di fatto impediscono l’attivazione di collaborazioni e sinergie tra le imprese del territorio ed i partner nazionali ed europei qualificati".

Per questi motivi è opinione di Confindustria che se l’aministrazione "come temiamo" si troverà con un numero irrilevante di partecipanti e altrettanto irrilevanti offerte "da cui non risulteranno pienamente conseguibili gli obiettivi pubblici di qualità e convenienza, riteniamo più opportuno non aggiudicare e rivedere conseguentemente l’intera procedura, con nuove impostazioni economiche e nuovi requisiti. Solo la concorrenza garantisce l’interesse pubblico e solo da una competizione ampia e qualificata possono giungere le soluzioni, economiche e progettuali, migliori e più vantaggiose per l’amministrazione e l’intera città. Non possiamo permetterci - conclude Confindustria - di accumulare altre battute di arresto, mettendo a rischio procedimenti che sono occasione di investimento, di riqualificazione ed ammodernamento della nostra dotazione di infrastrutture urbane"

“Esprimo soddisfazione per la conclusione positiva del tavolo Natuzzi convocato oggi”. Così l'assessore regionale al Lavoro, Leo Caroli, a conclusione dell'incontro tenutosi a Roma dal quale è emerso che la Regione Puglia si accollerà gli oneri dell’anticipazione della cassa integrazione da parte delle banche, grazie al contenuto dell’accordo già sottoscritto dalla Regione con l’Abi. Infatti i lavoratori potranno riscuotere già da subito l’indennità di cassa integrazione anticipata dalle banche, senza dover attendere la firma del decreto ministeriale.

         A tal fine, entro sette giorni, si terrà in Regione una riunione operativa tra azienda, sindacati ed associazione delle banche per la gestione pratica dell’accordo, in particolare per la vertenza Natuzzi.

         “Abbiamo quindi acquisito – spiega Caroli - la disponibilità di azienda e sindacati a riprendere la trattativa interrotta sulla riorganizzazione del lavoro. L’azienda si è impegnata a calendarizzare il nuovo incontro romano presso la Federlegno, entro 15 giorni da oggi. Dall’altro lato il sindacato terrà sospeso lo stato di agitazione dei dipendenti. L’obiettivo – conclude l’assessore - adesso resta la presentazione ufficiale di un piano industriale sostenibile, che consenta il rientro delle attività delocalizzate nell’est Europa e al tempo stesso l’avvio della reindustrializzazione degli stabilimenti dimessi, a partire da quello di Ginosa. Per questo la Regione farà ogni sforzo utile per favorire l’esito positivo della vertenza, con la riqualificazione del personale e il sostegno allo sviluppo”. 

Ormai sulla questione Tempa Rossa è un volare di stracci che vede politici, assessori e associazioni ambientalisti di vario genere rinfacciarsi accuse e responsabilità perdendo di vista il bene comune che ogni buona amministrazione dovrebbe assicurare ai suoi cittadini. Così, nel giorno in cui i gruppi di maggioranza di palazzo di città fanno "saltare" la sesduta del Consiglio comunale, nel corso della quale si sarebbe dovuto votare a favore della delibera che stoppa la parte relativa ai lavori per tempa rossa all'interno del poerto, ecco che a confronbtarsi a muso duro sono i consiglieri regionali Cervellera (Sel) e Lospinuso (Forza Italia) e l'assessore regionale Leonardo Nicastro.

Quest'ultimo è particolarmente duro nei confronti del consigliere Alfredo Cervellera. "Anche in presenza dell'evidente necessità di far valere la propria presenza sul proprio territorio, per fini elettorali immagino,  - attacca Nicastro - mi risulta difficile comprendere l'atteggiamento del consigliere Cervellera. L'avrei compreso, e forse accettato, da un qualunque altro consigliere ma da chi ha fatto l'assessore all'Ambiente nel Comune e ha portato in Consiglio comunale nel 2007 la delibera di intesa con l'Autorità portuale sul Piano regolatore del porto necessaria ad adottare lo strumento urbanistico del capoluogo ionico, francamente non mi è possibile. Soprattutto se si considera - prosegue Nicastro - che quell'intesa conteneva già la variante, richiesta da Eni nel 2003, di prolungamento del pontile petroli e di dragaggio dell'ara per permettere l'approdo delle navi. L'intesa tra comune e autorità portuale sul punto, fu portata in consiglio proprio dal consigliere che oggi grida allo scandalo, sulla base di atti adottati per il comune dal Commissario straordinario nel 2006". 

Ragion per cui Nicastro invita Cervellera "a rileggere lo stenografico del mio intervento sulla vicenda dove non c'è traccia di reprimende nei confronti di Arpa, né tanto meno di richieste di imprimatur a relazioni tecniche. Ho sottolineato, nel mio intervento, che la relazione era stata trasmessa agli organi consiliari e, sia pure con errato indirizzo, al presidente della Regione, dalla cui segreteria l'ho ricevuta in copia, e che non si era ritenuto di trasmetterla (dopo la redazione, non prima) anche all'Assessore all'Ambiente che, tra le altre cose, è anche presidente del comitato di indirizzo dell'agenzia. Devo anche ribadire - conclude Nicastro - che a seguito degli elementi contenuti in quella relazione abbiamo chiesto la riapertura dell'Aia ministeriale nell'arco di pochi giorni. Quindi, pur capendo l'imbarazzo di Cervellera che lo spinge a dover muovere le acque perché non si possa ricostruire il percorso amministrativo della vicenda in cui egli stesso è stato parte attiva, non posso esimermi dal fornire un elemento di chiarezza".

Più caustico nei confronti di Cervellera è il consigliere regionale Pietro Lospinuso. “Su Tempa Rossa - dice Lospinuso - si sta giocando col fuoco: si rischia di mettere in discussione 1000 posti di lavoro della raffineria Eni, 300 posti richiesti per la realizzazione degli investimenti, e l’impiego di almeno 50 imprese tarantine. Se per la sinistra e il collega Cervellera questi sono numeri trascurabili, è bene che i cittadini lo sappiano perché si sta giocando con il futuro del nostro territorio”.

Non solo ma Lospinuso sottolinea anche come lo stesso assessore Nicastro "chiarisce le idee ai confusi della sinistra. Innanzitutto, Cervellera non ricorda nemmeno quello che è stato approvato da lui in qualità di vicesindaco di Taranto. Infatti, come gli rammenta Nicastro, fu lui a portare in Consiglio comunale nel 2007 la delibera di intesa con l’Autorità portuale che conteneva proprio la variante richiesta dall’Eni di prolungamento del pontile. Quindi, l’intervento di allungamento in questione non c’entra nulla con il progetto Tempa Rossa e, pertanto, diventa ancora più incomprensibile la variante che il Consiglio di Taranto vorrebbe adottare. Inoltre, anche i serbatoi sono esterni all’area dell’Autorità portuale e autorizzati regolarmente dal Ministero e dal Crt, quindi non capisco a che titolo il Consiglio comunale voglia esprimersi su due questioni che non ineriscono con il Piano portuale. Poi, - prosegue Lospinuso - sarebbe il caso anche di chiarire a Cervellera altre due questioni: la prima, è che l’Eni non ha presentato la valutazione di incidenza sanitaria perché, semplicemente, non era tenuta a farlo perché richiesta solo da una legge successiva. Ciononostante, l’azienda si è detta disponibile a farlo. In secondo luogo, il programma di abbattimento delle emissioni Voc non è sottoposto ai termini indicati da Cervellera. Il collega è malinformato anche su questo e ignora che il Ministero abbia previsto che si presentasse il documento prima dell’inizio dei lavori, senza specificare altro e basta leggere il decreto autorizzativo. Pertanto –conclude l'esponente di Forza Italia - sarebbe il momento di smetterla di scherzare  e rincorrere filoni elettorali che possono solo danneggiare il nostro territorio ed il nostro tessuto economico”.
 

 

Cia, Coldiretti e Confagricoltura chiedono a Nardoni, Tamburrano e i Sindaci interventi urgenti.

 

La Cia Confederazione Italiana Agricoltori, la Coldiretti e la Confagricoltura di Taranto, dopo un’attenta analisi della situazione di mercato delle colture tipiche della provincia di Taranto, uva da vino, uva da tavola, olio e ortaggi scaturita da incontri svoltisi sul territorio con le aziende agricole, segnala la situazione di estremo disagio economico in cui si è venuto l’intero comparto.

In particolare, si segnalano il calo della produzione di uva da vino di oltre il 40% a causa dell’attacco di peronospora legata alle piogge alluvionali persistenti che hanno interessato tutta la provincia nei mesi primaverili ed estivi.

Detta situazione si è riverberata sugli impianti di primitivo, portando le aziende, che attendevano un’annata buona dal punto di vista quanti-qualitativo, ad una situazione di collasso economico, con le spese sostenute per intero per arrivare alla raccolta del prodotto (anche maggiori!), ma con un calo drastico delle entrate che non ha consentito nemmeno di far fronte al 20% delle stesse. Analoga situazione si è verificata per l’uva da tavola, dove si è registrato un calo di produzione intorno al 40%-50% e vigneti totalmente abbandonati a causa degli attacchi di peronospora nel periodo primaverile.

A seguire è intervenuta la campagna olivicola iniziata da poco più di una settimana che ha fatto registrare, qualora ve ne fosse bisogno, una situazione ancor più drammatica rispetto al settore viti-vinicolo. Si registra infatti un crollo delle produzione tra il 70%-80% legato anche qui alle piogge persistenti, le nebbie, le bonacce primaverili di fine aprile, nonché agli sbalzi termici che hanno irrimediabilmente pregiudicato la fioritura che si presentava alquanto rigogliosa. A seguire, il prodotto residuato ha subito anche l’attacco della mosca e della lebbra e pertanto, quasi l’intera produzione di quest’anno è pregiudicata. Per dirla in breve l’annata olivicola, prima ancora di iniziare è già finita!

Miglior sorte non hanno ricevuto certo i nostri ortaggi che, a causa del marciume addotto sempre dalle piogge persistenti, non sono proprio stati raccolti e sono rimasti per la quasi totalità della produzione sulle piante.

In definitiva, si è determinata una situazione drammatica che non ha precedenti, con migliaia di aziende agricole, che nella gran parte dei casi hanno le proprie aziende multi colturali, portate ad una situazione di totale asfissia economica che non consentirà alle stesse di poter far fronte a tutte le incombenze burocratiche, fiscali e tributarie.

La Cia Confederazione Italiana Agricoltori, la Coldiretti e la Confagricoltura di Taranto, facendosi interprete dell’estremo gradi di disagio delle migliaia di aziende associate chiede alle istituzioni, ciascuna per quanto di propria competenza: la declaratoria della calamità naturale per tutta la provincia di Taranto; lo sgravio dei contributi agricoli unificati per la manodopera assunta nel 2014; lo sgravio dei contributi obbligatori dei Coltivatori Diretti e I.A.P.; la proroga delle cambiali agrarie e dei mutui fondiari in scadenza 2014; il trascinamento delle giornate effettuate dai lavoratori agricoli; l’esonero dal pagamento dell’IMU per i terreni agricoli; l’esonero dal pagamento dei tributi locali per gli agricoltori; la sospensione di tutti i ruoli Equitalia nei confronti delle aziende agricole; lo sblocco immediato delle pratiche di finanziamento agrario, pendenti presso la Regione Puglia; attivazione di canali preferenziali per l’ottenimento di finanziamenti straordinari ed agevolati agli agricoltori (Consorzi fidi, Interfidi, banche etc.).

Cia Confederazione Italiana Agricoltori, la Coldiretti e la Confagricoltura di Taranto dichiarano sin da ora lo stato di mobilitazione generale del mondo agricolo, significando che se non perverranno risposte positive in tempi brevissimi, considerata l’urgenza e la gravità della situazione di crisi determinatasi, metterà in atto tutte le azioni sindacali consentite per ottenere risposte immediate e positive per i propri associati.

Le organizzazioni agricole Cia, Coldiretti e Confagricoltura invitano l'Assessore Fabrizio Nardoni, tutti i Sindaci della provincia di Taranto e il Presidente della Provincia di Taranto Martino Tamburrano a sostenere le ragioni del mondo agricolo.

 


"L'Ilva inquina ancora". E' un giudizio tranciante quello che il gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, (notizia riportata da La Gazzetta del Mezzogiorno in un articolo a firma di Mimmo Mazza) ha recapitato al procuratore della Repubblica, Gianni Sebastio. Una relazione nella quale il gip segnala la prosecuzione dell’attività inquinante dell’Ilva, la stessa che portò nel luglio del 2012 al sequestro degli impianti a caldo dello stabilimento di Taranto. Il riferimento è alle relazioni dei custodi giudiziari (Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento) secondo cui "gli interventi necessari per l’interruzione dell’attività illecita, a cominciare dalla copertura dei parchi minerari, non sarebbero stati attuati".

Convincimenti, quelli dei tre custodi giudiziari, che scaturiscono dai sopralluoghi che Valenzano, Laterza e Lofrumento hanno condotto, insieme ai carabinieri del Noe, all'interno dello stabilimento siderurgico tra febbraio e agosto scorsi, per verificare e documentare lo stato delle aree e degli impianti sottoposti a vincolo cautelare, nonché la situazione in atto riguardante le emissioni degli inquinanti degli stessi impianti ed il relativo sistema di monitoraggio.

E l'azione decisa del gip Todisco non fa altro che "confermare quanto segnalavamo da tempo con comunicati, esposti e misurazioni”, sottolineano Alessandro Marescotti, Antonia Battaglia, Fulvia Gravame e Luciano Manna di Peacelink Taranto i quali poi annunciano che, sull'intera questione, c'è stata la risposta della Commissione europea. Oggi sappiamo - aggiungono - che una pesante infrazione europea va avanti e si avvia ad uno stadio di non ritorno. Il governo europeo ha quindi detto che il Governo italiano è stato inadempiente su numerosi punti e continua ad esserlo. Dal canto suo la magistratura, che in questi mesi ha ispezionato l'Ilva tramite i custodi giudiziari, dispone ora di elementi per un giudizio su ciò che non è stato fatto dentro nella fabbrica”.

Dopo il 2012,, proseguono i quattro esponenti di Peacelink, i custodi giudiziari "hanno continuato a fare ispezioni e a raccogliere materiale per verificare lo stato di attuazione dell’AIA mentregli enti locali, che pure avevano firmato l’Aia, sottovalutavano il problema. Eppure era sotto gli occhi di tutti, lo abbiamo denunciato fino alla noia, che l’Aia rimaneva e rimane lettera morta per le prescrizioni più importanti. Eppure- sottolineano Marescotti, Gravame, Battaglia e Manna -  il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno aveva dichiarato, dopo aver firmato l’Aia che si trattava di una firma condizionata e che,se entro tre mesi non avesse toccato con mano le novità richieste, approvate e sottoscritte, avrebbe ritirato la firma su questa autorizzazione ambientale. Questo sindaco non ha mantenuto la parola, "Oggi - concludono - il potere politico trema. Temiamo dei colpi di coda. Il Governo italiano sta cercando di correre ai ripari riscrivendo il reato di disastro ambientale e chiedendo al Senato di approvare al più presto un pessimo disegno di legge (il DDL 1345) già approvato senza opposizioni alla Camera. Quella legge,  riscrivendo malamente il reato di disastro ambientale, equivarrebbe a un'amnistia e metterebbe a serio rischio il processo all’Ilva e altri ancora".

"Il lavoro del dottore commercialista è insostituibile". Poche parole per esprimere un concetto ineludibile. Cosimo Damiano Latorre, presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti e esperti contabili di Taranto, le dichiarazioni del premier Matteo Renzi (“... le partite iva non dovranno più spendere centinaia di euro per il commercialista e risparmieranno complessivamente 800 milioni di euro ...) non riesce a mandarle giù e le giudica  "una provocazione inaccettabile nei confronti dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Per quanto mi riguarda, - aggiunge Latorre - avendo l’onore di essere il presidente dell'Ordine di Taranto, a cui oggi sono iscritti 1045 colleghi commercialisti,  dico che aspetti operativi di particolare rilevanza professionale, come le consulenze profuse nei confronti dei titolari di partita IVA che hanno la  contabilità forfetaria, si prestano a facile “propaganda”, ma il lavoro del dottore Commercialista e dell'esperto contabile, nel contesto delle dinamiche aziendali, ancorchè “de minimis”, è insostituibile".

Insomma, i dottori commercialisti e gli esperti contabili ionici non  ci stanno e a Renzi fanno presente che la loro "non è una categoria protetta attraverso le esclusive perché esercitiamo una attività libero-professionale volontariamente richiesta dal cliente a cui prestiamo assistenza e supporto costante sui numerosi adempimenti e scadenze, sempre più pressanti ed onerose, anche  al  fine di facilitare le decisioni dei Ministeri economici,  a “costo zero” per lo Stato".

e, ancora, "noi commercialisti non siamo una casta, o una lobby, tantomeno un club,  come invece si tenta di far  credere; siamo tutti iscritti all'Albo per l'accesso al quale vi è da completare prima un percorso di studi universitari, poi un tirocinio professionale ed infine l’“esame di stato” che abilita, finalmente,  all'esercizio della professione. Gli iscritti all’Ordine, inoltre, devono, farsi carico della formazione professionale continua  al fine di offrire prestazioni di qualità, a garanzia della  fede pubblica. E' vero - prosegue il presidente Latorre - i sistemi ordinistici italiani vanno modificati ed armonizzati in aderenza alle direttive U.E., ai modelli economici, finanziari e tributari innovativi, con la conseguenza che è stata accettata da tutti gli iscritti l’abolizione delle tariffe professionali, la vigilanza esercitata dal ministero della Giustizia, la responsabilità diffusa, il declassamento dell’intero lavoro intellettuale con la collegata minore remunerazione delle prestazioni rese; però, attenzione perché  il lavoro del professionista non è una merce, è invece il risultato dell’esperienza tecnica ed umanistica quotidiana, della conoscenza, dei saperi, che sono gli elementi posti alla base dell’evoluzione della civiltà delle nazioni. Noi siamo convinti che la programmazione economica e finanziaria del Paese dovrebbe passare anche attraverso l’audizione e il coinvolgimento degli Organi di rappresentanza della nostra categoria specialmente nelle  materie giuridico-contabili oggetto della nostra professione".

 Poi c'è il capitolo delle casse di previdenza. "Apprendiamo  - scrive Latorre - che il Governo vuole mettere mano, attraverso la tassazione delle rendite finanziare, anche alle nostre casse di previdenza che, a differenza di quello che si vuol far credere, non sono pubbliche,  e non possono essere utilizzate per altre finalità. Le categorie professionali,  ed i  commercialisti in particolare,  hanno i volumi di affari annui che hanno risentito in più forte misura della recessione in atto,  consapevoli di essere dinanzi a clienti privi  di liquidità, in un periodo di forti ristrettezze che ha determinato estreme difficoltà per il pagamento delle competenze".

Questioni importanti che Latorre evidenzierà al Consiglio nazionale nella prossima assemblea generale degli ordini territoriali programmata  a Roma per il prossimo 29 e 30 ottobre.

 

 

Taranto (R)Esiste! E’ lo slogan che accompagnerà il corteo dei lavoratori tarantini aderenti alla CGIL e che domani a Roma sfilerà contro la proposta di riforma del lavoro del premier Renzi.

Uno slogan che sarà supportato da una partecipazione di lavoratori inedita per la storia recente del sindacato in riva allo Jonio. Saranno, infatti, più di 2000 le persone che da ogni angolo della provincia tarantina hanno prenotato un posto sui pulman messi a disposizione dall’organizzazione della CGIL di Taranto.

Esistiamo e resistiamo – dice Giuseppe Massafra, neo segretario generale della CGIL di Taranto, visibilmente soddisfatto per l’imponente partecipazione che la provincia ionica assicurerà alla manifestazione romana – Esistiamo con il carico di un vertenza complessiva che è ben al di là di essere assunta come prioritaria anche rispetto alle riforme che questo Governo vuol mettere in campo, e che noi invece abbiamo dimostrato essere un punto di vista sbagliato, nulla a che vedere con la crescita.

Un osservatorio quello della CGIL jonica che nelle scorse settimane il rischio di discriminazione e licenziamento che si intende minimizzare con l’abolizione dell’art. 18 lo ha reso plasticamente portando in conferenze stampa, convegni, dibattiti e iniziative pubbliche i volti e le storie di uomini e donne discriminati nelle grandi aziende dell’appalto industriale ILVA, nei call center, nella scuola o nel pubblico impiego.

E’ su questi dati inconfutabili – continua Massafra - che abbiamo costruito una partecipazione massiccia e consapevole che Resiste anche alla delegittimazione continua degli strumenti di rappresentanza o che nel più classico divide et impera prova a indebolire il sindacato per affermare rendite di posizione che nulla hanno di costruttivo e nulla c’entrano con la difesa degli interessi dei lavoratori.

I pulmann messi a disposizione dalla CGIL partiranno alla mezzanotte di oggi (venerdì 24 ottobre) con raduno al Palamazzola e tutti gli altri centri della provincia. L’arrivo dei 2000 tarantini è previsto alle 7.00 di domattina in Piazzale dei partigiani. Da lì il corteo si muoverà verso Piazza S. Giovanni dove alle 12.30 è previsto l’intervento del leader nazionale della CGIL, Susanna Camusso.

di PIERPAOLO D'AURIA

La verve è sempre la stessa come il coraggio di dire le cose per quelle che sono. Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia, non si tira indietro e al dibattito  “L’aria che tira”, organizzato dal quotidiamo online “Giornale di Taranto” diretto da Angelo Lorusso (incontro moderato dal collega Michele Tursi e al quale è intervenuta anche l’ing. Barbara Valenzano, custode giudiziario dell’Ilva),  non le manda a dire al commissario per le bonifiche, Corbelli.

“L’Arpa – racconta – ha inviato al commissario un dettagliato documento tecnico-scientifico riguardante la bonifica di Mar Piccolo. Non capisco perché ancora quel documento non sia stato reso pubblico nonostante avessimo chiesto di poterlo fare.

” E dà i quindici giorni al commissario Corbelli altrimenti “quel documento lo divulgherò io stesso” perché  “non si può continuare a giocare con la vita dei tarantini. Sono pronto a sfidare il contratto di consulenza tra noi e il commissario per le bonifiche e a renderlo ripeto,  comunque noto se non lo dovesse fare lui. Le istituzioni non possono continuare ad alimentare la sindrome di Gaza nei tarantini. E le recenti normative su Taranto e sull’Ilva “rafforzano questa sensazione di accerchiamento“.

Poi l’impegno, che  è uno e uno solo: garantire ai tarantini e, soprattutto, ai cittadini del quartiere Tamburi la possibilità e il diritto di respirare aria di qualità al di là della contingenza specifica che ha portato ad un miglioramento dei livelli di inquinamento solo perché la produzione Ilva è diminuita.

Più che parlare dell’aria che tira a Taranto, ha sottolineato il prof. Assennato, ritornato dopo tanto tempo nella città dei due mari (“Ho litigato con mia moglie perché avevo giurato che non avrei mai più messo piede a Taranto”, confiderà poco prima del suo intervento) occorre parlare “dell’aria che ha tirato per decenni a Taranto”.

Presenta un bicchiere mezzo pieno per parlare della parte mezza vuota perché, dice, “va visto soprattutto quello che si poteva fare e non è stato fatto”. Allora via, si parte, con dati e circostanze, e la prende un po’ da lontano, dal 2006 quando le centraline di rilevamento “non rilevavano nulla” e inquinanti come il pm10 “non venivano presi in considerazione”.

Sulle diossine, poi, ricorda come il problema fosse stato sollevato da un’associazione ambientalista e subito “notai che in nessun laboratorio dell’Arpa in Puglia era possibile analizzare i campionamenti” tanto è vero che rilevamenti sul camino E312 “li fece un’azienda di Bologna” mentre le analisi “un laboratorio di Marghera”.

Preistoria o archeologia ambientale, questione di punti di vista perché oggi “Taranto ha un laboratorio accreditato in grado di effettuare tutti i tipi di controllo sugli agenti inquinanrti. Un laboratorio che dovrebbe diventare un polo di riferimento per l’Italia meridionale con Taranto sede principale, Metaponto come sede secondaria, al servizio di Calabria e Molise”. Questo è il bicchiere mezzo pieno che ha permesso di offrire un quadro della situazione, drammatico, che prima non era possibile delineare per via di leggi dello Stato che prevedevano limiti che riportavano nella norma, come accettabili,  dati che, invece, erano da considerare fuori dalla norma. “Dimostrazione del fatto che le lobbies siderurgiche sono intoccabili”.

Ma l’Arpa, e con lei la Regione Puglia, è andata avanti per la sua strada, sfornando dati su dati nonostante le accoglienze gelide del ministero dell’Ambiente e del suo staff  “troppo spesso assimilabili a una succursale del ministero dello Sviluppo economico”, aggiungerà il direttore di Arpa Puglia.

Poi c’è il bicchiere mezzo vuoto con l’impossibilità di creare, in tempi non sospetti,  il centro Ambiente e salute istituzione che soltanto adesso sta cominciando a muovere i primi passi ma dal 2009, quando doveva nascere, tempo prezioso se ne è perso grazie anche al decreto 155 (ministro Prestigiacomo) “che poneva la parola fine su interventi tecnico-scientifici sulla difficile situazione tarantina”. E nel bicchiere mezzo vuoto Assennato ci mette anche la querelle in atto con il commissario per le bonifiche.

“Le mie – aggiunge per fugare ogni dubbio - non sono esternazioni né valutazioni politiche, come qualcuno potrebbe pensare, perché non mi candiderò mai” a dispetto di quanto “mi attribuiva, nelle intercettazioni telefoniche, l’avvocato Perli (legale dell’Ilva, ndr)”.

Poi il merito di aver fatto introdurre nell’Aia la faccenda dei winds day perché “abbiamo dimostrato come, riducendo la produzione nei giorni particolarmente ventosi, la qualità dell’aria migliora”.

Comunque da luglio 2012 a oggi il bicchiere com’è? Assennato si chiude  in difesa e poi rilancia perché le misure dei custodi giudiziari, le chiusure della maggioranza delle batterie delle cokerie e altri interventi “hanno portato inevitabilmente ad un miglioramento delle emissioni di benzo(a)pirene”.

Allora via con le slide, per capire numeri e situazione e parlare di valutazione del danno sanitario e dimostrare che gli studi di epidemiologia, come da più parte richiesti, vanno effettuati con cognizione di causa “altrimenti, paradossalmente, potrebbero fornire dati non conformi alla realtà”.

Intanto la questione dell’Aia resta tutt’ora aperta perché, ha spiegato l’ing. Barbara Valenzano, custode giudiziario Ilva,  i tempi di attuazione sono prorogati per vie dei vari decreti intervenuti che procrastinano al 2016 e, in alcuni casi al 2018, gli interventi per la compatibilizzazione ambientale dell’Ilva”. Quindi, la favola del 75% degli interventi realizzati nello stabilimento siderurgico raccontata dal commissario Gnudi “non sono riscontrati dall’Arpa”, per cui si tratterebbe di interventi realizzati “sicuramente importanti ma non quelli che hanno un impatto maggiore sull’abbattimento delle emissioni inquinanti. L’abbattimento del livello produttivo comporta, gioco forza. – ha aggiunto la Valenzano -  l’abbattimento del benzo(a)pirene ma non vuol dire che tutto è migliorato per cui non è possibile fare raffronti e dire se impianto è efficiente o meno”.

Via al dibattito e si comincia con Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, che subito legge quanto previsto dalla prescrizione  21 dell’Aia secondo la quale “ora dovremmo avere una mappa delle emissioni diffuse, che non abbiamo, e capire l’ammontare complessivo degli idrocarburi policiclici. Vorremmo sapere se nel 2014 queste nubi sono state quantificate visto che i dati sono fermi al 2010” mentre Fabio Millarte (Wwf) chiede perché “le centraline di monitoraggio all’interno dell’Ilva non sono state riposizionate visto che erano sistemate in modo sbagliato”. E, ancora, c’è chi ha chiesto come funzionano, effettivamente, i winds day e quale sarà il fabbisogno sanitario per Taranto? E l’Aia non prevedeva la fine degli slopping? Poi, dice Pluchino, imprenditore tarantino, ci sono dati “difficilmente interpretabili dai cittadini. Quanti tumori ci aspettiamo nella zona Tamburi? E perché, ha poi chiesto un operaio dell’area a caldo, le centralne delle cocherie ”sono state chiuse e bagnata la strada circostante?”

Per quanto riguarda il discorso delle centraline, l’ing. Valenzano ha fatto presente che “è stata fatta un’informativa all’autorità giudiziaria e al ministero mentre per gli slopping c’era una prescrizione che prevedeva l’utilizzo di un sistema automatico che, di fatto, fallisce perché le operazioni sono manuali. Anche in questo caso sono state fatte le dovute segnalazioni e comunicazioni”. Insomma, siamo di fronte a “una prescrizione disattesa”.

Comunque la titolarità dei controlli “è di Ispra perché noi facciamo da supporto ma quando troviamo qualcosa che non va informiamo subito le autorità competenti”, ha subito puntualizzato il prof. Assennato per far capire che non tutto può e deve essere imputato all’Arpa. “Non mi è piaciuto – ha aggiunto - che nei giorni scorsi sia venuto a Taranto il ministro Giannini a inaugurare macchinari incelofanati (il polo scientifico-tecnologico, ndr) che resteranno tali per molto tempo quando avevamo proposto di metterli a dispisizione di Arpa” che, rispetto alla Asl di Taranto, “non ha avuto una risorsa umana in più mentre per l’azienda sanitaria piovevano euro e deroghe al patto di stabilità”. Poi una stoccata al progetto Tempa Rossa. “Total ha spiegato che non ci sarà alcuna nuova emissione inquinante e che, comunque sono previste compensazioni ma non abbiamo ricevuto, a riguardo, informazioni progettuali. Nell’area tarantina qualunque incremento di emissioni sarà insopportabile. La partita Tempa Rossa è aperta soltanto perché il Comune di Taranto non vuole rilasciare le concessioni edilizia mentre per quanto riguarda tutti gli altri aspetti è già tutto definito”.

Insomma, il bicchiere Taranto è mezzo pieno o mezzo vuoto? Mah, la sensazione è che qualcuno abbia rubato il bicchiere!

E’ Giordano Fumarola, 35 anni, operaio della centrale elettrica dell’Ilva, il nuovo segretario generale della Filctem Cgil, il sindacato di categoria che riunisce sotto l’egida della sua insegna i lavoratori della chimica, del tessile, dell’energia e delle manifatture.

Già componente della segreteria Fumarola prende il posto che fu dell’attuale segretario generale della CGIL di Taranto, Giuseppe Massafra, confermando con la sua nomina anche l’importante attività di ricambio generazionale in atto in riva allo Jonio all’interno del più importante sindacato italiano.

La nomina di Giordano Fumarola arriva alla fine del direttivo della Filctem svoltosi questa mattina a Taranto.

"Sarò il segretario generale e l’operaio insieme – ha detto Fumarola – perché è in quel luogo di lavoro, così come in tutte le altre fabbriche della nostra terra, che si mantiene il contatto con la realtà, con le esigenze vere dei lavoratori, in un processo di scambio continuo tra rappresentanti e rappresentati, alla base della democrazia, che non ho nessuna intenzione di deludere".

C’è bisogno di energia e di una moderna visione del mercato del lavoro – ha detto il segretario generale Cgil, Massafra – e ciò per noi significa nuovi diritti e nuove conquiste e non compromissione delle tutele ad oggi esistenti. Ecco perché al nuovo segretario della Filctem vanno gli auguri di tutta la Cgil in un passaggio di testimone che gli consegna l’eredità culturale di una storia lunga più di cento anni, capace però di rinnovarsi e confermarsi nel tempo. Il fronte dei diritti questo che continueremo a difendere anche con l‘iniziativa del prossimo 25 ottobre a Roma contro il disegno di smantellamento dei diritti contenuto del Job Acts.

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