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Giornale di Taranto - Aiuti all'Ilva nel mirino dell'Europa/ Peacelink "I soldi devono essere spesi per lavoratori, riconversione, città"l
Lunedì, 18 Gennaio 2016 19:04

Aiuti all'Ilva nel mirino dell'Europa/ Peacelink "I soldi devono essere spesi per lavoratori, riconversione, città"l In evidenza

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Cosa sta accedendo a Bruxelles

Gli aiuti pubblici all’ILVA

 

I soldi pubblici non devono servire ad aiutare l'Ilva ma i lavoratori e la città per bonifiche, riconversione, ambientalizzazione. E'questo, in estrema sintesi, il pensiero espresso da Peacelink  nel corso della conferenza stampa convocata presso la libreria Ghilmalesh alla vigilia di una scadenza che potrebbe rivelarsi decisiva.

Come si legge in apertura della corposa documentazione fornita agli organi di stampa che di seguito pubblichiamo integralmenrte  

 

"La proposta di aprire un'inchiesta sugli aiuti pubblici destinati all'Ilva approda domani 19 gennaio 2016 sul tavolo della Commissione europea.

 

La commissaria per la concorrenza Margrethe Vestager illustrerà alla Commissione Europea i motivi alla base dell'iniziativa nel quadro della disciplina Ue che vieta gli aiuti di Stato alla siderurgia e alla luce dell'importanza del settore. Successivamente Bruxelles dovrebbe rendere pubblica la decisione di avviare l'inchiesta.

 

“L'inchiesta formale che dovrebbe essere aperta la prossima settimana da Bruxelles - si legge sull’ANSA - mira soprattutto a valutare la legittimità del prestito ponte da 300 milioni accordato a dicembre ma anche degli ulteriori interventi a sostegno dell'Ilva per complessivi 800 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità 2016. Martedì a Strasburgo, dove la Commissione si riunirà in occasione della sessione plenaria dell'Europarlamento, Vestager illustrerà il contesto nel quale si viene a collocare sia l'indagine sul caso Ilva e sia quella su un'altra aziende del settore siderurgico che sarà aperta in contemporanea”.

 

PeaceLink aveva segnalato il problema

 

A segnalare un anno e mezzo fa le azioni di “aiuto” all’ILVA era stata PeaceLink e per mesi l’attività di indagine della Commissione Europea era stata ufficiosa e informale.

 

Il governo italiano potrà portare il suo punto di vista

 

L'avvio dell'inchiesta e la pubblicazione sulla 'Gazzetta Ufficiale Ue' delle contestazioni mosse al governo consentirà a tutte le parti interessate di presentare a Bruxelles le rispettive osservazioni. Al termine della valutazione delle informazioni così raccolte, Bruxelles dovrà decidere se ed eventualmente in quale misura gli aiuti ricevuti dall'Ilva sono compatibili con le norme che regolano il funzionamento del mercato unico europeo e il rispetto di una corretta concorrenza.

 

Cosa sta succedendo in Italia

 

Frana la cordata italiana Salva-Ilva

L’intervento dello Stato tenta di tamponare una situazione sempre più sfilacciata.

I bresciani di Ori Martin (acciaieria) dicono che non sono interessati a quote Ilva. E anche Feralpi (gruppo siderurgico) smentisce di volersi accollare quote di Ilva, ossia debiti. Anche Fiat non vuole far parte della cordata. E la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) non può investire (è vietato dallo statuto) in aziende decotte. I soldi dell'ultimo decreto non possono essere dati altrimenti interviene la Commissione Europea, ma per il Governo è l’ultima parta prima del deragliamento dell’ILVA.

 

L’uso improprio della Cassa Depositi e Prestiti (CDP)

 

Utilizzando CDP (risparmio postale delle famiglie) per salvare l’ILVA si verrebbe meno a vincoli di legge a tutela del risparmiatore; per questo risparmio è prevista una “sana e prudente gestione”. Franco Bassanini ha scritto queste osservazioni che assolutamente sconsigliano l’uso della CDP quale strumento di intervento nel capitale di imprese in crisi.

 

Ostacoli all’uso della CDP per aziende in crisi

 

Essi possono essere così riassunti:

a) La legge impone a Cdp e alle sue controllate per gli investimenti in equity l’obbligo di investire solo in società “in condizioni di stabile equilibrio economico, patrimoniale e finanziario” e con “adeguate prospettive di redditività”;

 

b) lo stesso obbligo è ribadito dallo Statuto di Cdp e del FSI (che gli azionisti di minoranza, il cui voto è necessario, hanno già fatto sapere di non volere modificare);

 

c) un intervento in equity in imprese in crisi rischia di innescare una procedura europea di infrazione per aiuti di Stato.

 

Un intervento di Cdp nella ristrutturazione di imprese in crisi la avrebbe esposta inoltre ai seguenti altri rischi:

 

d) il rischio di riclassificazione di Cdp nel perimetro della PA, da parte di Eurostat, con relativo consolidamento del suo debito nel debito pubblico;

 

e) il rischio di un intervento della vigilanza di Banca d’Italia, alla quale Cdp è soggetta;

 

f) il rischio di un procedimento per danno erariale di fronte alla Corte dei Conti;

 

g) last but not least, il rischio di una fuga dei risparmiatori dal risparmio postale, di fronte alle polemiche e/o equivoci che un intervento della Cassa innescherebbe (“Governo e Cdp mettono a rischio i risparmi dei pensionati!”).

 

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Franco Bassanini è stato presidente della Cassa Depositi e Prestiti dal 6 novembre 2008 al 10 luglio 2015.


 

Le vere ragioni della crisi dell’ILVA

Mentre il governo tende a scaricare le colpe della crisi dell’ILVA sull’Europa, o sugli ambientalisti o sui magistrati o sulle multinazionali tedesche e francesi della siderurgia, sta accadendo qualcosa di molto grave: il prezzo dell’acciaio crolla del 45% a livello mondiale. E la contrazione della domanda di acciaio, a fronte di una sovracapacità produttiva ormai crescente, rende l’acciaio una merce sovrabbondante e destinata a generare una guerra dei prezzi al ribasso sempre più forte. L’ILVA ha perso tre miliardi di euro in tre anni e non sembra migliorare la situazione del settore per il 2016 di fronte ad una stagnazione del mercato siderurgico. Nel 2015 la produzione di acciaio dello stabilimento ILVA di Taranto è rimasta sotto i 5 milioni di tonnellate/anno quando ne servirebbero almeno 7 per raggiungere il punto di pareggio fra costi e ricavi. E l’aumento della produzione non può avvenire in una situazione di ristagno del mercato (la stessa Cina non aumenta più i suoi livelli produttivi).


 

La posizione di PeaceLink

Il divieto posto dal TFUE

 

Gli aiuti di Stato sono vietati dal Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) per evitare che venga falsata la concorrenza e che si manifesti il rischio di falsare la concorrenza.

Questo divieto non è stato scritto contro l’Italia ma è posto anche a tutela di tutte le nazioni e quindi anche dell’Italia. E infatti l’Italia ha firmato il TFUE. E se il governo italiano lo dovesse violare aiutando l’ILVA non può contestarlo proprio ora. Anche perché il cattivo esempio si potrebbe estendere ad altre nazioni ben più potenti dell’Italia, come la Germania o la Francia o la Gran Bretagna, che potrebbero fare lo stesso aiutando le loro acciaierie e mandando in frantumi l’Unione Europea in una concorrenza senza più regole comuni.

 

Il governo italiano può aiutare la città di Taranto, i lavoratori Ilva ma non l’azienda Ilva. Lo specifica l’articolo 107 nei suoi vari commi in cui specifica cosa è vietato, cosa è consentito e cosa può essere consentito.

 

I soldi dello Stato devono servire ad aiutare i lavoratori e la comunità

La posizione di PeaceLink è quella di usare i soldi dello Stato (ossia dei contribuenti) allo scopo di aiutare i lavoratori ILVA e la comunità locale, favorendo una riconversione anche con i fondi dell’Unione Europea per le aree di crisi industriale. Usarli dandoli all’ILVA significherebbe

  • buttarli in un pozzo senza fondo (ILVA ha perso tre miliardi di euro in tre anni)

  • bruciare dei fondi che servirebbero per la riconversione e trovarsi sguarniti di risorse nel momento in cui ILVA chiuderà (riproponendo per Taranto uno scenario di desolazione e di abbandono stile Bagnoli);

  • far incappare l’Italia in una procedura di infrazione con pesanti sanzioni.

Invece di farsi sanzionare dall’Europa, il governo italiano si può far aiutare dall’Europa per il processo di riconversione e di rilancio, per il quale sono previsti appositi fondi.

 

I soldi dei risparmiatori non vanno toccati

 

L’uso della CDP va assolutamente scongiurato altrimenti lanceremo una campagna di obiezione di ritiro dei risparmi dai libretti postali e dai buoni fruttiferi, e sconsiglieremo i risparmiatori dal prenderne di nuovi sia per ragioni di coscienza che di convenienza.

 

L’attività di PeaceLink a Bruxelles

 

Informazioni costanti alla Commissione Europea

 

PeaceLink ha posto da un anno e mezzo a Bruxelles il problema degli aiuti di Stato all’ILVA quando ha notato che Ilva produceva enormi perdite e si stava avviando a diventare un’azienda decotta.

L’attività di PeaceLink è avvenuta informando in modo tempestivo e accurato la Commissione Europea, così come ha fatto per le violazioni della direttiva sulle emissioni industriali.

PeaceLink ha agito in modo trasparente rendendo note le sue comunicazioni alla Commissione.

 

PeaceLink è iscritta al Registro Europeo della Trasparenza.

PeaceLink ha potuto esercitare in Europa quelle azioni di partecipazione democratica che dovrebbero essere favorite anche in Italia. L’Europa consente ai cittadini una partecipazione e un ascolto che il governo italiano non attua.

E' un grande onore per Peacelink essere un'associazione accreditata presso la Commissione Europea e il Parlamento Europeo.

Mentre in Italia vengono fatte leggi per rendere legale ciò che non è legale (incorrendo in infrazioni europee), riteniamo che l'Europa sia un riferimento di legalità imprescindibile per fermare questa riscrittura malata della legislazione nazionale ad uso e consumo del governo e a danno dei cittadini.


 

L’Europa ascolta, il governo italiano no

Le critiche a PeaceLink di aver agito usando amicizie “potenti” nasce dall’ignoranza delle regole comunitarie che garantiscono ai cittadini e alle loro associazioni il diritto di interloquire con la Commissione Europea. In Europa i cittadini vengono ascoltati e considerati, in Italia il governo li ignora e li umilia. Accade così che chi li ignora e li umilia senta addirittura puzza di bruciato quando le istituzioni europee invece li ascoltano con attenzione e serietà, applicando le leggi, invece di eluderle.

 

La portavoce europea di PeaceLink

Chi in questi giorni non si è fatto una ragione della capacità di PeaceLink di portare la voce di Taranto ai massimi livelli europei ha insinuato complotti di ogni tipo. Non ha calcolato che la portavoce di PeaceLink, Antonia Battaglia, è stata funzionaria dell’Onu con un lungo curriculum di relazioni internazionali, lauree e master. Nulla a che vedere con quelli che sono abituati a fare in Italia le solite arrampicate politiche con una robusta raccomandazione e un mediocre curriculum.   

 

La persistenza del pericolo sanitario a Taranto

 

La vicenda sugli aiuti di Stato all’Ilva si svolge in parallelo rispetto all’altro dibattito, quello sulla salute e della minaccia dell’inquinamento, nonché nella preoccupazione che il persistere dell’inquinamento genera soprattutto fra chi ha bambini piccoli. Alcuni genitori tarantini si sono autotassati per far affiggere dei manifesti in città con la scritta “I BAMBINI DI TARANTO VOGLIONO VIVERE”.

Il vicesegretario provinciale del Pd jonico Costanzo Carrieri ha definito come atti di «populismo sfrenato i manifesti 6x3» apparsi in questi giorni in città relativi al futuro dei bambini tarantini.

Lo studio Sentieri ha certificato un eccesso del 54% di tumori nei bambini a Taranto rispetto alla media regionale.

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I genitori così hanno raccontato il contesto in cui è maturata la scelta di far affiggere quei manifesti.

 

“Mamma, ma è vero che a Taranto i bambini si ammalano molto di più che nel resto d’Italia?”

Federica (il nome è di fantasia) aveva otto anni e gli occhi spalancati dal terrore quando per la prima volta pose questa domanda alla madre. Li vedemmo, quegli occhi, perché eravamo lì, a casa dei nostri amici, quella sera. Il silenzio calò così improvviso e freddo da gelare i nostri cuori. E mentre la madre cercava una risposta “adeguata”, se mai ci può essere risposta a tale domanda, Federica la fissò con le lacrime agli occhi, urlando: “Tu mi devi portare via da qui. Ti prego. Io voglio vivere”.

 
Ultima modifica il Lunedì, 18 Gennaio 2016 19:48