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Giornale di Taranto - PAISIELLO, CITTA' VECCHIA/ LO SCEMPIO DELLA ABITAZIONE DOVE VISSE L'ARTISTA TARANTINO.
Lunedì, 13 Giugno 2016 06:13

PAISIELLO, CITTA' VECCHIA/ LO SCEMPIO DELLA ABITAZIONE DOVE VISSE L'ARTISTA TARANTINO. In evidenza

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Una nostra lettrice,  Caterina Lippo ci segnala la situazione di totale degrado della casa natale di Giovanni Paisiello. Quest'anno - ricorda la Lippo - ricorre l'anniversario dei 200 anni dalla morte (del grande artista), e mentre tutto il mondo celebra il genio musicale tarantino rappresentando le sue opere, ecco lo scempio in Città Vecchia.                                                                                                                                                           Giovanni Paisiello, nato a Taranto il 9 maggio 1740  e moto a Napoli il 5 giugno 1816 - SI LEGGE SU WIKIPEDIA - è stato un compositore italiano fra i più importanti e influenti del Classicismo. Nacque a Taranto in piazzetta Monteoliveto dal maniscalco Francesco Paisiello e Grazia Fuggiale e aveva due fratelli, Porzia e Raffaele. Fu battezzato nel Duomo di San Cataldo ed appena tredicenne lasciò Taranto per andare a studiare musica al conservatorio di Sant'Onofrio a Napoli, dove studiò sotto la supervisione di Francesco Durante, divenendo successivamente suo assistente.Per il teatro del conservatorio, che lasciò nel 1763, scrisse alcuni intermezzi, uno dei quali attrasse così tanto l'interesse dell'opinione pubblica che fu invitato a scrivere tre opere per lo Stato pontificioLa pupilla e Il mondo a rovescio per la città di Bologna e Il marchese di Tidipano, per Roma.Essendo la sua fama oramai affermata, si trasferì per qualche anno a Roma, dove produsse una serie di opere di grande successo. Nel 1772, Paisiello fu costretto a sposare Cecilia Pallini, essendosi rifiutato di mantenere la promessa di matrimonio. Nonostante questo incidente, il matrimonio fu felice.Nel 1776 ricevette ed accettò l'invito della zarina Caterina II di Russia di ricoprire nella neonata San Pietroburgo la carica di maestro di cappella per tre anni. Partì dunque il 29 luglio e dopo qualche mese, nel gennaio dell'anno successivo, giunse nella capitale dell'Impero Russo. Divenne subito insegnante di musica della granduchessa Maria Fjòdorovna e dopo sei mesi mise già in scena un suo lavoro, l'opera metastasiana La Nitteti. Il 30 aprile 1781, il successo qui ottenuto fece sì che gli venisse rinnovato il contratto per altri quattro anni. Dopo la rappresentazione de La serva padrona (già musicata alcuni decenni prima da Pergolesi), l'anno seguente fu la volta di un suo capolavoro, Il barbiere di Siviglia, ascoltato da Mozart, che volle metterla in musica a sua volta, componendo "Nozze di Figaro".Paisiello abbandonò la Russia nel 1783, e, dopo aver rappresentato Il Re Teodoro a Vienna, si mise al servizio di Ferdinando IV a Napoli, dove compose numerose tra le sue opere migliori, incluse Nina, o sia La pazza per amore e La Molinara. Nel 1789, compose una Missa defunctorum per il principino Gennaro Carlo Francesco di Borbone, morto di vaiolo nel gennaio di quell'anno. Dopo molte vicissitudini, derivate da cambiamenti politici e dinastici, venne invitato a Parigi (1802) da Napoleone, il cui favore si era conquistato cinque anni prima con una marcia composta per il funerale del generale Hoche. Napoleone lo trattò munificamente, più di altri compositori. Paisiello dirigeva la musica di corte alle Tuileries con uno stipendio di 10 000 franchi, oltre a 4800 per vitto e alloggio, ma non ebbe il successo che si aspettava da parte del pubblico parigino, che accolse freddamente la sua opera Proserpina, tanto che, nel 1803, egli richiese e con difficoltà ottenne il permesso di ritornare in Italia, giustificata dalla cagionevole salute della moglie. Al suo arrivo a Napoli, venne reinstallato nel suo ruolo precedente da Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, ma la sua fortuna pareva ormai in declino, seguendo quella della famiglia Bonaparte. In questo periodo, ebbe un rapporto stretto di amicizia con fra Egidio Maria di San Giuseppe, suo conterraneo.La morte della moglie nel 1815 lo colpì duramente. La sua salute si guastò con rapidità, e la sua gelosia nei confronti della popolarità altrui era una fonte di preoccupazione continua.Al ritorno dei Borboni al governo di Napoli, Paisiello, la cui carriera era compromessa dal successo goduto presso i Bonaparte e dalla difficoltà ad adeguarsi al mutato gusto musicale, vide la sua fama declinare irrimediabilmente.Morì a Napoli il 5 giugno 1816, nella casa in Via Concezione a Montecalvario  48 (dov'è stata apposta una lapide), che aveva preso in affitto fin dal 1811. È sepolto nella chiesa di Santa Maria Donnalbina in una tomba scolpita nel 1817 da Angelo Viva, sormontata da un bel profilo marmoreo e con l'iscrizione: IOANNI PAISIELLO / TARENTINO / MARIA ET IPPOLITA / FRATRI INCOMPARABILI / LUGENTES / OBIIT DIE V IUNII MDCCCXVI. Le opere di Paisiello (se ne conoscono 94) abbondano di melodie, la cui bellezza leggiadra è tuttora apprezzata. Forse la più conosciuta tra queste arie è "Nel cor più non mi sento" dalla Molinara, immortalata anche nelle variazioni di Beethoven e interpretata da alcune delle più grandi voci della storia, sia maschili (Pavarotti compreso) che femminili. La sua produzione di musica sacra molto ampia, comprendendo 8 messe (tra cui la "Messa di Natale per la cappella di Napoleone", e la solenne Messa da requiem) oltre a numerosi lavori meno noti: compose anche molta musica strumentale da camera. Manoscritti delle partiture di molte sue opere vennero donate alla biblioteca del British Museum da Domenico Dragonetti.Oltre all'attività operistica, Paisiello è noto per aver composto Viva Ferdinando il re, adottato nel 1816 come inno nazionaledel Regno delle Due Sicilie.La biblioteca dei Girolamini di Napoli possiede un'interessante raccolta di manoscritti che registrano le opinioni di Paisiello sui compositori a lui contemporanei, e ce lo mostrano come un critico spesso severo, soprattutto del lavoro di Pergolesi.Un teatro di Lecce è a lui intitolato, nonché una via nel quartiere Barriera di Milano a Torino.