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Giornale di Taranto - Decreto Ilva, bagarre in Senato. Il testo passa con 151 voti a favore
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Giovedì, 19 Febbraio 2015 12:52

Decreto Ilva, bagarre in Senato. Il testo passa con 151 voti a favore In evidenza

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Bagarre nell'Aula di Palazzo Madama per la conversione in legge del decreto Ilva/Taranto su cui il Governo ha posto il voto di fiducia. Il provvedimento è comunque passato con 151 voti a favore. Pesanti contestazioni e critiche  sono giunte dal Movimento 5 stelle e da Sel. Secondo il sen. Ciampolillo (M5S) il "decreto rappresenta l'ennesima dimostrazione della incapacità di questo Governo, al di là dei finti proclami del suo Presidente del Consiglio, di affrontare seriamente ed in termini innovativi la gravissima questione dell'ILVA di Taranto.La città di Taranto è ancora una volta illusa di poter proseguire un cammino di sviluppo economico solido e duraturo ed è posta in maniera indecente di fronte alla scelta tra la salute dei propri bambini e la necessità di salvaguardare i livelli occupazionali minimi di un'area, peraltro, già fortemente provata da una difficile crisi economica e sociale. Ed invero la pagina più ignobile di questo decreto, da cui emerge chiaramente il senso dell'intervento del Governo, è costituita proprio dallo stanziamento di 5 milioni di euro per le strutture di oncoematologia pediatrica e attività similari. Invece di difendere veramente la salute dei bambini di Taranto, il Governo cosa fa? Stanzia soldi per curarli dal male che consentirà si continui a fare loro! Ma come può anche solo immaginare di proporre un simile decreto? Signori del Governo, trasferite le vostre famiglie a Taranto, andateci voi a vivere con i vostri bambini, se avete il coraggio di sostenere questa immane offesa alla dignità e alla intelligenza dei cittadini, rappresentata da un decreto-legge su cui, peraltro, avete l'impudenza di porre la questione di fiducia". 

La sentarice Nugnes, sempre di M5S ha denunciato una serie di "teatrini" durante i lavori in Commissione. "Il teatrino ultimo - ha detto - è stato sull'emendamento, che tutti avremmo votato, sul potenziamento dell'ARPA Puglia. In quella occasione c'è stato un vero teatrino della maggioranza e quell'importante emendamento è stato ritirato un minuto prima che arrivasse la relazione; non è possibile che la maggioranza e i relatori non fossero coscienti che quella relazione era pronta e stava arrivando. Abbiamo quindi assistito al teatro, al Ministro che entrava portando la buona novella mentre i relatori avevano già ritirato l'emendamento. Il Governo in quella sede si era assunto l'impegno informale di inserirlo, per sua iniziativa, nel maxiemendamento, ma così non è stato. Questo teatrino è un grande inganno, perché l'ILVA sta morendo. È un'equazione impossibile tenere in piedi un'azienda i cui vertici sono sotto processo insieme ai vertici degli enti territoriali per associazione a delinquere e disastro ambientale. Si tratta di un'azienda che inquina, che perde 30 milioni al mese, che viene abbandonata dai clienti perché produce acciaio scadente, che ha tre miliardi di debiti e per la quale occorrono tre miliardi ulteriori per la messa in rifunzionalizzazione: ci vogliono 300 milioni per le coperture delle perdite future, 500 milioni per la ricostituzione delle scorte, 300 milioni per le manutenzioni urgenti, ancora 200 milioni per l'altoforno 5 e circa due miliardi per l'adeguamento all'Autorizzazione integrale ambientale. Questi sono i conti. Si parla anche di bonifica in questo decreto-legge, una bonifica di cui si era già parlato tre anni fa, per la quale già erano stati stanziati 110 milioni. Finalmente ci accingiamo ad usarne due di quei 110 milioni, ossia si provvede adesso a bonificare, forse, lo 0,1 per cento del territorio che dovrebbe essere bonificato. Sarebbe necessario sostituire due miliardi di metri cubi di terreno superficiale, perché l'inquinamento intorno a questo impianto ha un raggio di 20 chilometri, e c'è divieto di pascolo, di passeggiare, di giocare a pallone, di uscire fuori nell'area della scuola".

Sulla vicenda Arpa è intervenuto anche il sen. Uras (Gruppo Misto-Sel) secondo cui "grida vendetta il fatto che si sia cancellato un emendamento come quello con cui si proponeva di potenziare l'ARPA. Ma lo avete letto? Io sono sempre orientato verso quell'isola; per questo mi scuso con la Puglia e tutto il resto del territorio nazionale. Si è intervenuti arrivando a negare all'ARPA un'integrazione degli organici in ragione dei controlli inseriti. Il Ministro deve venire qui ogni sei mesi a rendere conto dell'andamento degli interventi di tutela e ripristino ambientale! E chi li esegue i controlli? Abbiamo impedito di assumere 20, o 30 persone in più, tecnici per coadiuvare chi ha la responsabilità e lo abbiamo impedito per una miseria umana (perché sono previste le elezioni e non si sa mai che cosa può comportare un'assunzione, un concorso o una stabilizzazione). Ma è in questi casi che si dimostra la maturità. Il fatto che un Parlamento che deve affrontare questi temi, in una situazione complessa come questa, si perde in queste miserie penso, signora Presidente, meriti una riflessione".

Critiche anche dal sen. Gibino (Forza Italia- Pdl). "Il passaggio all'amministrazione straordinaria - ha detto - deve essere quindi un passaggio di estrema garanzia per tutti coloro che hanno un interesse nella gestione precedente dell'azienda. Questo è prodromico ad ogni azione prevista dal decreto. Va tenuto conto del necessario intervento, pure previsto dal decreto, in materia di salute, frutto di un emendamento presentato da Forza Italia anche se modificato, in peggio, dell'esame delle Commissioni. Va tenuto conto del grande problema ambientale che va sottratto alla gestione della magistratura e riportato, anche questo, in una gestione aziendale che punti al risanamento duraturo delle aree inquinate. I dubbi rimangono soprattutto, lo ribadiamo, per le risorse in campo e per le coperture finanziarie adottate, che a nostro avviso si riveleranno gravemente insufficienti. Lo ribadiamo: Forza Italia ritiene che l'ILVA debba diventare un'azienda appetibile sul mercato e le manifestazioni eventuali di interesse da parte di gruppi italiani o esteri interessati all'acciaio devono essere raccolte e valutate sin d'ora. Altrimenti, a causa della perdurante mancanza di una politica industriale, rischiamo di perdere anche questa piccola nicchia nell'enorme mercato mondiale dell'acciaio".

A difendere il decreto legge e le modifiche apportate in Commissione, è stato il sen. Mucchetti (Pd).  "Il disegno di legge di conversione ha migliorato - ha affermato - il decreto che dà corpo normativo alle soluzioni che ora consentiranno all'ILVA di riprendere, investire e rendere più compatibile la produzione con l'ambiente circostante. Con questo decreto il commissario ex decreto Ilva, ha potuto chiedere l'amministrazione straordinaria in base alla legge Marzano, senza non avrebbe potuto. A questo scopo il decreto estende ai nuovi commissari i poteri, i doveri e le guarentigie del vecchio commissario ex decreto ILVA, altrimenti la cosa non funzionava. Quindi era un passaggio indispensabile. L'amministrazione straordinaria comporta la gestione, di fatto pubblicistica quindi è giusto il richiamo che in termini positivi o negativi è stato fatto al ruolo dello Stato, di questa grande azienda e non comporta più, nell'immediato, la vendita che invece costituiva l'obiettivo con il quale il Governo aveva sostituito alla fine della primavera del 2014, il primo commissario dell'ILVA, Enrico Bondi, che aveva presentato un piano industriale, lo ricordo perché di industria si parla sempre genericamente e raramente in modo concreto, fortemente innovativo sul piano tecnologico laddove sostituiva, in una certa misura tendente a crescere, l'uso del carbone con l'uso del gas. Quel piano e quell'impostazione vennero ritenuti non praticabili dalle banche, che forse non volevano tanto bene al commissario Bondi per quello che aveva fatto da commissario della Parmalat. Dico questo perché le osservazioni fatte in quella circostanza dal consulente Roland Berger sono state poi smentite dalle scelte degli industriali siderurgici privati italiani che avevano attaccato la gestione del commissario Bondi per poi riproporre quelle scelte industriali sul sito di Piombino: parlo del preridotto. Bisogna avere memoria di queste vicende perché il futuro nasce dalla consapevolezza del passato, non mettendo la polvere sotto il tappeto, ma capendo che cosa si è fatto e facendo quindi tesoro anche di qualche fatale errore. Avevamo deciso di vendere all'incanto l'ILVA. La sostituzione di Bondi con Gnudi - lo ricordo ai colleghi di Forza Italia - era dettata dal fatto che si diceva che lo Stato non doveva prendere in mano l'ILVA perché l'ILVA sarebbe stata presa in mano dagli imprenditori privati italiani o, meglio ancora, internazionali. Il gruppo ArcelorMittal mise piede per la prima volta in ILVA nel maggio 2014 - lo ricordo un po' a tutti - e, dopo sei mesi, non presentò nessuna offerta. Quando venne in Commissione ci disse però che l'ILVA era ottima, anche se il contesto rendeva impossibile la formulazione di un'offerta vincolante, cosiddetta binding. Ergo, non è che l'intervento dello Stato adesso è dettato da un ritorno alle illusioni centralistiche e statalistiche di una stagione che fu, quanto piuttosto dalla necessità concreta di rispondere alla domanda su che cosa si può fare oggi di reale per tenere in vita l'ILVA, così da riuscire a finanziare anche il risanamento ambientale con i soldi che l'ILVA andrà a generare. L'alternativa infatti, siccome non c'è in questo momento un'offerta privata d'acquisto, è chiudere l'ILVA e avviare, se mai ci saranno i soldi pubblici, la bonifica del sito industriale di Taranto a spese dei contribuenti. Queste sono le vere alternative che ci sono sul tappeto. Si è scelto - io dico purtroppo con un po' di ritardo - di arrivare all'amministrazione straordinaria: in questi sei, sette mesi si sono perse alcune centinaia di milioni. Vedete, non so quale sarà il conto economico che alla fine verrà presentato per il 2014, ma guardo allo stato patrimoniale che si è pesantemente aggravato sul fronte delle banche e dei fornitori negli ultimi mesi dell'anno, perché il mercato europeo è difficile e perché l'ILVA si è trovata in una situazione resa ancora più difficile dalle difficoltà che non starò qui a richiamare perché le cronache le abbiamo lette tutti. Per darvi però un'idea e per rammentare a tutti noi qual è la realtà, il gruppo ArcelorMittal, che veniva definito il migliore e il più forte, negli ultimi tre anni, 2014 compreso, ha perso sette miliardi abbondanti di dollari: questo per capire di che cosa parliamo quando ci occupiamo di grande siderurgia. I Riva - ricordiamoci che esiste una proprietà che ha perso il controllo del gruppo ILVA con l'amministrazione straordinaria - potranno sostenere che le gestioni commissariali hanno distrutto valore. Qualcuno anche in questa Aula l'ha ricordato, magari senza associarsi ai Riva in questo giudizio. Essi possono dire di aver lasciato l'ILVA con due miliardi di patrimonio netto, che adesso non c'è più. Immagino che ci saranno delle cause. Per parte mia, pur avendo criticato la scelta di aver interrotto l'azione di Bondi con un inutile tentativo di vendita, non posso essere accusato di fare il Pierino progovernativo su qualsiasi cosa. Cerco di mantenere una certa autonomia intellettuale. Pur avvertendo questo, ricordo che già nell'ultimo esercizio della gestione Riva il bilancio si era concluso con una perdita rilevante e che l'ILVA era già allora su un piano inclinato. Ricordo ArcelorMittal e dico che con le difficoltà che si sono create, in particolar modo a Taranto, un esito pesante era inevitabile. Già le valutazioni che erano state fatte nella parte finale della gestione Bondi collocavano in circa 100 milioni il valore teorico del gruppo. 100 milioni è niente rispetto alle offerte multimiliardarie che erano state fatte ai Riva e che questi avevano respinto perché volevano continuare a fare gli industriali dell'acciaio in Italia. L'ILVA ha operato in un mercato, come ricordavo, difficile tra recessione e crescita zero con le prime linee manageriali smantellate dalle inchieste giudiziarie. Probabilmente ciò è avvenuto a ragione; non sto a discutere, ma di fatto si apriva un problema di non semplice soluzione con una clientela che si è viepiù irritata e ha scelto altri fornitori a causa delle mancate consegne dovute in parte anche ad interventi della magistrature tarantina, alcuni dei quali apparivano ai miei occhi pienamente giustificati dal disastro ambientale ed altri, come per esempio il famoso sequestro degli otto miliardi, non giustificati sia dal punto di vista della qualificazione del reato - e, come voi sapete, quella disposizione è stata azzerata ai successivi gradi del giudizio - sia per gli errori materiali in base ai quali si è arrivati a quella cifra, come abbiamo fatto emergere nel lavoro di Commissione attraverso le audizioni. Ora, con l'amministrazione straordinaria parte una nuova stagione. I Riva sostengono che sarà l'inizio della fine. Forse lo dicono perché paventano nuovi guai ossia che dall'amministrazione straordinaria derivi un'inchiesta per bancarotta o forse lo dicono anche perché lo pensano come industriali. Ricordo questo punto all'Aula e al Governo per sottolineare il rilievo dell'impresa e il rischio connesso all'impresa che abbiamo deciso di intraprendere. Abbiamo fatto bene a prendere questa decisione. A questo punto l'amministrazione straordinaria è la soluzione, ma dobbiamo sapere che a Taranto si gioca la nostra credibilità senza più schermi protettivi. Voglio essere ottimista: l'amministrazione straordinaria e il decreto hanno creato le condizioni per fare affluire all'ILVA circa due miliardi di liquidità. Sia ben chiaro: si tratta di quasi tutti debiti, ma per fortuna erogati da creditori pazienti come il fondo unico per la giustizia, la Cassa depositi e prestiti e le stesse banche Intesa e Unicredit. Con questi denari si mette l'ILVA nelle condizioni di ripartire e con il tempo, non necessariamente lungo, i debiti potranno essere anche convenientemente convertiti in azioni da mettere sul mercato. È avvenuto in Parmalat con soddisfazione dei vecchi creditori. Il decreto viene incontro alle esigenze dei fornitori certo in misura parziale, ma, se così non fosse, non avrebbe avuto senso il ricorso all'amministrazione straordinaria. Dobbiamo sempre sapere di cosa parliamo. Diversamente, l'alternativa sarebbe stata il fallimento e nessuno ne avrebbe tratto vantaggi, se non gli avvoltoi che ancora sognano la chiusura del sito siderurgico di Taranto e si illudono di lucrare i loro piccoli vantaggi dalla bonifica del sito a spese dello Stato.Ho evocato il piano Bondi ed ho insistito sul profilo industriale innovativo che aveva per ricordare che, da adesso in avanti, la scommessa sarà sulla gestione industriale dello stabilimento.A questo proposito, avevo consigliato di chiedere ad Andrea Guerra di assumersi questo carico sulle spalle. È stato scelto, con il contributo decisivo di Guerra, un altro manager, Massimo Rosini, che con Guerra aveva lavorato alla Indesit. Voglio dargli fiducia e gli faccio molti sentiti auguri: ne ha bisogno chi ora si trova a gestire l'ILVA, ne abbiamo bisogno tutti noi".

Il sen. Stefàno (Sel), salentino, eletto in Puglia, ha annunciato il voto contrario "a un decreto che non modificherà il quadro prospettico, e certamente non lo migliorerà. Oggi votiamo contro, non perché siamo degli oltranzisti irragionevoli (io men che meno) o dei gufi vedono il bicchiere sempre mezzo vuoto. Anzi, forse perché cerchiamo di vedere al di là del presente e dell'immediato, comprendiamo come i timidi miglioramenti sotto il profilo di natura prettamente economica e finanziaria raggiunti in Commissione non siano in grado assolutamente di ripagare e contribuire a recuperare il danno che si continua a non voler vedere, e che investe soprattutto l'ambiente e la salute di quella comunità.Come si può pensare che la prevista iniezione di liquidità o la disposizione della conversione in obbligazioni delle somme sequestrate ai Riva, ammesso che vadano a buon compimento, siano le sole stringenti necessità e urgenze per l'Ilva e per Taranto? Come si può accettare l'irrisoria dotazione accordata per l'ampliamento dell'offerta di prevenzione oncologica pediatrica a Taranto? 500.000 euro per quest'anno, che forse non bastano neanche all'acquisto di un solo macchinario per prevenire o diagnosticare queste drammatiche patologie. Come si pensa di poter tollerare il colpo di mano operato contro ARPA Puglia, che si trova ad affrontare con una accertata e risibile dotazione di personale i fondamentali compiti di controllo, prevenzione e tutela dell'ambiente? Attenzione, non si chiedevano risorse, ma una deroga ai vincoli del Patto di stabilità con risorse proprie della regione per incrementare di qualche decina di unità il personale necessario ad operare le funzioni dell'ARPA. E come se non bastasse, occorre aggiungere l'ulteriore offesa proprio alla disposizione che prevede la non punibilità per il Commissario straordinario e per i soggetti da questi delegati, ma che lascia ferma la perseguibilità in capo ai funzionari e ad al direttore di ARPA Puglia, ai quali non diamo gli strumenti per svolgere il proprio ruolo e la propria funzione, ma che poi chiamiamo a pagare, civilmente e penalmente. Questo salvacondotto, la cui incostituzionalità è più che palese non trova alcun precedente, né alcuna possibile e ragionevole sponda dove argomentare la sua motivazione. Nell'attuale contesto politico, su una tale determinazione si stende una gravosa ombra, poiché potrebbe essere il prodromo a possibili, future, pericolose e insopportabili storture del diritto e della sua certezza, senza dovere ulteriormente ribadire come questi, invece, siano i tempi in cui chi amministra e governa ha il dovere della responsabilità e l'obbligo della trasparenza. Questo decreto, invece, che pure tratta questioni complesse, che richiedono sforzi, impegni e attenzioni, questi sì straordinari, di straordinario ha partorito solo questa ingiustificabile licenza. E allora, come non lamentare qui la scelta, da parte dell'esecutivo, di non aver favorito un dialogo con le altre forze politiche, la sua proterva sordità rispetto al dramma ambientale di Taranto? Nonostante i numerosi richiami e le sollecitazioni che da più parti sono state lanciate, anche questa volta questi non sono stati recepiti. Avrei voluto vedere condiviso e declinato l'assunto essenziale secondo il quale il rilancio della siderurgia a Taranto è sinonimo di risanamento ambientale. Senza risanamento ambientale, svanisce ogni buona idea, o sana intenzione o giusto intendimento del futuro per Taranto e per l'Ilva".