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Giornale di Taranto - La riflessione/ Gli spot elettorali sono proprio brutti
Sabato, 16 Maggio 2015 10:19

La riflessione/ Gli spot elettorali sono proprio brutti In evidenza

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di Vito Massimano

 

 

Sono diventato avido di spot elettorali locali, manco fossi Fantozzi davanti alla tribuna politica.

Certo, rispetto alla scena evocata, non ci sono Spadolini, Berlinguer, Almirante o Craxi ad indicarmi i programmi e, grazie al cielo, forse neanche io sono troppo simile al famoso personaggio di Paolo Villaggio.

Fatto sta che lo stupidario pre elettorale sarebbe veramente avvilente se non si fosse immediatamente consolati da quella vena di malinconica comicità intrinsecamente connessa al basso profilo di molti candidati.

Le parole d’ordine sono fiducia, insieme, noi, la nostra generazione, il candidato giusto, l’esperienza, l’entusiasmo, i cittadini protagonisti, le istanze del territorio, le problematiche gravi che necessitano di progettualità, uniti si vince e via cazzarando.

Questi candidati sono come l’orso bruno: vivono in letargo per cinque anni, bivaccano nei loro ambienti chic lontano dalla plebaglia, vengono eletti e spesso non intervengono in aula per manifesta inadeguatezza o per disinteresse.

Il ritorno di fiamma con la gente scoppia proprio in occasione del consueto appello finalizzato ad ottenere la fatidica X sulla scheda elettorale.

La passione civile è come il raffreddore, viene in determinati momenti e non si sa mai bene come curarlo.

Loro lo curano con gli stereotipi e con la presunzione di apparire appassionati ai problemi del territorio, locuzione tanto vacua quanto abusata.

Piacerebbe sapere se per i problemi di Taranto non dormano ogni notte come vogliono far credere o se l’insonnia li assalga solo in determinati momenti.

Propendiamo per questa ultima ipotesi e non riusciamo a capire se, oltre recitare a mò di rosario frasi senza senso come il problema della portualità, del turismo, dell’ambiente, dell’occupazione , dell’industria, i trasporti, la crisi, itinerario enogastronomico, ricambio generazionale o piastra logistica, costoro sappiano anche in cosa si sostanzino tali tematiche e quali potrebbero essere le soluzioni compatibili con le politiche di bilancio.

Troppo complicato studiare vero? Molto meglio il metodo collaudato anche se già obsoleto da almeno quarant’anni: ti fanno mangiare, ti fanno sbevazzare, ti invitano a dire la tua (ma mentre tu parli loro pensano che a casa mancano latte, biscotti e detersivo per i piatti) e lo sfogatoio è servito.

Diranno che la tua considerazione è acuta e che molto si è fatto ma molto resta da fare per vincere le resistenze dei potentati che minano la democrazia ma che con il tuo voto puoi contribuire a spazzare via per cui adesso mangia la bruschetta e vota sereno perché al resto penseranno loro.

La tattica è vecchia ma funziona a tal punto da indurti a dubitare che, alla fine, sia proprio questo che chiede la gente.

Rimosso questo cattivo presentimento, non si può non sottolineare che gli spot proposti dai candidati sulle emittenti locali sono veramente brutti: mal recitati, zeppi di luoghi comuni, naturali come una busta di plastica, carichi di inflessioni dialettali, con le solite inquadrature da statista pensoso o da sbarazzino in maniche di camicia e giù con musiche e slogan originali come gli zigomi di Gabriel Garko.

Eppure gli spot dovrebbero essere curati in maniera maniacale perché sono il biglietto da visita di un politico, sono l’emblema della cura e della competenza con cui costoro fanno le cose.

Ecco, appunto. Adesso torna tutto.