"Per la produzione di 6 milioni di tonnellate annue di acciaio ipotizzata per lo stabilimento siderurgico tarantino, un unico impianto DRI, destinato a produrre 2,5 milioni di tonnellate di preridotto, sarebbe ampiamente sufficiente. Se ne deduce che tutti gli altri impianti ipotizzati non sarebbero a servizio della ex Ilva di Taranto”. Lo dice Legambiente sull’ex Ilva di Taranto mentre é in corso al Mimit un nuovo vertice tra il ministro Adolfo Urso, la Regione Puglia, gli enti locali di Taranto e l’Autorità portuale del Mar Ionio per vedere se si firma o meno un accordo di programma sulla decarbonizzazione della fabbrica e della produzione dell’acciaio. Firma che però al momento appare molto incerta per la posizione assunta dagli enti locali. Intervenendo sui DRI, Legambiente osserva che “anche se consideriamo la quantità di preridotto che servirebbe ad alimentare un forno elettrico da realizzare a Genova, l’ipotesi di costruire a Taranto 4 impianti per il DRI appare assolutamente sovradimensionata. Quattro impianti - rileva Legambiente - corrispondono ad una produzione di circa 10 milioni di tonnellate annue di preridotto, ma anche nell'ipotesi mediana di alimentazione dei forni elettrici con il 40% di preridotto ed il 60% di rottame, si arriverebbe ad una necessità massima di 3,2 milioni di tonnellate di DRI per produrre 8 milioni di tonnellate annue di acciaio. A che servono quindi 4 impianti DRI - si chiede Legambiente - di cui peraltro solo uno attualmente finanziato con i Fondi di Sviluppo e Coesione? Forse a rifornire, in un lontano futuro, gli altri impianti siderurgici italiani, tutti localizzati fuori dal Mezzogiorno d’Italia. Certo non si tratta di impianti funzionali solo a decarbonizzzare l’ex Ilva di Taranto”. “Intanto - prosegue Legambiente - vengono utilizzati per giustificare la scelta di importare ulteriori enormi quantità di gas e, quindi, la richiesta di far arrivare a Taranto una nave rigassificatrice. Ma per produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio con tre forni elettrici e far funzionare uno o due impianti DRI da 2,5 milioni di tonnellate di preridotto non c’è bisogno di una nave rigassificatrice, ma solo di far arrivare a Taranto il gas che in Puglia arriva già in quantità più che sufficienti al fabbisogno preventivabile”. “Solo qualche giorno fa - sostiene Legambiente - è stata resa nota l’approvazione del progetto che prevede la realizzazione a Taranto e Brindisi di due impianti per la produzione di circa 250 milioni di metri cubi di idrogeno verde all’anno con un finanziamento Ipcei di 370 milioni di euro. Tra pochi anni, quindi, comincerà ad essere disponibile l’idrogeno necessario per cominciare a produrre acciaio davvero green, riducendo prima ed annullando poi l’utilizzo del gas. Nel frattempo, come abbiamo già dimostrato, la produzione nazionale di biometano prevista per i prossimi anni sarà in grado di rendere disponibili le ulteriori quantità di gas che fossero necessarie per alimentare, in una fase transitoria, gli ulteriori impianti DRI a servizio delle altre Acciaierie italiane. Nel piano presentato dal Governo - conclude Legambiente - non si fa però alcun cenno nè all’uso di idrogeno verde, nè all’uso di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, mentre è prevista la costruzione di una nuova centrale elettrica alimentata a gas. Ciò rende evidente che non si punta al gas come fonte solo di transizione”.

