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Giornale di Taranto - GRANDI MANOVRE/ Quattro anni fa Ilva diventava ArcelorMittal: ora si attendono le mosse del nuovo Governo
Mercoledì, 02 Novembre 2022 15:27

GRANDI MANOVRE/ Quattro anni fa Ilva diventava ArcelorMittal: ora si attendono le mosse del nuovo Governo In evidenza

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Quattro anni fa l’Ilva cambiava nome e nel gruppo siderurgico che in origine era appartenuto allo Stato, la vecchia Italsider, poi al privato (Riva) dal 1995 ai primi mesi del 2013, e poi di nuovo allo Stato attraverso i commissari dell’amministrazione straordinaria, entrava la multinazionale ArcelorMittal. Ad ingresso avvenuto, il 7 novembre del 2018 fu rimossa dall’esterno della direzione di stabilimento la vecchia insegna Ilva e sostituita con quella ArcelorMittal. Che nei primi mesi del 2021 verrà cambiata ancora con quella di Acciaierie d’Italia a seguito della formazione della nuova società e dell’ingresso dello Stato nel capitale attraverso Invitalia.

   In questi anni gli investimenti sono stati fatti dall’azienda. Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, ha detto in un’audizione in Regione Puglia che negli ultimi tre anni sono stati investiti nell’ex Ilva di Taranto 1,1-1,2 miliardi di euro di cui 700 milioni riferiti alla sola parte ambientale. Anche la situazione economica aziendale è migliorata: il fatturato è passato da 1,618 miliardi del 2020 a 3,386 miliardi del 2021 e il margine operativo lordo è diventato positivo. 

 

 Si è però aggravata la situazione del circolante, molto carente, e si è allungata la lista dei mancati pagamenti. Un dato su tutti: secondo Confindustria Taranto, l’indotto locale avanza 100 milioni dall’azienda. Anche la produzione di acciaio non ha mai toccato i 6 milioni di tonnellate l’anno, che sono la soglia autorizzata sino alla completa attuazione degli interventi ambientali, e che l’ex Ilva annunciava già come obiettivo del 2019.

   Il bilancio di sostenibilità presentato nelle scorse settimane dall’azienda dice che la produzione di Taranto è stata di 3,4 milioni di tonnellate nel 2020 e di 4,1 milioni nel 2021. Per quest’anno, invece, all’inizio era stato dichiarato un obiettivo di 5,7 milioni di tonnellate, obiettivo ribadito nel corso dei mesi, ma poi c’è stata una correzione di rotta come quella prefigurata di recente dall’ad Lucia Morselli, quando ha detto che “chiaramente l’emergenza gas riduce un pò la capacità produttiva perchè la quantità di gas va diminuendo”.

 

 Sulla produzione i conti finali si faranno a dicembre, ma appare davvero molto problematico che si possano centrare i 5,7 milioni di tonnellate con un altoforno su tre (il 2) ed un’acciaieria su 2 (la 1) fermi da luglio. Inoltre da metà 2019 ad oggi nello stabilimento di Taranto si è ricorsi senza interruzione alla cassa integrazione con varie tipologie (prima ordinaria, poi Covid, poi ancora ordinaria e da marzo scorso straordinaria per un anno) e con numeri crescenti. La cassa in corso riguarda un numero massimo di 3mila addetti di cui 2.500 a Taranto.

   I sindacati parlano di “fabbrica ferma”, di “situazione stagnante” e di risalita produttiva “fallita” nel 2022. Aleggia anche l’ipotesi che per l’emergenza gas possano essere fermati altri impianti. A Taranto i parlamentari eletti a settembre sono stati invitati da Fim, Fiom e Uilm ad un confronto il 14 novembre ma si attendono le mosse del Governo e soprattutto del nuovo titolare del Mise, il ministro Adolfo Urso. Che per la Fim Cisl avrebbe già fatto un primo esame dei  dossier Taranto e Piombino. Una decisione a breve è attesa sul miliardo di euro che col decreto Aiuti Bis il Governo ha messo nelle mani di Invitalia per intervenire sull’ex Ilva.