Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - Economia, Lavoro & Industria
Economia, Lavoro & Industria

Economia, Lavoro & Industria (1935)

\"Dopo oltre 14 ore di trattativa al Ministero del Lavoro è stato raggiunto nella notte l\'accordo sulla cassa integrazione per i lavoratori ex Ilva. Nell\'accordo prevediamo che, con il percorso di ripartenza, siano garantiti tutta l\'occupazione e la continuità salariale con un\'integrazione dignitosa per le persone che per vivere devono lavorare\". Lo dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil sottolineando che \"nell\'accordo c\'è un piano di ripartenza che i commissari straordinari dovranno mettere in pratica, c\'è la tutela occupazionale perché non sono previsti esuberi e soprattutto alla fine di questo percorso ci sarà la possibilità per tutti di rientrare al lavoro\". 

La richiesta di cassa integrazione straordinaria per l\'ex Ilva riguarderà massimo 4.050 lavoratori, di cui 3.500 a Taranto: numeri ridotti rispetto all\'iniziale richiesta per 5.200 dipendenti, di cui 4.400 a Taranto. E\' quanto prevede l\'accordo raggiunto con i sindacati. La decorrenza sarà retroattiva, a partire da marzo 2024, e ai dipendenti in cassa verrà riconosciuto il 70% della retribuzione annua lorda. Il piano di cassa integrazione si chiuderà a giugno 2026. (ANSA) 

Leonardo e sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm hanno firmato nella notte a Roma, nella sede di Unindustria, l’accordo sullo stabilimento di Grottaglie (Taranto), sinora addetto alla costruzione delle fusoliere per il Boeing 787 ma che prossimamente si allargherà anche agli elicotteri e all’elettronica. Poiché si prefigurava uno stop di quattro mesi dello stabilimento a seguito della frenata di Boeing nel ritiro delle fusoliere da Grottaglie (qui vengono costruite in composito due sezioni), l’accordo firmato “ha escluso la chiusura verticale dello stabilimento per 4 mesi rimodulando lo scarico previsto in una riduzione della produzione su un turno lavorativo”.

   L’accordo, spiegano le sigle metalmeccaniche, è altresì finalizzato “alla diversificazione industriale del sito di Grottaglie nel quale, entro la fine del 2025, opereranno 5 Divisioni della Leonardo: Aerostrutture, Elettronica, Elicotteri, LLS e LGS”. La riduzione della marcia a un turno - ci sarà anche la cassa integrazione a rotazione ma spalmata sino a fine anno e a rotazione tra il personale del sito - “consentirà da un lato di non impattare pesantemente sui lavoratori coinvolti, dall’altro di svuotare il buffer delle fusoliere già prodotte e liberare le aree del capannone numero 2 entro il primo quadrimestre del 2025 permettendo il trasferimento delle attività riguardanti le linee, oggi in Divisione Elicotteri, inerenti l’AW101 e AW609, la realizzazione di un laboratorio di ingegneria per lo sviluppo di soluzioni propulsive alternative, la linea di montaggio finale del AW609 e infine un’area per prove di volo dei programmi Unmanned”. (foto di repertorio)

I mitilicoltori che fanno capo a Legacoop Agroalimentare Taranto Dipartimento Pesca, Agci Agrital Taranto,  Confcooperative Taranto Federcoopesca, UNCI Agroalimentare, Confcooperative Taranto Federcoopesca, Casaimpresa Confesercenti Taranto, FAI CISL, FLAI CGIL e UILA Pesca, sono sull’orlo di una crisi di nervi. Ci mancava la morìa (un’altra!) delle cozze che è arrivata puntuale e terribile con il caldo di questi giorni. Sulle facce dei mitilicoltori legali si legge la delusione, la rabbia, lo sconforto. La morìa delle cozze è come un flagello divino, distrugge lavoro e sacrifici di mesi. 

Ricordiamo che la problematica “morìa” è causata, oltre che dalle alte temperature, dalla eccessiva presenza di prodotto nel secondo seno, determinato dell’obbligo di trasferimento del prodotto imposto dalla ordinanza regionale del 2012. A causa della morìa alcune cooperative potrebbero perdere il 70-80% della produzione:  la beffa è che invece i mitilicoltori  “abusivi” hanno già venduto tutto il prodotto coltivato illegalmente nel primo seno potendo venderlo a prezzo inferiore non dovendo sostenere oneri fiscali né i pesanti oneri concessori.

 

A complicare la situazione si sono aggiunti i contestuali arrivi di “ordini di introito” emessi dal Comune di Taranto e relativi all’anno 2023:  4.000 quattromila euro per concessione. Un vero salasso per chi ha più concessioni. Insomma non c’è pace tra i pali delle cozze. La crisi di nervi ci sta tutta.

“Last but non least” da anni i mitilicoltori chiedono a gran voce agli Enti preposti di realizzare in Mar Grande la prevista e necessaria “area di stoccaggio”. Ma ancora tutto tace. 

Tavoli tecnici di confronto sono stati richiesti al Sindaco Melucci, all’assessore Ciraci e all’assessore regionale Pentassuglia con i quali sono stati confermati appostiti incontri. Della morìa e degli altri problemi si discuterà in un quantomai tempestivo tavolo della mitilicoltura che avrà luogo il prossimo 30 luglio con l’assessore al mare, Cosimo Ciraci.

 

 

È in corso a Taranto uno sciopero di 8 ore dei lavoratori della Hiab, azienda multinazionale che costruisce gru. I dipendenti sono 103 e stanno anche effettuando un sit in sotto la Prefettura di Taranto. Si protesta contro la comunicazione aziendale ai sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm di voler “trasferire a Minerbio (Bologna) le attività manifatturiere per la produzione gru attualmente prodotte nello stabilimento di Statte (Taranto), con conseguente apertura di una procedura di proroga della cassa integrazione per tutto il personale in forza a zero ore”. I sindacati, che nel fine settimana hanno già effettuato tre ore di sciopero, ritengono la decisione di Hiab “preoccupante e grave perché motivata semplicemente da ragioni di crescita dei profitti. Tutto questo fino ad ora - sottolineano le sigle - è avvenuto al di fuori di un qualsiasi progetto industriale preventivamente discusso con le organizzazioni sindacali, nonostante sia stato richiesto più volte da quest’ultime un confronto in merito”. Per i sindacati, “le lavoratrici ed i lavoratori dipendenti della multinazionale HIAB Italia in questi anni hanno permesso all’azienda di crescere, fino a farla diventare un grande gruppo, annoverabile tra quelli in posizione di leadership mondiale nel settore di costruzione gru ed attrezzature per la movimentazione dei carichi su strada”. Pertanto, le sigle Fim, Fiom e Uilm “non considerano condivisibile la scelta di trasferire alcune attività svolte dal sito di Statte in altri siti europei, nonché, il prossimo trasferimento totale dell’attività presso lo stabilimento di Minerbio”. 

 

AGI - Il via libera della Ue al prestito ponte da 320 milioni di euro in favore di ex Ilva regala ossigeno alle casse in difficoltà di Acciaierie d\'Italia, posta dal governo in amministrazione straordinaria a febbraio scorso dopo il mancato accordo con ArcelorMittal sull\'aumento di capitale. La lettera di Bruxelles, spiega il Mimit, esprime una valutazione positiva sui termini del prestito, che prevede un tasso di interesse annuo dell\'11,6%. Questa conferma, sottolinea il ministero, \"attesta la validità del piano industriale elaborato dalla gestione commissariale e la capacità dell\'azienda di restituire la somma in tempi congrui e senza configurarsi come aiuto di Stato\".

Per il ministro delle Imprese Adolfo Urso \"siamo sulla strada giusta, non credo che fosse facile soltanto immaginarla\". Poi aggiunge: \"Oggi abbiamo avuto una notizia importante e significativa, che ci conforta sul fatto che siamo sulla strada giusta, perché la Commissione ha dato il via libera al prestito ponte, quindi nel contempo ha confermato che il piano industriale di rilancio dei commissari dell\'ex Ilva è tale da consentire la restituzione del prestito ponte nei tempi dovuti con un tasso di interesse piuttosto significativo\".

I fondi statali daranno ossigeno temporaneamente alle casse aziendali, ora però deve entrare nel vivo la fase del rilancio e la riconversione per dare un futuro al polo siderurgico con il suo cuore a Taranto. Da tempo l\'impianto pugliese funziona solo parzialmente. A fine aprile i commissari hanno presentato una bozza di piano industriale che prevede l\'obiettivo di produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio annue e la realizzazione entro il 2027 di due altoforni elettrici per sostituirne altrettanti. 

Servono risorse e un partner industriale forte. A inizio giugno gli indiani di indiani di Vulcan Steel e di Steel Mont hanno visitato gli impianti pugliesi e liguri di Acciaieri d\'Italia in As. Sarebbero potenzialmente interessati anche il gruppo ucraino-olandese Metinvest e i canadesi di Stelco. Nei prossimi mesi si comprenderanno meglio le loro strategie industriali. 

I sindacati chiedono di riprendere il tavolo a Palazzo Chigi, Urso viene riferito avrebbe parlato della possibilità di un incontro entro agosto per siglare l\'accordo sulla ripartenza. \"Bene l\'approvazione da parte della Commissione europea del prestito ponte, ma queste risorse non sono sufficienti in considerazione delle condizioni in cui si trovano gli stabilimenti ex Ilva\", specifica Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. \"Da quando è stato annunciato il prestito ponte a oggi - aggiunge - è passato troppo tempo. Ora occorre capire quando le risorse saranno nelle reali disponibilità dei commissari straordinari. Gli impianti di tutti gli stabilimenti ex Ilva non possono continuare a restare fermi e sono necessari gli interventi per le manutenzioni ordinarie e straordinarie\". 

Mentre il segretario della Uilm Rocco Palombella argomenta: \"Ora ci sono le condizioni per la convocazione del tavolo a Palazzo Chigi, che abbiamo richiesto da settimane, per riprendere la discussione con il governo sulle prospettive dell\'ex Ilva, sul piano industriale e di ripartenza, sulle ulteriori risorse da mettere a disposizione dei commissari, sull\'occupazione e sull\'annunciato bando di gara\".

 

Dopo la sentenza dei giorni scorsi della Corte di Giustizia Europea su Acciaierie d’Italia, ex Ilva, le associazioni ambientaliste Genitori Tarantini e Peacelink hanno inviato una diffida al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e alla direzione Valutazioni ambientali del ministero, chiedendo di “volere immediatamente sospendere l’attività produttiva” della fabbrica di Taranto.

   I promotori della diffida si rifanno alla sentenza della Corte UE che ha stabilito che se l’attività industriale crea danno alla salute e all’ambiente, questa, alla luce delle direttive comunitarie, va sospesa. La Corte ha inoltre stabilito che la Valutazione di impatto sanitario (VIS) - ai fini della stima degli eventuali riflessi della produzione sulla salute - deve rientrare nell’iter di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale oppure del suo riesame (l’Aia è l’autorizzazione ministeriale che consente di tenere in attività un impianto industriale di grandi dimensioni), e che nell’istruttoria ai fini Aia vanno tenuti presenti tutti gli inquinanti, anche in forma cumulativa, derivanti dall’attività industriale in questione.

   Adesso nella diffida al ministro dell’Ambiente, Genitori Tarantini e Peacelink (insieme all’ex europarlamentare dei Verdi, Rosa D’Amato) fanno presente che sono “scientificamente noti i gravi danni per la salute dei residenti, come attestato dal Rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (VDS), che definisce quale rischio non accettabile la produzione attualmente autorizzata e che i risultati mostrano nel quartiere Tamburi, prossimo allo stabilimento siderurgico, rischi superiori alla soglia di accettabilità”. Inoltre, sostengono i promotori della diffida, “la successiva VDS 2023 ha confermato i livelli di inquinamento degli anni precedenti e quindi il rischio è rimasto immutato” mentre “i dati Arpa hanno per di più indicato un trend di crescita per il benzene e anche delle polveri sottili per il periodo 2022-2023 (e quindi il rischio è tendenzialmente aumentato nonostante la produzione fosse la metà di quella autorizzata)”. 

- Nella diffida al Mase si legge poi che “non tutte le sostanze sono state considerate in relazione alla salute, considerando per salute anche quella mentale, in particolare dei più fragili, compresi bambini e anziani”. E che tutto ciò “avviene in aree esposte da tempo a impatti sanitari inaccettabili e con una popolazione già pesantemente gravata da effetti pregressi che dovrebbero imporre urgentemente provvedimenti di salute pubblica atte a garantire, in particolare nel quartiere Tamburi, la migliore qualità dell’aria”. Questo, si sottolinea nella diffida, “per tendere al recupero delle più favorevoli condizioni di salute pubblica e pertanto a rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”.

     Oltre alla sospensione dell’attività dell’ex Ilva, nella diffida a Pichetto Fratin si chiede di “volere disporre urgentemente lo svolgimento delle valutazioni di impatto sanitario in contraddittorio, preliminare al rinnovo dell’Aia, considerando tutte le sostanze inquinanti emesse dagli impianti, nonché i loro effetti cumulativi secondo il principio dettato dalla Corte di Giustizia Europea ed impartendo le relative prescrizioni solo nel caso in cui il rischio residuo risulti accettabile alla luce delle conclusioni scientifiche di una VIS realizzata in contraddittorio”.

\"Ci sono altri soggetti

industriali che hanno chiesto di visitare gli impianti di quella che

era l\'ex Ilva. Oltre ai tre soggetti che lo hanno fatto nelle ultime

settimane, in questo caso è un\'impresa canadese, uno dei grandi paesi

del G7\". Cosi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo

Urso, a margine dell\'assemblea di Unioncamere.

\'\'Ci sono - riferisce - anche altre imprese, magari di minore

dimensione, che hanno chiesto di visitare gli impianti per fare

eventualmente, anch\'esse, nell\'ambito della procedura, delle proposte

di politica industriale e finanziaria che sia confacente al piano che

dobbiamo realizzare\'\'.

(Dks/Adnkronos)

 Partenza in salita per la trattativa al ministero del Lavoro sulla cassa integrazione straordinaria che Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, l’ex Ilva, ha chiesto per 5200 dipendenti, per un anno, di cui 4.400 a Taranto. “Non c’è ancora aria di rottura ma siamo distanti”, ha dichiarato all\'AGI una fonte sindacale presente al tavolo ministeriale. 

La trattativa si è aperta ieri mattina al ministero del Lavoro, presenti l’amministrazione straordinaria dell’azienda, l’ex Ilva, i sindacati, il Governo e le Regioni sedi degli stabilimenti siderurgici, tra cui Puglia e Liguria. Cassa per un anno, con possibilità di proroga, che vede già i numeri presentati dall’azienda: 5.200 unità totali di cui 4.400 a Taranto.

    Si tratta di un impatto forte sull’organico se si considera che l’ex Ilva ha ora 9.869 dipendenti e che di questi 8.025 sono a Taranto. Se quindi dovessero essere confermati questi numeri, i cassintegrati rischiano di essere più della metà della forza lavoro, una quota molto alta, mentre ora la cassa coinvolge 3.000 addetti di cui 2.500 a Taranto. In tutti i casi si parla di numero medio massimo. Per Acciaierie,  l’amministrazione straordinaria guidata dai commissari spiega che con un solo altoforno in marcia, il 4, “la produzione allo stato si attesta su volumi pari a max 1.000.000-1.500.000 tonnellate annue”. C’é una previsione di “graduale incremento sino a raggiungere circa 2.500.000-3.000.000 tonnellate”, ma riguarda “dicembre 2024 a seguito della ripartenza dell’altoforno 2”. Ne consegue, per AdI, che “i livelli produttivi attuali ed attesi non sono sufficienti a garantire l’equilibrio e la sostenibilità finanziaria”. 

    Per Acciaierie d’Italia la via d’uscita sta nella “progressiva attuazione del programma”, a partire dal piano di ripartenza da 330 milioni, di cui 280 relativi a lavori di ripristino a Taranto, per finire al prestito ponte da 320 milioni, sul quale si attende ancora il via libera della Commissione Europea. Questo programma “consentirà di pervenire gradualmente ai livelli produttivi attesi e, al completamento dello stesso, al pieno utilizzo dell’organico”, dicono i commissari di AdI. 

    Intanto l’azienda ha lanciato ai sindacati segnali di dialogo, anticipando che stavolta la gestione della cassa sarà molto diversa da quella di Acciaierie a trazione Mittal-Morselli, che la rotazione del personale in cassa sarà effettiva e che per i dipendenti ci sarà un’integrazione economica. “L’azienda ha assicurato un’integrazione al 70% dell’indennità di cigs, oltre che a importanti pacchetti di formazione in presenza. E’ stato anche confermato il criterio della massima rotazione possibile dei cassaintegrati per evitare persone a zero ore”. si legge infatti in una nota.

 “Durante la riunione sono emersi temi importanti da parte delle sigle sindacali che il management di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria si impegnerà a risolvere, sottolineando la totale disponibilità a trovare soluzioni condivise con le associazioni sindacali” afferma l’azienda, che era rappresentata dal direttore generale Maurizio Saitta e dal direttore delle Risorse Umane, Claudio Picucci. “I rappresentanti sindacali nazionali hanno informato il tavolo - annuncia infine AdI in as - che le loro strutture confederali hanno richiesto un incontro alla presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine alle prospettive future e al rilancio di Acciaierie d’Italia. In conclusione, il rappresentante del Ministero del Lavoro, ha confermato che verranno calendarizzate ulteriori riunioni sul tema della cassa integrazione nell’ottica di raggiungere un accordo condiviso”.

Intanto i sindacati esprimono preoccupazione su un futuro quanto mai incerto.

“La richiesta di cassa integrazione formulata da Acciaierie d\'Italia, con numeri così drastici, rischia di compromette del tutto il senso di discontinuità che l\'amministrazione straordinaria ha provato a dare fin qui attraverso un dialogo costruttivo e un\'interlocuzione abbastanza costante e schietta”. Lo dichiara Usb, con Franco Rizzo e Sasha Colautti. L’azienda ha chiesto la cassa per 5.200 dipendenti. “Manca quasi del tutto - dice Usb - la discussione sul piano industriale e mancano le garanzie sulla sostenibilità economica per realizzarlo. Garanzie che può determinare solo il Governo. Di sicuro dall\'amministrazione straordinaria non ci aspettavamo miracoli, ma il livello di incertezza che ci è stato rappresentato al tavolo odierno è troppo alto e dà alla nostra organizzazione sindacale la sensazione che anche la partita sulla vendita al privato prospetti l\'ennesimo regalo di stato dove a pagare sono sempre i lavoratori e i cittadini”. L’Usb dice che “serve che la discussione sui presupposti di realizzazione del piano di rilancio sia seria, per affrontare nel merito, anche nei territori, il quadro complessivo, anche e soprattutto alla luce dell\'ultima sentenza della Corte Europea”. Quest’ultima una settimana fa, rimettendo le decisioni al giudice nazionale, ha detto che l’attività della fabbrica va fermata se costituisce un grave pericolo per la salute. 

 “Oggi non era la giornata nella quale entrare nel dettaglio spicciolo della cassa integrazione, anche se molto si è fatto, ma era la giornata di aggiornamento sulla prospettiva che quest’azienda deve avere. Ci è stato presentato dall’azienda un primo approccio sull’aumento dei fornitori, sulle richieste che sono state fatte, sugli acquisti, proprio perchè probabilmente è loro volontà dimostrare quello che stanno facendo”. ha detto Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl, all’uscita del ministero. “Ci è stato anche presentato un piano su come quel piano di ripartenza - ha aggiunto D’Alò a proposito dell’intervento da 330 milioni per il ripristino degli impianti negli stabilimenti, presentato lo scorso 7 maggio - stia dando le sue prime risposte. Noi abbiamo posto argomenti imprescindibili. La cassa integrazione, se deve partire come procedura, deve sì puntare al quadro attuale, un milione di tonnellate che produciamo, ma deve dare anche risposte e certezze di cosa succede nel momento in cui gli impianti ripartono e il tonnellaggio aumenta. Per noi questo è fondamentale. Poi, e su questo l’azienda ha già dato delle aperture, e questo agevola la discussione, il trattamento che deve essere riservato ai lavoratori che deve essere assolutamente lontano dall’idea di gestione Morselli, per cui integrazione salariale, rotazione, formazione in presenza. L’azienda ci ha dato delle disponibilità anche ad una integrazione salariale che tocchi il 70 per cento e porti questa cassa a quella di Ilva in as. È stato chiesta da noi anche la tutela di tutto il bacino di lavoratori, compresi i 1600 di Ilva in as, e il pezzo di validita dell’accordo del 2018 su questi temi. Abbiamo ancora - ha concluso D’Alò a proposito dei 5200 cassintegrati - forti distanze sui numeri della procedura”.

“L’incontro al ministero del Lavoro è stato un deja vù. Ancora una volta, dal 2019, anno della prima cassa integrazione unilaterale da parte di ArcelorMittal, siamo di nuovo a parlare di cigs a fronte di migliaia di lavoratori e famiglie che invece soffrono da anni, in attesa di risposte sul loro destino”. Lo dicono per la Uilm Guglielmo Gambardella e Davide Sperti .“Per tutte queste ragioni - dichiara la Uilm -, respingiamo con determinazione questo ennesimo tentativo di prendere tempo a discapito del futuro di migliaia di persone e con il concreto rischio di generare un disastro ambientale, industriale ed occupazionale”. 

 Secondo Gambardella e Sperti, “ancora una volta ci siamo ritrovati di fronte ad una procedura di cassa integrazione, con numeri quasi raddoppiati di lavoratori rispetto a quella precedente, senza confrontarci seriamente su una prospettiva che dia certezze a 20mila lavoratori di tutto il sistema ex Ilva, compresi le migliaia di lavoratori del sistema degli appalti per i quali permane una condizione di grave sofferenza e incertezza sotto ogni punto di vista. Per quanto ci riguarda - rilevano i sindacalisti Uilm -, fermo restando l’integrazione salariale alla cigs che deve essere riconosciuta ai lavoratori, a prescindere dall’eventuale accordo, per alleviare le gravi difficoltà persistenti, non si può continuare a parlare solo di cassa integrazione, legata alla durata dell’amministrazione straordinaria, senza avere un percorso di ripresa di tutte le attività e che ci faccia vedere una prospettiva di risalita produttiva e di rientro di tutti i 5.200 lavoratori, avendone già 1.600 in cigs nell’Ilva in AS, e che dia garanzie anche ai lavoratori delle aziende dell’indotto”.

   “È altrettanto chiaro – sottolineano Gambardella e Sperti - che è complicato discutere di cassa integrazione alla vigilia dell’ennesima procedura di vendita, annunciata dal ministro Adolfo Urso, per la quale è a noi sconosciuto il perimetro industriale ed i vincoli dei livelli occupazionali con cui verrà avviato il bando. È indispensabile - sostiene la Uilm - avere certezza delle adeguate risorse messe a disposizione per l’annunciato piano di ripartenza, a partire dal prestito ponte di 320 milioni, di cui si è ancora in attesa dell’approvazione da parte della Commissione europea, fra l’altro insufficienti anche per fare la sola manutenzione di tutti gli impianti” aggiungono. Se si vuole veramente rilanciare Ilva c’è bisogno di risorse che permettano l’acquisto di materie prime per un volume d’affari potenziale di diversi miliardi - afferma la Uilm -. Altrimenti non c’è discontinuità rispetto alla gestione Mittal e si continuerà a tirare a campare solo qualche altro mese”.

Lu.Lo.

Leonardo conferma per lo stabilimento di Grottaglie (Taranto) la linea di installazione del convertiplano, il velivolo AW609, in parte elicottero e in parte aereo, ma conferma anche la fermata di quattro mesi che sarà gestita attraverso la cassa integrazione ordinaria. È il dato che emerge dall’incontro tra azienda e sindacati nella sede di Unindustria a Roma, incontro cominciato nel pomeriggio e proseguito sino alla serata. Ampia la delegazione di Fim, Fiom e Uilm presente al tavolo, mentre per Leonardo c’era anche il direttore delle Risorse Umane, Antonio Liotti, il quale ha ribadito la volontà dell’azienda di rilanciare il polo di Grottaglie, andando oltre la monocommitenza, rappresentata dalle fusoliere del Boeing 787, attraverso una soluzione industriale definitiva. Che consiste appunto nel portare a Grottaglie la seconda linea di assemblaggio del convertiplano, quella italiana, mentre la prima è negli Stati Uniti, a Philadelphia.  Confermata, quindi, la scelta aziendale dell’AW609, mentre continua la negoziazione tra le parti per la gestione della fase congiunturale. Quest’ultima è rappresentata dalla minore produzione di fusoliere per il 787 (a Grottaglie si fabbricano in composito la sezione centrale e quella posteriore centrale) a seguito del nuovo piano comunicato da Boeing. Piano di cui i sindacati hanno già evidenziato i numeri principali. Infatti si è passati da una previsione per il 2024 di 87 ritiri di fusoliere a 54, mentre per il 2025 si scende da 118 a 97. Nel programma di Boeing, i ritiri da Grottaglie saranno 5 al mese sino a fine anno, 7 a gennaio-febbraio prossimi, 8 da marzo a dicembre 2025 e 10 dal 2025 in poi.  Per Leonardo, quindi, bisogna allineare la minore richiesta di Boeing - investita negli Usa da vari problemi - col passo di produzione di Grottaglie, anche perché lo stabilimento ha un accumulo di fusoliere che va smaltito. Lo strumento utilizzato dovrebbe essere la cassa integrazione ordinaria e coinvolgerebbe solo la componente produttiva del sito legata al programma 787. Restano in discussione tra le parti le modalità organizzative, se chiusura temporanea della linea di produzione, oppure rallentamento della stessa produzione. Oggi al tavolo Leonardo ha auspicato di trovare un’intesa unitaria nel prossimo incontro del 15 luglio. 

 

Sospiro di sollievo per le aziende del Mezzogiorno che potranno contare per ancora sei mesi sullo sgravio contributivo del 30%. 

Il presidente provinciale di Confcommercio Taranto, Leonardo Giangrande, commenta con soddisfazione la notizia della proroga della misura ‘Decontribuzione  Sud’ che ha supportato le aziende delle regioni meridionali che non hanno rallentato la produzione ed hanno continuato ad investire, nonostante che lo scenario politico-economico internazionale abbia inciso negativamente sull’andamento dell’economia degli ultimi anni. 

 

“La modifica della misura, in scadenza al 30 giugno, frutto dell’accordo raggiunto nell’incontro di Bruxelles tra la vice presidente della Commissione europea, Margrethe Vestager ed il  ministro degli Affari Europei, Raffaele Fitto, consente la proroga della misura a fine anno. Un’ ottima notizia – commenta Giangrande- anche perché questo risultato potrebbe essere la premessa per non chiudere il capitolo decontribuzione al 31 dicembre 2024;   secondo alcune fonti ministeriali , si starebbe infatti lavorando per andare oltre la data di proroga della misura, che è ora legata al Temporary Framwork, strumento avviato dalla Commissione Europea per far fronte ai danni derivati all’economia alla emergenza pandemia e dal conflitto bellico in Ucraina,  e renderla strutturale per un periodo prolungato.

 

L’economia pugliese  nel 2023 dopo i primi tre mesi ha registrato un rallentamento rispetto all’anno precedente – come ha anche evidenziato dal rapporto annuale di Bankitalia – sui cui hanno pesato i fatti internazionali e  le  politiche restrittive della Bce sui tassi di interesse. Tutto ciò non ha comunque fermato il sistema delle imprese che, nonostante la crescita dell’economia rallentata, ha tenuto ed ha saputo -come conferma Banca d’Italia- conservare una sua vivacità ed un suo dinamismo. E’ molto importante dunque – conclude il presidente provinciale di Confcommercio- far si che le imprese possano essere supportate in questo impegno per continuare ad investire ed aumentare la produttività e contribuire alla crescita occupazionale. Confidiamo nell’acquisizione di uno strumento che nel medio-lungo termine, attraverso lo sgravio contributivo per le aziende, possa contribuire a difendere i livelli occupazionali nelle nostre aree meridionali, nelle quali si registrano ritardi e situazioni di disagio socio- economico.”

 

 

Pagina 1 di 139