“Per la conferma delle misure protettive, condizione necessaria è l’esistenza di una concreta, attendibile e realistica prospettiva di risanamento dell’impresa, da intendersi quale ragionevole possibilità di superamento degli squilibri finanziari, patrimoniali ed economici dell’impresa stessa, posto che soltanto una prognosi positiva in ordine al buon esito delle iniziative già assunte o individuate per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni cautelari ed esecutive dei creditori sul patrimonio del debitore\". Lo scrive il giudice del Tribunale di Milano, Francesco Pipicelli, nell’ordinanza con cui ha rigettato la richiesta di misure cautelari e protettive che Acciaierie ha avanzato nell’ambito della procedura negoziata della crisi.
\"Una prognosi positiva allo stato - prosegue - non pare sussistere, in quanto la situazione finanziaria attuale, l’assenza di disponibilità di soci o di terzi rifinanziare AdI spa, non sembrano consentire all’impresa ricorrente di avere una liquidità di cassa a breve per l’acquisto di materie prime e per la stessa sopravvivenza della continuità aziendale diretta, per un tempo limitato idoneo a condurre le complesse trattative con un ceto creditorio variegato e multiforme”.
Lo stesso giudice, nei giorni scorsi, aveva anche rigettato la richiesta di AdI di vietare ad Invitalia, partner pubblico di minoranza di Acciaierie, di chiedere al ministero delle Imprese l’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria. E sempre il giudice Pipicelli aveva dichiarato infondata l’obiezione di incostituzionalità mossa da AdI relativamente al decreto legge di gennaio 2023, quello che ha posto le basi per l’amministrazione straordinaria. Nel provvedimento odierno di rigetto delle misure cautelari e protettive, il magistrato scrive che “la concreta possibilità di sviluppare in corso di trattative le linee guida del piano di risanamento presuppone, ai fini della sua attuazione, il raggiungimento di un’intesa tra i soci, improntata alla cooperazione ed al sostegno finanziario di AdI spa (ad esempio, attraverso la deliberazione di condivisi interventi di rafforzamento patrimoniale), allo stato non raggiungibile per le ragioni esposte dall’esperto”. Il giudice quindi ritiene “che non vi sia una effettiva, concreta e ragionevole perseguibilità del risanamento in base alle dichiarazioni dell’esperto”.
Già l’esperto incaricato della composizione negoziata della crisi, Cesare Giuseppe Meroni - procedura, questa, che Acciaierie stava cercando di spingere in alternativa all’amministrazione straordinaria messa in cantiere dal Governo -, aveva sollevato molte perplessità al riguardo. E infatti il giudice oggi richiama nell’ordinanza che il 5 febbraio 2024 l’esperto “è netto nel ritenere l’assenza in concreto della sussistenza di concrete e ragionevoli prospettive di risanamento”.
Il giudice quindi sottolinea: l’esperto “ha già in sostanza espresso una prognosi ‘infausta’”. Di conseguenza, argomenta il magistrato motivando il rigetto di quanto chiesto da AdI, “l’inidoneità del piano a superare la crisi e, dunque, l’assenza delle concrete prospettive di risanamento, non solo non consentono di confermare le misure protettive, ma allo stesso tempo non rendono meritevoli di accoglimento le misure cautelari e di inibitoria richieste verso Ilva e verso gli istituti di credito, come anche delimitate nel loro perimetro applicativo”.