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Giornale di Taranto - TESTIMONIANZE/ “Noi, positivi al Covid, vi raccontiamo la nostra odissea. Fare il tampone? Un’impresa”
Domenica, 01 Novembre 2020 20:54

TESTIMONIANZE/ “Noi, positivi al Covid, vi raccontiamo la nostra odissea. Fare il tampone? Un’impresa” In evidenza

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“Ho scoperto di essere positivo grazie alla richiesta fatta dall’asilo di mio figlio, probabilmente”. Sembra non avere fine l'incubo di Marco, un operaio di 37 anni della provincia di Bari che lunedì 12 ottobre ha scoperto di essere stato a contatto stretto con un positivo. Da quel momento tutta la sua famiglia - moglie e un bimbo di appena 3 anni - si è chiusa in casa: “Isolamento domiciliare, così lo chiamano. Per noi è cominciato di lì il brutto sogno – racconta Marco all’AGI - ho avvisato subito il mio medico di base che ha segnalato il mio contatto con un positivo accertato alla Asl di competenza e mi ha assicurato che, di lì a breve, mi avrebbe ricontattato. Ironia della sorte, nonostante io e mia moglie dormissimo nello stesso letto e il mio bambino volesse legittimamente giocare e abbracciarmi, anche prima che io avessi contatti con il positivo accertato, per i medici loro non erano ‘costretti’ all'isolamento. Potenzialmente mia moglie poteva tornare a lavorare”. Ma i giorni passano e nessuno si fa sentire: “Dopo dieci giorni di isolamento, in cui ho chiamato medici e numeri verdi, per la Asl al 14esimo giorno potevo essere ‘libero’. Ma dall’asilo frequentato da mio figlio mi arriva una richiesta più che legittima: avevano bisogno di una autodichiarazione con allegato il tampone che attestasse la mia negatività al virus prima di riammettere il bambino a scuola. Mi sono armato di speranza: i miei colleghi erano risultati tutti negativi e, nonostante l'assenza della Asl (complice anche il fatto che sono, fortunatamente, asintomatico), venerdì 23 mi sono recato in un centro tamponi accreditato in altra provincia, a 38 km dalla mia città, l’unico libero. Questo era stato velocissimo a recepire l’accreditamento con la Regione, un po’ meno a recepire il prezzo: tampone, prelievo e marca da bollo, ben 107 euro. Il risultato arriva in serata: positivo. E pensare che per la Asl ero libero. Il mio medico curante, comunicato l'esito, mi ha detto che ormai era tardi, che il weekend era chiuso, che avrebbe fatto la comunicazione lunedì: intanto, avrei avuto il tempo per creare la lista di conviventi e contatti stretti. E quindi aspettiamo, prigionieri in casa, un certificato di negatività per rientrare tutti a lavoro”. 

 

Caso ancor più grave, invece, sembra quello di Francesco che è riuscito a scoprire la positività al virus grazie ad un tampone di controllo effettuato nell'azienda dove lavora. “Ho sviluppato i sintomi tre o quattro giorni dopo aver scoperto di essere positivo al covid: tosse, respiro affannoso e poi la febbre a 40 per diversi giorni di seguito. Disperato ho chiamato il 118, sotto consiglio del mio medico di base che riteneva addirittura avessi bisogno di un sostegno ospedaliero, ma all'arrivo degli operatori la mia saturimetria era buona, per questo non hanno ritenuto opportuno ricoverarmi. Ora sto meglio, ma sono praticamente bloccato – riferisce Francesco - la Asl, infatti, non ha in programma un tampone di controllo per accertare la mia negatività al virus, in quanto era stato accertato in via privata in azienda. Stessa azienda che, adesso, non ha intenzione di riprendermi in ufficio senza un certificato”.     E senza nessun accertamento non rientrano nemmeno i bambini a scuola, è la storia di Vittoria. “Il 17 ottobre ho ricevuto la comunicazione che un ragazzino che giocava con mio figlio a calcetto è risultato positivo al covid. Ho segnalato, a mia volta, la situazione al pediatra e ora mio figlio è in isolamento fiduciario, ma senza sintomi: secondo la procedura, non deve fare tampone e, teoricamente, dopo 14 giorni potrebbe tornare a scuola con il solo certificato del medico. Ma ovviamente – commenta sconsolata Vittoria - quest’ultimo, non si prende la responsabilità di accertare ciò di cui non ha contezza. Insomma, tra qualche giorno sarò costretta a sottoporre mio figlio a un sierologico al costo di 50 euro, sperando vada tutto per il meglio”. È proprio l'ambito scolastico quello più problematico anche a detta di un pediatra.  “Facciamo la segnalazione alla Asl, dopo di che si avvia la procedura di inizio quarantena, ma sfugge il provvedimento della fine del periodo di isolamento. La situazione sfugge al controllo e ci ritroviamo con ragazzi reclusi, privati della possibilità di fare lezione in presenza a scuola e genitori lavoratori disperati, perché non possono lasciare i figli piccoli da soli”. E ci sono casi anche tra gli specialisti. Si chiama Giovanna ed è una psicoterapeuta 42enne. “Giovedì 15 ottobre incontro una paziente in studio, entrambe abbiamo la mascherina, le misuro la temperatura (regolare), igienizziamo le mani, restiamo a distanza, ma il giorno successivo lei manifesta dei sintomi compatibili con il covid e venerdì 23 mi comunica la sua positività, accertata dal tampone”, racconta. “Il mio medico di base mi consiglia l’autoisolamento, di effettuare un tampone a pagamento all’undicesimo giorno, perché aprire la procedura con la Asl richiederebbe troppo tempo. Così, seguo il suo consiglio: mi ‘attacco’ (letteralmente) ai numeri dei centri convenzionati con la Regione della mia zona, ma nessuno mi risponde”. La dottoressa decide di mettersi in auto e si reca prima in un centro nella propria città, poi uno a 20 km di distanza, fino ad arrivare ad un terzo centro, a 30 km.  “Fila immane, facce stravolte, ma tra di loro una persona gentile che mi prenota il tampone per giovedì 29 ottobre”. “Torno a casa sconcertata perché non capisco perché per noi psicologi / psicoterapeuti, non siano stati previsti percorsi preferenziali: ho dovuto disdire tutti i miei appuntamenti, usando ogni cautela possibile con persone che soffrono di particolari patologie o gestanti”. Al momento, dunque, non solo la Asl è presa d'assalto, ma anche i centri privati: “Ce ne sono alcuni che hanno addirittura staccato il telefono, altri che hanno il primo appuntamento utile al 9 novembre – ha confessato un medico di base -. Molti pazienti, sospetti casi covid, si stanno riversando in Basilicata per effettuare il tampone, ma anche lì non si sa quanto reggeranno. Noi non abbiamo più vita, i nostri cellulari suonano di continuo, proviamo a tranquillizzare i pazienti anche tramite videochiamata, senza poter contare sull'apporto e l’appoggio delle Usca. In tutto ciò, si sono quadruplicate le richieste per i vaccini antinfluenzali: i cittadini pensano che il vaccino sia una buona via di scampo per il covid, quindi le richieste, rispetto allo scorso anno, si sono quadruplicate. Ma nonostante la grande richiesta, i vaccini in studio non sono ancora arrivati: avrò 600 pazienti da vaccinare, con ingressi scaglionati e su appuntamento. Abbiamo solo un mese di tempo… ma questa è un'altra storia”. 

Ultima modifica il Domenica, 01 Novembre 2020 20:58