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Sabato, 08 Settembre 2018 16:35

L'OMELIA / Mons.Filippo Santoro "Immigrati, sono stato attaccato ma Taranto non e' una città razzista. Lavoro e ambiente, dopo indecisioni e temporeggiamenti, la svolta" In evidenza

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Torna a parlare di immigrazione, di lavoro e di ambiente l’arcivescovo di Taranto mons.Filippo Santoro nell’omelia pronunciata oggi a San Giovanni Rotondo in occasione dell’inaugurazione dell’anno pastorale.
Ecco il passaggio in cui vengono trattati questi attualissimi temi
“In questi giorni anche io ho manifestato la volontà di accogliere nell’arcidiocesi di Taranto parte dei migranti ospitati a Rocca Di Papa. Ciò che rimane un semplice gesto di carità per tanti fratelli e sorelle, le cui storie dovrebbero toccarci il cuore, ha scatenato una serie di attacchi violenti verso la mia persona tant’è che da più parti, in primis dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e poi da tanti altri che ringrazio, mi sono arrivate attestazioni di solidarietà. Sono sereno perché rispondo alla mia coscienza e alla comunione col Santo Padre. Non mi affliggono tante cattiverie e cose false dette sul mio conto, ma sono fonte di tanta amarezza per la scoperta di un mondo carico d’odio, di mancanza di responsabilità, di gente nascosta nella rete, con così poca umanità. D’altronde il primo ad essere bersaglio di tanta violenza dei social network è Papa Francesco e con lui, in questi giorni la Conferenza Episcopale Italiana.
Il Vangelo non ci da margini di interpretazione sul piano dell’amore, non ci sono vie alternative o riduzioni. Il Vangelo nella sua semplicità ed inequivocabile affermazione ci comanda di amare Dio e il prossimo come Do ci ha amato senza distinzione di razza e di appartenenza sociale; omettere ciò vuol dire non amare il Signore. 
Però devo dire «coraggio» insieme con il profeta perché Taranto non è quella che è apparsa in quei post dei social, che evidentemente non raccontano la realtà. Non siamo un popolo razzista e cinico, perché nelle nostre numerose difficoltà siamo stati in prima fila, Chiesa, istituzioni e mondo delle associazioni per aiutare i migranti, dando esempio di accoglienza e di generosità. Tanto si fa per i migranti e in questi anni non si sono registrati problemi di ordine pubblico o altri disagi. Sappiamo anche molto bene che non risponde al vero il continuo luogo comune che tra noi ci sia, come Chiesa, interesse per gli stranieri e disinteresse per gli indigenti italiani; per questi infatti la diocesi ha ristrutturato un palazzo nobiliare in pieno centro storico. Palazzo Santacroce, ora “Centro San Cataldo Vescovo”, dove diamo la possibilità di dormire e di mangiare ai senzatetto della città. È un progetto che abbiamo visto crescere insieme di pellegrinaggio in pellegrinaggio, che sosteniamo insieme ed ora è lì a testimonianza dell’amore di Gesù per i più poveri, opera segno del Giubileo della Misericordia, il Giubileo del cuore infinito di Dio.
Fratelli e sorelle, il profeta ci annuncia «coraggio» perché l’arrivo del Signore ci aiuterà a vincere con fiducia la brutta stagione di razzismo e di odio che mai si confà al nostro spirito dei popoli del  Mediterraneo. Impegniamoci perché questa fase nel nostro Paese conosca presto il suo termine per cedere il passo alla generosità e alla pace di cui siamo sempre stati capaci.
La carità deve unirci e mai dividerci, l’amore per i poveri che, come promesso da Gesù negli ultimi giorni della sua vita terrena, saranno sempre con noi, è il segno distintivo della fraternità cristiana che accoglie senza discriminazione i poveri italiani e i poveri migranti.
Specie in questo momento dobbiamo ancora una volta dare prova di unità, mentre la situazione delle problematiche ambientali e del lavoro nella nostra città sembrano essere ad una svolta dopo una stagione di temporeggiamenti e di indecisioni. Continuo a manifestare la mia vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie perché ci sia dignità e sicurezza sul lavoro, difesa della salute e dell’occupazione, senza licenziamenti e mantenendo i diritti acquisiti sia per dipendenti diretti come per quelli dell’indotto. Continua, però, a preoccuparci una crisi lavorativa senza precedenti.  Molti dei nostri giovani sono costretti ad emigrare e così perdiamo un grande capitale umano e sociale prima ancora che economico.”



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