«Fruit Logistica 2018 è un’occasione ghiotta per l’ortofrutta pugliese». A Berlino, dal 7 al 9 febbraio prossimi, saranno infatti presenti diverse aziende pugliesi tra gli oltre 3mila espositori, provenienti da 84 Paesi, distribuiti sui 124mila metri quadri della più grande fiera europea e mondiale del settore. Un appuntamento che ogni anno attira la curiosità e l’interesse di aziende, produttori, commercianti ed esperti, con almeno 76mila visitatori, in gran parte stranieri.
Missione importante per Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto e vicepresidente di Confagricoltura Puglia, che sarà a Berlino per sostenere le aziende agricole pugliesi e tarantine, molte delle quali aderenti ad APEO, l’Associazione che riunisce i produttori ed esportatori ortofrutticoli.
«Fruit Logistica – commenta Lazzàro – è una vetrina fondamentale per le nostre aziende, perchè copre ogni singolo settore commerciale del fresco e offre una panoramica completa su tutte le ultime innovazioni, sui prodotti e servizi ad ogni livello della catena globale della fornitura e degli sbocchi sui mercati internazionali. Esserci è dunque la cosa giusta da fare, perché è qui a Berlino che si creano eccellenti opportunità di contatto tra i grandi protagonisti ad ogni livello dell'industria agroalimentare, ma anche per gli altri attori della catena del valore del fresco, costituita da piccole e medie imprese».
Una tappa particolarmente interessante per l'ortofrutta pugliese, che recentemente ha superato gli 845milioni di euro di Produzione Lorda Vendibile e la soglia dei 750 milioni di euro di prodotto esportato sui mercati stranieri, soprattutto europei. Primo fra tutti la Germania, che per l’ortofrutticolo “made in Puglia” vale circa 230 milioni di export, ma anche Paesi del Centro e Nord Europa come Francia, Regno Unito, Svizzera, Benelux e Scandinavia e, verso Est, la Polonia.
«L’Italia – ricorda Lazzàro - è primo fornitore di frutta e verdura fresca in Germania con poco più di 380mila tonnellate e nel periodo gennaio-ottobre 2017 ha esportato prodotti alimentari per 3,1 miliardi e prodotti dell’agricoltura e silvicoltura per 1,5 miliardi, con una crescita rispettivamente dell’1,2% e 3,6%. In questo scenario favorevole la Puglia gioca un ruolo rilevante e con un trend positivo, che però va ulteriormente rinforzato. L’export è un fattore cruciale per le nostre aziende agricole, ma bisogna insistere sul versante dell’aggregazione dei produttori e di una efficace comunicazione sulla qualità e identità dei nostri prodotti. La competizione sui mercati – rimarca il presidente di Confagricoltura Taranto – necessita di una visione d’impresa globale».
Senza tralasciare, naturalmente, la forza del prodotto. La Puglia, secondo i dati ISMEA, è prima produttrice in Italia di uva da tavola (556mila tonnellate nel 2016, in vetta Taranto con 243mila), prima per aziende ortive in piena area (lattughe, fave, carciofi e pomodori da industria), seconda dietro la Sicilia per frutteti, terza per i legumi. Rilevanti le produzioni di clementine, con la provincia di Taranto (141mila tonnellate) al secondo posto dopo Cosenza, e i settori in cui la Puglia primeggia, uva da vino e soprattutto olio d’oliva, in cui la Germania si conferma il secondo mercato per l’export italiano (25mila tonnellate per un valore di quasi 130milioni di euro, nel periodo gennaio-ottobre 2017). «Cifre, qualità e potenzialità – conclude Lazzàro – che vanno affiancate da una politica complessiva che consolidi e qualifichi la nostra presenza sul mercato tedesco e, più in generale, nell’area Nord europea».
Di Andrea Loiacono
Un Taranto apprezzabile nella manovra ma poco cinico si fa rimontare per due volte da un modesto San Severo e spreca l'opportunità di allungare la propria striscia di vittorie che si ferma a cinque. Non basta una doppietta di Ciro Favetta, sempre più bomber dei ragazzi allenati da mister Cazzarò.
Cazzarò che schiera lo stesso undici di domenica scorsa che ha battuto in casa il Cerignola con il classico 4-2-3-1. Taranto in campo con una divisa completamente nera e bordi fluorescenti. Al 5' minuto Favetta servito sulla corsia di sinistra conclude a rete ma il tiro è debole e viene bloccato da Patania.
All' 8' replica del San Severo con l'ex di turno Palumbo il quale effettua un tiro cross con con il pallone che attraversa tutta l'aria di rigore senza che nessuno intervenga. Al 13' il Taranto passa in vantaggio con Favetta abile a rubare palla a un difensore e depositare in rete da pochi passi. Da questo momento in poi il Taranto aumenta il ritmo e Marsili poco dopo sfiora il raddoppio con una conclusione forte ma imprecisa. Al 19' però il San Severo pareggia grazie ad un'azione di contropiede finalizzata da D'Angelo con la difesa rossoblù non esente da colpe per l'occasione. I rossoblù accusano il colpo si affidano ai propri uomini migliori D'Agostino e Favetta. Proprio D'Agostino serve in profondità Favetta che stoppa di petto e con un tiro incrociato e potente realizza la sua personale doppietta. Al 29' sono sempre loro due a scambiare sulla corsia di sinistra ma la conclusione di D'Agostino viene ribattuta con i piedi da Patania. Al 33' primo ammonito in casa rossoblù, si tratta di Miale per gioco falloso. Al 38' viene ammonito anche Iannicello, capitano del San Severo mentre al 41' tocca a Rosania finire sulla lista dei cattivi. Dopo 1' di recupero l'arbitro manda tutti negli spogliatoi.
Il secondo tempo comincia con due cambi nel San Severo. Al 7' Galdean scambia con D'Agostino che dall'interno dell'area di rigore tira e centra il palo. Al 9' c'è il secondo tiro dalla bandierina calciato da Ancora senza nessun effetto. All' 11' c'è un episodio dubbio in area dauna con D'Agostino che viene spinto vistosanìmente ma l'arbitro lascia correre. Sul ribaltamento di fronte D'Angelo viene contrastato da Bilotta. Secondo l'arbitro ci sono gli estremi per il calcio di rigore. Sul dischetto si porta Palumbi che riporta la contesa in parità. Al 18' Cazzarò prova a rendere il Taranto più offensivo togliendo Galdean per Diakitè. Al 33' Palumbo ci prova dalla distanza con Pellegrino che blocca con qualche difficoltà. Al 34' nel Taranto entra Portoghese per Li Gottti. L'arbitro concede 4' di recupero. Proprio al 3' di recupero Palumbo potrebbe regalare la vittoria ai suoi ma il suo tiro finisce alto. Finisce così il match senza ulteriori emozioni. Da segnalare a fine gara il silenzio stampa del Taranto anche a causa di presunti parapiglia avvenuti nel pre e post gara. Ad avere la peggio sarebbe stato il Direttore Sportivo Luigi Volume per il quale si sarebbe reso necessario l'intervento dei Sanitari del 118.
Le criticità della strada statale 100, teatro di continui sinistri purtroppo mortali, arrivano in Regione e, grazie al Comitato Strade Sicure, diventano oggetto di discussione di un tavolo tecnico monotematico. Forse, dopo anni di attesa e di battaglie, arriva una svolta nella risoluzione della questione. L’assessore regionale alla Mobilità Antonio Nunziante, infatti, ha dichiarato la massima disponibilità a programmare l’intervento proposto dal Comitato e cioè “l’allargamento a quattro corsie della statale 100 fino a San Basilio, laddove si dovrà comunque dare corso all’ipotesi di agganciarsi all’autostrada Bologna – Taranto, con conseguente arretramento della barriera autostradale”.
Per il tratto che attraversa l’agro di Gioia del Colle e Mottola, la statale 100 è tra le strade pugliesi a più alto indice di mortalità. Un dato allarmante confermato dall’Arem, l’Agenzia regionale per la mobilità nella Regione Puglia. Sono circa venti chilometri, per la maggior parte ricadenti in territorio mottolese. I tratti più critici, lo svincolo per San Basilio e la Galleria Mauro. Già due gli incidenti mortali verificatisi dall’inizio dell’anno, cinque le vittime.
“Se quella strada non sarà messa in totale sicurezza, si continuerà a morire sotto l’indifferenza e la complicità di chi, invece, sarebbe dovuto intervenire per tempo”. Questo l’appello lanciato da Vanni Caragnano, presidente del Comitato Strade Sicure prima durante un incontro in Prefettura, a Taranto, il 23 gennaio; poi, l’altro giorno in Regione, al tavolo tecnico, cui hanno preso parte oltre, all’assessore Nunziante, anche il responsabile coordinamento territoriale Anas Matteo Castiglioni e Carlo Pullano sempre per l’Anas, Donato Lucilla per il Comune di Gioia del Colle e Lamberto Perulli per Confindustria Puglia.
Ad aprire i lavori, l’intervento di Caragnano, che ha evidenziato come nel Ptr, Piano dei trasporti regionale 2009 – 2013 fossero già indicati interventi di ammodernamento fino a San Basilio, sia per il tratto gioiese che per quello mottolese: stessa pianificazione e soldi. Eppure, “sul tratto gioiese si è intervenuti – ha rimarcato Caragnano - portando i lavori a termine peraltro nei tempi previsti, mentre l’altro tratto, quello mottolese, continua ad essere ignorato e sottovalutato nella sua pericolosità”.
Da parte dell’Anas, in qualità di soggetto attuatore degli interventi sulla base di priorità indicate da Regione e Ministero dei Trasporti, prima una precisazione: “L’intervento di messa in sicurezza del tratto stradale in questione non è inserito nel contratto di programma sottoscritto con il Ministero”. Poi, l’impegno ad effettuare gli interventi di manutenzione consistenti nel rifacimento della pavimentazione nel tratto a singola carreggiata e nel potenziamento della segnaletica orizzontale e verticale.
Infine, l’urgenza, sottolineata a margine dell’incontro dal Comitato Strade Sicure, ad attuare anche l’intervento previsto dal Piano dei Trasporti 2015-2019 ovvero il completamento delle due rampe di innesto sulla strada statale 106 dir - A14. Tale intervento faciliterebbe la percorribilità verso la statale 106 per chi proviene da nord della A14 e agevolerebbe chi arriva dalla statale 106 per immettersi nella A14 in direzione nord, piuttosto che, come avviene ora, percorrere più chilometri e superare più innesti. In realtà, l’intervento sarebbe solo da ultimare dal momento che buona parte delle due rampe è stata già realizzata.
Ilva, Ancora degrado. USB continua a denunciare lo stato di abbandono e di mancanza di sicurezza in cui versa lo stabilimento di Taranto. “Questa mattina abbiamo fotografato il tetto del capannone CCO1 che, nonostante le nostre ripetute segnalazioni in questi anni, si presenta sempre più logoro e a rischio crollo - spiega francesco Rizzo, coordinatore provinciale USB -. Anche in questo caso, evidentemente, si attende che qualcuno si faccia male, prima di intervenire”. Solo di ieri l’ennesimo incidente grave e il crollo di alcuni morsetti che hanno sfiorato dei lavoratori. “Non possiamo più accettare tutto questo. Noi continueremo a denunciare e a chiedere che alla sicurezza dei lavoratori, Venga riconosciuto il giusto valore e la giusta attenzione”.
“La Giunta regionale rispetti le prerogative e le funzioni del Consiglio regionale e includa Taranto e l’area jonica nel percorso degli Itinerari culturali del Consiglio d’Europa e riconosca di interesse regionale il suo innegabile e consistente patrimonio di valore storico-artistico-religioso così come contenuto, del resto, nella mozione, approvata all’unanimità dall’Aula lo scorso 25 ottobre 2016, con la quale si chiedeva di far rientrare l’area jonica nel percorso delle vie Francigene".
È questo, in estrema sintesi, quanto il consigliere regionale Gianni Liviano chiede nella lettera, con la quale contesta l’avvenuta esclusione di Taranto dall’itinerario francigeno, indirizzata al presidente del Consiglio regionale, Mario Loizzo, all’assessore regionale all’Industria turistica e culturale, Loredana Capone, e inviata anche al presidente della Giunta regionale, Michele Emiliano, al direttore del dipartimento Turismo-Economia della cultura e valorizzazione del territorio, Aldo Patruno, e al presidente dell’Associazione europea Vie Francigene, Massimo Tedeschi.
“Con l’approvazione della mozione - spiega Liviano - la Giunta regionale si impegnava a rivedere la scelta del percorso pugliese delle vie Francigene, compiuta con sua la deliberazione n. 1174 del luglio 2013, e ad includere anche il territorio di Taranto e della sua provincia. A tale impegno - aggiunge nella lettera il consigliere regionale tarantino - non è stato dato seguito tanto è vero che nel protocollo d’intesa tra Regione Puglia e Associazione europea delle Vie Francigene sull’Estensione alla via Francigena nel Sud della certificazione di Itinerario culturale del Consiglio d’Europa”, approvato con D.G.R. n. 190 del 14/02/2017, non vi è traccia di riferimenti al territorio jonico, nonostante, appunto, una diversa volontà espressa dal Consiglio Regionale all’atto dell’approvazione della mozione a mia firma. Tale dimenticanza, - sottolinea con forza Liviano - oltre a rappresentare un danno per il territorio di Taranto e la sua provincia, che risulta pertanto privato della possibilità di partecipare alle misure di valorizzazione, promozione e recupero destinate a tali itinerari, costituisce anche una negazione di verità storicamente accertate e ampiamente documentabili che attestano la centralità dell’area jonica negli itinerari religiosi percorsi in epoca medioevale”.
Infatti, fa presente Liviano, un lungo tratto della via Francigena coincide con la via Appia (Roma-Taranto-Brindisi), considerata l’asse principale di tutte le comunicazioni dell’Impero Romano, che conservò il suo ruolo di arteria di comunicazione durante tutto il Medioevo.
Taranto era inoltre crocevia di un fitto reticolo viario che comprendeva ben cinque arterie principali (la via Appia da Roma, la via Appia per Brindisi, la mulattiera per Bari, la via per il Salento e quella per il Bruzio) nonché numerose strade secondarie utilizzate dai pellegrini per recarsi a Roma, Santiago di Compostela, presso la Grotta dell’Arcangelo Michele sul Gargano e presso una serie di santuari minori.
“L’utilizzo da parte dei pellegrini diretti in terra Santa dell’ultimo tratto della via Appia, da Taranto a Brindisi, - scrive il consigliere regionale - è testimoniato da numerose fonti storiche, tra cui l’“Itinerarium Bernardi monachi Franci”, documento storico di grande importanza che attesta le tappe di viaggio di un monaco bretone dell’Abbazia di Mont Saint-Michel che compì un pellegrinaggio in Terrasanta tra l’867 e l’870, imbarcandosi proprio da Taranto, e l’Itinerarium Burdigalense del 333 d.C, che costituisce il più antico racconto conosciuto di un itinerario cristiano, scritto da un anonimo pellegrino durante il viaggio da Burdigala, l’attuale Bordeaux, fino a Gerusalemme. Lo stesso San Cataldo, patrono di Taranto, era un monaco irlandese di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, che sbarcò a Taranto “sub habitu peregrini”.
Oltre a queste vie di collegamento che interessavano direttamente il capoluogo, è storicamente accertato che i pellegrini utilizzassero anche strade alternative, ritenute più brevi e sicure: anche questa circostanza è testimoniata dalla presenza di una serie di santuari minori ancora considerati luoghi di culto e di devozione dalle popolazioni locali. Si tratta di luoghi che conservano ancora tracce visibili del passaggio di flussi di pellegrini, come iscrizioni e croci templari incise in diverse chiese rupestri a Massafra, Laterza, Palagianello e Statte (in particolare la Chiesa di Santa Lucia di Palagianello e l’ipogeo di San Posidonio a Massafra).
Nel territorio tarantino è attestata anche la presenza di flussi di pellegrini diretti a Santiago di Compostela, come dimostrato da conchiglie giacomee rinvenute in alcune tombe a Laterza, e dalla presenza di una chiesa rupestre dedicata proprio a San Giacomo con affreschi raffiguranti pellegrini dotati delle caratteristiche insegne: bastone e conchiglia”.
Un’ulteriore tangibile e preziosa testimonianza “è rappresentata dal monastero di Santa Maria della Giustizia, situato a 3 km da Taranto, sulla SS.106 per Reggio Calabria, voluto nell’anno 1119 da Costanza di Francia e Boemondo II ed utilizzato per realizzarvi una domus ad uso dei pellegrini. In tale complesso - scrive ancora Liviano - fu ospitato l’Hospitium peregrinorum, citato nella Bolla del 1188 del Papa Clemente III, con lo scopo di accogliere i pellegrini diretti in Terrasanta (come dimostrano le numerose iscrizioni e testimonianze presenti all’interno) nonché fungere da ospedale per i pellegrini malati. Il porto di Taranto, infatti, fu individuato, in una bolla di Pasquale II del 15 febbraio 1113, come uno dei sei porti della Regione Puglia utilizzabili dai crociati per l’imbarco in Terra Santa (gli altri erano Siponto, Barletta, Bari, Brindisi, Otranto).
Ed è proprio alla luce di tali considerazioni, che costituiscono una sintesi dei contenuti già espressi nella mozione che, ribadisco, è stata approvata all’unanimità dal Consiglio regionale in data 25 ottobre 2016 ed alla quale si rimanda per i riferimenti bibliografici, che chiedo - conclude il consigliere Liviano, di intervenire affinché le prerogative e le funzioni del Consiglio regionale vengano rispettate dalla Giunta, includendo, perciò, Taranto e l’area jonica nel percorso degli Itinerari culturali del Consiglio d’Europa riconoscendole interesse regionale nonché il suo innegabile e consistente patrimonio di valore storico, artistico e religioso”.
In Puglia versati ben 444,5 milioni di euro per Imu e Tasi sugli immobili delle imprese. Negli ultimi anni, a partire dal 2011, le entrate fiscali e tributarie sono aumentante, trainate principalmente dall’Imposta municipale unica (Imu) e dalla tassa sui servizi indivisibili (Tasi).
In Puglia, le unità immobiliari censite nella banca dati del Catasto edilizio urbano (Agenzia delle entrate, 2017) si distribuiscono in «Negozi e botteghe» (categoria C/1) per il 30,7 per cento, seguito da «Opifici» (D/1) per il 20,5 per cento; «Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività commerciale» (D/8) per il 13,9 per cento; «Uffici e studi privati» (A/10) per l'11,4 per cento; «Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività industriale» (D/7) per l'11,1 per cento; «Alberghi e pensioni» (D/2) per il 6,3 per cento; «Laboratori per arti e mestieri» (C/3) per il 6 per cento.
In provincia di Bari, per le tasse sugli immobili delle imprese si versano 199,4 milioni di euro; in quella di Brindisi 40,9 milioni; in quella di Foggia 74,5 milioni; in quella di Lecce 75,2 milioni; in quella di Taranto 54,5 milioni. Per un totale di 444 milioni e mezzo.
«Le elaborazioni effettuate dal nostro Centro Studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – confermano che la pressione fiscale continua ad essere su livelli insostenibili.
Nel gioco delle tre tasse (Imu, Tasi e Tari) a rimetterci sono, ancora una volta, gli imprenditori. E, come spesso accade, il cambiamento di nome ai tributi si traduce in un aumento di tassazione. Prova ne sia che, tra Imu e Tasi, la tassazione immobiliare, che a livello nazionale nel 2011 pesava solo il 2 per cento delle entrate fiscali, ha determinato oltre il 35 per cento del prelievo nel quinquennio fino al 2016, per un incremento pari al 119,2 per cento.
Potremmo anche capirlo – spiega il presidente – se si trattasse davvero di rendite immobiliari e di speculazioni. Invece, quello che rende questi numeri intollerabili è il fatto che ad essere tassati siano anche gli immobili produttivi che, per gli imprenditori, rappresentano strumenti di lavoro. Lo abbiamo detto tante volte e continuiamo a ripeterlo con forza: non è giusto che questi immobili siano considerati alla stregua di seconde case. I nostri laboratori sono la nostra prima casa.
Ad Imu e Tasi si aggiunge poi la Tari: la tassa sui rifiuti è tra le più odiose per i pugliesi, con tariffe che si sono letteralmente impennate negli ultimi anni. La carenza di impianti in grado di garantire la chiusura del ciclo sta mettendo a durissima prova la pazienza di imprese e cittadini, spesso costretti ad una raccolta differenziata affatto in grado – almeno per ora – di generare benefici anche di carattere economico».
Conclude Sgherza: «proprio per questo, nel corso del dibattito sulla manovra di bilancio del 2018, Confartigianato ha richiesto di innalzare la deducibilità dell’Imu corrisposta sugli immobili strumentali all’esercizio dell’attività economica - oggi limitata al 20 per cento - per giungere in un triennio alla totale deducibilità dal reddito d’impresa. La mancata applicazione del dispositivo proposto mantiene un prelievo fiscale assolutamente iniquo sulle imprese, generando l’effetto perverso ed inaccettabile di ‘ulteriori tasse sulle tasse’».