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Giornale di Taranto - INQUINAMENTO/ Legambiente su ex Ilva “dati allarmanti, urgono valutazione preventiva del danno sanitario, decarbonizzazione e nelle more produzione abbattuta del 50%”
Lunedì, 08 Novembre 2021 11:49

INQUINAMENTO/ Legambiente su ex Ilva “dati allarmanti, urgono valutazione preventiva del danno sanitario, decarbonizzazione e nelle more produzione abbattuta del 50%” In evidenza

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 “Il dato della qualità dell’aria ottenuto in corrispondenza con i livelli di produzione di acciaio più bassi che si ricordino per lo stabilimento siderurgico tarantino, pari nel 2020 a circa 3,5 milioni di tonnellate annue, non può lasciare tranquilli”. Lo dice Legambiente, a proposito di ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, commentando la risalita di Taranto di nove posizioni, dall’86esimo al 77esimo posto, della classifica generale di “Ecosistema Urbano”, il rapporto annuale sulle performance ambientali delle città italiane, realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e “Il Sole 24 Ore” diffuso oggi. “Siamo estremamente preoccupati - dice Legambiente - per quello che potrà avvenire in seguito ad un incremento della produzione ottenuto dall’utilizzo degli attuali impianti, con le cokerie che, peraltro, ancora attendono la piena attuazione degli interventi previsti dalla Autorizzazione Integrata Ambientale”. “Torniamo a chiedere il rapido avvio di un processo di decarbonizzazione dell’ex Ilva che porti in tempi ragionevoli - e non biblici - alla fine del ciclo integrale basato sul carbone e preveda da subito, insieme a forni elettrici, l'inizio della rivoluzione dell’idrogeno verde per la produzione di acciaio” afferma ancora Legambiente. “Il Governo - chiede Legambiente - si decida a disporre quella Valutazione preventiva del Danno Sanitario che chiediamo inascoltati da anni,  volta ad appurare la produzione annua di acciaio realizzabile senza rischi inaccettabili per la salute, sia in prospettiva che in base all’attuale quadro emissivo dal siderurgico di Taranto”. “Nelle more - si conclude - ribadiamo la richiesta di abbattere in via prudenziale del 50% la capacità produttiva massima attribuita agli impianti attualmente in uso, portandola da 6 a 3 milioni di tonnellate annue”. 

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