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Giornale di Taranto - GRANDI MANOVRE/ I commissari di Ilva in as chiedono il dissequestro dell’area a caldo, “condizioni cambiate, cessati i presupposti di pericolosità”
Martedì, 05 Aprile 2022 07:05

GRANDI MANOVRE/ I commissari di Ilva in as chiedono il dissequestro dell’area a caldo, “condizioni cambiate, cessati i presupposti di pericolosità” In evidenza

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 Ilva in amministrazione straordinaria ha presentato alla Corte d’Assise di Taranto istanza di dissequestro per gli impianti dell’area a caldo del siderurgico, ora in gestione alla società pubblico-privata Acciaierie d’Italia. Lo apprende AGI. Gli impianti sono sequestrati dal 26 luglio 2012 su ordinanza dell’allora gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’indagine “Ambiente Svenduto” ma all’azienda è da tempo concessa la facoltà di usarli. Per questi impianti, i pubblici ministeri, nella requisitoria del processo “Ambiente Svenduto”, hanno chiesto la confisca. Richiesta accolta dalla Corte con la sentenza di fine maggio scorso. 

“Le garanzie soggettive di discontinuità rispetto alla gestione che aveva originato il sequestro in atto sono assolute e non richiedono ulteriori specificazioni”. Questo è il passo conclusivo della “Istanza di restituzione di bene sottoposto a sequestro preventivo” di 28 pagine presentate dagli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria (Angelo Loreto e Filippo Dinacci) alla Corte d’Assise di Taranto. Come detto, l’obiettivo  è quello di ottenere il dissequestro degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto (“revoca della misura cautelare”). Gli impianti sono stati sequestrati per reati ambientali dieci anni fa. Attualmente sono concessi con facoltà d’uso al gestore della fabbrica, la società Acciaierie d’Italia (ArcelorMittal e Invitalia, quest’ultima per conto dello Stato).

   Per gli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti siderurgici, “non è revocabile in dubbio che i beni sottoposti a sequestro debbano essere considerati, in ragione dell’attuazione del Piano Ambientale, radicalmente diversi da quelli che, originariamente, avevano consentito la perpetrazione dei reati contestati”. “Lo stabilimento - si legge nella istanza alla Corte d’Assise - è attualmente esercitato da un Gestore altamente qualificato, in esecuzione di un contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato nell’ambito di una cornice normativa”. 

 

A ciò si aggiunga che “la conduzione dello stabilimento avviene sotto il controllo sia delle autorità amministrative competenti (Ispra, Arpa e Mite) sia dell’Ilva in Amministrazione Straordinaria”, quest’ultima guidata da commissari di Governo. Inoltre, scrivono gli avvocati nell’istanza, “non può che pervenirsi alla conclusione che la sostituzione dell’organo di nomina statale (e poi di un affittuario) al proprietario privato e la costante implementazione del Piano Ambientale escludano radicalmente tanto la concretezza quanto le occasioni di reità e, pertanto, l’attualità del pericolo”. A proposito del sequestro degli impianti, i legali evidenziano “come la cautela in oggetto sia stata adottata in relazione ai reati commessi tra il 1996 e il 2013, nel corso della gestione privata da parte del Gruppo Riva”.

 

   Oggi, invece, il quadro ambientale e gestionale della fabbrica dell’acciaieria è complessivamente cambiato, si fa notare alla Corte d’Assise, per cui, dicono gli avvocati di Ilva in as, “non sussistono i presupposti di una prognosi di pericolosità concreta ed attuale, idonea a giustificare il mantenimento del vincolo cautelare”.