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Giornale di Taranto - ACCORDO FIRMATO/ Ritorno al passato, dopo 25 anni è di nuovo acciaio di Stato
Venerdì, 11 Dicembre 2020 07:28

ACCORDO FIRMATO/ Ritorno al passato, dopo 25 anni è di nuovo acciaio di Stato In evidenza

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 L’accordo Invitalia-ArcelorMittal, è stato firmato: il nastro della storia si riavvolge, lo Stato torna nell’azienda, l’ex Ilva, ora ArcelorMittal Italia, che aveva lasciato ben 25 anni fa.

    Era maggio del 1995 quando l’Iri, con le privatizzazioni, cedette l’Ilva, allora tutta pubblica, al gruppo industriale Riva, già attivo nella siderurgia. Riva ha gestito l’Ilva sino a maggio 2013. A Taranto era già scoppiata l’inchiesta giudiziaria Ambiente Svenduto con sequestri di impianti e arresti di manager e degli stessi Riva. Ai primi di giugno 2013 il Governo Letta, considerando l’insostenibilità della situazione, con un decreto legge che farà in seguito molto discutere, toglie l’Ilva ai Riva e l’affida ai commissari di Stato. Si tratta di Enrico Bondi ed Edo Ronchi, il primo stava già nel board Ilva con i Riva, il secondo era stato anni addietro ministro dell’Ambiente. E oggi, per una singolare coincidenza, Fabio Riva - coinvolto nell’inchiesta ambientale di Taranto e per questo arrestato a suo tempo - è stato assolto dalla Corte d’Appello di Milano dall’accusa di bancarotta per il crack della holding Riva Fire a cui faceva capo la stessa Ilva. I giudici di appello hanno confermato l’assoluzione chiesta anche dalla Procura generale. 

 

GLI ANNI DEI COMMISSARI

Ilva è stata in mano ai commissari per circa sei anni. Dal giugno 2013 al giugno 2014 con Bondi e Ronchi, poi con Piero Gnudi e Corrado Carrubba. Da gennaio 2015 al posto della gestione commissariale arriva l’amministrazione straordinaria causa lo stato di insolvenza dell’azienda. I commissari diventano straordinari e a Gnudi e Carrubba si unisce Enrico Laghi. Saranno loro a gestire la società in anni difficilissimi, stretti tra congiuntura di mercato, decreti del Governo, coperta finanziaria sempre troppo corta rispetto alle necessità e piani ambientali da mandare avanti. I tre commissari sono anche quelli che metteranno in cantiere la cessione di Ilva al privato. Che si realizza a giugno 2017 con la scelta dell’offerta di ArcelorMittal, tramite la società veicolo Am Investco, che batte la concorrente Acciaitalia, con Jindal, Arvedi e Cdp, cordata capitanata da Lucia Morselli, ora ad di ArcelorMittal Italia. 

 

 SI INSEDIA ARCELORMITTAL

La gara è vinta dalla multinazionale a giugno 2017, ma solo a maggio 2018 arriva il via libera della Ue alla quale la cessione va obbligatoriamente comunicata. Parte un difficile negoziato col sindacato e a settembre 2018 ArcelorMittal firma l’accordo col sindacato: garantiti 10700 posti di lavoro. A novembre 2018 ArcelorMittal si insedia nella gestione del gruppo e sceglie chi assumere tra i 10700 dal bacino di Ilva in as. Chi non viene assunto, resta in Ilva in amministrazione straordinaria in cassa integrazione a zero ore.

LA DEFENESTRAZIONE DELL’AD JEHL

I primi mesi di ArcelorMittal scorrono senza grandi problemi, a parte i conflitti sollevati da chi non è stato selezionato per l’assunzione. Ma a maggio 2019 la musica cambia. L’azienda comunica ai sindacati che la crisi del mercato morde, di conseguenza Taranto nel 2019 non produrrà più i 6 milioni di tonnellate di acciaio previsti ma 5 milioni. A luglio, però, parte la cassa integrazione ordinaria per un numero massimo di 1200 addetti a Taranto. Saranno le prime 13 settimane che poi verranno di volta in volta prorogate sino alla primavera scorsa. A novembre c’è però il “botto”: l’ad Matthieu Jehl è sollevato dall’incarico. Al suo posto arriva Lucia Morselli. E’ ottobre 2019. 

 

LINEA DURA DI MORSELLI 

Non ci vuole molto a capire che l’aria è cambiata e di molto pure. A novembre 2019 ArcelorMittal dichiara di voler rescindere il contratto con Ilva in amministrazione straordinaria. Da pochi mesi, il Parlamento aveva soppresso lo scudo penale. Il Governo, difronte all’annuncio di abbandono della multinazionale, va in fibrillazione, il premier Giuseppe Conte viene per due volte a Taranto a stretto giro, e parte così un negoziato che, tra saliscendi, alla fine approderà a marzo 2020 ad una intesa al Tribunale di Milano dove il conflitto aperto da ArcelorMittal, con l’intenzione di abbandonare il contratto, era nel frattempo approdato mentre le Procure di Taranto e Milano avevano aperto due inchieste. L’accordo di marzo stoppa il contenzioso e mette in carreggiata l’accordo di coinvestimento dello Stato che oggi ha tagliato il traguardo.

I MESI DEL COVID

Scoppia la pandemia. A metà marzo la cassa integrazione coinvolge a Taranto più di 3mila persone. Lo stabilimento è fermo, gli ordini rarefatti. Per evitare che si diffonda il contagio tra gli operai, il prefetto stabilisce un contingente massimo di manodopera, diretta e indiretta, che può varcare la fabbrica. E impone il divieto di commercializzare i prodotti. Sarà così sino ai primi di aprile 2020. Causa Covid, Morselli tiene alta la cassa integrazione, ferma impianti su impianti, si scontra ripetute volte con i sindacati. La fabbrica sembra spegnersi, i cantieri Aia vengono fermati, l’indotto non pagato, i canoni di fitto a Ilva pure. Alla fine tutto questo si sbloccherà in parte ma c’è il risultato che l’azienda, rispetto al 2019,nel 2020 ha drasticamente ridotto le perdite.

 

 L'ARRIVO DELLO STATO

L’accordo di marzo 2020 prevedeva già il coinvolgimento del pubblico ma è tuttavia il piano che presenta a giugno 2020 ArcelorMittal a convincere il Governo che bisogna correggere la rotta. Quel piano viene infatti ritenuto dall’esecutivo non in linea con il patto di marzo. Entra così in campo Invitalia e parte un lunghissimo negoziato che è durato sino a queste ore.

OBIETTIVO: IL RILANCIO

Lo Stato entra nel capitale di ArcelorMittal. A febbraio 2021 col 50 per cento e versando 400 milioni, a giugno nel 2022 passando al 60 per cento e versando altri 700 milioni circa. La governance aziendale sarà condivisa. C’è la promessa di mantenere tutta l’occupazione, i 10700,ma a regime di piano, nel 2025. Prima ci saranno 4 anni di cassa integrazione a scalare. La produzione arriverà progressivamente a 8 milioni di tonnellate e a Taranto debutterà il forno elettrico col preridotto di ferro. Per il Governo e Invitalia, è una svolta in termini ambientali. Non sarà una riedizione del passato delle Partecipazioni Statali, assicurano.  Ma le istituzioni di Taranto, a partire dal sindaco Rinaldo Melucci, contestano il piano, affermano che non tutela ambiente e salute e lamentano l’esclusione della città da ogni confronto.