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Giornale di Taranto - Taranto 23-24 novembre 2013 - Omelia di Mons. Filippo Santoro nell’Eucarestia conclusiva dell’Assemblea Diocesana:Testimoniare la misericordia nelle nostre periferie
Domenica, 24 Novembre 2013 18:37

Taranto 23-24 novembre 2013 - Omelia di Mons. Filippo Santoro nell’Eucarestia conclusiva dell’Assemblea Diocesana:Testimoniare la misericordia nelle nostre periferie In evidenza

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Cari Sorelle e Fratelli, innanzitutto manifestiamo la nostra comunione con il Santo Padre Papa Francesco, saluto S.E. Mons. Papa, il nostro Vicario Generale, S. E. il prefetto, saluto tutti i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e tutti voi carissimi fedeli venuti numerosi in questa Concattedrale. Concludiamo oggi l’Anno della Fede al termine della nostra Assemblea Diocesana, nella domenica di Cristo Re dell’Universo. Abbiamo venerato le reliquie del nostro patrono San Cataldo in comunione col Santo Padre che questa mattina ha posto le reliquie di San Pietro alla venerazione del popolo cristiano. Noi seguiamo la fede degli apostoli testimoniata dal nostro patrono diocesano San Cataldo. Il cammino dell’anno liturgico ci porta attraverso la celebrazione dei misteri della nostra salvezza e la santificazione quotidiana al riconoscimento della regalità di Gesù, unico salvatore, unica nostra speranza. Quest’anno speciale di riflessione sulla nostra professione e confessione di fede è stato ancora una volta lo sprone dettato dalla carità pastorale dei nostri papi, il Papa emerito Benedetto che lo ha voluto e Papa Francesco che lo ha concluso. Ci hanno sollecitati a riconoscere in Gesù, l’autore e il perfezionatore della nostra fede. Sì cari fratelli e sorelle, desideriamo tutti insieme come ci invita l’apostolo, guardare a Cristo come a colui nel quale e per il quale si ricapitolano tutte le cose. Ci dice la seconda lettura. “È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vi¬sta di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono” (Col 1, 13-17). In lui e per lui viviamo, in lui troviamo senso e compimento. Lui è il capo, noi le membra. La nostra fede lo riconosce e lo proclama come il nostro principio e in lui la nostra vita trova un fine. Egli, Cristo re, è l’alfa e l’omega! “È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1, 19-20). Mentre contempliamo Gesù come colui che era prima del mondo, mondo che è stato fatto per di lui, noi lo sperimentiamo vicino, accanto a noi. Il Verbo del Padre ha posto la sua dimora fra noi. Non mi stanco di dire che la nostra fede non nasce da un da un discorso, da un ragionamento o dall’adesione ad un sistema etico. La nostra fede non è innanzitutto una dottrina o una serie di precetti. La nostra fede nasce dall’incontro con il Signore. È dalla bellezza di questo incontro che nasce l’avventura della fede. Il Signore è entrato nella storia dell’uomo, e ancora oggi nella storia di ciascuno, Gesù si fa prossimo, si fa fratello e si lascia trovare da coloro che lo cercano. Il nostro annuncio parte dalle nostre mani che lo hanno toccato, dai nostri occhi che lo hanno visto, dalle nostre orecchie che hanno ascoltato la sua voce. Capite bene ormai che chi crede in un Dio così “concreto”, non può vivere una fede disincarnata, astratta, senza sangue e fatta a nostro uso e consumo. La nostra fede è nel segno di Dio che si fa uomo, che prende su di sé le sofferenze degli uomini. La nostra fede è carne e sangue. La nostra fede è pane che si spezza, è vita che si condivide. La nostra fede è di chi rischia. Ed in questi quasi due anni di ministero di vescovo in mezzo a voi ho sempre cercato di rischiare, non per ultimo nel Convegno sulla Custodia del creato che abbiano fatto il 7 novembre sulla drammatica situazione di Taranto e sul delicato e necessario rapporto tra difesa della salute e dell’ambiente e difesa del lavoro. E non solo nelle grandi questioni e nei momenti solenni. La fede è quindi di chi mette in conto una vita intera che non può fare a meno di Gesù Cristo. Vorrei riprendere con voi alcuni punti fondamentali per il cammino pastorale che abbiamo davanti e che sono stati oggetto di riflessione nell’assemblea che abbiamo tenuto ieri a Martina Franca nella Casa San Paolo con i rappresentanti di tutte le parrocchie, associazioni, confraternite e movimenti. 1. Papa Francesco ce lo ricorda sempre e ieri è stato ripetuto in assemblea che bisogna ripartire dall’essenziale che è Gesù Cristo e la sua misericordia: “Nuova evangelizzazione significa risvegliare nel cuore e nella mente dei nostri contemporanei la vita della fede. La fede è un dono di Dio, ma è importante che noi cristiani mostriamo di vivere in modo concreto la fede, attraverso l’amore, la concordia, la gioia, la sofferenza, perché questo suscita delle domande, come all’inizio del cammino della Chiesa: perché vivono così? Che cosa li spinge? Sono interrogativi che portano al cuore dell’evangelizzazione che è la testimonianza della fede e della carità. Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio” ( Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione). Ed ancora Papa Francesco aggiunge: “Come figli della Chiesa dobbiamo continuare il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo volto. C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale, è profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di con-vertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole. La Chiesa in mezzo all’umanità di oggi dice: Venite a Gesù, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e troverete ristoro per le vostre anime (cfr Mt 11,28-30). Venite a Gesù. Lui solo ha parole di vita eterna” (Ibidem). Papa Francesco, con la semplicità dei piccoli del Vangelo che sono custodi del Regno, ha regalato la misericordina: una scatola simile a quella dei farmaci con tanto di foglietto illustrativo e posologia contenente la coroncina della Divina Misericordia.*** Non è soltanto un tentativo di incrementare una devozione. In realtà abbiamo bisogno di una cura ricostituente di misericordia. Lo ha detto nel viaggio di ritorno da Rio de Janeiro, rientrando dalla giornata mondiale della Gioventù. È tempo di Misericordia. Di perdono. E’ quindi tempo dell’essenziale; nell’azione pastorale a tutti i livelli, i sacerdoti, i diaconi, i catechisti, gli operatori, i collaboratori, tutti i fedeli laici abbiano la misericordia come stella polare. È tempo di misericordia, di accoglienza, di perdono di mostrare la bellezza dell’amore di Dio che non si stanca mai di perdonare. 2. Viviamo la pienezza della fede se viviamo la comunità. Questo è stato l’altro punto che è ritornato in modo insistente nell’assemblea di ieri. Dico sempre la comunione prima dell’organizzazione. Gesù ci ha messi volutamente tutti sulla stessa barca. Alla salvezza non si approda da soli. È nella Chiesa del Signore che noi troviamo la salvezza! La comunità è condizione della fede. Per questo il nostro sentire deve essere ecclesiale. L’ enciclica Lumen Fidei parla della “forma ecclesiale della fede”. Ed anche in questo cammino il Papa ci ricorda: “chi conduce la pastorale nella Chiesa particolare è il Vescovo e lo fa come il pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio. L’atteggiamento del vero pastore non è quello del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi.” (Videomessaggio ai partecipanti del Pellegrinaggio presso il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, Mexico, 16-19 novembre 2013) Pregate per me perché possa essere come il Papa vuole i suoi vescovi. Vorrei che ogni parrocchia ed ogni realtà della nostra Chiesa particolare non dimenticasse mai di essere parte di un corpo solo in Cristo, che vive dello Spirito e che ha un solo Dio come Padre. Tutte le cose della Chiesa ci appartengono, siamo responsabili di tutta la Chiesa. Sono stato di recente in Guatemala a trovare don Luigi Pellegrino e la nostra missione. Francamente vi confesso di aver provato nostalgia per l’America Latina, per la missione mentre giravo per tutti quei villaggi, percorrendo strade di fortuna e luoghi impervi. Pensavo che quella missione ci appartiene e che paradossalmente, nell’era globale, noi viviamo nelle nostre parrocchie rare situazioni di apertura e di passione per l’evangelizzazione. Dobbiamo aprirci. Dobbiamo dare testimonianza di unità e di accoglienza. Di comunione. Gesù ha scommesso sulla Chiesa. Ci aspetta in un cenacolo senza confini dove scoprirci fratelli. 3. L’altro punto emerso nella nostra assemblea riprende quello che il Papa ci ha detto: “Che tutta l’attività abituale delle Chiese particolari abbia un carattere missionario. E questo nella certezza che l’uscita missionaria, più che un’attività tra altre è un paradigma, cioè è il paradigma di tutta l’azione pastorale. L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là. «Andiamo altrove a predicare ai villaggi vicini, perché per questo sono venuto», diceva il Signore. È vitale per la Chiesa non chiudersi, non sentirsi già soddisfatta e sicura con quel che ha raggiunto. Se succede questo, la Chiesa si ammala, si ammala di abbondanza immaginaria, di abbondanza superflua, in certo modo “fa indigestione” e si debilita. Bisogna uscire dalla propria comunità e avere l’audacia di arrivare alle periferie esistenziali che hanno bisogno di sentire la vicinanza di Dio. Lui non abbandona nessuno e mostra sempre la Sua tenerezza e la Sua misericordia inesauribile, quindi, questo è ciò che bisogna portare a tutta la gente. L’obiettivo di tutta l’attività pastorale è sempre orientato dall’impulso missionario di arrivare a tutti, senza escludere nessuno e tenendo in gran considerazione le circostanze di ognuno” (Ibidem). Ed il Papa ci ha donato un nuovo documento pontificio: l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, la Gioia del Vangelo. Uscire ed andare incontro agli altri con la gioia del vangelo, incontrare chi si è allontanato e chi ha smarrito la fede. Incontrare tutti. Ieri mattina mentre uscivo da un importante convegno presso l’ Università degli Studi a cui sono stato solennemente invitato, in via Duomo, nella città vecchia, mi ha preso sotto braccio un signore ed in dialetto tarantino mi ha chiesto di andare a benedire i suoi due figli, portatori di handicap psichici. La visita non era in programma, ma sono andato lo stesso: ho benedetto i due ragazzi e tutti erano molto grati: “Che bello il Vescovo a casa nostra. Gesù ci ha visitati.”. 4. .Un quarto punto è tornato insistentemente ed è stato il riferimento alla famiglia, ai giovani e particolarmente ai poveri. I poveri li avrete sempre con voi. I poveri per noi non sono un dovere. Sono un bisogno. Abbiamo bisogno dei poveri per incontrare Cristo. Se la comunità è condizione della fede, i poveri sono condizione di una fede che si vede! Quest’anno ci aspetta la realizzazione del Centro di accoglienza per i senzatetto. Già ieri mi sono giunti tanti campanelli di allarme per persone che stanno per perdere il posto di lavoro e chiedevano l’aiuto del Vescovo. Insieme con il mio intervento alla Vestas e alla Marcegaglia farò certamente sempre sentire la mia voce nella difesa del lavoro e soprattutto delle famiglie. Ma ho bisogno dell’aiuto di tutti. Visto che non sono l’ufficio di collocamento, Signor prefetto ci aiuti! Rafforziamo ed incrementiamo le nostre Mense per i poveri. Sono sicuro della sintonia di tutti voi e della vostra generosità. 5. Un quinto ed ultimo punto desidero proporre a tutti come prospettiva di questa Assemblea Diocesana: il tema della Testimonianza della misericordia nelle periferie. In realtà qui da noi, particolarmente nel capoluogo i problemi sono gravi sia nelle periferie come nei quartieri centrali. Per questo, giustamente il Papa parla delle periferie che non sono solo geografiche, ma umane, esistenziali. La fede è chiamata a splendere sulla città. Noi siamo lievito e sale. È la nostra vocazione del ricercare il bene comune e di migliorare la società. Abbiamo una responsabilità civile e sociale che ci viene dall’essere cristiani autentici. Nella nostra diocesi non mancano certo le sollecitazioni: la salute, l’ambiente, il lavoro, le emergenze sociali, la sanità, l’istruzione. La Chiesa è in trincea, non le retrovie, negli osservatori, negli avamposti. Non dobbiamo rinunciare all’annuncio della speranza. Avete visto come in questi mesi sulle vertenze aperte e scottanti che solcano il nostro territorio, creando divisioni e sconforto, la Chiesa ha sempre detto una parola d’invito alla concertazione intelligente per il perseguimento del bene comune. Non è cosa facile, specie quando si rischia di essere fraintesi, quando il pregiudizio sembra essere un muro invalicabile di sordità. Continueremo ad essere presenti sul campo, costruendo il dialogo tra le parti, lottando per il bene comune e sostenendo la speranza del nostro popolo. Non possiamo dimenticare in questa celebrazione eucaristica le vittime del Tifone nelle Filippine e della devastante alluvione in Sardegna. Per loro la nostra preghiera e la nostra solidarietà. Domenica prossima 1 dicembre le Cei ha promosso una colletta per questi drammatici eventi e noi parteciperemo in tutte le parrocchie come sempre con particolare generosità. Colgo l’occasione anche per pregare per i nostri due marò ancora trattenuti in India, mostriamo piena solidarietà alle loro famiglie e chiediamo alle autorità che intervengano perché tornino presto tra noi. Cari fratelli e sorelle, rimango sempre sorpreso dai nostri numeri, dalle grandi manifestazioni di fede, eppure non vorrei che l’invito del Signore di andare anche noi a lavorare nella sua vigna rimanesse disatteso. Abbiamo tanto da vivere e da testimoniare nell’annuncio della fede. Il Signore continua ad esclamare davanti alla nostra Chiesa diocesana, come davanti ad un campo sterminato di possibilità e talenti: «sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso». “Tutto questo, però, nella Chiesa non è lasciato al caso, all’improvvisazione. Esige l’impegno comune per un progetto pastorale che richiami l’essenziale e che sia ben centrato sull’essenziale e sulla missione, cioè su Gesù Cristo. Ci dice ancora il Papa “Non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue, ma concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli come Lui ci ha amato. Un incontro con Cristo che è anche adorazione, parola poco usata: adorare Cristo. Un progetto animato dalla creatività e dalla fantasia dello Spirito Santo, che ci spinge anche a percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci! Ci potremmo chiedere: com’è la pastorale delle nostre diocesi e parrocchie? Rende visibile l’essenziale, cioè Gesù Cristo? Le diverse esperienze, caratteristiche, camminano insieme nell’armonia che dona lo Spirito Santo? Oppure la nostra pastorale è dispersiva, frammentaria, per cui, alla fine, ciascuno va per conto suo?” (PC Nuova Ev.). In questo cammino ci saranno tre grandi momenti comuni come tre arcate: la prima è la Settimana della Fede nel prossimo marzo; la seconda è un nuovo pellegrinaggio diocesano in settembre come quello che abbiamo fatto a Loreto, trovando le maniere per facilitare a molti la partecipazione; la devozione a Maria è la stella del nostro cammino diocesano come sarà evidente dalla consacrazione alla Madonna che faremo alla fine di questa liturgia. La terza arcata sarà una nuova Assemblea Diocesana nel prossimo novembre. Lo Spirito ci chiama attraverso Papa Francesco ad ardere di amore per la Chiesa e per il mondo. Proprio come ha fatto il nostro Re. Gesù da un trono diverso, quello della croce, autorevole e credibile, mentre si è fatto carico di tutti i pesi del mondo, ascolta la preghiera di un delinquente pentito. La salvezza irrompe oggi. È nell’atto della nostra preghiera che prorompe l’evento della vita. «Oggi si compie la parola che avete udito»; «oggi la salvezza è entrata in casa tua»;«oggi sarai con me in paradiso». Oggi, Chiesa di Taranto, riprendiamo rinfrancati il cammino! Oggi , adesso il Signore ci abbraccia e ci perdona per portare a tutti il suo amore e la sua misericordia. Sia lodato Gesù Cristo.