È uscito il 1° maggio il nuovo singolo della cantautrice tarantina Mariella Nava. Il titolo è CIELO ROSSO ed è una canzone dedicata alla sua città.
Una dichiarazione d'amore, di speranza e di ribellione, che parla del riscatto di una città il cui "cielo resiste anche sotto tortura".
La Nava sceglie di introdurre il brano con un breve scritto esclusivo sempre dedicato alla sua città e alla sua gente:
“Dove finisce la mia città e dove inizio io.
E, così come me, gli altri suoi figli.
Devoti e a tratti rivoltosi ma mai arresi, per un destino sempre in bilico tra pace e guerra, tra lecito e ingiusto, tra ossigeno e fuoco.
Lei è Taranto. Figlia a sua volta di un Dio del mare.
Nata tra ardimento greco e orgoglio di sole sferzante di Mediterraneo.
Delusa e oltraggiata, violentata come ogni donna un po’ debole e sola di questo tempo.
Arrugginita e, sotto la coltre polverosa di ferro, ancora magnifica.
Racchiusa a doppio nodo dalla terra al golfo dello Ionio e lì, riversa, addormentata, abbracciata e distesa.
Nei pomeriggi arroventati resta silente, quieta e speranzosa.
Spettinata e mossa dalla calda certezza del vento sciroccoso di Ionio che su di lei sfoggia tutti i colori più accesi, dal rosso incandescente riverberato del tramonto
all’ azzurro intenso del cielo specchiato nelle onde.
Mai persa. Mai vinta.
Lei e i suoi ponti.
In mezzo ci siamo noi.
La sua gente.
Le sue teste pensanti. Viste dall’alto.
Le sue voglie.
I suoi desideri.
I suoi deliri.
I suoi diritti.
Il nostro sangue.
Le nostre storie.
I vecchi, i giovani, i bambini.
Le voci.
Le grida.
I tarantini.
Desiderosi di riscatto e di vita.
Bisognosi di rivalutazione della propria memoria.
Necessitanti di presente e ancora di più urgenti di futuro.
Amanti.
Noi.
Quelli di cui si può parlare.
Si può sentenziare.
Si puó giudicare.
Si può decidere.
Noi.
Che non ci fermeremo mai di difendere ciò che è nostro.
Ció che qui è stato.
Ció che siamo, ció che potremmo essere e saremo.
Semplicemente alzando la testa e aprendo ancora gli occhi consapevoli su tanta meraviglia.
L’orizzonte sul mare sfuma e si accende ad ogni fine di giorno, ad ogni inizio di sera.
I pescherecci partono.
I pescherecci rientrano.
Si salpa da qui, ma non si lascia mai niente,
mai nessuno.
Il mare dondola.
La sirena dell’Arsenale suona.
È il nostro segnale per sapere di essere ancora vivi.”
E, così come me, gli altri suoi figli.
Devoti e a tratti rivoltosi ma mai arresi, per un destino sempre in bilico tra pace e guerra, tra lecito e ingiusto, tra ossigeno e fuoco.
Lei è Taranto. Figlia a sua volta di un Dio del mare.
Nata tra ardimento greco e orgoglio di sole sferzante di Mediterraneo.
Delusa e oltraggiata, violentata come ogni donna un po’ debole e sola di questo tempo.
Arrugginita e, sotto la coltre polverosa di ferro, ancora magnifica.
Racchiusa a doppio nodo dalla terra al golfo dello Ionio e lì, riversa, addormentata, abbracciata e distesa.
Nei pomeriggi arroventati resta silente, quieta e speranzosa.
Spettinata e mossa dalla calda certezza del vento sciroccoso di Ionio che su di lei sfoggia tutti i colori più accesi, dal rosso incandescente riverberato del tramonto
all’ azzurro intenso del cielo specchiato nelle onde.
Mai persa. Mai vinta.
Lei e i suoi ponti.
In mezzo ci siamo noi.
La sua gente.
Le sue teste pensanti. Viste dall’alto.
Le sue voglie.
I suoi desideri.
I suoi deliri.
I suoi diritti.
Il nostro sangue.
Le nostre storie.
I vecchi, i giovani, i bambini.
Le voci.
Le grida.
I tarantini.
Desiderosi di riscatto e di vita.
Bisognosi di rivalutazione della propria memoria.
Necessitanti di presente e ancora di più urgenti di futuro.
Amanti.
Noi.
Quelli di cui si può parlare.
Si può sentenziare.
Si puó giudicare.
Si può decidere.
Noi.
Che non ci fermeremo mai di difendere ciò che è nostro.
Ció che qui è stato.
Ció che siamo, ció che potremmo essere e saremo.
Semplicemente alzando la testa e aprendo ancora gli occhi consapevoli su tanta meraviglia.
L’orizzonte sul mare sfuma e si accende ad ogni fine di giorno, ad ogni inizio di sera.
I pescherecci partono.
I pescherecci rientrano.
Si salpa da qui, ma non si lascia mai niente,
mai nessuno.
Il mare dondola.
La sirena dell’Arsenale suona.
È il nostro segnale per sapere di essere ancora vivi.”
Del brano è anche appena uscito un videoclip ideato, realizzato e prodotto da una società Pugliese la Colore Unico | Extra-ordinary way che ha voluto metaforicamente raccontare il rinascimento possibile della città.
Ecco il link: https://youtu.be/EJNtGRZbO6k