Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator
Preferenze sui cookie
Giornale di Taranto - Tarantini, chi siamo noi?
Sabato, 06 Settembre 2014 18:07

Tarantini, chi siamo noi? In evidenza

Scritto da 
Vota questo articolo
(2 Voti)

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano

Sblocca Italia, i mille giorni per cambiare il Paese, passo dopo passo, cose concrete.

Non sappiamo quanta ciccia bolla veramente in pentola, quanti soldi veri ci siano dietro le slides di Renzi.

Volendo basarci sull’esperienza pregressa, crediamo che siano pochini e per giunta frutto in gran parte di un rimescolamento di vecchie risorse già stanziate e “portate a nuovo” come i carri armati di Mussolini  (trasportati in giro per l’Italia  come dimostrazione di potenza bellica all’alleato tedesco).

Siamo pronti a scommettere che, a valle dell’iter parlamentare e passata la fanfara mediatica, ci avvieremo #passodopopasso verso il niente ma a quel punto sarà già il momento di discutere vezzosamente di altre promesse inutili. E così passeranno invano i cento giorni, che poi si sono trasformati in mille e che si trasformeranno in un progetto che ha bisogno di almeno una legislatura per essere realizzato (la prossima ovviamente). Quella di spostare in vanti l’orizzonte è una tattica ormai rodata dall’annunciatore fiorentino.

Fatto sta che in questi progetti, veri o finti che siano,  Taranto non rientra mai, segno che questo territorio non è degno nemmeno di essere preso in giro con quattro promesse appiccicate su una presentazione.

Qualcuno potrebbe obiettare che lo Sblocca Italia prevede che il Museo di Taranto diventi "ufficio dirigenziale” ma nessuno capisce ancora cosa si celi dietro tale definizione roboante visto che, oltre l’annuncio, non c’è alcun testo aggiornato del Decreto in grado di chiarire i contorni della questione.

Come dire, il nome è bello, in teoria è un fatto positivo ma in pratica ci piacerebbe saperne di più.

Non va meglio sul versante delle opere pubbliche visto che i cantieri dello Sblocca Italia si fermano a Bari passando per Palermo, Messina, Catania e Napoli mandando a ramengo la tanto agognata (a parole) raggiungibilità del territorio jonico con annesso miraggio di risorgimento economico e sociale basato sul turismo.

Buio pesto anche in campo aeroportuale, tema sul quale il decreto in questione parrebbe stanziare 4 miliardi di euro (sulla carta) cercando di fatto di dare impulso ad un settore così strategico.

Talmente strategico da non consentire, ovviamente, ad Arlotta di rompere le uova nel paniere agli altri scali pugliesi tagliando di fatto Taranto fuori dalle rotte turistiche praticabili.

Le recenti dichiarazioni dei nuovi vertici di Ryanair poi, i quali hanno confessato una certa scandalosa resistenza da parte di Aeroporti di Puglia all’utilizzo dello scalo grottagliese, dimostrano (ma non ne sentivamo il bisogno) l’ostracismo verso Taranto che, evidentemente, non è capace di far sentire la propria voce.

In questo siamo stati facili profeti così come oggi ci sentiamo di poter affermare che, dopo le rivelazioni di Ryanair, i sergentini politici tarantini faranno un breve e poco convinto bau bau tanto a Vendola quanto a Renzi (con annesse letterine ed interrogazioni).

Quando si tratta di Eni invece, il nome di Taranto se lo ricordano bene tanto che il Governo ha preso posizione sulla testa di una classe politica locale  irrilevante e chiacchierona.

Lo Sblocca Italia ha infatti deciso che il progetto Tempa Rossa sarà realizzato checché ne dicano i tarantini ed i relativi rappresentanti istituzionali che evidentemente hanno fatto melina per lasciar decidere ad altri su temi quantomeno impopolari e su cui adesso possono esercitarsi ad inviare comunicati stampa per vedere l’effetto che fa.

Va da sé che la mossa di aver rafforzato i poteri dell’Autorità Portuale di Taranto (è contenuta nel decreto ma anche in questo caso sarà importante verificare sul testo definitivo i termini della questione) induce a sospettare che esso sia una roba strumentale al progetto petrolifero mascherata da grande vittoria per l’ambizioso e temibile popolo Jonico.

Popolo temibile a tal punto da aver rimediato (pare) anche un posticino nelle slides di Renzi,  il quale intenderebbe istituire (campa cavallo) un “modello sperimentale di gestione delle aree di crisi industriale: a partire da Bagnoli e Taranto viene sperimentato un nuovo modello di governance territoriale volto ad attrarre investimenti in aree di crisi industriale e contestuale avvio degli interventi di bonifica e valorizzazione ambientale”.

Sì, lo sappiamo, è una supercazzola senza senso a mo’ di pensierino e priva di contenuti (e di finanziamenti) da dare in pasto alle popolazioni locali, alcune delle quali (Bagnoli) si vedono costrette ad assistere ad una bonifica che è in fase preliminare da almeno vent’ anni.

Nel frattempo, come giustamente afferma Monsignor Santoro, “siamo nel 2014, è passato un altro anno, ma, nonostante gli sforzi, non si sono registrati ancora significativi passi in avanti per quanto concerne sia l'adeguamento degli impianti sia le irrinunciabili bonifiche delle aree esterne allo stabilimento industriale. La scoperta della contaminazione della falda a Statte è un fatto grave da non sottovalutare”.

Detto in maniera meno ecumenica, Taranto e la sua maggiore industria sono diventati un cimitero per elefanti, un deposito di Commissari Straordinari che, inermi, hanno dovuto constatare il fallimento di una politica che ha prodotto autorizzazioni integrate ambientali e decreti che non sono serviti a migliorare la situazione ambientale. E ciò è lì a dispetto di quattro belle paroline su una presentazione targata Governo Italiano.

Niente soldi freschi per Taranto e niente infrastrutture quindi, segno che i discorsi su possibili scenari futuri basati su rinascite post industriali o potenziamenti dell’industria pesante e turismi vari, sono totalmente prematuri e vincolati ad un peso politico che Taranto non ha.

Volendo fare la parodia del celebre film 300, molto di moda ultimamente in città, potremmo tranquillamente dire: Tarantini, chi siamo noi? Dei sacchi di mazzate, aù, aù, aù!