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Giornale di Taranto - Questione industriale: Taranto marcia in ordine sparso
Domenica, 03 Agosto 2014 08:32

Questione industriale: Taranto marcia in ordine sparso In evidenza

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Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Vito Massimano

 

Gli imprenditori jonici scendono in piazza. Rivendicano un progetto industriale per la città e protestano perché la grande industria presente sul territorio non paga i corrispettivi per i lavori eseguiti. Hanno ragione diciamolo subito.

Contestualmente, ed anche per la commozione derivante dalla scomparsa di una piccola innocente vittima dell'inquinamento, l'altra parte della città chiede a gran voce che la mattanza provocata dalle scorie della grande industria venga fermata dalle Istituzioni. La protesta è sacrosanta e le autorità non possono rimanere impassibili di fronte ad una simile strage di esseri umani.

Ė paradossale, tutti hanno ragione ma ciò equivale a dire che nessuno ha ragione.

Invece è proprio così perché, al di là delle singole sacrosante istanze, ė la città che nel suo complesso paga l'amaro prezzo di aver marciato per anni in ordine sparso cercando solo adesso una inutile, isterica e parziale soluzione a problemi atavici affrontati fuori tempo massimo.

A ben vedere, esiste un drammatico filo conduttore  tra chi chiede salute e chi chiede lavoro: fino a quando l'industria pesante bastava e cioè dava lavoro agli operai e commesse ai padroncini, vigeva la teoria del "cemmenefuttammè".

L'imprenditore giocava a fare l'industriale accontentandosi di miope monocommittenza, l'operaio campava tranquillo e le parti sociali (politica e sindacato) non facevano sintesi per mancanza di spessore, visione prospettica o per altri motivi molto meno nobili.

Quando la grande industria ha  mostrato solo il suo lato peggiore distribuendo povertà e degrado ambientale, la città si è divisa in "lavorativi e salutisti" a seconda dei legittimi (e sacrosanti) interessi in gioco. La società civile non è stata quindi in grado di fare  massa critica e la politica (sempre che a Taranto sia mai esistita) è sparita non fornendo una grande immagine di sé.

Questo è successo con Clini durante la travagliata vicenda che portò all'emanazione dell'AIA e questo accade oggi sui numerosi fronti industriali aperti.

Allora ci fu detto: tenetevi Ilva altrimenti, non avendo un piano B, sarete rovinati

Già che ci siete,fingete di credere che l'AIA funzioni e venga realmente applicata.

La città si divise, la politica sparì o venne trascinata in vicende giudiziarie indecorose e si scopri per giunta che qualcuno non faceva gli interessi della città.

Prendete adesso il progetto Tempa Rossa il cui teorema è il seguente: una raffineria in India produce quanto tutte le raffinerie italiane. Ciò implica che, nell'ambito di un ridimensionamento delle diciassette raffinerie presenti in Europa, Taranto rischia di chiudere a meno che non si sottomette senza fare troppe storie sul versante della sicurezza e delle garanzie.

Potete anche protestare ma ciò significherà la chiusura di ENI, la creazione di ulteriori 1500 disoccupati , una fine invereconda per Ecoservizi, Ecotaras e similari oltre che la trasformazione del porto in una bagnarola buona per le paperelle gonfiabili. Peccato perché avevamo in animo di alimentare il languente traffico merci di ben novanta navi e di regalarvi (sempre se fate i bravi) il classico fottipopolo ludico sportivo dal nome cittadella dello sport. Pensate che Taranto abbia imparato a non andare in ordine sparso?  Neanche per idea.

La storia si ripete e la città non riesce ad esprimere un unico interesse collettivo, la politica locale guarda per terra imbarazzata e quella nazionale produrrà il solito comunicato stampa utile per incartarci le uova.

Mettiamo in conto che il solito gruppo di inqualificabili tarantini farà il gioco del nemico per inconfessabili motivi ed apparirà chiaro come per l'ennesima volta il destino della città venga offerto in dono su un piatto d'argento.

Questo è un ricatto e le promesse che ne derivano non portano mai a nulla di buono per nessuno: singoli e collettività.

Eccolo il frutto marcio dell'ordine sparso, quella stupida forma di debole egoismo e scarsa visione strategica che permette a chi ha più cartucce da sparare di prevalere facilmente nel disordine generale; la storia ci insegna che chi prevale non si chiama mai  "città di Taranto".