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LunedƬ, 27 Ottobre 2014 16:14

Taranto, la quasi capitale della cultura In evidenza

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Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano

di Vito Massimano

 

Una città sospesa tra un presente senza prospettive ed un futuro inseguito svogliatamente più a parole che nei fatti.

E’ così che Taranto si presenta, sonnecchiante e cincischiante tra voli pindarici su un avvenire aggrappato alla bellezza paesaggistica  e gravi problemi che sussistono “qui e adesso” ma a cui si danno risposte confuse, isteriche e poco convinte.

E mentre il dibattito fantasioso ed autoreferenziale continua,  inascoltato da chi poi alla fine decide sul serio, Taranto sembra parlarsi addosso senza toccare palla in un processo decisionale che non sta avvenendo nell’interesse della città o con la partecipazione di una città che invece si sfoga confondendo i sogni con la realtà.

L’Ilva sarà venduta agli indiani? Forse, ma Taranto è troppo impegnata a dibattere di grandi progettiper occuparsene. Fatto sta che dalle prime indiscrezioni sembra riproporsi lo schema che portò lo stabilimento ai Riva.

Gli indiani “fanno gli indiani” e già lasciano trapelare il loro proposito di subordinare la trattativa al reperimento a carico di altri delle risorse necessarie all’adeguamento degli impianti alle prescrizioni in tema ambientale.

L’alternativa è l’abbandono al proprio destino di un’azienda in coma profondo,  come a dire che la loro intenzione è di fare l’affare della vita comprando un impianto al netto delle precedenti pendenze e senza doversi sobbarcare inutili costi di bonifica.

Come nel caso della vendita al Gruppo Riva, anche questa volta lo stabilimento sembra un peso nazionale da affibbiare al primo che passa mentre la controparte sembra avere solo l’intenzione di arrivare in Marocco facendo carne di porco nel nome del proprio interesse a produrre. A dire il vero qualcuno maligna anche di un eventuale convenienza del gruppo franco indiano a chiudere lo stabilimento impadronendosi delle quote di produzione da concentrare altrove. Ma Taranto fa i simposi per riprogettare il proprio futuro e non può occuparsene. Nel frattempo, in altre sedi, qualcuno se ne sta occupando sul serio.

E quel qualcuno sembra avere una fretta maledetta di togliersi un peso e soprattutto di farlo nel silenzio, così come si agisce quando gli accordi sono inconfessabili porcate fatte sulla testa dei malcapitati.

La verità è che la città non conosce cosa stia realmente accadendo e allora siamo punto e da capo li a sentire le solite manfrine su bad e good company, cassa integrazione, futuro incerto, mancanza cronica di liquidità e pendenze giudiziarie.

Taranto potrebbe perdere l’Ilva nella maniera peggiore possibile. Come risponde?

Con la solita manfrina piena di “faremo”: riqualificheremo il porto, inizieremo i lavori, lo renderemo scalo turistico, apriremo l’aeroporto, valorizzeremo le nostre bellezze archeologiche, punteremo sul glorioso passato, daremo impulso al turismo, diventeremo la perla del mediterraneo, troveremo progetti alternativi. Tutto rimandato (a parole) ad un futuro radioso che ovviamente si realizzerà domani, giorno in cui miracolosamente si risolverà tutto quello che in un quarantennio non ha minimamente accennato a mettersi a postoanche per colpa della città delle supercazzole e dei cazzari.

La cosiddetta società civile è in preda alla disperazione: progetta a vuoto e si attacca alle promesse di chiunque.

Emiliano promette l’aeroporto? Viva Emiliano! Vendola promette l’ospedale? Viva Vendola! Renzi promette di prendere in carico la vicenda Ilva? Viva Renzi! Addirittura adesso Taranto sembra attaccarsi anche a Franceschini il quale ha benedetto la rinascita culturale e turistica della città proprio nel mentre il Governo di cui fa parte si sta impegnando per dare continuità alla produzionedi acciaio. Non vi sembra un controsenso? E soprattutto non vi sembra un controsenso all’indomani dell’incoronazione di Matera a capitale della cultura 2019? E dov’era Franceschini quando si trattava di perorare la causa di Taranto?

Della candidatura della città bimare resta solo un sito internet, tante parole ed un vuoto assordante di personalità pesanti pronte a sponsorizzare (non ex post) realmente il territorio jonico. E’ questo il simbolo di una città che non esce dai propri confini, che chiacchiera e sbraita al bar, che fa conferenze stampa con le solite quattro testate locali, che fa temini di fantasia mentre gli altri fanno i fatti.

Eppure i numeri in termini storici e culturali ce li avevamo tutti. Chiaro che ci è mancato ancora una volta il quid e che ancora una volta ce la prenderemo con il destino cinico e baro.

La consolazione forse sta nel fatto che, per continuare a cianciare, ci potremo auto incoronare  vice-capitale o quasi-capitale della cultura e di li ipotizzare una narrazione romanzata delle grandi prospettive che si dispiegano davanti a noi e che non aspettano altro se non  che Taranto le colga, ottimo modo per non guardare in faccia alla realtà imparando da ciò che questo fragoroso tonfo ci offre.

Lo so, lo so queste sono inezie di fronte al lavoro enorme che ci aspetta. Noi adesso dobbiamo pensare alle enormi potenzialità generate dalla vicinanza a Matera e dalle possibili alleanze che si potranno generare in chiave turisticae come volano di sviluppo e blablabla.

Stringiamo un’alleanza con Matera quindi e, visto che ci troviamo, facciamo un patto di non belligeranza con Alberobello, un trattato con Bitonto  e un armistizio con Carosino.Non si sa mai.

Giornalista1

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