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Martedì, 26 Ottobre 2021 19:58

LA RECENSIONE/ Il viaggio di Cosimo Argentina negli inferi dell’ex Ilva di Taranto, la letteratura e il risvolto civile In evidenza

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di Luisa Campatelli 

L’inferno dei vivi ha tante forme. 

Nei due reportage letterari raccolti in “Dall’Inferno” edito da minimum fax  a raccontarlo sono Cosimo Argentina e Orso Tosco .

 “Umè “di Cosimo Argentina ci scaraventa nell’ex Ilva di Taranto.

C’è un ragazzo, con il contratto in tasca, la borsa stretta in una mano e gli occhi rossi da  fulcro del tirassegno che entra in una notte di pioggia nella più grande fabbrica siderurgica d’Europa, deve fare l’affiancamento ma nessuno sa indicargli la strada, lo mandano da una parte all’altra, è accaduto un incidente, forse mortale, gli animi sono scossi e lui inizia a girare, attraversa il ventre devastato dell’acciaieria, si perde, torna al punto di partenza, come in un beffardo gioco dell’oca.

L’aldilà, visto di qua, diventa  il vagare alla disperata dell’attonito e fradicio neoassunto senza nome, lo chiamano “Ume’”, come si dice a Taranto, a mo di richiamo, che le generalità non servono “Ume’! Lo stai vedendo? L’Afo 2 il più merdoso degli altiforne !…”

La fabbrica è un microcosmo abitato da un’umanità allo sbando, che digrigna i denti ma poi si accuccia, nel disincanto, nell’attesa “Una guerra tra poveri, sono finito in una fottuta baraonda alimentata dalla fame. Ed è sicuro che se la godono, in balconata, là, i gestori di tutto questo, a guardarci gonfi di rabbia, uno coll’altro”.

Argentina ci fa incontrare occhi, quelli perforati dagli schizzi di bramma di Pasquale, quelli verdi di Mino Palata “.. .di un verde difficile da contenere in un’accoppiata di pupille”, quelli inondati dalla pioggia del ragazzo, e ci trovi un filo che porta a “Cecità” di Josè Saramago che pure la’ i personaggi non hanno nomi propri. 

Le strade senza uscita, gli anfratti,  l’Intreccio infinito di tubi, diventano palcoscenico dell’incongruo, dove vita e morte si passano le carte.

Accade in una notte che diventa il paradigma di tutte le notti passate e di quelle a venire, forse, in questa città nella città, immensa, senza tempo, senza punti cardinali, senza telefono, in una realtà che la penna di Argentina dilata, amplifica, deforma, mettendoci dentro i colori di un dipinto espressionista con un lessico potentissimo, duro, “lo slang Italsiderino” che sconvolge come un suono col rimbombo, che gli zampilli sembra di sentirseli addosso, insieme all’acqua e al fango, e alle urla di ribellione al cielo, e al rumore ossessivo delle macchine e pure alla mano del ragazzo, inzuppato dalla testa ai piedi, disarmante nella sua remissività, che si aggrappa all’appiglio tagliente del carrello elevatore fino a farsela sanguinare “La linea della vita s’e’ aperta in due e quella dei soldi fa’ che è scomparsa. Quella della salute me la sono fottuta a mettere piede qui”. Il versante infernale di questa  terra è popolato da creature simboliche, che sembrano agire come replicanti, “Ombre passano ingobbite o su automobiline di servizio. Un vento si solleva improvviso, cupo, gelido e ci getta in faccia manciate di polvere di minerale bagnata e filamentosa. ‘Non la ingoiare!’ ‘No’”.

C’è il morto che cammina con un cancro in mezzo al petto, ha paura di dormire a casa e così resta in fabbrica (“…che magari il mamone se lo porta dormendo dormendo”) che il senso del suo sacrificio e la sua rivalsa  stanno nella convinzione che cadendo sul lavoro alla moglie Luisa, devono dare i soldi “uno sull’altro”

E poi c’è il salvatore dal quale si attende un segno, una speranza, il riscatto. 

Tutto si mastica e si ingoia a botte di fatalismo e di ineluttabilità, “Ognuno ha uno o due parenti fottuti dal siderurgico. Familiari all’immolo. Il nostro sangue per l’acciaio”, è il prezzo del peccato originale: aver scambiato una condanna per un colpo di fortuna.

Argentina non è uno scrittore comodo, chi cerca rassicurazioni e consolazione non è tra le sue pagine che deve andare a cercare perché non ne troverà traccia, qua poi tocca un campo minato e lo fa nell’unico modo che conosce, a mani nude, senza filtri che di questi tempi è una rarità in tutti i sensi. 

Ma c’è dell’altro, il risvolto civile, la denuncia “Hanno addomesticato l’Aia per fare un piacere a ‘sti chini d’mmerd! Aia ‘u cazz ‘mba ! Aia ‘u cazz’!” 

Qualcuno dice che un figlio lo tiene con la leucemia. Che i figli nemmanco nei parchetti possono sce a sciuca’, adda’, ai Tamburi”

Per una volta - scrive Argentina su Nazione Indiana-rileggendo un mio scritto avevo pensato di essere andato oltre la storia pura e semplice. Insomma, forse uno scrittore oltre a intrattenere la gente, i lettori, ha anche un compito: sputargli in faccia alcune realtà, sebbene deformate e ritorte dalla propria penna, che la letteratura ha la libertà di poter esibire”. Questo libro cade in un momento particolare, nel mezzo di un cambiamento, dopo una sentenza storica, in una città per troppo tempo affetta dalla sindrome del “fenomeno da baraccone”, stanchissima e divisa, che gli  zampilli in faccia ha proprio bisogno di prenderseli perché qualunque  strada decida di intraprendere questa non può prescindere da una resa dei conti con il mostro, che non va rimosso ma affrontato senza deleghe in bianco.

Probabilmente vede giusto Argentina quando sostiene che  “questo libro farà arrabbiare i tarantini” riflessione che suona come un soliloquio che il primo a prendersi gli zampilli in faccia è lui.

E questo apre un tema che potremmo definire ricorrente nella letteratura argentiniana.

Ume’, percepito come un corpo estraneo accolto con ostilità dagli operai, è solo. La sua solitudine ne richiama un’altra in particolare, altrettanto disperata, che con questa condizione Argentina ha una certa dimestichezza, parliamo di quella di Colombia di “Maschio adulto solitario”, e un’altra discesa agli inferi annunciata da una porta, enorme con l’intercapedine di legno e l’architrave in cemento su cui qualcuno ha scritto graffiando sul cemento  “…per  me si va nella città dolente…per me si va nell’eterno dolore…”  

 

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Ottobre 2021 18:02
Giornalista1

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