“L’indotto ex Ilva è pronto a fermarsi. Presto la quiete sociale potrebbe esplodere a Taranto a causa di una politica miope alle annose problematiche che affliggono la metalmeccanica e navalmeccanica”. Lo dichiarano Antonio Lenoci, presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Taranto, e Fabio Greco, presidente dell’indotto ex Ilva e vicepresidente della sezione metalmeccanica e navalmeccanica di Confindustria Taranto, dopo una riunione svoltasi oggi. “Il gruppo degli imprenditori appartenenti all’indotto ex Ilva, insieme alle sezione metalmeccanica e navalmeccanica di Confindustria Taranto, stanchi degli impegni fin qui disattesi dal Governo sul rilancio di Acciaierie D’Italia, da cui dipendono le sorti delle aziende dell’indotto, in considerazione della grave situazione venutasi a creare conseguente alla mancanza di liquidità da parte della committente, in queste ore stanno vagliando una serie di iniziative per dire basta ad ogni forma di sopruso perpetrata ai danni delle imprese del territorio” annunciano Lenoci e Greco.
“Non vediamo alcuna prospettiva - si legge in una nota - mancano le commesse in quanto lo stabilimento va via via spegnendosi. Di questo passo tutte le aziende presto potrebbero fermarsi, con un conseguente danno sociale che si ripercuoterà inesorabilmente su altri settori”. Per gli imprenditori, “non abbiamo più la possibilità di pagare gli stipendi ai nostri dipendenti. L’assenza di commesse e la mancata prospettiva di futuro sta creando una situazione di instabilità che porta gli imprenditori a non poter confermare ai dipendenti i contratti a termine attualmente in essere. E non solo, perché rischiamo seriamente di non poter pagare nemmeno i prossimi stipendi. Un problema diffuso che va oltre il perimetro di Acciaierie D’Italia ma che più in generale interessa l’intera filiera della metalmeccanica”. La richiesta avanzata è che “il Governo garantisca la liquidità necessaria ad Acciaierie D’Italia e nello stesso tempo metta dei limiti sulle spese di approvvigionamento energetico all’intera filiera industriale. Occorre rimettere in moto la produzione senza perdere ulteriore tempo”. “L’indotto tarantino, ad oggi, vanta crediti di oltre 100 milioni di euro e queste mancate entrate non ci permettono nemmeno di diversificare, aprendo a nuove opportunità - si conclude - in questo modo siamo condannati a chiudere tutti”.